Facciamo i conti col 2022 passando attraverso TikTok, i Pinguini Tattici Nucleari, Cartesio, i Mondiali del 1982, Napoleone III, Strange World, Haiti, il film Oceania, Ghostbusters, il libero arbitrio
Visto che non ce lo siamo ancora detti, buon 2023! Spero che le feste finora siano scivolate via bene e che l’inizio del nuovo anno sia stato per voi promettente. Non credo molto ai buoni propositi e all’idea che allo scoccare della mezzanotte si possa cambiare radicalmente vita, ma diciamo che il volgere dell’anno può avere, in certi casi, un buon effetto sulle persone, può spingerle a provare a cambiare qualcosa, in meglio.
Poi, il più delle volte, questi cambiamenti non durano purtroppo a lungo, ma lì dipende tutto da noi. Come ci insegnano i filosofi, l’autoeducazione, l’esercizio e l’abitudine sono maestre di vita, e dovremmo praticarle con più costanza.
Da parte mia, il nuovo anno ha portato una piccola novità: proprio ieri sono sbarcato su TikTok (e sui suoi corrispettivi: i Reels di Instagram e gli Shorts di YouTube) con un breve video da un minuto. L’idea è quella di creare delle piccole cose che stimolino la voglia di approfondire, soprattutto tra i più giovani, magari sfruttando quello che già amano (canzoni, film, fumetti, serie tv…).
Il primo esperimento lo trovate linkato più avanti, nella sezione Quello che ho registrato e pubblicato. Per ora però manteniamo il solito ordine e cominciamo dai libri letti questa settimana.
Quello che ho letto
Programma molto variegato, stavolta, sul versante letture. Prima del 31 dicembre sono riuscito a finire un volume che mi portavo dietro addirittura da aprile, e ve ne racconto qui di seguito; ma ho anche letto un fumetto che era sullo scaffale a prendere polvere da qualche settimana (ma è stato giusto, credo, leggerlo ora); infine c’è stato spazio anche per un po’ di fantasy.
A ognuno quel che si merita di Gregg Caruso e Daniel Dennett: partiamo dal libro concluso. Nonostante il titolo non lo renda subito evidente, il saggio in questione si occupa di libero arbitrio: tramite il confronto tra due filosofi americani abbastanza diversi tra loro, prova a chiedersi se esista questo libero arbitrio e fino a che punto esso sia reale e se, di conseguenza, si possano ritenere responsabili le persone per quello che fanno. Detta meglio: se le azioni delle persone – pesantemente influenzate dalla loro genetica, dall’educazione ricevuta, dagli stimoli ambientali e sociali, dalla loro biologia – siano meritevoli di lodi o di biasimo, o se piuttosto quello di buono che facciamo o quello di cattivo che facciamo sia più responsabilità dell’ambiente che nostra. Come già detto altre volte nelle settimane scorse, Caruso è uno scettico sul libero arbitrio, e ritiene perciò che sia ingiusto punire chi commette crimini; al carcere propone piuttosto come alternativa una sorta di quarantena, in cui dovrebbero essere messi i soggetti che manifestano tendenze anti-sociali e criminali (come questa quarantena – che si presume sia più leggera del carcere – debba poi concretamente essere applicata rimane però un argomento un po’ fumoso). Dennett, al contrario, si presenta come un consequenzialista, anche se Caruso lo accusa sovente di retributivismo: ritiene in concreto che è vero che il soggetto sia sottoposto a diversi stimoli dalla genetica e dalla società, ma che, allo stesso tempo, con la maturazione e la crescita il soggetto stesso sia chiamato ad imparare a gestire questi stimoli e a controllarsi, diventando quindi responsabile delle proprie azioni. Questo implica, secondo Dennett, che il carcere – reso più umano, ma comunque non abolito – abbia un suo senso e una sua finalità, sia per insegnare che ogni errore comporta delle conseguenze, sia perché chi ci finisce rompe in un certo senso il patto sociale e quindi “merita una punizione” (da qui l’accusa di retributivismo). Il bello del libro sta nel dialogo prolungato tra i due filosofi, ma allo stesso tempo questo è anche il suo limite: sarebbero bastate molte meno pagine per chiarire le posizioni dei due autori, senza scadere in certi scambi infiniti che alla lunga sembrano abbastanza sterili. Comunque un volume interessante, che stimola la riflessione. Se volete comprarlo, lo trovate qui.
11 luglio 1982 di Paolo Castaldi: abbiamo già parlato, nelle newsletter scorse, dei Mondiali di calcio, e in parte ne parleremo ancora più avanti. Come spesso accade, però, un grande evento mediatico del genere finisce anche per risvegliare i ricordi, per farci ritornare alla mente gli altri eventi del genere già vissuti (e magari vinti) quando eravamo più giovani e pieni di speranze, e quando, soprattutto, l’Italia i Mondiali li giocava, invece che guardarli da casa. Alcuni, così, durante le partite in Qatar avranno ricordato i Mondiali del 2006, altri le Notti magiche del 1990, altri ancora – i più vecchietti – la clamorosa vittoria del 1982. Io i Mondiali di Spagna non li ricordo direttamente, perché all’epoca non avevo ancora 3 anni; ricordo però che per tutta la mia infanzia e la mia adolescenza quel campionato rappresentò una sorta di mito. D’altronde, l’Italia aveva vinto tre volte il titolo di campione del mondo, ma le prime due (nel 1934 e nel 1938) erano avvenute troppo indietro nel tempo per potersene davvero vantare; quindi il titolo del 1982 valeva doppio. Per la mia generazione delusa dalla semifinale con l’Argentina del 1990 e, più ancora, dalla finale col Brasile del 1994 quel vecchio Mondiale di Pablito Rossi, dell’urlo di Tardelli e delle esultanze di Pertini rappresentava qualcosa di leggendario, di cui si leggevano e rileggevano le cronache. Così, complice questo revival del passato, negli ultimi giorni del 2022 ho letto con piacere 11 luglio 1982 di Paolo Castaldi, un romanzo a fumetti ben realizzato che, almeno in superficie, ripercorre gli eventi della Nazionale di Bearzot fino alla conquista della Coppa del Mondo avvenuta appunto l’11 luglio 1982. Dico “in superficie” perché in realtà la storia si dipana su più livelli: c’è, certo, il grande avvenimento calcistico; ma poi c’è la storia umana della famiglia dell’autore, con la madre che proprio la notte della finale si mette in viaggio in treno da Milano verso la Sicilia; e poi ancora c’è, sullo sfondo, l’Italia che sta uscendo (a fatica) dagli anni di piombo e si sta gettando negli anni '80. Tutti quegli eventi – quello umano e privato, quello sociale e politico, quello sportivo e collettivo – si intrecciano tra loro, in una sorta di affresco molto efficace. Il libro è bello, forse un po’ veloce su alcuni punti, forse non di amplissimo respiro, ma comunque molto ben fatto. Lo si acquista qui.
Gli scomparsi di Chiardiluna. L’attraversaspecchi vol.2 di Christelle Dabos: di questo libro non vi parlavo da diverse settimane, più o meno dalla fine dell’estate, perché è uno di quei romanzi che io e la mia famiglia leggiamo insieme in auto, durante i lunghi spostamenti per le vacanze. “Leggiamo”, anzi, non è la parola giusta: in questo caso infatti il libro lo stiamo ascoltando, grazie a uno di quei servizi in abbonamento che consentono di fruire di tutti gli audiolibri che si vuole (io sono abbonato ad Audible, ma mi dicono che anche il concorrente Storytel funzioni bene). Subito dopo Natale ci siamo concessi un paio di giorni in montagna, una vera e propria toccata e fuga, e questo ci ha portati in automobile per qualche ora – tra andata e ritorno – a portare avanti la lettura di questo lungo libro fantasy (di cui ormai comunque cominciamo ad essere prossimi alla fine). L’andamento è simile a quanto già accaduto nel primo volume: ci sono gli intrighi di palazzo, ci sono due fidanzati – i due protagonisti, Ofelia e Thorn – che non riescono ad ingranare, ci sono alcuni misteri da svelare. Devo dire che forse questo secondo romanzo mi pare più riuscito del primo: almeno c’è una sottotrama gialla che pare finora condotta piuttosto bene, tanto da creare una maggior tensione emotiva che spinge a girare le pagine del libro. Detta in breve e senza spoiler: nel prestigioso palazzo di Chiardiluna, residenza dell’ambasciatore Archibald, iniziano ad avvenire alcune clamorose sparizioni, sparizioni che potrebbero presto coinvolgere anche Ofelia, visto che pure lei riceve i biglietti minatori che sono stati trovati tra gli effetti personali degli scomparsi. L’indagine su cosa ci sia dietro a tutto questo – mentre sullo sfondo si preparano le nozze della stessa Ofelia e di Thorn e si cerca di scoprire qualcosa di più sullo spirito guida Faruk – crea un po’ di suspense in una storia altrimenti un po’ piatta, visto soprattutto che la dinamica tra Ofelia e Thorn tende a ripetersi all’infinito. A me, in generale, tutta la saga pare sopravvalutata, ma ai miei figli piace; diciamo che la Dabos è brava a giocare coi cliché del genere e a presentarli ai più giovani come se fossero una novità, allungando per centinaia e centinaia di pagine una storia che di per sé si sarebbe potuta gestire in un romanzo più o meno normale. Comunque, se vi interessa lo trovate qui.
Quello che ho visto
Sul versante film, complici le vacanze di Natale, questa settimana ci siamo buttati soprattutto su cartoni animati e/o pellicole per famiglie. Perdonatemi. Presto ritornerò a qualcosa di più “adulto”, ma intanto questo passa il convento.
Ghostbusters: Legacy (2021), di Jason Reitman, con Mckenna Grace, Finn Wolfhard, Carrie Coon: l’ultimo capitolo della lunga saga di Ghostbusters in famiglia mia l’avevano finora visto solo mia moglie e mia figlia, che, per una serie di vicissitudini, l’anno scorso erano andate a guardarselo da sole al cinema. Noi maschi non avevamo ancora avuto modo di vederlo. Abbiamo rimediato la sera di Santo Stefano, e devo dire che la scelta è stata tutto sommato azzeccata perché parlare di fantasmi che tentano di conquistare il mondo (o l’intera dimensione spazio-temporale) ha stranamente un che di natalizio, sarà forse per i rimasugli dickensiani del Canto di Natale. Questo nuovo capitolo della saga non è male, anche se secondo me non riesce a rievocare del tutto l’epica delle origini, cosa forse impossibile, visto che solo negli anni '80 si potevano mettere insieme horror e commedia sconclusionata dandosi comunque un certo tono. La scelta di Jason Reitman (figlio del regista dei primi due Ghostbusters) è stata dunque quella di virare maggiormente sull’aspetto cupo e dark, scelta già ben visibile fin dalla scelta della fotografia e delle inquadrature, ma non mancano i momenti-nostalgia, come quando ricompare all’improvviso il cast originale (con un Bill Murray che però, con la sua faccia svogliata, sembra costantemente dire: «Non ne avevo minimamente voglia, ma mi hanno offerto un sacco di soldi»). Insomma, un film che si lascia vedere e però forse si dimentica anche in fretta. Io l’ho visto su Sky, se volete recuperarlo.
Strange World - Un mondo misterioso (2022), di Don Hall: questo è il più recente tra i film a cartoni animati targati Disney, visto che è uscito sulla piattaforma streaming di casa giusto in tempo per le feste natalizie. La storia è curiosa: il figlio di un grande esploratore ritenuto scomparso sta vivendo una normale vita da contadino, godendo anzi dei proventi di una particolare pianta che riesce a dare energia a tutto il territorio. Un giorno però viene a sapere che questa pianta miracolosa è minacciata da una specie di parassita, e deve compiere una missione speciale per andare alla radice del problema; solo che questa missione lo catapulta all’improvviso in uno strano mondo alternativo, ricco di misteri e sorprese. Una trama decisamente fuori dagli schemi, e forse rischiosa, per un film Disney, in cui si abbandona completamente il tono favolistico in favore di una certa dose d’avventura, cercando forse di emulare la formula di certi film Pixar. Il risultato? Per la verità abbastanza deludente. Il film è stato stroncato un po’ da tutti e, a quanto leggo, ha fatto registrare anche un flop clamoroso al botteghino; ed in effetti non ci si riesce ad affezionare ai personaggi, la morale della pellicola pare fin troppo cervellotica e il film, che vorrebbe lasciare ad occhi aperti e a bocca spalancata lo spettatore, alla fine finisce soprattutto per annoiare. Poi, per carità, è sempre un film Disney ad alto budget: i disegni sono curatissimi, c’è qualche discreto momento comico e ai bambini può piacere comunque (i miei due figli più piccoli sono rimasti incollati allo schermo, per dire). Però per un adulto mi pare siano più le cose che non funzionano rispetto a quelle che funzionano. E dire che la Disney ci aveva puntato molto, addirittura proponendo per la prima volta una storia d’amore apertamente gay (e difendendola davanti alle minacce di censura di alcuni paesi): forse un passo in avanti del genere meritava una pellicola più bella. Il film lo trovate su Disney+.
Oceania (2016), di Ron Clements e John Musker: non era la prima volta che lo vedevamo, ma l’ultimo dell’anno abbiamo deciso di concludere l’anno facendo il bis disneyano con Oceania, quello che a mio avviso rimane uno dei film recenti più riusciti della casa di produzione americana. Anche rivisto a distanza di qualche anno mantiene tutti i suoi elementi forti: la storia ha una morale che non risulta eccessiva o didascalica; i personaggi sono riusciuti, soprattutto nella dinamica tutta particolare tra Vaiana e Maui; i disegni e le ambientazioni sono affascinanti e originali; c’è un’ottima dose di umorismo; e soprattutto ci sono almeno due canzoni veramente memorabili. Quando in un film Disney c’è tutto questo, direi che il successo è assicurato, e Oceania rimane infatti un vero classico che si può vedere e rivedere a piacimento. Assai consigliato, quindi. Lo trovate anch’esso su Disney+.
Quello che ho pensato
Essendo appena finito il 2022 e iniziato il 2023, viene spontaneo fare un po’ di conti su quello che è stato e su quello che speriamo sarà. Cosa si ricorderà, dal punto di vista storico, di questo 2022?
Facciamo una veloce lista, che ne dite? Scorrendo i vari resoconti di fine anno e ragionandoci un po’ sopra, a me le cose che sembra di dover segnalare – in ordine rigorosamente cronologico e non d’importanza – sono queste:
la graduale fine dell’emergenza Covid: dopo un’intensa campagna vaccinale, dopo svariate (ma spesso inutili) polemiche sul green pass e dopo notevoli miglioramenti nella gestione sanitaria, il Covid oggi ci preoccupa infinitamente di meno di quanto non ci preoccupasse un anno fa. Sono convinto che in futuro questi due anni verranno ricordati come un successo, il successo di una società intera che ha rischiato il collasso per una pandemia ma che alla fine dei conti ha retto piuttosto bene, superando di slancio la difficoltà. A dirlo non sono io, ma i numeri. L’influenza spagnola, cento anni fa, fece probabilmente 30 milioni di morti (anche se le stime variano parecchio da uno studio all’altro) su una popolazione mondiale che era allora di 2 miliardi di persone; il Covid finora ha fatto 6 milioni di morti nel mondo, e la popolazione è però quasi di 8 miliardi di persone, il quadruplo rispetto al 1918. Insomma, a guardare le cose con un certo distacco c’è da dire che, pur tra mille difficoltà ed errori, pur tra mille differenze, il sistema ha globalmente retto.
la rielezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica: Mattarella è una persona rispettabilissima e di grande spessore umano e politico, ma per la seconda volta il Parlamento ha reso evidente la sua crisi non riuscendo a trovare una personalità di valore paragonabile al presidente uscente, una figura capace di unire la volontà di più forze politiche. E così si è trovato costretto a rieleggere il Sergione nazionale, facendogli pure un mezzo dispetto (7 anni sono tanti, ma 14, per una persona di una certa età, sono un’eternità).
l’attacco della Russia di Putin all’Ucraina: oggi, a quasi un anno di distanza dai primi giorni dell’invasione, fa impressione come una certa parte del mondo politico ed intellettuale italiano non seppe allora capire ciò che stava accadendo, cosa che oggi appare finalmente chiara a tutti: quella di Putin – come tra l’altro abbiamo detto anche noi, fin dal primo giorno – è stata una guerra di tipico stampo imperialista, volta a creare uno stato satellite o quantomeno a strappare impunemente dei territori ad uno stato sovrano, per pure questioni di egemonia politica. Insomma, è stata una di quelle tipiche guerre contro cui il pacifismo si è giustamente sempre battuto; e l’idea di lasciarla vinta a Putin non ha senso, se si vuole un’Europa davvero in pace in modo stabile. Per fortuna, la guerra è andata molto diversamente da come il ceto dirigente russo sperava e, per quanto la sua fine appaia ancora lontana, quantomeno lo scenario peggiore di un crollo totale dell’Ucraina è stato ampiamente sventato. Sempre in un’ottica storica, sono convinto che in futuro anche l’epoca di Putin verrà ascritta al lungo periodo di decadenza della Russia, una potenza che, dopo l’apice raggiunto alla fine della Seconda guerra mondiale, ha visto progressivamente ridursi la propria importanza politica ed economica, venendo relegata – nonostante i tentativi, spesso violenti, di bloccare questa lenta discesa – al rango di potenza di serie B, oscurata da Stati Uniti e Cina e direi ormai anche dall’Europa.
l’ondata inflattiva: se la guerra tra Russia e Ucraina non entrerà nei libri di storia come una svolta ma forse solo come un’ulteriore conferma del crollo dell’est, ci entrerà forse però anche come elemento di disturbo nella ripresa economica. In parallelo alla fine dell’emergenza da pandemia, questo 2022 doveva essere l’anno del decollo del PIL, che è sì cresciuto, ma che è stato anche frenato dai problemi dell’inflazione, del costo del gas e del petrolio e da tutto quello che ne deriva. È ancora presto per capire cosa sarà di noi in futuro; le premesse, che fino a qualche mese fa sembravano buone, sono incerte visto che troppe variabili sono ancora in gioco. Capiremo forse solo nel 2023 se i prossimi saranno ancora anni di crescita e di rafforzamento economico o se la perenne stagnazione della nostra economia si riaffaccerà all’orizzonte.
il ritorno dell’aborto: a livello globale, una delle cose più significative (non necessariamente in positivo) del 2022 è stato il ritorno nell’agenda di diversi paesi della questione dell’aborto. Come sapete, la Corte Suprema statunitense ha cancellato la sentenza che ne garantiva la possibilità su tutti il territorio della federazione, e questo ha riaperto il dibattito su una questione che sembrava data per acquisita. In generale, al di là del merito e delle varie dispute morali, questo tema segna il punto d’arrivo di una lunga ondata conservatrice che da tempo sta cercando di rimettere mano a tutta una serie di diritti civili, ridimensionando il ruolo delle “minoranze” (parola che va intesa in senso di peso politico più che di numeri), ovvero delle donne o quantomeno delle femministe, dei giovani, degli immigrati, degli omosessuali, di cioè tutti quei gruppi che negli ultimi decenni hanno lottato per vedersi riconosciuti degli spazi e dei diritti. Ora si tenta da più parti – soprattutto in certi paesi – di rimetterli tutti in un certo senso sotto controllo. Immagino che questa potrebbe essere una delle grandi battaglie dei prossimi anni anche in Italia e non solo negli States.
la vittoria di Giorgia Meloni: ritornando all’Italia, dal punto di vista politico il fatto dell’anno è stato l’addio di Mario Draghi e la conseguente vittoria di Giorgia Meloni alle elezioni. Si è detto, giustamente, che si tratta di un fatto epocale, perché l’attuale premier – per quanto molto raddolcito nelle sue posizioni negli ultimi mesi – è pur sempre la leader del partito più di destra del nostro Parlamento, un partito che fino a pochi mesi fa non si sarebbe esitato a definire di estrema destra. Un partito, e lo si è visto anche nei giorni scorsi, che affonda le sue radici storiche nell’MSI, radici mai chiaramente rinnegate (se non al massimo dalla Meloni, e solo in parte). Insomma, l’Italia per la prima volta da quando è Repubblica ha un governo di destra pura, di destra anche radicale: questo finirà sicuramente sui libri di storia, se non altro come completamento del percorso di “sdoganamento” della destra post-fascista italiana cominciato con Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini nel 1994. Poi, questo vuol dire tutto e nulla: per ora, nei primi due mesi di governo, la Meloni è sembrata molto più una democristiana che una missina, e ha agito con maggior cautela di quanto non avesse fatto Giuseppe Conte all’epoca del suo primo governo (quello M5S-Lega, che si presentava molto più virato a destra). La mia impressione – e l’ho detto fin da subito – è però che il governo non durerà a lungo: la Meloni sa come muoversi, ma la sua è comunque un’accozzaglia con un personale politico piuttosto scarso; e il passato ci insegna che l’impreparazione e la superficialità dei nostri politici anche di secondo piano (sia a destra che a sinistra) provoca spesso, in un modo o nell’altro, la rapida caduta degli esecutivi.
il destino incerto del Regno Unito: la morte della regina Elisabetta II, infine, chiude la pagina politica e apre probabilmente a qualcosa di nuovo. Il Regno Unito inizia a trovarsi infatti ora davanti a decisioni epocali che sono state da tempo rimandate (anche grazie al carisma della regina appena deceduta), come il ruolo da assumere nel mondo, come la decisione su come gestire uno stato sociale in crisi, come la scelta tra monarchia o repubblica, come l’unione o la sempre più paventata separazione tra le diverse nazioni ed altro ancora. L’impressione è che lo scarso prestigio personale di Carlo accelererà un processo che porterà a scelte drastiche.
e infine, i Mondiali di calcio: l’ultimo grande evento dell’anno sono stati senza dubbio i Mondiali del Qatar, che si porteranno dietro due temi: da un lato, l’asservimento sempre più evidente e controverso dello sport alle regole di un mercato privo di valori; dall’altro, il (difficile, ma in fondo meritato) trionfo argentino, con Leo Messi che è entrato definitivamente nell’Olimpo dei grandissimi.
Chiudo su una nota di colore, su un’impressione che mi sta ronzando per la testa da un po’. Questi anni, oserei dire questi ultimi trent’anni, a me sembra siano stati gli anni – come accennavo per il Regno Unito – delle decisioni non prese. Dopo il crollo del comunismo il mondo ha pensato che bastasse lasciare che le cose andassero per conto loro e che non si dovessero per forza fare scelte decise. E così gli spazi di manovra si sono enormemente ridotti lungo gli anni, bloccando un po’ tutto e nascondendo i problemi sotto al tappeto.
Questo ha generato, alla lunga, uno strano effetto, quello dello “spararla grossa prima, sparare a salve poi”. Mi spiego. Negli ultimi anni tutti i politici, ma anche gli intellettuali, gli esperti, gli opinionisti, i giornalisti hanno cominciato a fare la voce grossa, letteralmente, appunto, a “spararla grossa”. In un’epoca in cui tutti parlano tramite internet e i social network, l’unico modo per farsi notare è diventato dire cose estreme, spiazzanti, ad ogni costo controcorrente. Pensate ad alcuni personaggi del circo mediatico attuale, come Alessandro Orsini (ma gli esempi sarebbero innumerevoli, anche in campo storico e filosofico): se avesse detto che con la guerra in Ucraina dovevamo esser cauti, non se lo sarebbe filato nessuno e nessuna trasmissione televisiva l’avrebbe invitato a ripetizione, perché il suo sarebbe stato un messaggio scontato e prevedibile; invece dire che c’è l’Olocausto nucleare dietro l’angolo e che questo Olocausto è colpa nostra gli ha dato le prime serate e una grande notorietà. È bastato esagerare in maniera esponenziale per avere subito le telecamere puntate su di sé.
Lo stesso è avvenuto col Covid, quando alcuni scienziati e molti ciarlatani hanno cominciato ogni settimana a lanciare provocazioni, asserendo di volta in volta che il Covid non esisteva o che si curava con chissà quali medicine. Ma qualcosa del genere accade periodicamente con l’economia, con il lavoro e con mille altre cose ancora.
Pensate, solo per fare un altro esempio, a Giorgia Meloni: fino a un anno fa era una furia, contro l’Europa, contro l’imperialismo straniero, contro le banche, contro Draghi, contro i vaccini, contro la “teoria gender”, contro tutto e contro tutti. Ora, al confronto, è un agnellino. E sono convinto che questo mutamento accadrebbe anche per Orsini e per tutti gli altri opinionisti, politici ed economisti che passassero dalla televisione ai posti di comando.
Perché spararla grossa è facile, quando non si devono prendere decisioni; quando si tratta solo di dire un’opinione senza conseguenze perché tanto nessuno la metterà davvero in atto, si può esagerare senza ritegno. Ma “sparare” una decisione davvero, quando serve, è tutt’altra cosa; e quindi poi una volta passati dall’altra parte della barricata, a comandare e a fare scelte, si spara a salve. Cioè non si spara, si accetta lo status quo e si diventa più o meno tutti uguali. Così da missini si diventa democristiani, da anti-draghiani si diventa emuli di Draghi, da incendiari ci si trasforma in pompieri.
Non è però solo un discorso di opportunismo, come potrebbe sembrare. C’è dietro, a mio avviso, anche un problema più ampio, che ci riguarda tutti. Fino a trent’anni fa le alternative al mondo che avevamo davanti erano possibili e concrete: chi criticava il capitalismo aveva un modello alternativo da proporre, ad esempio quello comunista, che poteva essere davvero messo in atto, perché in qualche parte del mondo lo si metteva in atto sul serio; chi criticava una cosa, insomma, poteva legittimamente proporre un cambiamento anche radicale, non vendendo fumo ma una soluzione fattibile (che poi magari si sarebbe rivelata inadeguata, per carità, ma che si poteva comunque varare).
Ora invece l’alternativa non c’è più. Se li guardiamo dall’alto, da distante, tutti i governi che abbiamo avuto in Italia negli ultimi anni – fossero di destra o di sinistra – si sono ampiamente assomigliati. Certo, qualcuno è stato più cauto coi lockdown, qualcuno più aperto; qualcuno ha speso un po’ di più, qualcun altro un po’ di meno. Ma sono variazioni su uno stesso tema, piccoli aggiustamenti che non cambiano la sostanza. Perché gli stessi governi sembrano dirci che non c’è alternativa a tutto questo.
E non c’è fin nei nostri discorsi. Perché i nostri discorsi sono diventati fumo negli occhi.
Chi la spara grossa, perlopiù, sa di spararla grossa. Sa di dire cose senza senso, utili solo a farsi notare. Guardate, di nuovo, la Meloni (ma il discorso si può applicare anche ad altri, è semplicemente l’esempio più facile che ho sottomano): fino a quando era lontana dal governo, faceva discorsi di estrema destra. Man mano che i sondaggi l’hanno avvicinata a Palazzo Chigi ha cominciato progressivamente a moderare i toni, fino a trasformarsi – almeno a parole, almeno finora – in una leader di una destra non estremista, ma atlantista. Segno che aveva ben presente la differenza tra stare all’opposizione e stare in maggioranza, tra protestare e decidere, tra far finta di promettere un’alternativa e ammettere che quell’alternativa di fatto non c’è.
Ecco, la mia speranza per il 2023 è che impariamo a spararla meno grossa e a creare alternative che siano credibili, fattibili, realizzabili e concrete. Avremmo bisogno della capacità di pensare a come correggere questo mondo che di problemi ne ha ancora tanti, ma spesso ci divertiamo a fare i fanfaroni, a urlare cose senza senso in cerca di un facile consenso, ben sapendo che tanto quelle cose che diciamo non le vogliamo (o non le possiamo) mica realizzare per davvero. E invece avremmo bisogno di più concretezza, di parole più fondate, di maggior visione. Auguro queste cose a voi e a me stesso per questo 2023. E incrociamo le dita.
Quello che ho registrato e pubblicato
Facciamo ora una veloce panoramica anche sui video e sui podcast che sono usciti questa settimana.
I Pinguini Tattici Nucleari e Marc Bloch: ecco intanto il primo video per TikTok, disponibile anche, come detto, su diverse altre piattaforme (se mi seguite già su YouTube, lo trovate anche lì)
@scrip79«Sei la storia, Marc Bloch, un momento amarcord, dai scambiamoci tutti i guai...»: riconoscete questi versi? Vengono da Giovani Wannabe dei Pinguini Tattici Nucleari. E io vi spiego chi era Marc Bloch #pinguinitatticinucleari #marcbloch #storia #storiamedievale #giovaniwannabe #apologiadellastoriaTiktok failed to load.
Enable 3rd party cookies or use another browserI 10 film e serie più belle che ho visto nel 2022: dopo il riepilogo dei libri della settimana scorsa, ora arriva anche quello dei film e delle serie tv
Tutto Cartesio in un’ora di lezione: mega-riassunto della filosofia cartesiana, per chi l’ha già studiata e vuole solo fare un veloce ripasso
I paradossi di Zenone di Elea [Filosofia per ragazzi 8]: nuova puntata della serie dedicata ai ragazzi delle elementari e delle medie, che affronta questa volta addirittura Zenone e i suoi paradossi sul movimento
Napoleone III: la politica estera: proseguiamo col percorso di approfondimento sul dominatore del secondo impero francese, e sulle sue scelte in politica estera
Gli universali e il rasoio per Ockham (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Le lotte per l’indipendenza nell’America Latina (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che devi fare per seguirmi sui social
A proposito di TikTok e simili, mi sono reso conto di non avervi mai segnalato i miei “contatti” social, e invece è bene forse ricordarli. Li trovate qui di seguito:
Il canale YouTube | Instagram | Facebook | Twitter | TikTok
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono i nuovi abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri e videocorsi che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i nostri consigli della settimana.
La conquista della felicità di Bertrand Russell: Bertrand Russell è uno dei filosofi che più mi stanno simpatici. Avete letto bene: simpatici. Direte: cosa c’entra la simpatia con la cultura o con la filosofia? In effetti avete ragione: c’entra pochissimo, e non a caso ci sono grandi pensatori che sono profondamente antipatici e saccenti, ma non per questo sono meno rilevanti. Nel caso di Russell, però, sto parlando di un’altra cosa: oltre ad essere stato una delle menti più acute del proprio secolo, il filosofo e matematico britannico in tutte le sue uscite pubbliche ha sempre manifestato un profondo senso dell’umorismo (tra l’altro, molto inglese), un gusto per la battuta e per lo scherzo che, appunto, lo rendono particolarmente amabile; se poi mettete in conto che durante tutta la sua vita si è battuto per il pacifismo e per il disarmo, potete capire facilmente la statura dell’uomo. Per cui questa settimana sono contento di proporvi un suo libro che in realtà è filosofico solo fino ad un certo punto: La conquista della felicità è infatti un saggio molto divulgativo, e in certi punti forse anche un po’ superato (fu scritto quasi cento anni fa, nel 1930); nonostante questo, mi pare ancora efficace nel dare qualche suggerimento e soprattutto nel proporre un atteggiamento pacato e filosofico davanti ai problemi della vita, anche di quella quotidiana. Lo si acquista qui.
Organizzazione dell'agenda: gestisci tempo ed energie: l’abbiamo detto all’inizio: l’avvio del nuovo anno spesso porta con sé una miriade di buoni propositi, che poi però, finito lo slancio iniziale, diventa difficile realizzare fino in fondo. Per farlo, serve prima di tutto una buona organizzazione. Il corso che vi suggerisco oggi è composto da 14 lezioni e al costo di 14,90 € vi insegna ad ottimizzare l’agenda e i tempi. Lo trovate qui.
C’è poi un nuovo modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ne è comparso uno nuovo chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Quello che c’è in arrivo
Chiudiamo come sempre con una veloce panoramica dei video e dei podcast in lavorazione e di quelli che vorrei riuscire a realizzare nei prossimi giorni:
arriverà presto un nuovo video di storia romana sulla crisi del III secolo;
in programma c’è anche una nuova puntata della lettura de L’Autunno del Medioevo;
se tutto va bene, farò anche un video su Albert Camus, come richiesto a gran voce dall’ultimo sondaggio tra gli abbonati;
infine arriveranno diverse puntate dei due podcast, per portare avanti il percorso su Guglielmo di Ockham e sull’America di inizio Ottocento.
E questo è tutto! Ci vediamo tra sette giorni esatti, alla ripresa tra l’altro della scuola. A presto!