Don't Look Up e il nostro esasperato soggettivismo, Zerocalcare e il suo ultimo libro, Hawkeye e la brava Hailee Steinfeld, Truffaut, i libri e i film del 2021 e altro ancora
Forse non ve ne siete accorti perché, come mezza Italia, siete stati presi da tamponi da fare, quarantene da iniziare o finire e così via, ma… è iniziato il 2022. Anno nuovo, vita nuova, si diceva una volta. Per il momento non è cambiato granché rispetto agli ultimi due anni, ma le cose potrebbero sempre migliorare (anche perché peggio di così è difficile).
Noi – la mia famiglia ed io – ci siamo fatti un dicembre di isolamenti alternati (prima un figlio, poi l’altro, poi di nuovo il primo), ma adesso sembra finita, almeno fino a quando non ricominceranno le scuole. Poi, probabilmente, ricominceranno anche gli isolamenti, come temo diverrà inevitabile. Intanto, però, cerchiamo di goderci questi ultimi giorni di vacanza. Io li sto sfruttando anche per portarmi un po’ avanti col lavoro, preparando nuovi video, prendendo e organizzando i miei appunti, allestendo il materiale per la scuola e così via.
Prima di cominciare con la solita carrellata di libri, film e così via, permettetemi una breve nota: avrete forse sentito il discorso del presidente Mattarella, la notte di Capodanno. Tra le varie cose, sono rimasto colpito (come molti) dalle parole che il presidente ha preso a prestito dal professor Pietro Carmina, un ex collega di storia e filosofia purtroppo deceduto nei giorni scorsi in un tragico evento. Parole molto belle e molto vere, sia per la dedica ai giovani, sia anche per il commiato che ognuno di noi insegnanti a un certo punto della vita sente di dover fare ai propri ragazzi. «Leggete, invece, viaggiate, siate curiosi (rammentate il coniglio del mondo di Sofia?). Io ho fatto, o meglio, ho cercato di fare la mia parte, ora tocca a voi», scriveva. Se volete leggerla, la lettera completa la trovate qui.
E ora cominciamo a vedere i libri e i film della settimana. Come noterete, i temi in ballo sono molti.
Quello che ho letto
Questa settimana ho finito due libri e ne ho ripreso in mano un altro dopo qualche settimana di pausa. Eccoli.
Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia di Zerocalcare: la settimana scorsa vi avevo raccontato di averlo trovato sotto l’albero e di essermi messo subito a leggerlo voracemente; questa settimana l’ho finito, anche perché in effetti non è particolarmente lungo. Come già ho scritto, le prime storie/reportage erano già uscite su rivista, il vero inedito è Il castello di cartone, in cui Rech racconta la realizzazione di Strappare lungo i bordi, la serie d’animazione prodotta da Netflix; o, meglio, in cui racconta le proprie paure e ansie riguardo a quella serie, soprattutto dal punto di vista della “purezza intellettuale”. Viviamo in un’epoca piena di censori da tastiera, di gente cioè che sta in agguato alle spalle di artisti o intellettuali famosi per redarguirli quando mostrano qualche crepa di incoerenza. È quindi comprensibile che, quando il progetto con Netflix sia stato lì lì per concretizzarsi, Zerocalcare abbia avuto qualche titubanza e qualche ansia: l’artista non ha mai nascosto il suo passato (e il suo presente) legato alla sinistra anche radicale, e vedersi produrre il cartone animato da una multinazionale americana lo ha esposto, inevitabilmente, a critiche. O almeno gli ha fatto sentire di essere esposto a critiche, o si è auto-criticato in prima persona. Non so poi se queste critiche siano davvero arrivate: mi sembra che l’idea dell’intellettuale che non scende a compromessi ormai non vada più di moda e che sia più facile venire attaccati per una parola fuori posto che non per aver ceduto alle lusinghe di una corporation. Senza contare che, a voler fare i duri e puri, si finisce sempre per trovare qualcuno di più duro e di più puro di te: forse dovremmo cominciare ad ammettere che la vita è fatta di compromessi, in cui si cerca di fare il meglio che si può, con quello che si ha a disposizione e con gli editori che sono disposti a darti spazio.
La buona logica di Paolo Legrenzi e Armando Massarenti: anche di questo libro avevo già parlato e anche questo libro l’ho finito questa settimana. Per me è stata una delusione: speravo di trovare un manualetto agile, da poter magari consigliare ai miei studenti, per avvicinarli alla logica formale; o quantomeno speravo di trovarci almeno lo spunto per qualche lezione accessibile su un tema che può essere anche complesso. Non ho trovato nulla di tutto questo. Nella prima parte il libro è una guida (non particolarmente ordinata) ai test d’ingresso universitari; nella seconda parte, che è anche abbastanza interessante, vira maggiormente sulla psicologia. In ogni caso, il titolo è abbastanza fuorviante e alla fine della lettura rimane l’idea di non aver ottenuto granché.
Proprio come te di Nick Hornby: questo è un libro che mi sto portando dietro da mesi: l’avevo iniziato in fretta ed ero arrivato rapidamente ad un terzo del racconto; poi sono stato distratto da altre letture; tempo dopo l’ho ripreso e sono arrivato circa ai due terzi; poi di nuovo me ne sono dimenticato. Ora conto di finirlo, o almeno spero. A me Nick Hornby piace e il tema è anche molto interessante (la strana storia d’amore tra una quarantenne bianca e istruita, oltre che divorziata, e un ventenne di colore e poco istruito all’ombra della Brexit), però il fatto che la narrazione non mi spinga più di tanto ad andare avanti per vedere “come va a finire” non depone del tutto a suo favore. Comunque tirerò le somme alla fine.
Quello che ho visto
Questa settimana vi parlo di un paio di produzioni molto recenti e di un film invece decisamente più vecchio (ma firmato, tanto per cambiare, da Truffaut).
Don’t Look Up (2021), di Adam McKay, con Leonardo DiCaprio, Jennifer Lawrence, Meryl Streep: del film ho parlato in un’apposita diretta (che trovate linkata più avanti) e molte cose le dirò anche nella sezione Quello che ho pensato, sempre qui più avanti, tra qualche riga. Ora mi soffermerei brevemente sulla qualità artistica della pellicola. Come ho detto anche nella diretta, a me è parso un film intelligente ma non pienamente riuscito. Le cose che mi sono piaciute di più sono il ritratto dei media e dei social network, che anestetizzano un pubblico già di per sé disinteressato alle grandi questioni; l’interpretazione di DiCaprio mi è sembrata discreta, non straordinaria; le cose che mi sono piaciute meno sono la lunghezza e il ritmo globale, che vive di alti e bassi. Insomma, discreto; un film che ha il grande pregio di far discutere, ma che mi sembra migliore nelle intenzioni che nella realizzazione finale, pur rimanendo carino.
Hawkeye (2021), serie sviluppata da Jonathan Igla, con Jeremy Renner, Hailee Steinfeld, Florence Pugh: ho visto coi miei ragazzi questa miniserie della Marvel da poco resa disponibile su Disney+. Ci è piaciuta: è frizzante, ha un buon ritmo e Hailee Steinfeld (già brava in altri film che abbiamo visto negli ultimi anni) è ottima nei panni di Kate Bishop. Come ho scritto anche sui social network, le cose belle di questa serie si ritrovano, quasi uguali, nel fumetto a cui gli sceneggiatori si sono esplicitamente ispirati, Occhio di Falco - Vita normale di Matt Fraction e David Aja: ve lo consiglio caldamente, se la miniserie vi è piaciuta (e, ovviamente, aspetto anche i vostri commenti al riguardo). Ah, quasi dimenticavo la trama: mentre è a New York, pochi giorni prima di Natale, Occhio di Falco viene coinvolto in un affare della malavita ed entra in contatto con una giovane ragazza che vorrebbe fargli da spalla.
Non drammatizziamo… è solo questione di corna (1970), di François Truffaut, con Jean-Pierre Léaud, Claude Jade, Daniel Ceccaldi: il titolo italiano, infelice, ve lo farà sembrare una commedia scollacciata di quelle che andavano di moda negli anni ‘70, ma in realtà si tratta di tutt’altro. Il titolo originale, d’altronde, era Domicile conjugal, che significa “Domicilio coniugale”: la storia è quella del giovane Antoine Doinel, l’alter ego di Truffaut, da poco sposato con l’altrettanto giovane Christine e delle prime difficoltà della loro vita matrimoniale. Sì, c’è di mezzo anche un tradimento, ma trattato in maniera diversa da come si faceva in altre pellicole del tempo. Il film non è straordinario, non è certo uno dei migliori di Truffaut; comunque è una visione piacevole ed è da notare la presenza di Claude Jade, all’epoca giovanissima attrice di cui Truffaut si era innamorato.
Quello che ho pensato
Come avete letto nel paragrafo qui sopra, ho visto Don't Look Up, il nuovo film con Leonardo DiCaprio, Jennifer Lawrence e altri grandi attori hollywoodiani. Al di là della qualità artistica del film, di cui ho già detto, mi hanno colpito molto le diverse letture che gli spettatori hanno dato del film.
Poco dopo averlo visto, infatti, mi sono imbattuto in una serie di articoli sul web e in infiniti commenti degli utenti sui social network: tutti erano convinti di aver capito il senso del film, sostenendo però letture completamente opposte gli uni dagli altri. Alcuni dicevano che il film era una metafora delle reazioni complottistiche al tempo del Covid e quindi di come la TV, la politica e una parte dell'establishment hanno alimentato la paranoia senza però dare poi soluzioni concrete; altri davano però l’interpretazione completamente opposta, affermando che in realtà il film mostra come i media manipolino le idee della maggioranza, creando paure fittizie come la paura da Covid (che quindi non esisterebbe) e zittendo le voci fuori dal coro. In realtà poi il film non voleva neppure essere una metafora del Covid, ma casomai della crisi climatica, ma tant’è.
Insomma, nei post che via via leggevo una maggioranza degli spettatori diceva che Don’t Look Up era un film a favore delle restrizioni e del Green Pass, mentre una minoranza non indifferente sosteneva al contrario che era critico verso il Green Pass. E mentre mi imbattevo in tutte queste opinioni, ridevo tra me e me e scuotevo la testa: perché mi pare che questo discorso sia emblematico della situazione in cui siamo, situazione che tra l'altro il film stesso, a ben guardare, metteva in risalto.
La pellicola con DiCaprio, infatti, cerca di fare la parodia proprio di questo atteggiamento: della tendenza cioè ad interpretare i fatti non per quello che i fatti dicono, ma per quello che noi vorremmo che dicessero. Sta arrivando una cometa contro la Terra e questo fatto, teoricamente ben poco equivocabile, viene interpretato come se fosse una questione opinabile, in cui uno può crederci o non crederci a seconda del proprio gusto. L’aderenza ai fatti non conta più, i conteggi matematici non contano più (la matematica diventa in pratica un’opinione): quello che conta è quello che noi vorremmo che fosse, e plasmiamo continuamente il nostro mondo sulla base di quello che noi vorremmo che il mondo dicesse.
Insomma, ad emergere è, mi pare, un soggettivismo esasperato, un completo ripiegamento su se stessi che mi sembra davvero ormai contrassegni questa fase storica. Perché questa non è tanto l'epoca del complottismo o dell'isteria collettiva: quelle sono le reazioni momentanee davanti a una situazione che è di per sé effettivamente tragica ed inquietante. È normale, cioè, che davanti all’esplosione di una pandemia mondiale oppure, come nel film, all'arrivo di un asteroide abbiamo reazioni convulse. Quello che non è normale è questo costante desiderio, presente già da ben prima della pandemia, di essere noi e solo noi al centro di tutto. Il mondo è davvero costruito attorno a noi, perché noi vogliamo con tutte le nostre forze che sia costruito attorno a noi. E quando dico “noi”, intendo “io”; perché non c’è neppure davvero un “noi”, un “io e gli altri”: c’è solo un “io”, gli altri scompaiono all’orizzonte.
Non esiste più un mondo esterno, non esistono più i dati, non esiste più l'oggettività: esistiamo sempre e solo noi. Quello che conta è la nostra libertà (meglio: la mia libertà), oppure la nostra paura (la mia paura), oppure ancora il nostro successo nelle discussioni (il mio successo), oppure ancora la nostra immagine sui media (la mia immagine), oppure ancora come gli altri ci vedono (mi vedono). Quello che non importa più è cosa gli altri dicono o pensano, cosa gli altri desiderano, di cosa gli altri hanno paura.
Tutto questo il film lo mette in chiaro secondo me molto bene: nessuno vuole sentire che c’è una cometa diretta verso la terra, nessuno vuole occuparsene davvero, e quando se ne occupa è sempre per un tornaconto personale, per guadagnare consenso. «Non guardate in alto – urla ad un certo punto Meryl Streep –. Vi dicono di guardare in alto perché vogliono farvi sentire piccoli». Ancora una volta, il guardare da qualche parte non serve a vedere cosa c’è da quella parte, ma per sentirsi grandi o piccoli. Non conta ciò che c’è fuori, conta come mi sento io dentro.
È chiaro che, se questa è la situazione, fare scienza – cioè cercare di descrivere oggettivamente il mondo esterno – diventa quasi impossibile. Diventa impossibile se il pubblico a cui si cerca di trasmettere qualcosa è così egocentrico e così concentrato sul proprio ombelico. Il personaggio interpretato da DiCaprio, in questo senso, è paradigmatico, perché è sicuramente almeno all'inizio animato da buone intenzioni, ma si scontra ben presto con i compromessi a cui è costretto a scendere per cercare di veicolare un messaggio. Per farsi ascoltare è costretto a diventare un personaggio mediatico perché il mondo è mediatico. Senza i media ormai non puoi far capire nulla; allo stesso tempo, però, inizia pian piano a rendersi conto che rendere mediatico il messaggio vuole dire anche renderlo stupido, renderlo un'opinione e non più scienza, perché i media sono il regno delle opinioni. Il messaggio non diventa più “Sta arrivando un asteroide”, ma “Come mi sento davanti all’asteroide” o “Cosa penso dell’asteroide”; il protagonista dello show devo sempre essere io.
La spettacolarizzazione della scienza l'abbiamo vista anche noi in questi due anni di pandemia, con virologi che sono diventati star televisive, magari in principio animati da ottime intenzioni, dalla voglia di divulgare delle verità che conoscevano in base agli studi e alle ricerche, ma che poi si sono fatti trascinare in un vero e proprio circo che però, attenzione, non hanno creato loro. Di nuovo, ricordiamoci del personaggio di DiCaprio: non è lui a “spettacolarizzare” tutto (anche se pure lui ha le sue colpe). Gli artefici di questo sistema siamo noi: il presidente, tratteggiato da Meryl Streep, è stato eletto dal popolo e continua a guardare i sondaggi di gradimento presso il popolo; le trasmissioni televisive sono guardate e amate dal popolo; a creare i meme stupidi sono gli utenti di Twitter e TikTok, ancora una volta il popolo.
Il problema, in fin dei conti, non è lo scienziato che scende a compromessi, perché quello è l'effetto, la conseguenza di un mondo che abbiamo creato noi. Il problema siamo noi: siamo noi che guardiamo le televisioni e soprattutto i programmi più stupidi; siamo noi che votiamo personaggi politici furbi e arraffoni, interessati al consenso e non al bene; siamo noi che non vogliamo guardare ai fatti; siamo noi che vogliamo essere i protagonisti dello show. Siamo noi in fondo che ci guardiamo l’ombelico.
Quello che ho registrato e pubblicato
E dopo questa tirata, eccoci arrivati al punto in cui vi presento le lezioni della settimana. Vi avviso che negli scorsi giorni, però, ho creato anche un paio di video un po’ diversi dal solito, dedicati a tirare le somme sulle letture e le visioni del 2021.
I 10 libri più belli che ho letto nel 2021: il video annuale sulle letture del 2021 sembra aver avuto un certo seguito. Lì parlo di saggi, romanzi, libri vari che ovviamente mi sono piaciuti e che hanno, spesso, anche qualche collegamento con la storia o la filosofia
Filosofia (e attualità) di Don’t Look Up: ve ne ho parlato già più volte, non c’è bisogno che vi dica altro. Lo trovate qui
I 10 film più belli che ho visto nel 2021: dopo la classifica dei libri, non può mancare nemmeno la classifica dei film più belli tra quelli che ho visto quest’anno
Storia dell’Irlanda sotto gli inglesi: iniziamo un percorso di storia dell’Irlanda che ci porterà, prossimamente, a parlare anche degli scontri in Irlanda del Nord negli anni ‘70. Intanto però prendiamola larga
Gramsci: egemonia e intellettuali: secondo video dedicato ad Antonio Gramsci, in cui presentiamo la “via italiana al socialismo”
L’ellenismo e le sue caratteristiche (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La fase centrale della Guerra dei Trent’anni (per il podcast “Dentro alla storia”)
Cosa c’è in arrivo
Prima di salutarci, ecco come al solito anche qualche anticipazione sui prossimi video e podcast:
andremo avanti, prestissimo, con la lettura e il commento integrali del Così parlò Zarathustra, anche perché ormai siamo quasi alla fine;
vedremo anche la seconda parte della serie di video intitolata “Come muoiono i filosofi”, in cui ci concentreremo sul Medioevo;
parleremo, come già anticipato, della questione nord-irlandese;
dedicheremo probabilmente un altro video anche a Carlo Magno;
nel podcast filosofico inizieremo a parlare degli stoici, mentre in quello storico concluderemo la Guerra dei Trent’anni.
E questo è tutto! Buon 2022! E ci ritroviamo lunedì prossimo.