Buzz Lightyear verso l'infinito e oltre, noi verso La Spezia e oltre, i commessi di Superstore verso lo sciopero e oltre, The Commitments e Ayn Rand verso la volontà di potenza e oltre
Di solito questa newsletter la scrivo dalla stessa scrivania in cui registro i video e i podcast, quella davanti alla libreria che credo vediate spesso quando seguite le mie lezioni. Ci sono però delle eccezioni: come ricorderete, quest’estate vi ho scritto perfino da Parigi e non è raro che almeno una parte della newsletter la scriva anche in altri luoghi, sul divano con un portatile, in sala insegnanti durante un’ora buca o perfino in viaggio, perlopiù sul letto di un appartamento in affitto.
Oggi vi scrivo da La Spezia. In famiglia infatti abbiamo deciso di approfittare dell’ultimo weekend di agosto per spostarci verso la Liguria, vedere le Cinque Terre e Portovenere e poi tornare al solito tran tran settembrino (con la scuola, soprattutto, visto che sono già cominciati esami, riunioni, scrutini). In ogni caso, come vedete, ho ormai maturato un buon sistema organizzativo, tanto che riesco a proporvi sempre video, podcast e newsletter anche quando lascio la benamata scrivania, e anche qualche scappatella imprevista non provoca problemi nel calendario di uscita dei “contenuti”, come si chiamano oggi.
Qui di seguito, quindi, come al solito troverete diversi paragrafi su libri, film e altro ancora. Prima di cominciare, lasciatemi spendere però qualche parola sul tema cardine della newsletter scorsa, quello degli eventuali abbonamenti al canale YouTube. A quel quesito avete risposto in molti, sia pubblicamente che privatamente; anche il sondaggio, nel momento in cui scrivo, ha raccolto quasi un centinaio di voti, in grande maggioranza molto favorevoli all’iniziativa (i “molto” e i “moltissimo”, sommati assieme, fanno il 60% del totale). Insomma, direi che si parte: ai primi di settembre preparerò il tutto su YouTube e poi, nella prossima newsletter, vi presenterò dettagliatamente il piano dei vari di livelli di abbonamento. Come ho già detto, quello che finora è stato disponibile via video, podcast e newsletter continuerà però ad essere completamente gratuito. Semplicemente, il sistema di abbonamenti permetterà – a chi vuole, liberamente – di sostenere continuativamente il progetto e di ricevere in cambio qualche segno di riconoscenza.
Ma adesso, dopo tante premesse, cominciamo con i piatti forti, ovvero con la newsletter vera e propria.
Quello che ho letto
Si parte come sempre dai libri, come è giusto che sia. Quelli che trovate in elenco non sono volumi nuovi, perché in questo periodo sto soprattutto cercando di portare a compimento alcune delle letture che ho cominciato nelle settimane scorse.
L’attraversaspecchi 1. Fidanzati dell’inverno di Christelle Dabos: complici i molti spostamenti di agosto, in famiglia stiamo andando parecchio avanti nella lettura (anzi, nell’ascolto) di questo audiolibro. Anzi, ormai siamo proprio agli sgoccioli del primo volume della saga. Devo dire che dopo una fase un po’ di stanca, che avevo patito soprattutto attorno a un terzo del volume, ora le vicende si sono fatte più interessanti: Ofelia è finalmente uscita dal palazzo di Berenilde e sta incontrando nuovi personaggi e imparando cose nuove. Ci sono stati anche diversi colpi di scena, peraltro in buona parte inattesi, visto l’andamento placido che il romanzo sembrava aver preso. In generale, mi sento comunque di ripetere quello che ho già detto nelle settimane scorse: sicuramente il punto forte del libro è l’ambientazione, questo strano mondo a metà tra il fantasy e lo steampunk, con perfino qualche elemento thriller dovuto alle varie macchinazioni di corte, che la Dabos è riuscita a creare; e questo è anche quello che mi sembra piaccia maggiormente ai giovani lettori. La storia d’amore per il momento non decolla, ma credo che su questo versante l’autrice abbia deciso di giocarsela sul lungo periodo. Comunque bene: per essere un libro per ragazzi mi pare finora ben sopra alla media. Se vi interessa, lo si può acquistare qui.
La fonte meravigliosa di Ayn Rand: questo è il romanzo che mi sta accompagnando da più tempo. Riguardando i miei appunti, l’ho iniziato addirittura il 6 aprile scorso, quasi cinque mesi fa; e se è sicuramente vero che – come vi sarete accorti – non leggo un libro alla volta ma ne porto avanti tanti in contemporanea, è anche vero che di tempo ne è passato. Badate bene: questa lungaggine non è dovuta alla qualità del libro. Anzi, La fonte meravigliosa mi sta piacendo, e anche se certe scelte della Rand (come in parte la sua filosofia) mi paiono esagerate, sicuramente la scrittrice di origine russa sapeva scrivere molto bene. No, la lungaggine è dovuta al fatto che il libro è davvero molto corposo e, per essere un romanzo, impegnativo. Le vicende narrate sono davvero tante, sparse lungo parecchi anni; e il libro vorrebbe essere una sorta di “grande romanzo americano”, scritto però da una immigrata russa che non sopportava Roosevelt, la democrazia e il socialismo. L’effetto è quello di un romanzo appassionante ma, come anticipavo, anche di una storia a tratti stranamente stereotipata. L’effetto straniante è proprio questo: la storia è piena di colpi di scena, i personaggi “buoni” sono interessanti, originali e complessi, ma allo stesso tempo i “cattivi” (li chiamerei anche “antagonisti”, ma la Rand li presenta proprio come se fossero dei “cattivi”) sono invece piatti, appunto stereotipati, senza un barlume di positività o onestà. Sono tutti infingardi, disonesti, crudeli; il loro amore per gli altri è in realtà interessato e crudele. Insomma, nel romanzo emergono tutti i pregi e allo stesso tempo tutti i limiti del pensiero della Rand (e non solo della Rand): il fatto cioè di considerare le cose sempre e solo da un’unica prospettiva, dimenticandosi completamente (o sminuendo) il punto di vista e le esigenze altrui. Ad ogni modo non mi manca molto, ormai, per il gran finale, e quando sarò arrivato all’ultima pagina saprò parlarvene più in dettaglio, magari anche con un video. Se vi interessa, lo potete comprare qui.
Autunno del Medioevo di Johan Huizinga: questo libro, come forse sapete, lo sto leggendo (anzi, rileggendo) assieme a voi, in una serie di puntate online di cui vi parlo anche più avanti nella sezione Quello che ho registrato e pubblicato. A rileggerlo oggi, a distanza di qualche anno dalla prima volta, emerge ancora di più la grandezza di Huizinga, uno storico che è riuscito a tratteggiare non solo un’epoca, ma un intero modo di vivere. Il suo Autunno del Medioevo si concentra infatti sui riti, sul modo di pensare, sulle credenze degli ultimi due secoli del Medioevo, restituendoci un’immagine variegata ma anche vivida di un’epoca assai complessa e contraddittoria, che a volte, anche nell’insegnamento, tendiamo a banalizzare. Lo potete comprare qui.
Quello che ho visto
Questa settimana c’è spazio anche per un paio di film e una serie TV, tutti recuperabili sui servizi di streaming.
Superstore, episodio 1.11 (2016), di Justin Spitzer, con America Ferrera, Ben Feldman, Mark McKinney: ho già parlato altre volte di Superstore, sitcom simpatica disponibile su Netflix che anche alcuni di voi mi hanno consigliato. Ambientata in un ipermercato americano, si concentra sulle vicissitudini di una serie di commessi, a volte strampalati, a volte dolci, che lavorano nella struttura. Insomma, dalle premesse e anche dai primi episodi che avevo visto ero sicuro di trovarmi davanti a una serie piuttosto tradizionale, simpatica ma non indimenticabile, con gag probabilmente simpatiche ma allo stesso tempo già viste anche altrove. E questo giudizio direi che si è rivelato abbastanza fondato seguendo lo sviluppo della prima stagione. L’ultimo episodio (l’undicesimo, perché nella sua prima annata furono programmate poche puntate) invece mi ha sorpreso, facendo saltare i miei schemi. Ecco i fatti, in due parole: una delle ragazze che lavorano nello store, da tempo incinta, non può andare in maternità visto che il congedo, in quel posto di lavoro, è sì concesso ma non pagato; insomma, per stare a casa e prendersi cura del suo bambino la ragazza dovrebbe rinunciare allo stipendio, che invece le serve. Così si trova a lavorare fino al nono mese, con conseguenti problemi di vario tipo, tra doglie in negozio e situazioni imbarazzanti. I colleghi di lavoro, scandalizzati dalla situazione, cercano di porre rimedio al problema, magari con una colletta; ad un certo punto decidono di telefonare alla sede centrale della ditta, per capire se sia prevista una qualche forma di agevolazione per le impiegate in dolce attesa. Durante la telefonata, per una serie di equivoci, però uno dei protagonisti si lascia sfuggire la parola “sindacato”, e da lì nascono una serie di situazioni assurde. La satira, insomma, per una volta si sposta dai personaggi – una satira anche interessante, a cui però siamo abbastanza abituati nelle sitcom americane – alla politica, alla paranoia delle aziende americane nei confronti dei sindacati, agli scarsissimi diritti dei lavoratori. E, per farvela breve, ad un certo punto nell’ipermercato scatta addirittura uno sciopero. A mia memoria, non ricordo una commedia televisiva americana che affrontasse così di petto un tema politico, temi che negli Stati Uniti sono spesso considerati scabrosi o divisivi. Insomma, mi hanno sorpreso. A questo punto, guarderò per forza anche la seconda stagione.
Lightyear - La vera storia di Buzz (2022), di Angus MacLane: forse ne avete sentito parlare: Lightyear è l’ultimo film della Pixar, dedicato a Buzz Lightyear, già co-protagonista della saga di Toy Story. Solo che in Toy Story Buzz è, ovviamente, un giocattolo, mentre nel film uscito quest’anno è un uomo in carne ed ossa (anche se disegnato, perché siamo comunque di fronte ad un film d’animazione). Il collegamento viene spiegato all’inizio della pellicola: la Pixar ci spiega che il Buzz di Toy Story è un giocattolo ispirato alle avventure del vero Buzz, avventure raccontate appunto in questo film. Se vi sembra una premessa un po’ troppo complicata per dei bambini (a cui teoricamente il film è destinato), non sorprendetevi troppo: tutto il film è inutilmente complicato. Dai viaggi nel tempo al nemico da affrontare, io ho passato tutta la sua durata a chiedermi: ma c’era bisogno di farla così difficile? Ma perché Buzz fa questa cosa invece di quest’altra? Ma perché l’antagonista fa questa cosa invece di quell’altra? Insomma, una trama decisamente poco consequenziale e qualche spiegazione che non chiarisce ma complica ulteriormente le cose finiscono a mio avviso per penalizzare un film che, per il resto, è realizzato tecnicamente molto bene. Ai miei figli più piccoli è piaciuto, ma loro li si incanta con poco; quelli più grandi non hanno manifestato alcun interesse e anch’io forse avrei fatto meglio a guardare altro. Non è la prima volta, di recente, che la Pixar fallisce il colpo: ci aveva abituati troppo bene? Comunque, se volete provarlo, lo trovate su Disney+.
The Commitments (1991), di Alan Parker, con Robert Arkins, Andrew Strong, Angeline Ball: l’ultima volta che ho visto questo film facevo addirittura le scuole medie. Non mi ricordavo granché, se non che mi sembrava un film carino. A distanza di trent’anni circa, dopo averlo finalmente rivisto, mi sento di confermarlo: gli attori, seppure all’epoca semi-esordienti, sono ottimamente amalgamati; la musica si fonde molto bene con la storia; e non mancano alcuni momenti divertenti. A volerlo poi guardare più in profondità, il film offre anche qualche spunto di riflessione, e infatti proprio di lui parleremo tra qualche riga nella sezione Quello che ho pensato. Qui basti dire che la pellicola la trovate su Amazon Prime Video, che ha qualche momento un po’ volgare (quindi forse è meglio non guardarlo coi bambini) ma che è anche molto vivace e intrigante. La trama, brevemente: un ragazzo della periferia di Dublino decide di mettere in piedi un gruppo che suoni il soul. Recluta amici e sconosciuti ed inizia a motivarli, facendoli provare con intensità e trovando ingaggi per loro in città. Il gruppo – che si dà il nome di The Commitments – inizia a farsi conoscere e ad essere apprezzato, ma i contrasti interni rischiano di far tramontare il progetto prima ancora che possa decollare. Nota a piè di pagina: c’è un famoso momento, nel film, in cui il protagonista motiva la sua decisione di optare per la musica soul (una musica “black”, da afroamericani) dicendo: «Gli irlandesi sono i neri d’Europa. I dublinesi sono i neri d’Irlanda. E i dublinesi di periferia sono i neri di Dublino». È una di quelle battute che diventano di culto. Solo che nella versione italiana non si usa la parola “neri”, ma il termine con la “g”; ebbene, ho scoperto che nell’originale inglese invece la parola è “black”, “nero”, e non, appunto, la parola con la “g”. È sorprendente che in Italia, nel 1991, ancora si usasse la parola spregiativa anche quando non veniva usata in originale.
Quello che ho pensato
«Senti, lo so che ora stai male, ma col tempo capirai che cosa hai costruito».
«Non ho costruito niente».
«Ma non capisci proprio? Il successo del gruppo non era importante. Tu hai alzato il livello delle loro aspettative. Gli hai allargato gli orizzonti. Certo che potevamo diventare famosi e incidere tanti dischi, ma quella sarebbe stata una cosa banale. Così invece è poesia».
«È una presa in giro, ecco cos’è»·
Questo dialogo è una delle ultime battute di The Commitments, film del 1991 di cui vi ho parlato qualche riga più sopra. Arriva dopo il fallimento del gruppo e di tutti gli sforzi che Jimmy ha messo in piedi, più o meno per tutto il film, per farlo sfondare. A cercare a suo modo di rincuorarlo è il trombettista della band, il maturo – e stralunato – Joey Fagan, in sella alla sua motoretta.
Il tema della riflessione della settimana – che, detta così, sembra quasi un sermone da chiesa – è proprio questo: le aspettative. L’alzare il livello delle aspettative. Non lo facciamo tutti, ogni giorno? Non è questo che ci spinge a vivere?
La nostra vita, di per sé, potrebbe essere estremamente banale: potremmo alzarci al mattino, fare colazione, andare al lavoro (qualsiasi lavoro che ci consenta di guadagnare il denaro per sostenerci), mangiare, riposare, dormire. Dal punto di vista biologico non ci serve altro, in fondo; e una buona parte degli abitanti di questo pianeta indubbiamente vive più o meno così almeno una parte della propria esistenza.
Il guaio è che non riusciamo a vivere così per tutta l’esistenza. Presto o tardi sentiamo una spinta a non accontentarci di questo minimo indispensabile. Così cerchiamo una compagna o un compagno, perché da soli non ci bastiamo, perché vogliamo “qualcosa in più”; e magari presto mettiamo al mondo anche dei figli, un po’ per sfida, un po’ per superare ciò che già siamo, cioè la dimensione della coppia. In altri casi cambiamo lavoro, ne cerchiamo uno più soddisfacente, che ci piaccia e ci appassioni di più; magari un lavoro che ci faccia un po’ sognare, sognare in grande. Oppure ci cerchiamo un hobby che ci dia gli stessi stimoli, sia esso lo sport, il collezionismo o, appunto, la musica. Alcuni di noi diventano addirittura artisti provetti: scrivono poesie, dipingono quadri. Per dirla come Fagan, «alziamo il livello delle nostre aspettative», «allarghiamo i nostri orizzonti». Vogliamo di più, vogliamo andare oltre, vedere più in là: non ci accontentiamo di ciò che siamo, ma cerchiamo di superare noi stessi o la nostra condizione.
Anche l’accumulo di denaro o di oggetti – quello che banalmente chiamiamo consumismo – non è altro che un tentativo di superarsi. Nietzsche forse direbbe: un tentativo di espletare la nostra volontà di potenza. Jung direbbe: di dar sfogo alla nostra libido. Ogni filosofo e psicologo recente, a dirla tutta, l’ha chiamata in modo lievemente diverso, ma la spinta è sempre quella lì, è sempre la stessa: una spinta non solo a sopravvivere (come suggeriva Spinoza), ma a vivere un po’ meglio di prima, un po’ più intensamente di prima.
Fin qui nulla di nuovo, visto che già tanti studiosi hanno parlato di questo fenomeno. Quello che però mi lascia pensare è che in fondo non conta che questa spinta raggiunga il suo scopo. Come dice Fagan a Jimmy nel film, l’importante non era avere successo con la band; l’importante era provarci. Attenzione: il trombettista non voleva dire “l’importante è partecipare”, non era questo il senso delle sue parole. Il significato era un altro: l’importante è correre in quella strada, è fare il percorso.
All’inizio della storia le vite dei protagonisti di The Commitments, che a questo punto vi consiglio di guardare, sono piatte ed anonime: sono ragazzi di periferia disoccupati, senza prospettive, a volte impiegati in mestieri umili e umilianti. Sono ragazzi che si vestono male, si pettinano male, non hanno successo con le donne. Anche le tre ragazze che presto entrano nella band sono abbastanza disperate: una fa tre lavori per portare qualche soldo a casa, l’altra si concede a troppi uomini, la terza – la più carina – sta con uno scemo. Sono, a loro modo, tutti dei falliti. Eppure riprendono vita quando si mettono a suonare, perché riescono ad esprimere non solo loro stessi, quanto piuttosto la loro aspirazione a qualcosa di più. La musica è il loro mezzo per alzare l’asticella, per uscire dal grigiore, per immaginare una vita diversa. Non conta poi che quella vita diversa arrivi per davvero: cambia la pettinatura, cambia il repertorio, ma magari si può comunque rimanere confinati nella periferia di Dublino. Non è questo il punto. Il punto è che la periferia di Dublino cambia faccia quando tu cambi il modo di guardarla, quando tu non ti accontenti di essere uno qualsiasi, un anonimo perduto tra la folla, ma decidi di puntare a qualcosa di più, a una qualche forma di autoaffermazione.
Sintetizzerei il tutto proprio così: quello che conta non è l’affermazione, quanto piuttosto l’autoaffermazione. Dimostrare a se stessi che si può puntare anche a qualcos’altro, non per forza dal punto di vista lavorativo od economico, quanto dal punto di vista mentale, psicologico. Essere qualcosa di diverso, essere qualcosa di più. Noi pensiamo sempre che il successo consista nel raggiungere determinati obiettivi, nel conseguire certi scopi, nell’ottenere quello che volevamo; in realtà il successo è pensarsi altrove, pensarsi al di sopra, superarsi. Non è avere soldi, riconoscimenti, premi: è, al contrario, essere soddisfatti di sé, riconoscersi da soli dei premi.
La vita – detta in altri termini – è un eterno sforzo di autorealizzazione, il che vuol dire: di autosuperamento. Il superuomo di Nietzsche, a dirla tutta, non domina solo (o tanto) sulle folle, quanto sul suo io passato: è uno scatto evolutivo non rispetto agli altri, ma rispetto a sé.
«Il successo del gruppo non era importante. Tu hai alzato il livello delle loro aspettative. Gli hai allargato gli orizzonti».
Quello che ho registrato e pubblicato
Se questa settimana, tra ferie ed altro, vi siete persi dei video o dei podcast, qui di seguito trovate tutto quello che ho pubblicato negli ultimi sette giorni.
Benedetto Croce: economia, politica ed etica: riprendiamo il discorso sul grande filosofo neoidealista, dal punto da cui l’avevamo interrotto
L’autunno del Medioevo - Audiolibro spiegato parte 4: concludiamo la lettura e la spiegazione del secondo capitolo del capolavoro di Huizinga
Gli storici a Roma in età imperiale: cosa scrivevano gli storici latini sotto gli imperatori? Erano liberi di esprimere le loro opinioni oppure no?
La scuola di Chartres (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La filosofia islamica (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Lo scambio biologico tra Vecchio e Nuovo Mondo (per il podcast “Dentro alla storia”)
Le colonie britanniche nel Nord America (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che facciamo vi piace e volete darci una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che abbiamo implementato per voi. C’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal e, infine, ci sono libri e videocorsi che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco i nostri consigli della settimana.
Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi di Paul Ginsborg: esistono, in libreria, varie storie dell’Italia contemporanea, più o meno affidabili. Una di quelle che negli ultimi anni si è guadagnata lo status di classico è quella scritta ormai vari anni fa da Paul Ginsborg, storico britannico di nascita e italiano d’adozione venuto a mancare a Firenze giusto pochi mesi fa. Si tratta di un libro che ripercorre tutti gli eventi più rilevanti degli ultimi settant’anni, con un taglio critico, proponendo una propria lettura dei fatti. Negli anni ovviamente il libro ha suscitato anche un ampio dibattito, ma rimane uno dei migliori lavori disponibili su questo tema. Pubblicato da Einaudi, lo potete comprare qui.
Strategia di crescita per YouTube: il mio canale YouTube non è frequentato solo da appassionati di storia e di filosofia, ma anche da persone che si dilettano di video, cercando di realizzare anche loro dei video, a volte simili ai miei, a volte anche molto diversi. Ogni tanto mi chiedono dei consigli, a cui per la verità il più delle volte non so rispondere a tono, perché anch’io procedo su questo social network navigando un po’ nel buio. Per fortuna online si trovano anche dei corsi ben fatti che aiutano a migliorare in questo settore. Come il corso di Domestika che vi propongo oggi, focalizzato proprio sulle strategie per far crescere il proprio canale YouTube. Il corso è composto da 14 lezioni e costa solo 9,90 euro: vale la pena di approfittarne, visto che in genere altri corsi dello stesso tipo arrivano a costare enormemente di più. Lo potete acquistare qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Cosa c’è in arrivo
Chiudiamo con qualche anticipazione sui podcast e i video futuri. Ecco quello che c’è in lista:
domani arriva subito un video su Aristotele e la sua logica, su un tema che finora nella playlist Corso di filosofia mancava;
poi usciranno addirittura due nuove puntate della serie sulla storia delle leggi elettorali italiane, per fare il punto sulla questione dagli anni '40 ai giorni nostri, anche in vista delle prossime elezioni politiche;
inoltre ci sarà un video di storia romana e uno della serie Travel Club (ma non su La Spezia, almeno per ora);
infine, per quanto riguarda i podcast, parleremo di Avicenna in filosofia e della Guerra d’indipendenza americana in storia.
E questo è tutto. Ci si vede qui lunedì prossimo con i programmi per settembre e per una nuova stagione di contenuti all’insegna della storia e della filosofia.