Di Animali fantastici e Fight Club, di fascismo e libero arbitrio, di eresie cinquecentesche e Vittorio Emanuele Parsi, di Ayn Rand ed Edmund Husserl
Sono passate sia Pasqua che, oramai, Pasquetta, le brevi vacanze dalla scuola sono volate e tra poco riprenderemo con il solito tran tran quotidiano. Sui giornali e in TV continuano nel frattempo ad imperversare i dibattiti tra neutralisti e interventisti, ma anche tra filo-putiniani (sì, ce ne sono) e anti-putiniani, e non sempre queste categorie coincidono (nel senso che ci sono interventisti anti-putiniani ma anche interventisti filo-putiniani, così come ci sono neutralisti dell’una o dell’altra sponda). Polemiche che sono destinate ad inasprirsi con l’approssimarsi del 25 aprile, temo.
Ecco, vedete: a me pare che tutte queste polemiche, con quello che sta accadendo in Ucraina, c’entrino poco. La situazione reale, i fatti, sono stati messi da parte da parecchio tempo; e, com’è abitudine in Italia, è subentrata l’ideologia, la presa di posizione. Non c’importa molto di quanto accade a Mariupol o nel Donbass; ci importa di esprimere la nostra posizione al riguardo (e quindi poi andiamo a pigliare quello specifico fatto che può dare ragione ai nostri pregiudizi, ignorando quelli che invece li smentiscono, in un bieco cherry picking ideologico). Alla fine non si dibatte di Ucraina o Russia; si dibatte di noi, come al solito. E non di quello che capiamo o interpretiamo, ma di quello che vorremmo che fosse. Da anni abbiamo smesso di parlare del mondo, discutendo invece sempre e solo di noi, in maniera completamente autoreferenziale.
Per questo, questa settimana la rubrica “Quello che ho pensato” sarà dedicata a ben altri argomenti. Per sgombrarci un po’ la mente, dopo tante discussioni inutili.
Ma partiamo, come al solito, dalle letture della settimana.
Quello che ho letto
Un solo libro nuovo, questa settimana, rispetto a quelli di sette giorni fa, ma ricco di spunti interessanti. Vediamoli.
A ognuno quel che si merita di Daniel Dennett e Gregg D. Caruso: il nuovo libro di cui vi parlavo è proprio questo, un volume a quattro mani appena pubblicato in Italia da Raffaello Cortina Editore. L’intento è quello di parlare di libero arbitrio: Dennett – uno dei più importanti filosofi americani viventi – sostiene che esso esista e, pur tra varie precisazioni, che esso sia almeno in parte innegabile; Caruso invece appartiene alla corrente dello scetticismo in questo settore, e quindi ritiene, per usare una battuta, che il libero arbitrio sia “ampiamente sopravvalutato”. I due dialogano rispondendosi a vicenda e concedendosi, comunque, ampie argomentazioni; e le posizioni tra i due, lo si capisce subito, sono meno diverse di quello che potrebbero sembrare. Ve ne parlerò ancora perché sono ben lungi dall’essere arrivato alla fine, ma il tema (che riguarda anche e soprattutto la responsabilità personale, cioè se possiamo essere ritenuti meritevoli o colpevoli delle nostre azioni, e fino a che punto possiamo esserlo) è molto interessante. Se volete comprarlo, lo trovate qui.
La fonte meravigliosa di Ayn Rand: questo è il libro a cui questa settimana ho dedicato più tempo. Ve ne ho già parlato: è il romanzo forse più famoso della Rand, in cui la filosofa russo-americana concentrò molte delle sue idee sull’uomo. Anche qui il tema principale, in un certo senso, è quello del merito. Il protagonista è Howard Roark, eroe “alla Nietzsche”: creativo, controcorrente, vero e proprio prototipo del superuomo, nel senso che esprime al massimo la propria volontà di potenza e che decide autonomamente i propri valori. L’argomento del libro è lo scontro tra Roark e il mondo: come può un superuomo, in questo caso un talentuoso architetto, scendere a patti con un mondo che invece vive di valori tradizionali, di conformismo, di adeguamento allo stile dominante? La domanda non è peregrina e bisogna anche ammettere che la Rand sa gestire al meglio la trama, almeno per ora. Sono circa a un quarto di un libro che è comunque bello corposo. Se volete comprarlo, lo trovate qui.
Il formaggio e i vermi di Carlo Ginzburg: sto continuando anche la lettura pure di questo importante saggio storico. Il protagonista, come in parte vi ho già detto, è Menocchio, un mugnaio friuliano che verso la fine del Cinquecento fu accusato di eresia. Tramite i verbali dei suoi interrogatori Ginzburg cerca di ricostruire non solo quali erano le credenze dell’uomo, ma anche da dove potessero essersi originate. C’è un po’ di anabattismo, un po’ di luteranesimo ma anche tanta cultura orale contadina, in un miscuglio originalissimo ed assai interessante. La cosmogonia di Menocchio sembra addirittura quasi risalire ai presocratici, quando immagina l’origine del mondo come un caos simile a quello che si ottiene quando si fa il formaggio. Qui lo trovate, se lo volete comprare.
Quello che ho visto
Questa settimana in lista, sul versante delle visioni, ci sono due film classici (o quasi) e un video di attualità tratto da YouTube. Eccoli.
Animali fantastici e dove trovarli (2016), di David Yates, con Eddie Redmayne, Katherine Waterston, Alison Sudol: in vista dell’uscita nei cinema del terzo capitolo della saga degli Animali fantastici, i miei figli e mia moglie mi stanno imponendo di rivedere i capitoli precedenti. Una serie discreta, non al livello di quella di Harry Potter ma comunque con qualche punto a suo favore (in particolare la recitazione di Eddie Redmayne, che a me piace molto). Più che altro, mi pare che – anche a distanza di anni dalla prima visione – la trama di Animali fantastici e dove trovarli rimanga tutto sommato un po’ confusa. Cioè: non si capisce bene dove la Rowling, con questa storia, volesse andare a parare. La settimana prossima riprenderò anche il capitolo 2 e poi magari, se riuscirò ad andare al cinema, vi parlerò anche del terzo. Intanto su questo tema ci aggiorniamo.
Fight Club (1999), di David Fincher, con Edward Norton, Brad Pitt, Helena Bonham Carter: a proposito di classici, questa settimana ho rivisto Fight Club. Ho provato a farlo vedere al figlio grande, che ormai sentiva troppo spesso parlare di questa pellicola: prima che se la vedesse da solo, ho pensato fosse buona cosa vederla assieme. Che dire? È un film decisamente forte, ma il vero pugno allo stomaco viene dalla sua critica corrosiva al non-sense della nostra vita quotidiana. Col passare degli anni, però, devo ammettere di notare maggiormente l’apporto di Fincher, il regista; che certo aveva tra le mani lo straordinario romanzo di Chuck Palahniuk, ma che ha saputo anche renderlo al meglio, con attori ben scelti e con inquadrature sempre efficaci. Consigliatissimi sia il film che il libro, ma sappiate che andate incontro a un certo quantitativo di violenza semi-gratuita e a molto nichilismo.
Analisi del professor Parsi sulla guerra (2022): non sono un fan dei video su YouTube, soprattutto di quelli che derivano da dirette su Twitch. Non perché non siano validi in assoluto (anzi, a volte ci sono anche delle belle cose), ma perché tendono a eccedere in dinamiche di spettacolarizzazione, di chiusura in circoli di fan, di dissing e polemiche sterili. Invece di puntare a fare chiarezza e a porsi domande, a volte mi sembra che questo genere di video punti a creare un nugolo di fedeli fan che vogliono sentirsi confermati nelle loro idee. O almeno questa è la mia impressione, anche se ammetto che ci sono belle e interessanti eccezioni. Una di queste è il video che vi linko qui di seguito, realizzato dal gruppo di Ivan Grieco e che contiene le analisi di Vittorio Emanuele Parsi, professore di relazioni internazionali alla Cattolica di Milano e sicuramente uno dei massimi esperti italiani nel settore dei rapporti con la NATO e con la Russia (dove ha anche insegnato). In queste settimane, come dicevo anche in apertura, si sentono spesso posizioni iper-ideologiche (o assurde, in certi casi), mentre mi pare che Parsi riporti il discorso sul campo della diplomazia vera, concreta; cioè del mondo com’è e non come vorremmo che fosse (o come ci immaginiamo, fantasticamente, che sia). Il video lo trovate qui.
Quello che ho pensato
Oggi, per una volta, niente grandi discorsi sulla guerra, sul dibattito pubblico, sul ruolo degli intellettuali. Ve l’ho già anticipato e ve lo confermo. Per una volta devo e voglio, invece, dedicare questo spazio a voi.
Come avrete notato, nelle ultime settimane ho lanciato – qui, sul canale YouTube e altrove – delle piccole campagne per raccogliere qualche fondo (soprattutto per acquistare libri, che servono per far funzionare il canale ma che ovviamente hanno anche un costo). E devo innanzitutto ringraziarvi: molti di voi si sono fatti notare per piccole e grandi donazioni. Soprattutto, la cosa che mi ha sorpreso di più è che in molti casi queste donazioni sono arrivate da persone che non mi hanno scritto mai, o quasi mai, in queste settimane, dalla “massa silenziosa”.
Questo è un aspetto che mi ha fatto molto piacere, perché significa che c’è un mondo molto più ampio, là fuori, di quello che finora conoscevo. Perché i numeri dei video sono buoni, certo, forse addirittura ottimi, così come i numeri della newsletter; ma i numeri ti rappresentano la realtà solo fino ad un certo punto. Guardando i numeri non sai se chi ha guardato i tuoi video poi li ha graditi, se ha imparato a conoscerti e se apprezza quello che fai e come lo fai. La donazione, anche piccola, è invece la prova che un segno lo si è lasciato: perché in questo mondo in cui tutto è dovuto, prendersi anche solo la briga di fare una cosa che non è richiesta è un atto inedito, inatteso. È un regalo. E francamente non mi aspettavo così tante reazioni positive, così tanti regali.
Questo è anche un aspetto su cui vale la pena di riflettere. Quando ho iniziato a preparare video su YouTube, ormai un paio d’anni fa, avevo un pubblico ben chiaro di riferimento: i miei alunni. Eravamo in DAD per via della prima ondata di Covid e i video mi servivano per spiegare i contenuti ai miei allievi che si erano trovati, da un giorno all’altro, confinati in casa, lontani dalle aule. Ogni volta che registravo una lezione avevo ben chiaro in mente chi l’avrebbe vista: li conoscevo addirittura per nome, gli spettatori. Potevo anche immaginare quali argomenti li avrebbero interessati e quali no; quali li avrebbero capiti meglio e quali peggio, e così cercavo di modulare le spiegazioni sulla base di quelle che immaginavo potessero essere le loro esigenze.
Nel giro di poche settimane, però, le cose hanno cominciato a cambiare. Sono arrivati i messaggi di spettatori che non conoscevo, le statistiche hanno cominciato a salire, mi sono pian piano reso conto che il pubblico di riferimento iniziava a travalicare i confini delle mie classi. E che il canale coinvolgeva ormai persone diversissime: altri adolescenti ma anche pensionati, cittadini italiani ma anche cittadini stranieri che dall’altra parte del mondo cercavano di imparare l’italiano, appassionati e neofiti.
Col passare dei mesi, poi, le cose sono cambiate ulteriormente. I commenti ai video non mi davano più contezza di quante persone guardavano quegli stessi video; così come le mail, i contatti sui social network e così via. La “massa silenziosa” è cresciuta a dismisura, e per una persona che si fa sentire, mi scrive e mi racconta la sua storia, tantissime altre non lo fanno. E non lo dico per lamentarmene: anch’io in vita mia non ho mai scritto a nessuno, a nessun autore, a nessun intellettuale, a nessun pensatore, nonostante ne apprezzi parecchi. Però poi magari a un certo punto questa massa silenziosa esce all’improvviso allo scoperto: così mi scrivono intere classi di un qualche liceo in giro per l’Italia che sanno tutto di me perché quegli alunni si sono visti centinaia di miei video mentre io li scopro, loro, solo adesso; oppure mi contattano professori universitari che citano miei vecchi video di cui io neppure mi ricordo più ma che loro conoscono a menadito; oppure appunto arrivano le donazioni, gli acquisti, cose di questo genere. Segno che quando regali qualcosa a un pubblico più ampio, poi magari incappi in qualche imbecille (perché certo, mi scrivono anche personaggi al limite dell’assurdo), ma incappi ancora di più in persone che altrettanto generosamente ti restituiscono.
Quindi ormai da svariato tempo i video li faccio senza un pubblico di riferimento chiaro in testa. Perché non c’è un solo pubblico: ce ne sono mille. Il che, ad un certo punto, mi ha creato anche qualche imbarazzo: a che livello devo porre l’asticella? A che tipo di uditorio devo rivolgermi? Perché è chiaro: se parli a dei laureati usi un certo tipo di linguaggio, se parli a dei liceali ne usi un altro, se parli a ragazzi delle scuole medie ne usi un altro ancora. E però un linguaggio lo devi usare, non puoi fare a meno di scegliere.
Io ho provato a continuare con il linguaggio delle prime volte, magari solo un po’ più sciolto e sicuro (ormai ci ho preso la mano, credo, anche se non sono ancora soddisfatto di molte cose). Anche perché – e di questo mi sono ulteriormente convinto in questi mesi – la dimensione del liceale è perfetta: presuppone discrete capacità senza però spingerti a diventare troppo specifico, senza entrare troppo nell’ambito specialistico. Avessimo tutti una buona preparazione liceale, saremmo un paese più maturo, probabilmente, perché la preparazione liceale è perfetta per poi partire verso l’approfondimento.
Questa scelta ha però anche i suoi rovesci della medaglia, ovviamente: ogni tanto arriva qualcuno che mi scrive indignato perché non ho riportato quel particolare dettaglio riguardo all’ontologia del tal filosofo, o alla fisica delle particelle; oppure che si lamenta della lunghezza dei video, troppo impegnativi. Stare nel mezzo crea problemi con gli estremi, inevitabilmente.
Però, se devo essere sincero, credo anche che stare nel mezzo sia la cosa giusta da fare. Per un discorso più specialistico ed alto, ci sono canali diversi da YouTube: l’università, i libri. Un discorso tra luminari si fa meglio in altre sedi. Per un discorso più semplicistico, il web è pieno di sintesi e semplificazioni (spesso addirittura eccessive, tanto che si sfocia nel sensazionalismo o addirittura nel complottismo, a furia di semplificare). A me sembra che a volte quello che manchi sia proprio un discorso che eleva (o almeno ci prova) senza spingersi eccessivamente oltre. Ho sempre amato quei libri che sapevano proporti idee nuove senza perdersi per strada metà dei lettori, che sapevano rivolgersi al grande pubblico senza però lasciarlo dov’era ma innalzandolo: coi video sto cercando (molto modestamente, nel mio piccolissimo) di fare lo stesso.
Tutto per dire che alla fin fine sono molto contento di questi due anni di YouTube. Ci sono arrivato a modo mio, col mio modo di fare e anche con mille inesperienze (riguardare i primi video mi fa molta impressione, e me ne vergogno pure un po’). Ci sono un po’ cresciuto, senza però rinnegare certe idee che mi sembravano funzionare. E ho scelto di continuare su una strada che magari non sarà quella più “appetibile” per il web, quella “acchiappa-click”, ma che mi dà molta soddisfazione.
Perché alla fine il segreto – su YouTube ma in ogni campo – mi pare sia questo: creare qualcosa per qualcuno che conosci, per qualcuno che ne ha bisogno, ma fare in modo che questo qualcosa piaccia anche a te. Fare in modo di esserne orgoglioso.
Se riesci a soddisfare la domanda diretta di chi ti ha chiesto una mano e, allo stesso tempo, sei contento di quello che hai creato, allora sei felice. Tutto il resto non importa. Non importano le “views”, i commenti, le donazioni, i soldi: l’importante è realizzare qualcosa che piaccia all’altro e a te. Se riesci nell’intento, tutto il resto è un di più (che a volte arriva, ma non cambia le carte in tavola).
Questo lo dico pensando anche a La fonte meravigliosa di Ayn Rand, di cui ho parlato nella sezione Quello che ho letto: lì la soddisfazione del protagonista viene solo da sé, dal creare qualcosa di cui egli stesso è orgoglioso. Certo, è vero: se non siamo soddisfatti di noi stessi non andiamo da nessuna parte. Ma non basta. Come non basta, di per sé, fare qualcosa che piaccia agli altri ma non ci realizzi davvero. Bisogna trovare una fusione tra le due dimensioni: per sé e per gli altri, contemporaneamente. Che è, tra l’altro, la dimensione più propria della vita etica, in un certo senso.
Quello che ho registrato e pubblicato
Se questa settimana, tra i pranzi di Pasqua e le gite di Pasquetta, vi siete persi qualche video, ecco il riassunto di tutto quello che è uscito sul canale.
Tutto il fascismo in un’ora: il grande riassunto di tutto quello che è stato il fascismo, dal punto di vista storico, dal 1919 al 1939
Husserl: essenze ed epoché: prosegue il nostro percorso alla scoperta del pensiero di Husserl, entrando anche nel vivo della sua fenomenologia
Strade e città dei romani: come vivevano i romani in epoca imperiale? Iniziamo a vederne la società
Guerra Fredda: la distensione (1962-1968): che cosa accadde, tra USA e URSS, negli anni '60? E soprattutto cosa accadde all’interno dei due blocchi?
Il pensiero di Pietro Abelardo: spazio anche per un po’ di filosofia medievale, con una lezione su Abelardo
Gli apologisti cristiani e lo gnosticismo (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
L’inizio della Guerra dei 7 anni (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Come detto, grazie a tutti per le donazioni che sono arrivate in questi giorni. Qui di seguito vi ricordo i vari modi (a volte utili anche per voi) per darci una mano, soprattutto tramite l’acquisto di libri (tra cui il “libro della settimana”) e/o videocorsi:
La banalità del male di Hannah Arendt: un classico di cui sul canale abbiamo parlato spesso: racconta il processo, tenuto a Gerusalemme nei primi anni '60, a carico di Adolf Eichmann, gerarca nazista sfuggito alla cattura nel 1945 e riparato in Argentina. E lo racconta con gli occhi di una grande storica e filosofa ebrea tedesca, Hannah Arendt. Uno dei libri che vanno letti assolutamente, prima o poi. Lo trovate qui.
Fotografia con smartphone e identità visiva per Instagram: molti dei miei più giovani “seguaci” usano Instagram, lo vedo dalla mole dei messaggi che ricevo su quel social network. E lo usano, a volte, andando alla ricerca di una identità. Se volete dare maggior tono ai vostri scatti, su Domestika c’è un bel corso che potrebbe piacervi. Costa 15 euro per 20 lezioni, con esercizi, risorse aggiuntive ed altro ancora. Lo trovate qui.
Questa settimana, poi, abbiamo lanciato anche le t-shirt “ufficiali” del nostro canale. Le trovate qui. Qui di seguito un primo esempio, con una delle mie citazioni preferite di Montaigne.
Infine, rimane sempre anche il modo più tradizionale per farvi sentire: tramite Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Cosa c’è in arrivo
Concludiamo, come al solito, con una veloce panoramica dei prossimi video in preparazione:
arriverà presto una nuova puntata della saga dedicata alla Guerra Fredda;
ho quasi finito di preparare un video su Per la pace perpetua di Kant, tema quantomai attuale;
arriverà un nuovo video della serie Storia delle città, incentrato sulla città romana;
probabilmente dovrei riuscire a preparare anche una nuova puntata su Husserl;
per quanto riguarda i podcast, infine, arriveranno Tertulliano da un lato e la Guerra dei 7 anni dall’altro.
E per oggi questo è tutto. Godetevi questi scorci di primavera: ci rivediamo lunedì prossimo!