Da Stranger Things all'Intelligenza artificiale, da Ricky Gervais al rugby, da Machiavelli al politicamente corretto: tutto quello su cui c'è da discutere questa settimana
Benvenuti! Questa settimana in elenco ci sono parecchie cose nuove: un nuovo libro in lettura, una nuova serie TV (addirittura l’attesissima Stranger Things), un nuovo special comico, perfino un nuovo format di video (sugli articoli di attualità). Insomma, un sacco di novità per tirarvi su il morale in questo anno scolastico che si avvia alla conclusione (vi dispiace, vero? A me un po’ sì).
Insomma, c’è molto da leggere nella newsletter di questa settimana. Spero vi piaccia. Cominciamo.
Quello che ho letto
Tre libri in lista anche questa settimana, cari amici. Uno lo abbiamo letto insieme, un altro l’ho iniziato e sembra promettere bene, un terzo l’abbiamo già presentato nelle settimane scorse.
Etica dell’intelligenza artificiale di Luciano Floridi: il libro nuovo che ho cominciato questa settimana è il nuovo lavoro del filosofo italiano Luciano Floridi. È uscito da poco e l’ho cominciato anch’io da una manciata di giorni, visto che sono appena a un quinto del volume, ma sembra promettere bene. Il libro è diviso in due parti fondamentali: la prima si intitola Comprendere l’intelligenza artificiale e fa il punto su cosa è stata l’intelligenza artificiale, cos’è oggi e cosa potrebbe diventare in futuro; la seconda si intitola Valutare l’intelligenza artificiale e affronta la questione da un punto di vista etico. A questa seconda parte devo ancora arrivarci, ma la direzione verso cui Floridi si sta dirigendo è già stata anticipata: il tentativo di dare delle modalità per convivere con l’IA, capendo cosa è necessario evitare e cosa invece sarebbe meglio implementare. A guardare il sommario, sembra si parlerà di privacy, governance, società, cambiamento climatico. Si prospetta un libro intrigante. Ve ne parlerò ancora. Se intanto lo volete comprare, lo trovate qui.
Il Principe di Niccolò Machiavelli: come vedrete anche proseguendo nella newsletter, questa settimana abbiamo finito di leggere insieme Il Principe di Machiavelli, il capolavoro del Cinquecento che abbiamo affrontato all’interno della rubrica Book Club storico-filosofico. Il libro l’avevo già letto per intero all’università e una seconda volta qualche anno fa; quindi si trattava della terza lettura. Ma è stato ancora interessante, devo dire. Più passa il tempo, più Machiavelli pare aver qualcosa da dire. Se ripercorrete le varie puntate che abbiamo dedicato alla lettura e al commento del suo capolavoro, infatti, vi accorgerete di quanto le sue parole potrebbero adattarsi anche ai problemi dei nostri giorni, almeno in parte. E d’altronde i classici riescono di solito a far proprio questo: continuare a dare idee e chiavi di lettura. Se volete comprarvelo, lo trovate qui.
Trattato di ateologia di Michel Onfray: questa settimana ho continuato la lettura anche del libro di Onfray di cui vi parlavo nelle puntate precedenti. Niente di nuovo sul fronte ateo, si conferma per ora quello che vi ho già raccontato: una raccolta di diverse accuse che spesso vengono rivolte verso il cristianesimo e le altre religioni monoteiste, certo interessante per riflettere ma non troppo originale (almeno finora). Vedremo proseguendo. Lo si compra qui.
Quello che ho visto
Come vi dicevo nella premessa, questa settimana sarà forse il settore “video” ad attirare la vostra attenzione, soprattutto se siete giovani. Ecco quello che ho visto.
Stranger Things, episodi 4.1 e 4.2 (2022), di Matt e Ross Duffer, con Millie Bobby Brown, Finn Wolfhard, Gaten Matarazzo: mia figlia la aspettava da più di un anno e finalmente la nuova (mezza) stagione di Stranger Things è arrivata, su Netflix. Per ora in casa ci siamo visti i primi due episodi (dato anche che ognuno è lungo quasi quanto un film) e diciamo che si stanno ponendo le basi per le puntate che verranno; la trama è finora, quindi, inevitabilmente interlocutoria. Si scorge molto chiaramente il tentativo, da parte dei fratelli Duffer, di continuare a far rivivere gli anni '80 e le loro caratteristiche, ma per ora non sono rimasto chissà quanto impressionato (le prime due stagioni mi avevano colpito fin da subito, questa meno). È però molto presto per dare un giudizio definitivo, quindi ci ritroviamo qui tra qualche giorno, per parlarne ancora e vedere dove siamo arrivati (senza spoiler, ovviamente).
Ricky Gervais: SuperNature (2022), di e con Ricky Gervais: questo special appena reso disponibile, ancora una volta su Netflix, è al centro anche della rubrica Quello che ho pensato, quindi più avanti troverete parecchi spunti di riflessione. Qui dirò che lo show mi è abbastanza piaciuto, anche se non l’ho trovato poi così sconvolgente. Ormai siamo relativamente abituati alla comicità di Ricky Gervais e quindi vedere un suo spettacolo sicuramente ci fa ridere, ma magari non ci lascia più il segno come le prime volte (o almeno per me è così). Credo che il motivo sia da ricercare nel fatto che questo SuperNature, per tematiche, ritmo e battute, ricorda molto Humanity, lo spettacolo del 2018; Gervais poteva forse chiamarlo addirittura Humanity 2, e credo non avrebbe detto il falso. Comunque, se vi piace questo tipo di show, ne vale indubbiamente la pena.
Petrarca - Rovigo 19-6 e Real Madrid - Liverpool 1-0: questa settimana mi sono concesso un po’ di sport. Sabato sono arrivate ben due finali che m’interessava guardare. La seconda, e molto più famosa, era quella di Champions League tra Real Madrid e Liverpool che sicuramente ha visto anche qualcuno di voi, una partita vinta forse dalla squadra meno spettacolare ma che in quel frangente si è dimostrata più concreta. La finale che però qui da noi, a Rovigo, si è sentita maggiormente è stata quella di rugby per lo scudetto 2021-22. Rovigo, la squadra della mia città, si era aggiudicata il titolo lo scorso anno ed ora doveva difenderlo contro gli storici rivali del Petrarca Padova. Se non siete della zona, per capire di che tipo di rivalità stiamo parlando sappiate che Rovigo e Padova sono divise da appena 40 chilometri e che prima di questo sabato vantavano entrambe esattamente 13 titoli nazionali. Alla fine ha vinto Padova, anche meritatamente visto che i “neri” erano i favoriti, ma si sperava nel colpo di scena.
Quello che ho pensato
Qualche giorno fa, come avete appena letto, ho visto il nuovo spettacolo di Ricky Gervais intitolato SuperNature, disponibile su Netflix. Anzi, a dirla tutta, prima di guardarmelo ho visto un video di Rick Dufer, che alcuni di voi mi hanno segnalato, proprio sullo stesso tema. Sia nel video di Dufer che nello stesso spettacolo di Gervais, tra l’altro, si discute abbastanza a lungo della comicità e dei suoi confini, che è la cosa di cui vorrei parlarvi anch’io oggi.
Devo dire che Dufer sposa in toto, riprendendole quasi pari pari, le tesi di Gervais, ma devo dire anche allo stesso tempo che non mi trovo del tutto d'accordo con quello che i due sostengono.
Per chi non lo conoscesse, Ricky Gervais è forse il più famoso comico britannico degli ultimi 15 o 20 anni. Ha prodotto serie TV di grandissimo successo come The Office e After Life, interpretato film più o meno riusciti, presentato grandi eventi televisivi e realizzato monologhi comici che hanno avuto ottimi riscontri di critica e di ascolti, capaci di suscitare però anche aspre polemiche. In SuperNature fa quello che in un certo senso gli riesce meglio, cioè sale sul palcoscenico e si esibisce in una personale forma di stand-up comedy, raccontando al pubblico le proprie riflessioni su quello che gli accade, ovviamente in chiave comica.
Fin qui niente di nuovo: gli stand-up comedians esistono da decenni, alcuni più bravi altri meno, e ormai sono abbastanza frequenti anche nel panorama italiano. La cifra stilistica di Gervais, la cosa che lo rende però particolarmente originale, è il fatto che rispetto ai colleghi si rivela particolarmente sfrontato, o almeno più sfrontato della media. Non tira in ballo solo il sesso, la politica o argomenti controversi come fanno molti altri, ma ironizza in maniera frequente e costante anche su quelle che oggi chiameremmo le “categorie protette”.
In Humanity, che risale a qualche anno fa, ad esempio ironizzava a lungo su Caitlyn Jenner, un tempo atleta britannico conosciuto col nome di Bruce Jenner; ma anche in quest'ultimo lavoro se la prende con gli obesi (pur affermando di fare anche lui parte della categoria), con i transessuali, coi gruppi religiosi e così via.
Per questo motivo Gervais è stato spesso attaccato, ma proprio per questi attacchi negli ultimi anni ha iniziato a riportare dentro ai suoi spettacoli anche tutte queste polemiche, sfruttando le accuse per creare nuove battute.
Inoltre, negli anni ha più volte presentato il proprio punto di vista, che si può riassumere sostanzialmente così: da un lato, secondo Gervais la comicità è soggettiva, quindi se una battuta non ti piace o non ti fa ridere non è detto che il tuo gusto sia assoluto, non è detto che quello che tu trovi offensivo sia offensivo per tutti e quindi bisogna essere tolleranti nei confronti delle opinioni altrui ma anche delle battute altrui; dall’altro, la battuta è un modo per sdrammatizzare, per – usando una sua terminologia – in un certo senso abbracciare chi soffre, anche se lo si fa con una certa veemenza.
In questo senso Gervais cita, sia in SuperNature che in Humanity, un paio di episodi, spesso legati a dei funerali, mostrando come una battuta detta al momento giusto anche in un contesto estremamente luttuoso possa costituire un gesto d'affetto. In Humanity, ad esempio, raccontava che al funerale di sua madre lui e i suoi fratelli si erano divertiti a giocare uno scherzo al prete che celebrava il rito funebre. In SuperNature cita un caso simile relativo al funerale della nonna di un suo caro amico.
In generale, comunque, Gervais sostiene che la comicità, per questi e per altri motivi, non debba mai essere sottoposta a nessun tipo di censura, né tantomeno di autocensura, e risponde spesso a tono e con fare provocatorio a chiunque abbia delle rimostranze da fargli, prendendo platealmente in giro anche chi in questi anni ha cercato addirittura di definire delle “regole della comicità”.
Ora, penso che il punto di vista di Gervais abbia sicuramente alcune frecce al proprio arco e dica il vero in alcune parti. Penso però che non sia del tutto completo e che la faccenda sia più complicata di come il comico britannico la presenta.
Mi spiego meglio. Sono d'accordo sul fatto che la comicità non debba essere sottoposta a censura, soprattutto perché quando si fa scattare la censura c'è subito anche chi si erge a censore e pretende di decidere lui cosa è consentito dire e cosa non lo è, su cosa è consentito scherzare e su cosa non lo è. Come Gervais fa notare, la persona che tipicamente afferma che non si possa ridere su certi argomenti assume un atteggiamento in un certo senso religioso, perché è solo il sacro a rappresentare qualcosa di cui non si può ridere mai. In effetti, a volte il “politicamente corretto”, cioè l’esigenza di non attaccare alcuni gruppi o alcune minoranze, rischia di trasformarsi in una sorta di religione, per cui certi termini diventano sacri e intoccabili. La comicità funziona, invece, quando è scorretta, inattesa, capace di rompere gli schemi e le convenzioni; quindi sarei favorevole anch'io a una libertà virtualmente illimitata nell'ambito del comico, tenendo ben presente che poi ognuno può ritenere eccessivi certi linguaggi e certe battute e può fare a meno di andare a vedere un determinato spettacolo.
Il problema però non è tanto questo. Il problema è se si possa scherzare sui più deboli. Gervais dice in maniera molto esplicita nel suo spettacolo che si può e si deve scherzare su tutto, e lo afferma criticando l’idea avanzata da alcuni giornalisti secondo cui, al contrario, si dovrebbe scherzare solo dei potenti, su chi detiene un qualche tipo di potere, perché la comicità dovrebbe essere sempre anarchica e contro il sistema. Lui liquida questi discorsi come baggianate, affermando che nella storia si è sempre scherzato di tutto e di tutti, del potente come del povero.
Ovviamente, in parte, ha ragione. Ma cerchiamo di allargare un po' il discorso. Il fatto che si scherzi di tutto e di tutti non vuol dire che lo si debba fare per forza, o che sia giusto farlo. Da sempre si picchiano i più deboli, e non vuol dire però che sia giusto. L’essere non determina automaticamente il dover-essere, come la filosofia ci ha insegnato da tempo.
Cercare di capire quando una comicità è buona comicità mi pare sia un’attività lecita. Il che non vuol dire che non si possa continuare a fare cattiva comicità; non è un ragionamento che vuole portare alla censura, ma solo a distinguere ciò che vale da ciò che non vale.
Io penso, per entrare nel merito della questione, che la comicità sia una forma d'arte che può avere, come tutte le forme d'arte, i suoi capolavori e le sue nefandezze, i suoi alti ed i suoi bassi. Capire la distinzione tra gli uni e gli altri può essere fondamentale anche per capire quale comico ascoltare, quale comico consigliare, con chi perdere tempo; che è poi quello che facciamo quando valutiamo l'arte, che si tratti di un film o di un quadro o di un’installazione contemporanea. Dire che si ride sempre e spesso anche degli ultimi non vuol dire che quella sia buona comicità. In fondo anche i bambini fanno dei disegni con la loro matita su un foglio di carta, e a volte riescono a creare anche qualcosa che ci emoziona, ma non vuol dire che quella sia buona arte.
L’ammettere che la comicità sia una forma d’arte, però, ci porta anche ad un altro problema: a cosa serve, questa benedetta comicità? Proprio ricollegandomi all'arte – pur consapevole del fatto che lo scopo dell'arte sia stato definito in mille modi diversi da mille filosofi diversi – mi sentirei di sostenere l'idea che l'arte abbia tra i suoi obiettivi almeno due target: da un lato, di metterci la bellezza davanti agli occhi; dall'altro, di farci cambiare almeno in parte la nostra visione del mondo, allargandoci gli orizzonti, proponendoci un punto di vista alternativo, stupendoci e facendoci uscire dalla nostra “comfort zone”.
La comicità, in questo senso, mi sembra pienamente una forma d'arte. Perché quando è riuscita non solo ci fa ridere, e quindi ci consegna qualche attimo di felicità e di gioia, ma riesce anche a farci vedere le questioni da un punto di vista diverso, a fornirci una chiave di lettura differente, a stupirci ed ampliarci gli orizzonti.
Per questo mi sento di dire che secondo me la comicità di Ricky Gervais è un'ottima comicità. Non perché sia capace di scherzare sugli obesi, sui trans o sui portatori di handicap, ma per un altro motivo. Per capire cosa intendo basterà proporre un facile confronto tra le battute di Ricky Gervais e quelle di comici di livello più basso, come alcuni intrattenitori italiani o un qualsiasi bullo delle scuole medie.
Sia Ricky Gervais, sia gli intrattenitori italici, sia il bullo fanno spesso battute sugli omosessuali e tutti e tre tendono a minimizzare il peso di quelle battute dicendo, in maniera più o meno elegante, che i bersagli di quelle irriverenze dovrebbero imparare ad essere più autoironici e a non prendersela con chi li prende in giro.
C'è però una differenza tra i tre, che non riguarda di per sé la qualità delle battute ma qualcos’altro. Se ascoltate con attenzione un spettacolo di Ricky Gervais, vi rendete infatti conto che non tutte le battute sono di chissà quale intelligenza o profondità; anzi, in alcuni casi Gervais si diverte a proporre freddure che sono proprio del livello di un ragazzino delle scuole medie.
Quello che cambia è, mi sembra, l'intento. Il ragazzino delle scuole medie che prende in giro un compagno di scuola, chiamandolo “checca” o peggio, lo fa per umiliarlo. Vuole ridere di lui. È lo stesso che mi sembra facciano certi comici nostrani, che cercano di ridere di una categoria di persone scegliendo la via più facile, prendendosela con una minoranza che è facile bersagliare e mettere alla berlina, godendo di un certo privilegio.
La comicità di Gervais, magari in modo inconsapevole, mi sembra funzionare in modo diverso. Quando il comico britannico fa una battuta su gli omosessuali, la dice il più delle volte in maniera fulminea e rapida, cercando di farci ridere di botto, sorprendendoci. Subito dopo averla detta guarda il pubblico e, dopo un istante di pausa, si mette a ridacchiare con gli spettatori. In quel caso, di cosa sta ridendo? Sta ridendo degli omosessuali? Sta ridendo della bellezza della sua battuta? O sta ridendo perché la gente ride della sua battuta?
Io propendo, il più delle volte, per questa terza ipotesi. Gli spettacoli di Gervais funzionano perché mi sembra che lui non rida degli omosessuali, né cerchi deliberatamente di umiliarli; lui piuttosto ride di noi, del suo pubblico.
Sotto sotto è come se dicesse: «Guardate, io sono uno stronzo che fa battute da stronzo, perché me la prendo con persone già discriminate, sfortunate, che hanno sofferto tanto; ma voi, che vi credete di essere migliori di me, in realtà siete stronzi quanto me, perché ridete delle mie stesse battute».
Il vero bersaglio non sono i gay, non sono gli obesi o chi per essi: siamo noi, il pubblico. Lui prende in giro noi. E quando vede che ridiamo alle sue cattiverie, si compiace. Ride della nostra ipocrisia. Il bullo di solito vuole umiliare il bullizzato per farsi bello agli occhi di un pubblico; Gervais invece sfrutta il bullizzato per umiliare il pubblico.
È per questo che quando ridiamo di queste battute in realtà ci sentiamo un po' anche in colpa. A me durante la visione di SuperNature è successo almeno tre o quattro volte: qualche frase mi ha fatto ridere e però, mentre ridevo, mi dicevo «ma perché sto ridendo di questa battuta che è così cattiva, così inutilmente violenta?» A me di sicuro non piace chi ride degli svantaggiati, eppure mi rendevo conto che in quel momento io stavo ridendo proprio degli svantaggiati. La grande qualità della comicità di Gervais è insomma proprio questa, a mio avviso: di farti ridere, ma contemporaneamente di farti sentire una merda.
E questo non è altro, a ben guardare, che il compito dell’arte: come dicevamo, deve allargarti gli orizzonti, farti capire qualcosa (quantomeno su di te). Ti fa capire, ad esempio, che questo atteggiamento di non prendere in giro in omosessuali, di usare certi pronomi piuttosto di altri, di usare la schwa può diventare ipocrita, se non accompagnato dalle azioni. Possono diventare semplicemente modi tramite cui noi persone avvantaggiate crediamo di essere perfette, di essere magnanime, di prenderci cura del mondo, mentre in realtà rimaniamo sempre delle mezze schifezze capaci benissimo di ridere di chi sta peggio di noi. Ci crediamo delle brave persone ma realtà ci fa un enorme piacere, sotto sotto, non far parte di quei gruppi di svantaggiati, sentirci superiori rispetto a qualcun altro.
Ricky Gervais ce lo rivela improvvisamente, e ce lo rivela facendoci ridere. Non c’entrano la soggettività, il gusto, la cattiveria; secondo me il vero fulcro è questo: che ride di noi, non per noi.
Quello che ho registrato e pubblicato
Se questa settimana vi siete distratti, qui di seguito trovate l’elenco di tutti i video e i podcast usciti negli ultimi sette giorni.
Temi di attualità del 2022 - Parte 1: quando la scuola si avvia verso la conclusione significa che si avvicinano gli esami. I miei studenti di quinta mi hanno chiesto qualche dritta sull’attualità e io ho risposto così
Le tre Critiche di Kant in un’ora: era doveroso, prima o poi, arrivare a un’opera di riassunto e sistemazione delle principali opere di Kant
C’eravamo tanto amati [Video Club storico-filosofico]: ecco un classico del cinema italiano che ci permette di ripercorrere anche un trentennio di storia nazionale
“Il Principe” di Machiavelli - Audiolibro spiegato parte 6: la già citata conclusione della lettura integrale e commentata del capolavoro di Machiavelli
Agostino contro le eresie (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Il problema della grazia in Agostino (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Un nuovo pensiero politico nel Seicento (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che facciamo vi piace e volete darci una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che abbiamo implementato per voi. C’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal e, infine, ci sono libri e videocorsi che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco i nostri consigli della settimana.
Apologia della storia di Marc Bloch: ne ho parlato proprio stamattina coi miei alunni, perché il buon Marc Bloch è stato citato nell’ultima canzone dei Pinguini Tattici Nucleari, gruppo molto amato dai giovanissimi. Ma i pensieri e la vita di Bloch meritano grande attenzione a prescindere. Questo è un classico sul mestiere dello storico, che fa il punto sulla metodologia che lo storico, appunto, deve utilizzare. Lo si compra qui.
Introduzione ad Adobe Illustrator: esistono, sul mercato, software che sapete essere potentissimi, che magari avete sempre avuto intenzione di provare, ma che non avete mai osato affrontare perché, oltre che potenti, sembrano anche molto difficili. Uno di questi è di solito Illustrator, il software di Adobe per la grafica vettoriale. Per fortuna ci sono corsi che vi permettono di avvicinarvi gradualmente all’app. Uno di quelli più accattivanti e riusciti è questo corso Domestika che attualmente è in offerta a 9,90 euro e consta di ben 77 lezioni. Vale la pena di cogliere l’occasione al volo. Lo potete acquistare qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Cosa c’è in arrivo
Come al solito, chiudiamo con la panoramica dei video che (teoricamente) sono in arrivo nei prossimi giorni:
arriverà la seconda parte della serie sugli articoli di attualità in vista della maturità;
dovrei riuscire a preparare, finalmente, anche il video sui referendum sulla giustizia del 12 giugno;
uscirà, credo, anche il nuovo video della serie sulla storia delle città, dedicato alle città industriali;
forse arriverà anche il secondo video su Gentile;
per quanto riguarda i podcast, infine, andremo avanti ancora con Agostino e presenteremo, in storia, l’Illuminismo.
E questo è tutto, gente, come si diceva una volta al termine dei cartoni animati. Ci rivediamo tra una settimana.