Cosa la scuola può imparare dal lockdown e dalla DAD, il successo degli youtuber che fanno libri per bambini, Hitchcock e Scurati, la storia della Russia e... sì, Cip & Ciop
Prima newsletter dopo la fine della scuola e, come vedrete proseguendo nella lettura, credo che il clima nuovo si senta. In realtà questi ultimi giorni non sono ancora stati di riposo: sono passato dagli scrutini alla compilazione delle relazioni finali, dagli ultimi impegni coi PCTO alla preparazione degli Esami di Stato. Esami di Stato che cominceranno già lunedì prossimo, con la riunione preliminare.
Insomma, non c’è pace all’orizzonte, almeno per ora, almeno per quanto riguarda gli impegni e le scadenze. Eppure, la fine delle lezioni “tradizionali” mi ha fatto scendere addosso una strana stanchezza e perfino un po’ di malinconia: è come se tutta la fatica accumulata in questi ultimi mesi si stesse sfogando in questo momento. Passo qualche quarto d’ora disteso sul divano a fissare il soffitto: e, considerando che non lo facevo da mesi (forse anni?), è un po’ una novità.
Non ho però mancato ai miei doveri, per ora, e ho realizzato video, podcast, letture, visioni e riflessioni di cui vi do conto qui di seguito. Quindi bando alle ciance: ecco tutto quello su cui ho lavorato questa settimana.
Quello che ho letto
Come vedrete, in elenco ci sono questa volta libri tra loro diversissimi: uno l’ho letto assieme al mio figlio più piccolo, che ha sette anni appena compiuti e si sta esercitando a leggere soprattutto coi fumetti, mentre gli altri sono decisamente più da adulti.
L'astronave della paura di Gabby16bit: questo è il libro – anzi, per la verità un fumetto, anche se confezionato come se fosse un romanzo – che ho letto con Christian, il mio “quartopupo”, l’autore del “mostro peloso” che compare sullo sfondo dei miei video. Se lo è fatto regalare proprio per il compleanno e questa settimana, a scuola finita, abbiamo dovuto leggerlo assieme. O, meglio: io ho letto (a voce alta) i dialoghi più lunghi e articolati, mentre lui si dedicava a quelli più corti (tipo quando i personaggi urlano: «Aiutoooo» o cose del genere). Gabby, l’autore del libro (anche se sospetto si sia affidato a un ghost writer), è un celebre youtuber per bambini: fa video di videogiochi e, per quel poco che ho visto, mi pare tutto sommato meglio della media, dato che non dice parolacce e non sembra un demente. Il suo fumetto prosegue su quella falsariga: per bambini, simpatico senza essere volgare. L’astronave della paura è infatti una storia di fantascienza che fa un po’ il verso al videogioco Among Us: decisamente sconclusionata nella trama generale, è però disegnata in modo simpatico e si lascia leggere. Ormai pare che tutti gli youtuber per bambini si stiano buttando a capofitto su questo genere: realizzano fumetti con trame improbabili che vendono comunque benissimo perché hanno per protagonisti gli youtuber stessi, ormai assurti a eroi di vere e proprie avventure. Da un lato, mi fa piacere che il fumetto – di cui sono stato e sono ancora un grande estimatore – tenga in piedi l’editoria italiana con numeri importanti; dall’altro, mi sembra che questi prodotti siano a volte un po’ affrettati, soprattutto dal punto di vista del soggetto. Mi sta bene, infatti, che la storia sia semplice e forse perfino semplicistica, considerando che è pensata per bambini delle elementari, ma vorrei che almeno non ci fossero dei buchi vistosi di trama o delle incoerenze interne, che invece non mancano. Abituiamoli bene, insomma, questi bambini! Comunque, se siete curiosi, lo trovate qui.
M. Il figlio del secolo di Antonio Scurati: qualche anno fa questo libro era al centro dell’attenzione di tutto il mondo culturale italiano. E io, apposta, decisi di non leggerlo: perché i libri baciati da troppo successo spesso non mi attirano. Mi sorge, anzi, un vero e proprio movimento di repulsione spontaneo, che mi ha permesso negli anni di tenermi lontano da molte mode letterarie. Poi però, se il libro vale o sospetto che valga, magari mi ci avvicino comunque, quando tutti hanno smesso di parlarne. Così sta accadendo anche con M. Il figlio del secolo di Antonio Scurati, ritratto – creato a partire da fonti originali, con un’operazione a metà strada tra letteratura e storia – di Benito Mussolini, negli anni compresi tra il 1919 (con la fondazione dei Fasci di combattimento) e il 1925 (la presa del potere definitiva). Per ora sono ancora alle prime pagine, ma l’operazione mi sembra già ben condotta: Scurati riesce a cogliere piuttosto bene il clima del dopoguerra italiano. Niente di nuovo, se avete una buona preparazione storica: quelle che racconta lo scrittore sono cose che un qualunque studente universitario di storia contemporanea già conosce ampiamente; ma mi pare che il romanziere napoletano riesca comunque a rivolgersi ad un pubblico più ampio di quello degli specialisti, senza però banalizzare il messaggio. Vedremo come proseguirà. Se siete interessati, lo potete comprare qui.
La fonte meravigliosa di Ayn Rand: ho proseguito anche con questo (interminabile) romanzo di Ayn Rand. Non ho molto di nuovo da dire: è ben scritto, rimane appassionante anche se gli intenti filosofici sono fin troppo espliciti. Nel senso che, dopo un inizio molto ambiguo (e proprio per questo piacevole), ora è chiaro chi per Rand è l’eroe, chi l’antagonista; ovvero: chi il buono, chi il cattivo. E questa dicotomia così netta temo possa danneggiare la storia. Vedremo. Lo potete acquistare qui.
Quello che ho visto
Se i libri della settimana sono strani, non aspettatevi granché di meglio dai film. In lista c’è una pellicola Disney appena uscita, un classico della nouvelle vague degli anni '60 e un film del 1940. Insomma, di tutto e di più.
Cip & Ciop agenti speciali (2022), di Akiva Schaffer, con Kiki Layne: se vi piacciono le novità, questa settimana questo è l’unico titolo per voi: appena uscito su Disney+, è un film in cui i cartoni animati interagiscono con personaggi umani in modo ormai estremamente efficace. Dal punto di vista tecnico è, infatti, perfettamente riuscito. Lo è anche per alcune trovate: Cip & Ciop sono qui due vecchi attori di serie TV che hanno goduto di una certa popolarità negli anni '90 ma che ora sono stati scartati dallo show business; e assieme a loro ci sono tanti altri cartoni sfortunati. Insomma, pare di vedere BoJack Horseman, ma per famiglie. Ciò che convince meno è anche qui la trama: il film parte bene, con trovate intelligenti e originali, ma ben presto si perde in una serie di soluzioni facili (e prevedibili), perdendo molto del suo mordente. Simpatico, ma nulla più. Come detto, lo si può vedere su Disney+ e magari ai vostri figli piacerà.
Bande à part (1964), di Jean-Luc Godard, con Anna Karina, Claude Brasseur, Sami Frey: molto più riuscito è Bande à part, che non a caso è considerato un capolavoro non solo della nouvelle vague francese ma in generale di tutto il cinema degli anni '60. L’avevo visto qualche anno fa e lo ricordavo ancora piuttosto bene, ma gustare nuovamente certe scene – in particolare quella, celebre, del ballo nel bar e quella della velocissima visita al Louvre – mette sempre una strana felicità addosso. La storia è, all’apparenza, quella di un film di serie B: due ladruncoli prendono di mira una casa un po’ isolata, e per penetrare all’interno della stessa seducono la giovane nipote della padrona. Il film lo si trova su Amazon Prime Video, ma ha un difetto: è disponibile solo in francese (con sottotitoli in italiano). C’è però da dire che nei film di Godard in genere le immagini contano più delle parole. E poi c’è Anna Karina al suo massimo splendore, che da sola vale il prezzo di qualsiasi biglietto.
Il prigioniero di Amsterdam (1940), di Alfred Hitchcock, con Joel McCrea, Laraine Day, Herbert Marshall: questo film è in genere considerato uno dei grandi capolavori di Hitchcock, anche se io, a dire il vero, l’ho trovato un po’ inferiore rispetto ad altri lavori del regista inglese. Il film è interessante però anche dal punto di vista storico: realizzato tra il 1939 e il 1940, preannunciava la guerra che stava per scoppiare in Europa, e nel finale vennero non a caso aggiunte alcune scene proprio per tener traccia degli eventi reali che si stavano compiendo sullo scenario europeo. Il protagonista è un giornalista americano che viene inviato a Londra ed Amsterdam per seguire le trattative volte ad evitare lo scoppio della Seconda guerra mondiale, ma si ritrova catapultato in un complotto internazionale. Anche questo titolo lo si trova su Amazon Prime (in italiano, a parte qualche scena tagliata e quindi disponibile solo in lingua originale). È una visione interessante, ma a mio modo di vedere non memorabile: la trama mi pare abbia troppi scossoni e cambi di ritmo e il classico “McGuffin” di Hitchcock mi sembra qui fin troppo estremizzato.
Quello che ho pensato
Visto che questa settimana sono terminate le lezioni dell'anno scolastico 2021/22, inevitabilmente i pensieri in questi giorni sono andati a fare il punto sull'anno appena trascorso. Qualcosa ho già detto in un video apposito (che trovate più avanti, nella sezione Quello che ho registrato e pubblicato), dove però ho cercato di rimanere su tematiche generali, in modo da parlare di questioni che possono interessare anche agli studenti o ad altri colleghi; qui vale la pena di fare un punto un po' più personale sulla questione.
La prima cosa che mi balza agli occhi, se ripenso a come siamo arrivati alla fine di questo 2021/22, è lo strano rapporto col tempo. Ad esempio, i miei ragazzi di quinta mi sembra di conoscerli non da tre anni, come effettivamente è, ma da una vita. Questi tre anni, complice il covid, sono infatti stati estremamente lunghi, o almeno io li ho percepiti come lunghi, e paradossalmente la conoscenza dei ragazzi mi sembra che sia più approfondita oggi di quanto non fosse – a parità di durata – qualche anno fa. Detta in altri termini: coi ragazzi della mia quinta attuale mi pare di aver vissuto per cinque anni; con quelli delle quinte di qualche anno fa mi pareva di averci passato due anni, due anni e mezzo al massimo.
Il lockdown, le lezioni a singhiozzo dell'anno scorso e le mille incertezze – tra mascherine, gel, tamponi e simili – di quest’anno mi sembra che da un lato ci abbiano in qualche modo avvicinato e dall’altro abbiano in un certo senso dilatato il tempo. Me ne accorgo se faccio il confronto con gli studenti invece di terza: loro li conosco in effetti solo da un anno ma mi pare di averli appena incontrati, mentre il salto con quelli di quarta e di quinta mi pare grande, superiore alle attese.
L’impressione ovviamente va presa per quel che è: una sensazione molto personale, che lascia il tempo che trova. Mi sembra però interessante, nel suo piccolo, perché sembra smentire completamente la vulgata popolare secondo cui il lockdown ci abbia allontanati e divisi.
Certo, in buona misura lo ha fatto, ma in realtà l'esito mi sembra più complicato di come lo si voglia presentare. È vero che moltissimi si sono sentiti soli, isolati, persi, ma forse, per un motivo o per l'altro, noi adulti – o forse sarebbe meglio dire: noi insegnanti – ci siamo sentiti anche maggiormente responsabilizzati dalla situazione, abbiamo preso più a cuore i nostri ragazzi e, vedendoli nelle loro camerette, in condizioni spesso precarie, li abbiamo sentiti più familiari.
Quando penso ai miei ragazzi di quinta penso davvero anche alle loro camere da letto, che ormai conosco più dei loro nasi (visto che da due anni non emergono dalla mascherina); penso ai gatti che passavano sulla loro scrivania, alle foto che avevano appese sui muri dietro di loro, ai modi in cui cercavano di barare durante le verifiche, ai modi in cui zittivano i fratelli che facevano casino o ancora ai modi in cui congelavano la videocamera per far finta di essere attenti quando non lo erano.
In fondo il lockdown e la DAD a singhiozzo ci hanno permesso di conoscere questi ragazzi in altri contesti: certo, spesso contesti difficili e problematici, ma comunque contesti più completi, a tutto tondo. Li abbiamo visti fuori dal banco, fuori dall’aula, fuori dal contesto. Li abbiamo visti anche più tesi o più rilassati, più persi o più motivati, più desiderosi di parlare o di dormire.
È questo che intendo quando dico – nelle varie occasioni in cui mi capita di parlarne – che abbiamo qualcosa da imparare da questo lockdown: molto spesso siamo abituati a vedere i nostri studenti solo nell'aula scolastica, solo nel breve spazio della lezione, cosa che però ci fornisce un'immagine molto parziale della persona che abbiamo di fronte. E il superamento di certe barriere mi sembra per certi versi ormai indispensabile, al di là della DAD, al di là del lockdown, al di là delle circostanze momentanee che possono arrivare o andarsene.
Ci pensavo in particolar modo anche stamattina. Nonostante sia estate e molti pensino che gli insegnanti al termine delle lezioni smettano di lavorare, in realtà ho passato – come spesso mi accade – la mattinata a scuola. Avevo da fare del lavoro in archivio, visto che stiamo curando una graduale sistemazione dei vecchi documenti che sono conservati nella scuola. E così mi sono imbattuto in un vecchio registro di circolari dei primi anni '30, che raccoglie gli avvisi del preside o dei suoi sostituti tra il 1931 e il 1934.
In quegli avvisi, com’è prevedibile, è presente tanta retorica (fascista), tanto militarismo, ma si scorge anche il fortissimo distacco che esisteva allora tra professori e alunni. Gli allievi erano tenuti di volta in volta a partecipare a cerimonie e parate e venivano puntualmente castigati quando in qualche modo sgarravano rispetto alle aspettative dello Stato, del liceo, del fascismo.
Era una scuola d'altri tempi, ovviamente, ma a volte ancora oggi interpretiamo un po' la scuola in quello stesso modo. Certo, non c'è più il fascismo, per fortuna, ma c'è quel senso di ordine, di disciplina, di distacco che caratterizzava quella vecchia scuola e che è un po' rimasto anche in alcuni ambiti della nostra scuola contemporanea.
Attenzione, non sto dicendo che dobbiamo diventare lassisti, amici degli studenti o privi di qualsiasi ordine, ma piuttosto che dobbiamo spogliarci di quelle rigidità di un tempo.
La disciplina nello studio serve, altrimenti non si va da nessuna parte, ma non è detto che debba essere imposta con la forza, come un rituale vuoto che dall'alto viene calato sugli studenti; piuttosto bisognerebbe riuscire a insegnare agli studenti che loro stessi devono imporsi una disciplina, cioè un ordine, un impegno. Una disciplina che quindi non sia esteriore ma interiore, una disciplina che non sia imposta dall'alto ma auto-imposta dal basso, una disciplina che non si confonda con il militarismo, che non abbia l’aria di un reggimento marziale, ma che sia semplicemente una ricerca di una dirittura morale, di un impegno.
Insomma, per farla breve: secondo me questi tre anni ci hanno insegnato che non possiamo più essere insegnanti del Novecento, che dalla cattedra insegnano, gettando solo di tanto in tanto un’occhiata sui ragazzi che hanno davanti. Dobbiamo essere insegnanti del XXI secolo, con tutto quello che comporta: pronti ad entrare nelle camerette, senza confondere i ruoli ma ben sapendo che i vecchi sistemi cominciano a non funzionare più.
Quello che ho registrato e pubblicato
Spazio come al solito anche ai video e ai podcast che sono usciti questa settimana. Ecco l’elenco completo.
La fine dell’anno scolastico 2021-22: ve ne ho parlato anche nel paragrafo qui sopra, ma qui trovate varie riflessioni sul programma di storia e filosofia che ho appena concluso nelle mie varie classi
La Russia di Ivan il terribile e Michele Romanov: primo di una serie di due video dedicati alla storia della Russia nell’età moderna, per capire meglio le radici di quello che sta succedendo anche ora in quella zona d’Europa
La Russia di Alessio e Pietro il grande: ed ecco il secondo capitolo, tanto più attuale visto che di recente Putin si è paragonato addirittura allo zar Pietro I
Il piccolo principe - Audiolibro spiegato parte 1: cominciamo una nuova (breve ma importante) opera, sempre col metodo della lettura integrale e del commento a fianco
Il Risorgimento e l’unità d’Italia in un’ora: mega-riassunto di buona parte dell’Ottocento italiano, dai primi moti fino all’unificazione
La filosofia della storia di Agostino (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Voltaire e il suo peso nella storia (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che facciamo vi piace e volete darci una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che abbiamo implementato per voi. C’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal e, infine, ci sono libri e videocorsi che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco i nostri consigli della settimana.
Maus di Art Spiegelman: visto che, sopra, vi ho parlato in un paio di occasioni di fumetti e di cartoni animati, ho deciso questa settimana di proporvi, come libro consigliato, proprio un fumetto. Ma un fumetto che, decisamente, non è pensato per i bambini. Si tratta di Maus, capolavoro che l’americano Spiegelman, figlio di un sopravvissuto ad Auschwitz, realizzò tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90. La storia personale del padre dell’autore si mescola alla fantasia fumettistica, in un connubio molto riuscito, a tratti inquietante. Lo si compra qui.
Introduzione alla creazione di personaggi in stile cartoon: ho sempre amato scarabocchiare, disegnare facce strane, personaggi assurdi. Non che sia mai stato particolarmente bravo a farli, ma molto spesso, quando mi trovo a riprendere in mano i miei vecchi appunti scolastici, ritrovo ai bordi delle pagine dei personaggi buffi. Questo corso di Domestika – che costa meno di 15 euro per un totale di 26 lezioni – ti insegna a perfezionare proprio lo stile di questi personaggi, ed è molto efficace (anche perché il docente è molto bravo). Se volete, lo potete acquistare qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Cosa c’è in arrivo
Chiudiamo con la solita panoramica sui prossimi video e le prossime puntate dei podcast, esami permettendo:
arriverà a breve il secondo video su Giovanni Gentile, dedicato alla sua dialettica;
concluderemo poi il (lungo) percorso sulla storia delle città, con la città del futuro, sulla quale ci saranno molte cose interessanti da dire;
realizzerò la seconda puntata del ciclo sul Piccolo principe, che pare piacervi e interessarvi;
inoltre, sul versante dei podcast, concluderemo finalmente Agostino e parleremo brevemente anche di Boezio, mentre per quanto riguarda storia passeremo agli illuministi italiani.
E questo è tutto, per ora. Appuntamento sempre qui, lunedì prossimo: al mattino, quel giorno, avrò la prima riunione della commissione d’esame, ma alla sera sarò puntuale alla scrivania a scrivervi. Non mancate!