Come il piccolo principe aiuta i matrimoni in crisi, come vedere The Umbrella Academy mentre si legge di Mussolini, come prendere appunti e studiare Schopenhauer, e poi Gentile, Bergman, Welles
Sarebbero molti gli argomenti di cui parlare questa settimana. Da un lato, sono iniziati gli Esami di Stato (quelli che un tempo erano chiamati “Esami di maturità”), con le due prove scritte ormai in archivio e con l’orale che si avvicina. Oltre ai miei studenti che stanno affrontando le prove, in queste settimane mi hanno scritto molti diciottenni e diciannovenni di diverse parti d’Italia, per chiedermi un consiglio o anche semplicemente raccontarmi le loro vicissitudini. A tutti il mio sincero “in bocca al lupo” e il solito invito a mantenere i nervi saldi.
Sulla scena, però, ci sono anche altre notizie di grande importanza. Dagli Stati Uniti, ad esempio, è arrivato un colpo di scena non del tutto inatteso: la cancellazione, da parte della Corte Suprema, della storica sentenza Roe vs. Wade, che ora sembra poter permettere ai singoli stati dell’unione di vietare l’aborto. Una sentenza che, mi pare, è soprattutto il segno di un braccio di ferro che si sta giocando da qualche tempo a un livello più alto della semplice questione abortista, in America. Mi sembra – ma solo il tempo e qualche riflessione ulteriore permetteranno forse di capirlo – che la lotta non sia tanto su un singolo tema, quanto piuttosto sulla strada da intraprendere. Sono in gioco, in America ma non solo in America, due diverse e opposte visioni del mondo, sempre più radicalizzate, sempre più inconciliabili: quella di una società “post”, in perenne fluire e divenire, non solo aperta al cambiamento ma addirittura in perenne cambiamento; e quella di una società “pre”, che invece mira a riportare indietro le lancette dell’orologio (al Novecento, quantomeno, come dimostra – con modalità diverse – anche la Russia di Putin), proprio per frenare questa corsa.
I cambiamenti del mondo sono d’altronde talmente tanti e frequenti che è inevitabile che ad un certo punto si arrivi allo scontro; e la cosa potrebbe però anche degenerare. Ne riparliamo, con più calma, a mente fredda.
Intanto affrontiamo i temi che ho approntato per questa settimana. Partendo, come al solito, dai libri.
Quello che ho letto
In lista ci sono questa volta dei libri un po’ particolari, tra cui un nuovo ingresso rispetto alle letture che ci hanno fatto compagnia nelle ultime settimane.
M. Il figlio del secolo di Antonio Scurati: del romanzo storico di Scurati ho scritto già nelle scorse settimane. E confermo quello che ho scritto: mi prende, mi cattura, e penso che l’autore abbia trovato un buon modo per unire fiction e storia. Certo, va preso per quello che è: per un’opera di narrativa che si innesta in un quadro storico, basandosi soprattutto sulle parole stesse dei protagonisti. Qualcuno l’ha accusato di essere giornalismo (fuori tempo massimo) più che letteratura o storia, e in effetti qualcosa di vero, in questa critica, c’è: per essere davvero storia manca un’interpretazione originale dei fatti e per essere davvero letteratura manca, forse, un anelito più alto; però questa strana via di mezzo riesce comunque a colpire nel segno, a lasciare qualcosa, perfino a scatenare qualche riflessione. Sono ormai quasi alla fine del volume: la marcia su Roma c’è già stata, Mussolini è diventato capo del governo e si sta per varare la legge Acerbo. Mi manca l’omicidio Matteotti che, a quanto ho capito, è l’ultimo caso su cui questo primo romanzo (da oltre 800 pagine) si chiude: vedremo come verrà gestito. Se volete comprarlo, lo trovate qui.
Building a Second Brain di Tiago Forte: questo libro – disponibile al momento solo in inglese, ma facile da recuperare in versione ebook se riuscite a leggere in questa lingua – è uscito da appena un paio di settimane, ma l’ho comprato subito. Forte, l’autore, lo conosco relativamente bene grazie a YouTube, perché è considerato un guru nel campo dell’arte del prendere, catalogare e organizzare gli appunti e le note. E visto che io da ormai molti anni uso tantissimo vari sistemi di archiviazione di lezioni, ritagli e note varie, ho sempre guardato con interesse ai suoi video e, ora, al suo libro. Forte offre anche dei seminari online particolarmente costosi a cui non ho mai aderito, perché la mia curiosità non si spinge fino al punto di privarmi di centinaia e centinaia di euro per seguire una serie di lezioni; ma proprio per questo vedere condensate in un libro, a pochi euro, le sue idee principali mi è sembrata subito una soluzione ideale per il portafoglio. Devo dire che, al di là di tutte queste premesse, il libro (come forse anche il corso online) non è particolarmente rivoluzionario: certo, ti elenca tutti i vantaggi del prendere appunti digitali e ti suggerisce anche delle strategie per farlo in maniera efficace, ma si tratta perlopiù di cose di cui magari ti sei già accorto per conto tuo, lavorando. E anzi, nel mio caso, molti dei suggerimenti non si sposano troppo bene col mio modo di fare. Prendere appunti è un’attività, a mio modo di vedere, estremamente personale: ognuno deve trovare, per prove ed errori, il metodo che funziona meglio per le proprie esigenze. Certo, qualche suggerimento di partenza serve per non impostare male il lavoro da principio, ma in generale mi pare che le guide in questo campo siano spesso abbastanza inutili. Ad ogni modo, valuterò meglio il libro a lettura ultimata. Per ora, se siete interessati, lo si può acquistare qui.
Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry: che stia leggendo il capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry dovreste, in realtà, già saperlo, perché a dirla tutta lo sto leggendo praticamente con voi. Il piccolo principe è protagonista infatti in questi giorni della rubrica Book Club storico-filosofico che tengo periodicamente su YouTube. Ormai, anzi, il libretto l’abbiamo quasi finito. Non è affatto la prima volta che lo leggo, ma, come vedrete andando avanti nella lettura di questa newsletter, ogni volta mi rivela qualcosa di nuovo. Se siete interessati, lo potete comprare qui.
Quello che ho visto
C’è molto da discutere anche per quanto riguarda le visioni, questa settimana. In elenco troverete due classici immortali e una serie TV nuovissima.
The Umbrella Academy, episodi 3.01-3.02-3.03-3.04 (2022), di Steve Blackman, con Aidan Gallagher, Elliot Page, Tom Hopper: lo dico subito come premessa: non ho mai capito granché degli scopi dei creatori di The Umbrella Academy, né per quanto riguarda il fumetto da cui tutto è nato, né per quanto riguarda l’adattamento in forma di serie TV. Nonostante questo, la serie è una di quelle serie che non si possono non amare: è kitsch, è trendy, è pazza, è piena di colpi di scena, è sarcastica ed è interpretata in modo straordinario soprattutto da alcuni personaggi (Numero Cinque, Klaus). L’idea è quella di riuscire ad imbastire una trama un minimo credibile mentre tutto attorno avvengono cose decisamente incredibili. Tenete presente che la prima puntata di questa stagione si apre col supergruppo che, invece di picchiarsi col gruppo rivale, si lancia in una lunga versione ballata di Footloose. Insomma, decisamente post-moderna. La nuova stagione può essere vista su Netflix: conta 10 episodi, ma io per il momento sono arrivato solo al numero 4, quindi probabilmente ritorneremo sull’argomento nelle prossime settimane.
Scene da un matrimonio (1973), di Ingmar Bergman, con Liv Ullmann, Erland Josephson, Bibi Andersson: forse spaventato dalla durata piuttosto lunga (si sfiorano le 3 ore), non avevo mai visto questo film di Bergman, da molti considerato un capolavoro. Mi è capitato però di notarlo su Amazon Prime Video e ho deciso, in una afosa serata estiva, di buttarmi nella visione. Ne è valsa ampiamente la pena. Siamo di fronte a un vero e proprio capolavoro, di cui dirò qualcosa anche più avanti in questa stessa newsletter; un capolavoro tanto più efficace se si pensa che comparve prima in televisione e poi nei cinema quasi cinquant’anni fa, in un’epoca in cui parlare di certe cose – come la sessualità all’interno e all’esterno del matrimonio, le erezioni, la frigidità e così via – non era certo all’ordine del giorno. Oggi vedere certe scene e sentire certi discorsi può sembrare anche relativamente normale, ma solo perché decine di registi si sono poi ispirati a questo lavoro di Bergman, riprendendolo, rifacendolo, a volte addirittura scopiazzandolo. La trama la racconto, velocemente, nella sezione Quello che ho pensato; qui basti dire che nella mia personale “scheda di valutazione” gli ho dato un rotondo 10 (ed è raro che lo faccia), anche – ma non solo – per l’ottima performance dei due attori protagonisti. Certo, è un film per certi versi lento, praticamente un dramma teatrale senza nessuna azione, ma se avete la pazienza di aspettarlo vi farà sicuramente riflettere. Attenzione solo a una cosa: una leggenda metropolitana narra che dopo la sua trasmissione alla TV svedese, nel 1973, nel paese nordico si registrò nel giro di pochi mesi un vero e proprio raddoppio dei divorzi, quindi cercate di non guardarlo se siete in crisi matrimoniale.
L’orgoglio degli Amberson (1942), di Orson Welles, con Tim Holt, Joseph Cotten, Dolores Costello: a proposito di grandi classici del cinema, sempre su Amazon Prime Video ho recuperato anche questo vecchio film di Orson Welles, il secondo della sua carriera dopo Quarto potere. Da molti anche L’orgoglio degli Amberson è considerato un capolavoro, alcuni lo ritengono anzi addirittura superiore all’esordio. Secondo me esagerano, ma tant’è. La storia è quella di una ricca famiglia del midwest americano, il cui giovane rampollo, un certo George, cresce viziatissimo. Una volta divenuto adulto, si innamora della figlia del vecchio fidanzato di sua madre, ora ritornato in città dopo vari anni passati a far fortuna lontano dal luogo d’origine. Ne nasce una certa tensione. La storia è interessante e Welles la presenta piuttosto bene, anche con una regia particolarmente ricercata in certe scene (quella sulle scale è magnifica). Quello che stona è la parte finale del film, decisamente affrettata e completamente in contrasto col resto del tono della pellicola. Bisogna dire, però, che questa resa deludente non fu colpa di Welles: durante la fase del montaggio il regista dovette spostarsi in Brasile per un film di propaganda bellica e la casa di produzione – dopo alcune proiezioni di prova non molto favorevoli – decise di rimontare e rigirare tutto il finale, contravvenendo completamente alle intenzioni di Welles. Il pasticcio fu grosso e si vede. Peccato.
Quello che ho pensato
Questa settimana mettiamo insieme due suggestioni che, apparentemente, non hanno granché in comune tra di loro, ma che per un qualche strano motivo mi sono ronzate nella testa per parecchi giorni.
Parliamo prima dell’origine dei due spunti, poi del loro collegamento.
Il primo spunto viene da Scene da un matrimonio, film di cui vi ho appena parlato qualche riga più sopra. Se avete presente la pellicola (e se non ce la avete presente provate a guardarvela perché ne vale la pena), presenta la storia di un matrimonio particolarmente complesso e difficile, attraverso sei diversi quadri disposti lungo diversi anni.
In generale credo di potervi dire senza rivelare troppi spoiler che in breve tempo un matrimonio che sembrava all'apparenza idilliaco si rivela molto più fragile di quel che pareva, fino alla drammatica rottura tra i due sposi, condita da pianti, sesso e perfino un po’ di botte. Fin qui, nel bene e nel male, niente di troppo diverso (botte a parte, si spera) da quello che a volte accade a un discreto numero di coppie. L'originalità del film stava, casomai, nel fatto di essere il primo a raccontare certe dinamiche, che di sicuro nella società erano tutt’altro che inedite.
Una delle cose che balzano maggiormente agli occhi, però, è che la prima iniziale crisi tra i due protagonisti nasce dal fatto che la coppia, pur apparentemente felice e realizzata, sembra ad un certo momento iniziare a risentire dell'eccesso di ripetitività presente nelle dinamiche familiari: la moglie, ad esempio, improvvisamente prova a disdire il classico appuntamento domenicale a casa dei propri genitori, desiderosa di passare una domenica fuori dal gli schemi, improvvisata, assieme alla famiglia; allo stesso modo anche il marito, che pure pare più abitudinario nei modi, si rivela un aspirante poeta, solo che non riesce a far leggere le proprie composizioni alla moglie, preferendole una collega ed ex compagna di scuola, forse desideroso di non alterare l'equilibrio (sonnacchioso) che si è generato in famiglia.
Come si capisce poi andando avanti col film, proprio questa ripetitività estrema, questo eccesso di abitudini e di sicurezze genera pertanto la crisi, inizialmente sentita soprattutto da parte del marito, visto che è lui che cerca una valvola di sfogo più originale in una relazione extraconiugale. Poi, però, la voglia di novità e di libertà comincia ad essere sentita anche nella moglie, che riesce a superare le proprie inibizioni e a garantirsi una maggior serenità (anche sessuale) proprio grazie al rifiuto di conformarsi alle aspettative non solo del marito ma anche di se stessa e della propria famiglia.
La seconda suggestione viene invece dal libro Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, che, come vi ho anticipato, sto leggendo e commentando all'interno della rubrica Book Club storico-filosofico. Tra i vari capitoli che ho letto in questi giorni c'è anche quello, breve ma significativo, in cui il piccolo principe incontra il cosiddetto lampionaio, un uomo cioè che si trova a vivere in un piccolissimo pianeta in cui è costretto ad accendere e spegnere l’unico lampione in maniera ripetitiva e costante ogni minuto, visto che il pianeta è così piccolo da compiere un'intera rotazione appunto nel tempo di appena poche decine di secondi.
Commentando quel capitolo ho rimarcato come la condanna di quel lampionaio stia proprio nel fatto di essere costretto, o meglio ancora sentirsi costretto, ad obbedire a delle regole che inizialmente erano anche adeguate, ma che col tempo si sono rivelate assai sorpassate. La fedeltà a quelle regole oggi non più adatte allo scopo ha reso, dicevo nel video, il lampionaio un frustrato, intento continuamente a svolgere compiti assurdi e privi di fondamento solo perché molto affezionato a quelle regole che fino a poco tempo prima gli davano la felicità e la sicurezza.
Sulla base di quello che ho detto fin qui, penso non sia difficile cogliere il collegamento e fare due più due. Mentre leggevo le pagine de Il piccolo principe la mia mente non poteva non pensare al film visto appena la sera prima: i due sposi della pellicola di Bergman mi sembravano esattamente come il lampionaio, visto che ripetevano stancamente gli stessi rituali da ormai più di dieci anni, senza accorgersi che proprio quella ripetitività stava uccidendo definitivamente il loro matrimonio.
Ora non intendo dire che quel film svedese di cinquant'anni fa rappresenti l'essenza di tutti i matrimoni: me ne guardo bene, anche perché penso che ogni matrimonio sia diverso da tutti gli altri. Come scriveva Tolstoj all’inizio di Anna Karenina, «Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo». È però vero che in molte circostanze, sia all'interno della vita di coppia che in generale delle nostre scelte quotidiane, man mano che invecchiamo tendiamo a conformarci sempre di più ad un modello di vita, ad uno stile, a delle regole che magari in principio abbiamo anche scelto noi ma che poi diventano un po' alla volta sempre più costrittive.
Scegliamo, insomma, di darci delle regole, dei paletti, delle abitudini, a volte deliberatamente, a volte anche senza pensarci; eppure lo facciamo. E lo facciamo perché in fondo queste regole, questi paletti, ci danno una estrema sicurezza, ci convincono che nulla di drammatico possa capitarci, che tutto sia sotto il nostro controllo, e che continueremo a stare bene visto che queste regole finora ci hanno sempre consentito di stare bene. Purtroppo però questo eccesso di regole tende a uccidere quella sorta di spirito vitale che abbiamo dentro: come hanno rimarcato decine di filosofi, da Spinoza a Nietzsche, da Bergson a Jung, noi in qualche modo abbiamo dentro una sorta di energia che tende a fregarsene delle regole e dei paletti, che vuole di tanto in tanto superare i limiti, espandersi, rompere con gli schemi.
Da un lato abbiamo bisogno della sicurezza, ma dall'altro non vogliamo neppure rimanere asfissiati da questa sicurezza. Nel film di Bergson purtroppo, come accadeva quasi sempre nei matrimoni di un tempo, la valvola di sfogo dalle costrizioni viene concessa al marito, anche se solo in un modo fedifrago, tradendo i patti matrimoniali, mentre alla donna sembra non essere neppure permessa, almeno fino a quando non è prima il marito a tradire e quindi la donna, improvvisamente, scopre di essere in grado anche lei di uscire dagli schemi.
Senza arrivare a questi eccessi, però, mi pare evidente che un buon equilibrio tra controllo e sfogo sia necessario in ogni rapporto umano, anche quello interiore con se stessi: la vita è fatta di un equilibrio molto instabile tra la sicurezza della routine (e quindi anche della quotidianità) e l'innovazione, il cambiamento, la diversità della pazzia, che non può mancare, possibilmente senza sconquassare nel frattempo tutto. Il rischio, con l'età, è che una dimensione prevalga sull'altra. Nietzsche direbbe: che l’apollineo soffochi il dionisiaco.
Quando si è adolescenti non è affatto difficile essere un po' anarchici, un po' pazzi, un po' fuori degli schemi perché le occasioni per dar sfogo a questa propria creatività esistenziale sono molti; man mano che si invecchia, però, un po' a causa della società e un po' a causa nostra, tendiamo a chiuderci e ad annullare questa dimensione di energia creativa, di spinta, cosa che alla lunga può portare a scompensi, tradimenti, sfoghi di rabbia, frustrazioni.
Insomma, mi pare che se vogliamo evitare di diventare come quella coppia – di stare cioè dentro a un matrimonio in cui i due sposi fanno sesso, si tradiscono e si menano nello spazio di pochi giorni – dobbiamo cercare di diventare un po' più come il piccolo principe, che guardando il lampionaio, stupefatto, gli suggerisce un modo per continuare a fare il proprio mestiere senza impazzire, concedendosi un po' di tempo anche per se stesso e per la creatività.
Quello che ho registrato e pubblicato
Ecco anche, come al solito, l’elenco dei video e dei podcast usciti negli ultimi 7 giorni.
Tutto Schopenhauer in un’ora: a grande richiesta, arriva anche il mega-riassunto del pensiero di Arthur Schopenhauer
La dialettica di Giovanni Gentile: seconda puntata dedicata al filosofo neoidealista italiano, con alcune puntualizzazioni sulla sua dialettica
L’Impero romano: economia e società: una panoramica sulla situazione sociale dell’impero tra il I e il II secolo d.C., nel suo momento di massimo splendore
Storia della politica estera italiana 1 (1861-1870): iniziamo un percorso attraverso le scelte diplomatiche dell’Italia unita
Il piccolo principe - Audiolibro spiegato parte 3: ci avviciniamo alla conclusione del capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry, con l’incontro con la volpe
I caratteri generali della Scolastica (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Le riforme dell’assolutismo illuminato (per il podcast “Dentro alla storia”)
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Lettera sulla felicità di Epicuro: si tratta di un classico intramontabile della filosofia, di cui tra l’altro abbiamo già dato una lettura completa e commentata all’interno della nostra rubrica Book Club storico-filosofico; ma non importa: la Lettera sulla felicità è uno di quei libri che non può mancare nella libreria di un appassionato di filosofia. Costa pochi euro, ma vale una vita. Lo si acquista qui.
Introduzione a Photoshop per illustratori: vi ho già parlato, nelle settimane scorse, di un corso introduttivo a Photoshop. Ma a volte un corso solo non basta. Domestika per fortuna offre anche dei pacchetti di più corsi per partire da zero e avanzare fino ad un livello discreto in quello che si vuole imparare a fare. Così funziona anche questo corso per aspiranti illustratori, composto in realtà da 6 sotto-corsi per un totale di ben 41 lezioni a meno di 20 euro di costo. Lo si acquista qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Cosa c’è in arrivo
Chiudiamo come sempre con una panoramica sui video in uscita nei prossimi giorni:
per quanto riguarda la storia antica, cominceremo a parlare anche della civiltà egizia, con una serie di video appositi;
per la storia più recente, invece è in arrivo il secondo capitolo della serie sulla politica estera italiana;
nei podcast filosofici parleremo invece di Scoto Eriugena e probabilmente anche di Anselmo (o almeno inizieremo a farlo);
concluderemo credo anche i video sul Piccolo principe.
E questo è più o meno tutto. Ci rivediamo qui tra sette giorni esatti. Non mancate!