Due fallacie sulla questione del riarmo europeo, ma parliamo anche di Adolescence, il Gattopardo, Platone, Chi ha incastrato Roger Rabbit, la pirateria, Zia Mame e Carlo Grande
Non so se ve ne siete accorti anche voi, ma questo 2025 sta scivolando via assai velocemente. Oggi si conclude infatti il primo trimestre, un quarto dell'intero anno, e a me pare ancora di essere nel 2024, forse anche perché questi primi tre mesi sono stati fin troppo intensi, tra guerre, sconvolgimenti socio-economici e minacce all'ordine costituito.
Io comunque saluto la fine di questo primo trimestre con un po' di sollievo: ho finalmente concluso dei lavori che mi portavo dietro da un pezzo e che dovevo consegnare appunto entro il 31 marzo, e adesso teoricamente dovrei potermi rilassare un po'. Dico “teoricamente” perché, in realtà, non è del tutto vero quello che ho appena detto: proprio tra una settimana esatta, infatti, partirò con i miei studenti di classe 5ª per Praga, per il loro viaggio d'istruzione, che mi terrà in Repubblica Ceca fino a venerdì prossimo. Dovrei riuscire comunque a preparare la newsletter per tempo e a mandarvela dal centro Europa, anche se i dettagli, come diceva Battisti, li scopriremo solo vivendo.
Prima di quella data, comunque, ci sarà l'occasione di vedersi dal vivo almeno con chi abita dalle parti di Rovigo: venerdì 4 aprile, infatti, sarò, insieme ad altri insegnanti, al teatro di Pontecchio per una serata speciale, simile a quella che abbiamo fatto l'anno scorso. Ogni insegnante infatti salirà sul palco per circa 15 minuti per una breve lezione all'insegna del tema della paura e del coraggio: io cercherò di declinare il tutto questo in chiave filosofica, mentre altri colleghi analizzeranno la questione dal punto di vista letterario, artistico e via discorrendo. Se siete da queste parti, non mancate: vi lascio la locandina qui sotto.
Prima di iniziare a parlare come sempre di libri, film e attualità, lasciate però che vi racconti un'ultima cosa, anzi due. Nella settimana che si è appena conclusa, ci sono stati infatti altri due fatti importanti, di carattere più personale, che vale la pena di menzionare: il primo è stato che io e la mia famiglia abbiamo dato ospitalità a un belga, il secondo è stato il compleanno del figlio maggiore.
Non la farò troppo lunga, perché credo che tutto questo vi interessi molto relativamente, ma ecco, da sabato 22 a venerdì 28 abbiamo ospitato a casa nostra un ragazzo belga (anzi, per un paio di notti anche una ragazza belga, in aggiunta), nell’ambito di uno scambio culturale che ha coinvolto la classe di mio figlio. Il ragazzo (che frequenta la quarta superiore) era andato là a ottobre, e ora toccava a loro scendere: è stata un’esperienza impegnativa – l’abbiamo dovuto portare in giro parecchio – ma interessante, che ovviamente ha fatto contento il figlio grande ma ha anche incuriosito i pargoli più piccoli. Penso che se ne dovrebbero fare di più, e che dovrebbero esserci anzi anche incentivi economici statali per sostenere iniziative di questo tipo. Noi abbiamo dovuto pagare tutto di tasca nostra, e non è stata una spesa piccola; ma all’estero, come ci spiegavano in Germania, esistono fondi appositi che spesso sostengono ampiamente le famiglie (anche e soprattutto quelle meno benestanti) in un’iniziativa che è di avvicinamento e di allargamento dei confini culturali (e non solo culturali).
Seconda cosa: giovedì sempre il primogenito – che ha vissuto due settimane particolarmente intense – ha compiuto diciott’anni. Per lui è stato, ovviamente, un gran momento, con feste e quant’altro; per noi genitori, però, è anche il segno che il tempo passa inesorabilmente. Ahi, ahi: certo si gioisce, ma qua anche si invecchia, e fin troppo in fretta.
Ma adesso basta con tutti questi discorsi malinconici (da boomer, direbbero i miei alunni) e addentriamoci nelle nostre solite rubriche.
Quello che ho letto
E partiamo, come al solito, dai libri. Questa settimana in catalogo ci sono due titoli che già ben conoscete e però anche un nuovo romanzo (storico).
Zia Mame di Patrick Dennis: di Zia Mame, celebre e ironico racconto degli anni '50 dello scrittore americano Patrick Dennis, vi ho già raccontato altre volte. E devo dire che in realtà sono ormai verso la fine del libro, che d’altra parte si lascia leggere molto agevolmente. La protagonista indiscussa di tutte le vicende è appunto zia Mame, una donna eccentrica e libera, ricca e spregiudicata nell’America che spazia dagli anni '20 agli anni '40; a farle da spalla è il piccolo Patrick, alter ego dell’autore, che le viene affidato bambino e che però, man mano che le pagine passano, cresce, andando a scuola, finendo pure all’università e prospettando a un certo punto addirittura un matrimonio. Al momento sono proprio alla fase dei preparativi per le nozze, con l’originale zia che cerca di conquistare i favori dei genitori della promessa sposa. Siamo arrivati, infatti, al 1940, e si sente nell’aria il clima della guerra mondiale, in cui gli Stati Uniti non sono ancora entrati ma che non sono lontani dal dover prima o poi affrontare. In realtà, però, le preoccupazioni sono ben poche: leggendo Zia Mame si ride, soprattutto, per via delle peripezie in cui la zia coinvolge il nipote e anche del tono dissacrante con cui la donna si scaglia contro il perbenismo dell’America del tempo. Se vi interessa, il libro potete comprarlo qui.
La Repubblica di Platone: il volume più impegnativo che sto leggendo in questi giorni è però sicuramente La Repubblica di Platone. Ho iniziato a leggerlo perché è questo il libro che gli iscritti del canale che partecipano al Club del libro hanno scelto di affrontare per l'inizio del mese di aprile, e io a dirla tutta sono anche un po' in ritardo, visto che sono ancora circa a metà (o poco più) del famoso dialogo di Platone. Sto però cercando di accelerare, anche se ovviamente non è facile visto che spesso mi prende la voglia di sottolineare un po' tutto e di soffermarsi col pensiero su alcune parti molto stimolanti, nel bene e nel male. So che il sistema politico immaginato da Platone affascina sempre i giovani studenti, e immagino che anche presso gli adulti un dialogo così trascinante possa avere un certo successo; allo stesso tempo, però, non possono non notare come nel pensiero di Platone ci siano slanci in avanti estremamente intriganti e però allo stesso tempo anche cadute all'indietro piuttosto inquietanti. Solo per darvi due esempi in cui mi sono imbattuto da poco: da un lato, Platone difende le donne in maniera molto esplicita, mostrando come esse siano adatte a governare tanto quanto gli uomini, così da criticare i classici pregiudizi che venivano usati contro di loro; dall'altro, però, Platone difende un'idea gerarchica degli esseri umani estremamente rigida, per cui c'è chi è destinato a governare e chi a obbedire, senza possibilità di redenzione. Senza contare che, quando stabilisce che i filosofi debbano accoppiarsi solo con chi viene scelto dallo Stato, debbano vestirsi solo come lo Stato vuole, debbano perfino tagliarsi i capelli come lo Stato vuole, sembra proprio di sentire parlare i nazisti o qualcuno di quella risma. Insomma, idee nuove e vecchie, interessanti e preoccupanti mescolate tutte assieme; e in ogni caso tante cose di cui discutere e di cui sicuramente discuteremo nella nostra prossima riunione. Intanto, se volete leggere anche voi il libro, potete acquistarlo qui.
La via dei lupi di Carlo Grande: il terzo libro della settimana è un romanzo relativamente recente ma ambientato in un passato molto lontano. La via dei lupi del giornalista torinese Carlo Grande racconta infatti una vicenda medievale ispirata a fatti veri, su cui poi ovviamente si ricama di fantasia. Il protagonista è François di Bardonecchia, nobile realmente vissuto che nel Trecento si ribellò a Umberto II, signore del Delfinato (terra da cui derivò poi, nei secoli, il titolo di “Delfino di Francia” quando quei territori vennero passati al figlio del re). Il romanzo l’ho appena cominciato e quindi è davvero troppo presto per dare un giudizio, ma sono ben speranzoso, e ve ne riparlerò di sicuro. Se intanto volete dargli un’occhiata, lo trovate qui.
Quello che ho visto
Passiamo ora ai film e soprattutto alle serie (o, meglio, alle miniserie) tv.
Il Gattopardo episodio 1.01 (2025), di Tom Shankland, con Kim Rossi Stuart, Benedetta Porcaroli, Saul Nanni: era presente su Netflix ormai da quasi un mese, ma io ci ho messo un bel po' a vederlo: sto parlando della riduzione in forma di miniserie de Il gattopardo, il bel romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che è già stato portato sul (grande) schermo negli anni '60 da Luchino Visconti, in un capolavoro di cui tra l'altro abbiamo parlato anche qui, in questa newsletter, giusto qualche mese fa. Che dire? L'impresa, a mio modo di vedere, era quasi suicida: quando ti imbarchi in un confronto con un capolavoro della storia del cinema, senza sconvolgere o cambiarne radicalmente la trama, diventa inevitabile incappare in un confronto con quel grande film, e il più delle volte uscirne con le ossa rotte. Secondo me questo è quello che accade anche a questa recente versione de Il gattopardo: di per sé non è neppure malaccio, con un Kim Rossi Stuart anche abbastanza adatto al ruolo e una buona messa in scena, ma questo adattamento televisivo non può davvero reggere il confronto con l'opera di Visconti, con Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale e tutti gli altri grandissimi attori che recitarono in quella produzione memorabile. Forse la produzione di Netflix può funzionare bene per chi non ha già visto il film, quindi per le generazioni più giovani, ma francamente non so nemmeno se un ventenne o un quindicenne possano aver voglia di vedersi una miniserie ambientata nella Sicilia di metà Ottocento. Quindi riassumerei così: non male in linea di principio, ma inevitabilmente inadeguato nel confronto con l'importante predecessore. Se vi interessa, trovate tutto su Netflix.
Adolescence episodio 1.03 (2025), di Jack Thorne e Stephen Graham, con Stephen Graham, Owen Cooper, Ashley Walters: vi ho già parlato la settimana scorsa dei primi due episodi di Adolescence, e probabilmente avrete sentito discutere di questa serie un po' dappertutto, visto che sembra non si faccia altro in questi giorni. Senza rivelarvi troppi spoiler, vorrei a questo punto dare anche la mia opinione sia sulla serie, sia sulle discussioni che sta suscitando. Da un lato, le puntate di Adolescence sono davvero straordinarie: girate come un unico piano sequenza, offrono delle prove di recitazione veramente magistrali, riescono a creare una tensione estrema e vengono realizzate con un realismo che è quasi impossibile trovare in altre serie televisive che trattano temi simili. Quindi, artisticamente parlando, mi sembra che non si possa che applaudire all'operazione realizzata da Jack Thorne e Stephen Graham, i due creatori dello show (con Graham che ci recita anche dentro). Quello che invece mi lascia qualche dubbio è il modo in cui se ne sta parlando in queste settimane in Italia: se infatti la serie è tutto fuorché moralista e retorica, e cerca semplicemente di mostrarci i fatti nudi e crudi senza esprimere giudizi su quello che è accaduto, nel dibattito pubblico italiano il moralismo e la retorica abbondano in grandissima quantità. «Tutti i genitori dovrebbero vedere questa serie», ho letto su infiniti social network; una frase scritta, ovviamente, da parte di persone che di figli in genere non ne hanno e che ritengono che sia il caso di insegnare agli altri come vivere (perché è questo che ci piace fare: fare poco, ma insegnare tanto… come diceva De André: «Si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio»). Ma allo stesso modo, ho letto di anziani che ritengono di aver finalmente capito i giovani grazie a questa storia, per non parlare dei giudizi perentori sui “maschi” (tutti, nessuno escluso) o sulle “ragazze” (tutte, nessuna esclusa). A me non angoscia tanto Adolescence, quanto il fatto che non siamo capaci, ormai, di vivere serenamente e con attenzione il rapporto con gli altri, tanto da dovercelo far insegnare dalla tv. Perché in fondo è un po’ a questo che siamo arrivati: visto che non parliamo quasi più coi nostri figli, coi nostri partner, coi nostri vicini di casa, cerchiamo di imparare a vivere dallo schermo. Adolescence racconta una storia che potrebbe anche essere vera, certo; ma è una storia singola, non l’intero mondo. La vicenda dei nostri figli (o studenti, o vicini) potrebbe assomigliare ad essa, ma potrebbe essere anche molto differente: e che sia l’uno o l’altro caso, non lo capiremo certo dallo schermo, ma parlando con le persone, cosa che mi sembra facciamo sempre meno, o quantomeno in maniera sempre meno autentica. Comunque la serie merita una visione: la trovate anch’essa su Netflix.
Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988), di Robert Zemeckis, con Bon Hoskins, Christopher Lloyd, Joanna Cassidy: vi racconto spesso che alcuni dei film che vedo a casa sono legati ai miei figli e all'esigenza di intrattenerli con qualcosa che sia simpatico ma anche di discreta qualità. E il fatto di averne quattro, dei figli, fa sì che nel corso degli anni mi sia trovato a rivederne alcuni più e più volte, mostrandoli al primo quando era bambino, alla seconda quando era bambina lei, poi al terzo e infine anche al quarto. Così è accaduto anche per Chi ha incastrato Roger Rabbit, classico di fine anni '80 che, ognuno al momento debito, in casa mia si sono visti tutti e che io mi sono sorbito ormai fin troppe volte. Devo dire che questo meccanismo fa sì che a volte certi film mi vadano letteralmente a noia, perché finisco per conoscerli a menadito; ma lo stesso non si può dire per questa pellicola di Robert Zemeckis, che effettivamente, nel suo genere, è un vero capolavoro. Jessica Rabbit, ad esempio, continua a lasciare a bocca aperta i miei figli quando fa la sua entrata in scena, il cattivo interpretato da Christopher Lloyd continua ad essere inquietante anche a quasi quarant'anni di distanza e le scene animate, nonostante i grandissimi progressi che sono stati fatti in questo settore, sono ancora attuali. Insomma, se è vero che certi film basati sugli effetti speciali sono invecchiati male, bisogna dire che Chi ha incastrato Roger Rabbit invece non risente del passaggio del tempo, anche perché gli effetti speciali sicuramente ci sono e sono importanti, ma quel che conta davvero è la storia, ben scritta e molto originale. La trama credo la conosciate tutti: in un’America degli anni '40 in cui i cartoni animati convivono con gli esseri umani, avviene un importante omicidio di cui viene accusata proprio una star dei cartoni, il coniglio Roger; a difenderlo è un detective privato disilluso e cinico, che però riesce un po’ alla volta a dimostrarne l'innocenza. Lo trovate su Disney+.
Quello che ho pensato
Da qualche giorno ricevo molte sollecitazioni – da parte di alcuni di voi – a esprimermi riguardo alla questione del riarmo europeo, al piano cioè con cui Ursula von der Leyen ha lanciato, qualche giorno fa, l’iniziativa di permettere ai singoli paesi dell’Unione di spendere di più per la loro difesa.
Proprio partendo da questo tema, però, ci terrei anche a riflettere con voi su un argomento per la verità collaterale: quello di come stiamo raccontando questo riarmo. O, meglio: delle fallacie che anche persone molto autorevoli stanno usando per portare acqua al loro mulino, e rafforzare le loro argomentazioni.
Prima però lasciate che vi dica come la vedo io, giusto per non darvi l’idea che voglia svicolare ed evitare di dare una mia lettura. Cominciamo, dunque. In primo luogo, penso che sia innegabile che Putin rappresenti una minaccia per una serie di paesi a lui vicini (i baltici, la Romania, forse la Polonia); e penso che la deterrenza, all’atto pratico, si sia sempre rivelata uno strumento efficace per mantenere la pace in tempo di crisi. Mi rendo ben conto che sarebbe meglio un’Europa senza armi, che usi efficacemente la diplomazia per evitare le guerre, ma ricorderete com’è andata quando, nel 2022, Putin minacciava l’Ucraina: tutti i leader europei gli telefonarono o andarono da lui per evitare il conflitto, e lui invase lo stesso. E quindi, pur nella difficoltà di una mossa del genere, ritengo che il riarmo (almeno parziale, e meglio se coordinato tra tutti i paesi europei) sia inevitabile. Putin sta ricreando dinamiche da Guerra fredda, con la differenza che rispetto ad allora noi non abbiamo più la copertura americana: avere una difesa un minimo consistente è una scelta di realismo politico che chiunque, se fosse al governo, farebbe, anche chi oggi solleva gli scudi. Perché la pace è bello (e giusto) invocarla quando non hai responsabilità, ma quando si arriva al dunque bisogna esser pronti. Anzi, penso che in realtà una difesa seria sia la miglior garanzia per una pace duratura.
Sarà che mi piace essere pragmatico e realista, ma io, in tutta onestà, la vedo così. Ho sentito le opinioni di altri e, come ho scritto anche altrove, capisco bene le perplessità che alcuni hanno espresso; le capisco e in parte perfino le condivido. Ma alla fine una scelta va fatta. Se volete approfondire, tra l’altro, vi consiglio anche questo dibattito (uno dei rari dibattiti televisivi degni di valore) tra Tomaso Montanari e Vittorio Emanuele Parsi andato in onda qualche sera fa su Piazza Pulita: le posizioni dei due su alcuni punti sono distanti, ma vengono espresse in modo chiaro e rispettoso e mi pare che se ne possa uscire arricchiti.
Ma io, appunto, non era tanto di questo che volevo parlarvi, quanto delle due fallacie che sempre più spesso sento pronunciare quando si entra in questi dibattiti. Visto che a questi difetti di ragionamento, in passato, abbiamo dedicato anche un video e ne abbiamo discusso pure in altre occasioni, penso sia utile notarli e ragionarci sopra. Quelle che analizzeremo sono, tra l’altro, due fallacie equamente distribuite, in una sorta di involontaria par condicio: una viene infatti usata per difendere l’idea del riarmo, l’altra per criticarla. Pur in questa diversità, però, si tratta in realtà della stessa fallacia.
Vediamo però gli argomenti. Partiamo da quello contro il riarmo (che ho sentito usare perfino da Alessandro Barbero, per citare un nome famoso). Lo si può riassumere così: «Non occorre riarmarci, perché la minaccia di Putin è stata esagerata. A sentire l’UE Putin vorrebbe arrivare fino a Lisbona: ma vi pare possibile?»
Quello contrario, invece, l’abbiamo visto sfoderato dalla Commissaria per la Gestione delle crisi della UE, Hadja Lahbib, che ha consigliato a tutti gli europei di stare pronti anche con un kit di sopravvivenza da 72 ore da usare in caso di guerra.
Ecco, a me pare che entrambi questi discorsi ricadano facilmente nella fallacia dello Straw Man Argument, nota anche come Fallacia dell’argomento distorto. Entrambe le argomentazioni, infatti, non hanno reale fondamento e sono estremizzazioni volte a ridicolizzare le tesi altrui o a creare allarmismo. Vi spiego perché.
Intanto l’idea di Lisbona: nessuno, francamente, ha mai pensato che a Putin interessi prendersi il Portogallo. Non gli interessa, per la verità, neppure prendersi l’Italia, la Francia, la Germania (anche perché non ci riuscirebbe, diciamolo francamente: se la prende solo con chi non sa difendersi, non certo con paesi della sua stazza o superiori). Ma non è infatti questo il punto, e nessuno ha mai paventato questo. Putin minaccia di prendersi le repubbliche baltiche, la Finlandia, la Romania, e gli abitanti di quei paesi lo sanno fin troppo bene; del Portogallo non gli interessa nulla.
Dire che Putin non vuole arrivare a Lisbona è dunque vero, ma pretestuoso: il fatto che il dittatore russo non voglia spingersi così in là non significa, infatti, che non farà altre guerre. Considerata la sequela di “operazioni militari speciali” condotta dal suo paese sotto la sua presidenza, pare difficile, anzi, che scelga all’improvviso una via pacifica. Da quando è al potere, Putin ha sempre fatto guerre, di continuo.
Certo, in molti casi erano guerre che non riguardavano noi, che non riguardavano l’Europa. E allora l’argomentazione di chi dice che Putin non arriverà a Lisbona svela, temo, qualcosa di non detto, ma non troppo bello: che l’importante è che non tocchi a noi, e che degli altri paesi possiamo lavarcene le mani.
È proprio qui che cade il (grosso) problema di questo discorso: perché l’argomento di Lisbona l’ho sentito usare più volte da strenui pacifisti, contrari al riarmo. Visto che Putin non ci minaccia, infatti, non c’è motivo di armarci.
Se però noi seguiamo davvero questa linea di ragionamento, il pensiero pacifista ne esce malconcio: perché sembra allo stesso tempo dire che non mi devo interessare di quel che accade al mio vicino. La chiosa di questo ragionamento, infatti, pare essere: che le repubbliche baltiche se la vedano da sole; che la Romania se la veda da sola. Che è stato un po’ anche quello che si è detto sull’Ucraina: che si arrangiassero.
Se capisco, insomma, gli scrupoli morali relativi alla corsa agli armamenti, mi stupisco che i latori di quell’argomentazione non si pongano scrupoli morali sull’abbandonare paesi europei a noi vicinissimi, con cui abbiamo contatti e amicizie, al loro destino (e cioè alla sottomissione a un dittatore esterno). Invochiamo sempre la solidarietà, l’aiuto reciproco, e poi però quando arriva il momento decisivo diciamo “Mors tua vita mea”? L’ho detto anche in altre occasioni: il vero pacifista dovrebbe andarsi a incatenare sotto all’ambasciata russa, dovrebbe fare una campagna fortissima contro Putin (l’uomo, al momento, più bellicoso del mondo, responsabile di migliaia di morti perfino tra la sua popolazione), e invece ce lo ritroviamo perlopiù a fare ironia da quattro soldi su Zelensky.
Dall’altro lato, però, anche l’allarmismo estremo suscitato da alcuni politici europei rischia di cadere a mio avviso nella stessa fallacia: paventare l’imminente attacco russo all’Europa è francamente ridicolo. Così com’è stato ridicolo, in tutti questi mesi, il cercare di sollecitare la paura per il nucleare: era chiaro fin da subito che nessuno avrebbe favorito una escalation del conflitto.
Qualsiasi analista con un minimo di serietà capirebbe che Putin non può certo imbarcarsi, ora, nell’immediato, in una guerra all’UE. Sta facendo una fatica tremenda a prendersi un pezzettino dell’Ucraina, credete davvero che possa rappresentare una minaccia per Francia, Regno Unito, Germania o Italia? Non è un discorso serio. Se proprio attaccherà qualcuno, attaccherà i punti deboli della UE, e non certo subito: dovrà prima riprendersi dallo sforzo di questi anni. C’è tempo, e proprio per questo bisogna restare lucidi.
È però anche per questi motivi che, come dicevo prima, mi sembra che la proposta di un riarmo coordinato – ed esteso nel tempo – e in chiave di pura deterrenza sia la soluzione migliore: protegge un po’ di più, almeno virtualmente, i baltici, i polacchi, i romeni, senza allo stesso tempo imbarcarci in mosse temerarie. Serve a dare semplicemente un segnale a Putin, a dirgli che l’Europa c’è. Che è proprio quello che Putin non vuole.
Perché, badate bene, il piano di Putin è chiaro da almeno dieci anni, ed è ormai il piano delle destre estreme di tutto il mondo: scardinare i sistemi democratici e le leggi internazionali, che, pur tra mille problemi, hanno garantito pace e equilibrio negli ultimi decenni. Perché se non ci sono più leggi, i furbi possono fare quello che vogliono. Lo vediamo ogni giorno, e solo un cieco può far finta che tutto questo non stia avvenendo. Avete letto della condanna a Marine Le Pen, in Francia? E chi è stato il primo a lamentarsene? Putin. Perché? Perché la Le Pen può far saltare il banco dell’Europa.
(a proposito, chi se ne è lamentato subito dopo Putin? Orbán. E due minuti dopo? Salvini. E qualche ora dopo? Musk. Fatevi i vostri conti)
Se saltano l’ONU, i trattati internazionali, il diritto internazionale e l’Unione Europea (che, a ben guardare, è l’unico baluardo della democrazia degno di questo nome, ormai, al mondo), salta tutto. Si finisce come in Russia: con qualche oligarca multimiliardario che si mette d’accordo col dittatore di turno e ti chiede semplicemente di applaudirlo (e che ti fa fuori se non lo fai). Questo è quello che avviene in Russia, da vent’anni, e che qualcuno vorrebbe replicare altrove.
Con tutti i difetti della nostra Europa, penso che questo continente sia al momento – e nettamente – il posto migliore in cui vivere. E, se perderemo quello che abbiamo costruito, rimpiangeremo amaramente quello che abbiamo buttato al vento per un po’ di rabbia, di risentimento o di banale stupidità. Per questo penso che quello che abbiamo lo si debba difendere, perfino con le unghie e coi denti se necessario. Senza ricorrere ad argomenti fantoccio, senza idealismi vuoti che non portano a nulla, ma con pragmatismo e realismo.
Quello che ho registrato e pubblicato
Facciamo ora anche il punto sui video che sono usciti questa settimana:
Edith Stein: empatia e fenomenologia: una filosofa richiesta da tempo dagli abbonati fa capolino nel nostro canale
"Cuore di cane" di Michail Bulgakov - audiolibro spiegato parte 6: nuova puntata per la lettura integrale della novella di Bulgakov ambientata nell’URSS degli anni '20
Il pensiero su religione e tolleranza di Lessing (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La religione naturale e Shaftesbury in Inghilterra (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Dallo sbarco in Sicilia allo sbarco in Normandia (per il podcast “Dentro alla storia”)
La Libertà che guida il popolo: un'icona rivoluzionaria
Email dall'oltretomba: don Milani scrive a Valditara
@scrip79Don Milani scrive dall’oltretomba a Giuseppe Valditara. Tema? Le nuove indicazioni nazionali… e un questionario che non accetta critiche. Vediamo cosa ne pensa l'autore di "Lettera a una professoressa". #scuola #valditara #donmilani #istruzione #emaildalloltretomba #insegnanti #docenti #ministerodellistruzioneTiktok failed to load.
Enable 3rd party cookies or use another browserEmail dall'oltretomba: Beccaria scrive a Noem
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Enable 3rd party cookies or use another browserEmail dall'oltretomba: Voltaire scrive a Topolino
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Ah, prima di dimenticarci vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
Il canale YouTube | Instagram | Facebook | Twitter/X | TikTok | Threads
Quello che puoi fare per sostenere il progetto
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono gli abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i consigli della settimana.
Storia della pirateria di David Cordingly: più che un libro di storia nel senso classico del termine, questo è un libro di “storie”, ovvero di vite e avventure di pirati. Documentato e appassionante, permette di aprire uno squarcio su un’epoca che ha lungamente interessato non solo gli storici, ma anche i curiosi. Lo si compra qui.
sui social questa settimana ho segnalato come al solito diversi libri appena usciti che mi paiono interessanti, una sorta di “lista della spesa” che dovrebbe rivelarsi utile anche in primis per me. Ecco i volumi, se ve li siete persi (se vi interessano, cliccate sopra alle immagini per altre informazioni):
C’è poi un ulteriore modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ce n’è uno chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate, passando anche per il Club del Libro e il Simposio. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
È inoltre da poco ufficiale la notizia di un mio nuovo libro. Solo che questa volta io, più che scrivere, ho registrato. DeA Scuola e Garzanti Scuola stanno infatti per far uscire un nuovo manuale di storia per le superiori intitolato La storia in scena, scritto da Giuseppe Patisso, Daniela De Lorentiis e Fausto Ermete Carbone, a cui ho collaborato anch’io per una cospicua parte video. Al grande progetto lavoriamo da molti mesi, ma ormai siamo in dirittura d’arrivo e, se siete docenti, potrete adottarlo se vorrete già dal prossimo anno scolastico. Tra l’altro, oltre a me ci ha messo le mani anche Aldo Cazzullo, ma non mancano anche gli storici di fama internazionale. Io in particolare ho realizzato decine di videoreel che introducono tutti i capitoli dell’opera, e in più ho preparato un ciclo di venti videolezioni specifiche (e inedite) sulla storia delle donne dal Medioevo ai giorni nostri. Ecco intanto la copertina del primo volume, ma nelle prossime settimane vi mostrerò anche altri dettagli:
Ultima cosa da ricordare: in tutte le librerie è presente il mio nuovo libro, Anche Socrate qualche dubbio ce l’aveva. Il sottotitolo rende piuttosto chiaro di cosa si occupa: Come lo scetticismo filosofico può salvarti la vita nell’epoca della performance. In pratica riprendiamo il pensiero di alcuni grandi filosofia (Socrate, Occam, Montaigne, Hume, Popper e altri ancora) e cerchiamo di trarne degli insegnamenti per vivere meglio oggi, in un mondo in grande cambiamento; e cerchiamo di farlo tramite uno stile non difficile ma stimolante. Il libro è disponibile sia in formato cartaceo che ebook. Ecco qualche link per l’acquisto:
Quello che c’è in arrivo
E chiudiamo anche con qualche anticipazione su quello che dovrei riuscire a pubblicare online nella settimana appena cominciata:
domani si parte subito col podcast storico, incentrato ancora sulla Seconda guerra mondiale, anche se ormai ci avviciniamo alle fasi finali del conflitto;
mercoledì vorrei realizzare un video sulla storia del Giappone a cavallo tra le due guerre mondiali;
giovedì vi proporrò probabilmente uno short dal carattere musicale (e non vi dico altro: aspettate e vedrete);
venerdì toccherà invece a un video di filosofia, incentrato su una figura non troppo nota ma importante del pensiero tardomedievale, cioè Marsilio da Padova;
sabato e domenica prossima sarà di nuovo la volta dei podcast, con Mandeville in filosofia e ancora la guerra in storia;
lunedì prossimo, infine, chiuderò con un video sull’idea di Stato all’interno della filosofia liberale.
E questo è tutto anche per questa settimana. Ci risentiamo tra sette giorni: vi scriverò da Praga e cercherò anche di raccontarvi un po’ di cose della capitale della Repubblica Ceca. A presto!
Putin non vuole arrivare fino a Lisbona .
Prima di tutto vorrei dire a Barbero , che non si tratta mica di cavarsela
Con un “ ma non esagerare , su ! “ . Dovremmo concentrarci sull atto
Gravemente immorale di aggredire un altro stato indipedente per motivi dettati
Dalla paranoia . Tempo fa lessi sul sito Formiche.it , l opinione del genrale Carlo Jean ,
che Putin non si degna di criticare la UE , che il suo vero obiettivo polemico
sono gli Stati Uniti ( quelli di Biden , non quelli del suo sodale , l onorevole Trombetta
spero che qualcuno ricordi lo sketsch di Toto in treno con l onorevole Trombetta ),
nel senso che lui da’ per scontato che voglia arrivare fino a Lisbona .
Non so , io non mi avventuro a parlare se non dei temi che conosco bene
E non sono un esperto di guerra .
“Dire che Putin non vuole arrivare a Lisbona è dunque vero, ma pretestuoso: il fatto che il dittatore russo non voglia spingersi così in là non significa, infatti, che non farà altre guerre. Considerata la sequela di “operazioni militari speciali” condotta dal suo paese sotto la sua presidenza, pare difficile, anzi, che scelga all’improvviso una via pacifica. Da quando è al potere, Putin ha sempre fatto guerre, di continuo.
Certo, in molti casi erano guerre che non riguardavano noi, che non riguardavano l’Europa. E allora l’argomentazione di chi dice che Putin non arriverà a Lisbona svela, temo, qualcosa di non detto, ma non troppo bello: che l’importante è che non tocchi a noi, e che degli altri paesi possiamo lavarcene le mani .”
Sottoscrivo !
Attenzione , potrebbe succedere come dicevano queste parole famose “ «Prima venivano a cercare gli zingari, ed ero felice, perché rubavano. Poi sono venuti a prendere gli ebrei e io sono rimasto in silenzio perché non mi piacevano. Poi sono venuti a cercare gli omosessuali e mi sono sentito sollevato perché mi davano fastidio. Poi sono venuti a cercare i comunisti e io non ho detto niente perché non ero comunista. Un giorno vennero a cercarmi e non c'era più nessuno a protestare”.
Lei afferma “Putin non può certo imbarcarsi, ora, nell’immediato, in una guerra all’UE. Sta facendo una fatica tremenda a prendersi un pezzettino dell’Ucraina, credete davvero che possa rappresentare una minaccia per Francia, Regno Unito, Germania o Italia? Non è un discorso serio.”
Ma che cosa , effettivamente , glielo impedirebbe ?
Adesso la protezione della NATO , per il disimpegno di Trump ,
e’ venuto meno .
Si , Putin , cosi’ come Trump , dobbiamo abituarci a considerarli
Uguali , sostiene l estrema destra . Le Pen e’ indagata anche
Per non aver dichiarato , come le impone la legge ,
un finanziamento ricevuto da una banca russa .
Questo prova il legame tra l estrema destra e la Russia.
Anche AfD , in Germania , e’ filo russa , vorrebbe
Che si cancellassero le sanzioni e si riprenda a comprare il gas russo.
Buongiorno professore, prima di tutto la ringrazio per il suo impegno e il suo prezioso aiuto in questi anni universitari. Le scrivo in merito a quanto da lei affermato e sostenuto in queste righe rispetto all’Europa e al suo discorso sul riarmo come deterrente… la trovo un argomentazione interessante e convincente ma allo stesso tempo mi chiedo se questo è sostenibile nell’idea democratica e cosmopolita dell’Europa. Durante i miei studi ho constatato quanto spesso l’ideologia si scontra con il realismo ( essendo una persona “grande” anch’io scelgo spesso il realismo all’ideologia), il realismo di oggi sostiene il riarmo e la difesa di quanto fatto fin qua, ma l’ideologia trovo che sia quella che guarda avanti che progetta il nuovo, che ci proietta in avanti, dov’è l’ideologia in questo? Se ci fermiamo al nudo e crudo realismo allora ci fermiamo e basta, come dice lei abbiamo faticato ad arrivare fin qua a stipulare dei trattati internazionali che difendessero gli ideali democratici su cui costruire l’Europa di domani se ci riarmiamo, prima di tutto decretiamo la sconfitta di questa politica, perché il deterrente della forza è imprescindibile, quindi l’idea cosmopolita è impensabile, e se è impossibile allora anche l’idea di Europa unita è impensabile, non è però solo una questione ideologica ma politica, se ci arrendiamo al riarmo allora il discorso di unità finisce con esso rimane solo un discorso ipocrita in cui difendiamo la democrazia con la forza per poi andare avanti democraticamente in che senso??? Sono d’accordo con lei, siamo a un punto di svolta, ma il riarmo a mio parere non è la strada, adesso non voglio essere però una che tira il sasso e nasconde la mano, il vecchio continente si è contraddistinto spesso per la sua innovazione tecnologica per la sua economia ( questo sicuramente fa pensare a Marx) adesso queste 2 aspetti sembrano ininfluenti dovremmo invece cercare nuovamente di metterci al passo degli altri in questo senso puntando sulla cultura come abbiamo sempre fatto e su cui si è fondata l’Europa unita, non so se mi sono spiegata perché non ho la padronanza di linguaggio e le conoscenze che lei ha ma spero le sia chiaro il mio punto di vista.