Giustizia, libertà e solidarietà nello Stato e nella scuola, ma parliamo anche di romanticismo e ChatGPT, Freud e Brooklyn Nine-Nine, Olivetti e Mulan, Wu Ming e Monty Python
Rieccoci: come ogni settimana, anche questo lunedì la newsletter arriva più o meno puntuale nelle vostre caselle di posta. Devo dire, per la verità, in sempre più caselle di posta: ogni giorno continuano ad arrivare nuovi iscritti in grande quantità (e i vecchi iscritti resistono, senza fuggire), così che ormai il nostro numero è piuttosto ragguardevole. Cosa che, a dirla tutta, mi stupisce non poco: in questa newsletter – per quanto sia modesta e poco rilevante – si cerca di unire l’alto e il basso, la grande filosofia e i film per bambini, e mi sorprende che alla fine ci sia un pubblico così ampio per tematiche così strane. Quindi complimenti a voi, che avete la pazienza di sopportarmi.
Questa settimana, come avete probabilmente già intuito dal titolo della mail, parliamo di vari temi, anche piuttosto succosi. Tra i tanti, c’è anche un veloce video (dura appena un minuto) su ChatGPT, la nuova intelligenza artificiale di cui tanto si discute. Il video in questione, che trovate più avanti, è un piccolo divertissement, ma presto – penso già martedì sera, quindi tenetevi liberi – vorrei approfondire la questione in modo un po’ più serio tramite un’apposita diretta su YouTube: tenete d’occhio quindi le notifiche e i social.
E ora cominciamo.
Quello che ho letto
Partiamo come sempre dai libri. Noterete che il panorama di questa settimana è identico a quello della scorsa, visto che ho semplicemente portato avanti i tre volumi di cui già vi parlavo sette giorni fa. Uno però l’ho finito, ed è giunto il momento di trarne le somme.
Adriano Olivetti di Paolo Bricco: cominciamo però dalla biografia di Adriano Olivetti scritta da Paolo Bricco. Come ho annunciato questa settimana sui social (ad esempio qui), tra una quindicina di giorni questo libro dovrò presentarlo con l’autore qui a Rovigo, nella prestigiosa Sala degli Arazzi dell’Accademia dei Concordi. La lettura del volume, però, non è una lettura obbligata, di quelle che ti senti costretto a fare perché te l’ha imposta il professore (o in questo caso l’organizzatore dell’evento): al contrario, il libro di Bricco ha il doppio pregio di essere da un lato incentrato su una figura originalissima e assai importante della storia dell’imprenditoria italiana, dall’altro di essere scritto anche molto bene, con un taglio a metà via tra lo storico e il biografico. Il libro ripercorre, com’è facile intuire, la parabola di vita di Adriano Olivetti, figlio del fondatore dell’omonima azienda ma anche uno dei pochi, in Italia, che cercò di coniugare profitto industriale e visione sociale, attenzione ai conti e agli investimenti e senso di comunità, gusto per gli affari ma anche per il design. Ci fu insomma un breve momento in cui l’Olivetti fu il fiore all’occhiello dell’industria e forse anche della società italiana, e questo fu possibile grazie al genio visionario – anche se a tratti contraddittorio – di Adriano. Il libro, almeno per ora, sembra restituire perfettamente queste peculiarità, senza fare sconti né elogi, ma andando al succo delle questioni. Se vi interessa, lo potete comprare qui (e se siete di Rovigo o ci abitate vicino, segnatevi il fatto che il 15 febbraio alle 17 ci sarà la presentazione, col sottoscritto ben presente).
Titanic di Vittorio Emanuele Parsi: il libro che, come vi anticipavo, ho finito è Titanic di Parsi, volume che ha avuto un ampio rilancio negli ultimi mesi, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Pubblicato per la prima volta nel 2018 e poi aggiornato in tempi recenti, il saggio si è rivelato in un certo senso profetico, perché nelle sue pagine lo studioso di relazioni internazionali profetizzava una crisi che sarebbe presto deragliata in forme più o meno acute di confronto tra Stati Uniti, Cina e, forse, Russia, terzo incomodo tra i due giganti che attualmente si contendono il mondo. Per la verità, bisogna anche ammettere che non ci voleva troppo per profetizzare qualcosa del genere, visto che ormai le tensioni sono nell’aria da anni, ma Parsi ha sicuramente il merito – come ho già detto la settimana scorsa – di prendere quello che la ricerca ha fatto emergere negli ultimi anni un po’ in tutto il mondo e tirare le somme, in un libro agevole e fruibile anche dal grande pubblico. Niente di troppo rivoluzionario o memorabile, dunque, ma una buona summa dei vari nodi che segnano, oggi, l’agenda politica internazionale. Il tema più interessante, cioè cosa ne sarà di questo ordine liberale ora in crisi, rimane però in sospeso (e d’altronde, vista l’incertezza in cui viviamo, non potrebbe essere altrimenti). Intanto, se volete, il libro lo trovate qui.
Ufo 78 di Wu Ming: dico la verità: questa settimana il libro dei Wu Ming è stato quello che ho letto meno. Tra i tre, infatti, al libro di Bricco ho dedicato parecchio tempo perché vorrei riuscire a finirlo relativamente in fretta, mentre anche il saggio di Parsi ha monopolizzato almeno un paio di giornate perché ormai ero davvero in dirittura d’arrivo e “vedevo il finale”. Così Ufo 78, che tutto sommato – stante la mole non indifferente – è ancora relativamente agli inizi, è finito momentaneamente in secondo piano. Sono riuscito però a vedere qual è il vero intento dei Wu Ming: perché dopo la presentazione di tanti personaggi un po’ squinternati e le lunghe questioni sull’organizzazione di una convention sugli Ufo nella Roma del 1978, finalmente il collegamento storico è emerso in tutta la sua prepotenza, visto che gli autori ci hanno detto che la riunione degli ufologi deve tenersi esattamente il 16 marzo 1978, data che nella mente degli storici fa accendere un campanello d’allarme perché è il giorno del rapimento di Aldo Moro. Non so come gli scrittori bolognesi cercheranno di mettere assieme i due eventi, ma sono sicuro ormai che ci proveranno, e vedremo se riusciranno a cavarsela. Certo l’accostamento è curioso e ardito. Il libro lo trovate qui.
Quello che ho visto
Passiamo ora ai film, anche se, per la verità, questa settimana l’attenzione mia e della mia famiglia è stata catalizzata soprattutto da serie TV; in ogni caso, rispetto alle ultime volte in lista stavolta non c’è nessun “film del momento”, e forse è meglio così.
Mulan (1998), di Tony Bancroft e Barry Cook: ogni famiglia con dei figli piccoli è costretta, per un certo periodo della sua esistenza, a sorbirsi cartoni animati di diverso tipo. Se poi i figli sono tanti, e crescono lievemente sfalsati l’uno rispetto all’altro, può capitarvi di dover guardare cartoni per 10 anni o più (nel mio caso, viviamo in questa condizione oramai da tredici anni, perché di figli ne ho avuti addirittura quattro). In realtà non ho nulla contro i cartoni animati, e a dirla tutta ce ne sono di davvero ottimi in circolazione, però il guaio coi figli è che a volte si affezionano ad alcuni cartoni in particolare, che ti tocca così vedere più e più volte lungo gli anni. Questo, almeno nella mia famiglia, è anche il caso di Mulan, film verso cui per la verità anche mia moglie ha un debole: la pellicola, lanciata nel 1998 dalla Disney, non è forse la migliore della casa di produzione americana ma si difende comunque più che bene, con una trama abbastanza originale, un buon mix di umorismo e azione e soprattutto una serie di canzoni veramente azzeccate e perfino memorabili. Forse l’animazione è meno efficace che in certi altri lavori e la trama è piuttosto prevedibile, ma sono difetti che si possono perdonare. Lo trovate su Disney+, se siete tra i pochi che non l’hanno ancora visto.
Brooklyn Nine-Nine episodi 8.09-8.10 (2021), di Dan Goor e Michael Schur, con Andy Samberg, Melissa Fumero, Andre Braugher: l’ultima stagione di Brooklyn Nine-Nine l’avevo cominciata mesi fa (e ne avevo parlato anche qui), ma poi, per una ragione o per l’altra, non l’avevo portata a termine. Nei giorni scorsi io e la mia famiglia ci siamo però finalmente visti gli ultimi due episodi, che costituiscono una sorta di puntata doppia unica, per dare l’addio ai telespettatori dopo 8 anni. Ecco, devo dire che il gran finale me lo aspettavo decisamente meglio: tutta l’ultima stagione, pensata fin dall’inizio per celebrare l’addio a una delle sitcom più apprezzate del panorama americano, in realtà mi è sembrata abbastanza sottotono, troppo interessata a dare contentini ai fan che a presentare delle storie un minimo plausibili o interessanti. E anche l’ultimo doppio episodio è caduto, a mio avviso, nello stesso tranello: con la scusa di dover citare buona parte degli episodi precedenti ed essere per forza “il più memorabile di sempre”, ha finito per risultare anonimo e dimenticabile. Peccato, perché le prime stagioni erano molto più convincenti; ma forse era veramente il momento di staccare la spina. Lo trovate su Netflix.
Monty Python's Flying Circus episodio 1.03 (1969), di e con Graham Chapman, John Cleese, Michael Palin: in un mondo perfetto, i Monty Python non dovrebbero aver bisogno di presentazioni. Visto però che il nostro mondo è ampiamente imperfetto e che in Italia quei comici sono ben poco noti, soprattutto tra i più giovani (e non a causa loro, ma perché non ne parla obiettivamente nessuno), passo a presentarli. Si tratta di un gruppo comico britannico ormai sciolto, ma molto attivo tra la fine degli anni '60 e i primissimi anni '80: in quel periodo realizzarono alcune strampalate serie TV (le varie stagioni del Monty Python’s Flying Circus, soprattutto) e tre film originali. In Inghilterra e in generale nei paesi anglosassoni ottennero un successo clamoroso, entrando nell’immaginario collettivo e influenzando anche il linguaggio (la parola spam l’hanno praticamente inventata loro, per dire), anche perché quello che fecero alla comicità televisiva è paragonabile a quello che, in parallelo, i Beatles e i Rolling Stones stavano facendo alla musica popolare: rivoluzionarono tutto. Più o meno la metà abbondante degli sketch comici che avete visto o continuate a vedere nella TV italiana di oggi, d’altra parte, è in qualche modo figlia dello stile, e a volte perfino delle battute, dei Monty Python. Il loro limite è che all’epoca non furono portati in Italia, o i loro film vennero tradotti e doppiati molto male, facendo perdere spesso del tutto, dalle nostre parti, il senso della loro comicità irriverente e molto intelligente. Per fortuna su Netflix sono ora disponibili le quattro stagioni originali del loro “circo volante”, in lingua originale e coi sottotitoli; e se la cosa non vi dà fastidio, vale assolutamente la pena di provare a guardare quegli episodi che hanno sulle spalle più di cinquant’anni di vita ma sono ancora incredibilmente divertenti. La terza puntata della prima stagione, quella che ho visto questa settimana, in particolare presenta una serie di sketch anche piuttosto famosi, come quello della forchetta sporca che al ristorante genera una vera e propria tragedia greca o quello del tipo ciarliero che dà di gomito e gioca eccessivamente sui doppi sensi.
Quello che ho pensato
La riflessione della settimana, come spesso accade ultimamente, trae spunto da due occasioni diverse: la prima è un’intervista che abbiamo fatto a scuola nell’ambito di un progetto che sto curando con alcuni studenti; la seconda riguarda i video che ho dedicato al pensiero di John Rawls.
Partiamo dall’intervista. Come vi ho sicuramente già raccontato, da qualche settimana sto conducendo a scuola un PCTO chiamato Archivio Storico Digitale, in cui porto alcuni ragazzi del triennio nell’archivio del liceo, a scartabellare tra la documentazione di 80 o 100 anni fa, ma in cui effettuiamo anche delle videointerviste ad ex allievi dell’istituto. Tra questi ex allievi ci sono anche personaggi piuttosto importanti: solo per fare un esempio, la settimana scorsa abbiamo intervistato sia il sindaco che il vicesindaco della città, entrambi diplomati nel nostro liceo negli anni '80.
È stato proprio il vicesindaco a darmi, involontariamente, lo spunto iniziale per questa riflessione. Parlando della sua esperienza scolastica e in particolare della sua classe, ci ha raccontato come fosse abbastanza unita e dotata di studenti in grado di aiutarsi a vicenda; e così ha finito, tra una cosa e l’altra, anche per raccontare la sua esperienza dell’Esame di Maturità. Stiamo parlando del vecchio esame in vigore tra gli anni '60 e '90, quando uscivano quattro materie per l’orale e immediatamente scattavano tutta una serie di accordi interni alla classe per cercare di scegliere materie che poi la Commissione non avrebbe cambiato.
Mi spiego meglio, perché immagino che i più giovani, in tutto questo, non ci abbiano capito molto. Fino al 1998, l’anno in cui mi sono diplomato io (e in effetti la mia annata è stata l’ultima a fare quel vecchio tipo d’esame), le prove da sostenere erano tre: due scritti (io li feci di italiano e di matematica, proprio allo scientifico) e un orale. Per quanto riguarda l’orale, il Ministero sceglieva quattro materie diverse per ogni ordine di scuola: nel mio anno, ad esempio, allo scientifico uscirono italiano, inglese, fisica e scienze (e fu una sorpresa, perché almeno una tra storia e filosofia di solito usciva sempre). Non si portavano però tutte e quattro le materie: all’orale si veniva infatti interrogati in solo due discipline. Quali? Be’, il candidato veniva spinto a elaborare una propria graduatoria, mettendo in ordine di preferenza le materie: quella che metteva per prima di solito veniva accettata dalla Commissione senza colpo ferire, quella che metteva per ultima di solito la Commissione non gliela assegnava, mentre tra la seconda e la terza potevano esserci dei cambiamenti. Ad esempio, tu potevi proporre 1) Italiano; 2) Fisica; 3) Inglese; 4) Scienze, e a quel punto eri ragionevolmente sicuro che avresti portato italiano e una tra fisica e inglese, con qualche possibilità in più per fisica.
Come mai la Commissione poteva cambiarti materia? Il criterio era quello della rappresentatività: per far sì che tutti i commissari fossero coinvolti in egual misura e per saggiare la classe su tutte le materie, bisognava che ci fosse un minimo di proporzione tra chi portava l’una e l’altra disciplina. Il fatto era, però, che gli studenti sapevano benissimo di questo meccanismo, e quindi cercavano di anticipare le mosse della Commissione, accordandosi prima tra loro su quali materie proporre in modo che la Commissione non toccasse (o ritoccasse poco) le scelte degli studenti. Lavorando bene, insomma, gli esaminandi finivano per prepararsi su solo due materie (con una terza guardata di sfuggita, giusto per non arrivare a esiti tragici).
Ora, anche la mia classe lavorò in questo modo. Se fosse stato per me, io probabilmente avrei portato fisica e italiano: erano le due materie in cui ero più forte. Il guaio era che nella mia classe nessuno voleva portare inglese, per tutta una serie di motivi che non vi sto qui a spiegare; quindi ad un certo punto la professoressa che ci faceva da commissario interno ci convocò e ci disse che qualcuno doveva “sacrificarsi” per il bene di tutti, portando appunto inglese; altrimenti la Commissione avrebbe cambiato le materie a tutti e sarebbe stato il dramma. La scelta ricadde su quelli che avevano, pur nelle difficoltà, il voto migliore in quella materia, e quindi i prescelti fummo io e altri quattro o cinque compagni.
Alla fine, per non danneggiarmi del tutto, misi fisica come prima materia, puntando così al fatto che non me l’avrebbero cambiata, e inglese come seconda, ben sapendo che, vista la scarsità di gente che portava inglese, anche quella materia non sarebbe stata modificata. Poi l’esame andò bene, per fortuna, e tutto finì per qualche anno nel dimenticatoio.
Ecco, durante l’intervista al vicesindaco, che si era trovato – come capitava più o meno a tutti – in circostanze più o meno simili, il tema è emerso; e il vicesindaco tra le righe ha fatto notare che questo fatto di scegliere le materie e soprattutto di concordarle a livello di classe fosse, a suo modo di vedere, qualcosa di positivo, perché aiutava a cementare l’aiuto reciproco tra i compagni.
Mentre diceva questo, a me, istantaneamente, è venuto in mente John Rawls, che proprio in questi giorni ho spiegato in una serie di video su YouTube (l’ultimo è uscito giusto oggi). Rawls, grande filosofo politico americano scomparso qualche anno fa, ovviamente fa un discorso più elevato rispetto a queste piccole storie di scuola, ma non si discosta in realtà molto da questo tema.
Il filosofo infatti, sostanzialmente, afferma che una società è giusta nella misura in cui garantisce uguale libertà a tutti i suoi membri, e questa libertà è la più estesa possibile; e poi, nella misura in cui le differenze tra i membri vengono accettate a patto che vengano anche utilizzate per compensare gli eventuali svantaggi, andando quindi ad aiutare e sostenere chi è in posizione più difficile.
Questi due principi, che Rawls sperava di vedere applicati nella vita degli stati, noi possiamo anche provare ad applicarli in quel microcosmo, in quella società in miniatura che è la classe. Anche lì gli individui nascono (o, meglio, entrano) diversi: ce ne sono di più volenterosi e di più pigri, di più portati per le materie scientifiche e di più portati per quelle umanistiche, di più ricchi e di più poveri. Sono tutti diversi, e queste diversità un po’ se le sono create loro crescendo, un po’ sono frutto del caso, della fortuna e della sfortuna.
Si trovano però a convivere assieme, e non sempre lo fanno bene. Chi insegna da molti anni – come ormai anche il sottoscritto – sa bene che tutte le classi sono diverse: ce ne sono che quasi per magia stanno facilmente assieme, anche se sono formate da individui diversissimi; e ce ne sono altre che, a guardarle da fuori, dovrebbero funzionare alla perfezione ma in cui il meccanismo di solidarietà non scatta mai. Ci sono insomma classi unite e disunite, classi che si amano e classi che si odiano, e non è mai facile capire quali fattori facciano propendere per un esito o per l’altro.
Quand’è però che la magia scatta e che una classe dà buona prova di sé, trovando un’unità forte e sostenendosi in vista delle prove e degli esami? Mi sembra di poter dire che questo avviene quando trovano applicazione i due principi di Rawls: ovvero quando gli studenti si sentono dotati della stessa identica libertà dei loro compagni e quando i più “forti” aiutano i più “deboli”.
“Forti” e “deboli”, all’interno di una classe, sono parole che possono ovviamente significare molte cose: ci possono essere quelli bravi in matematica che, per puro gesto di amicizia, provano ad aiutare e a dare ripetizioni a quelli scarsi, e in quel caso, come prevedeva Rawls, lo svantaggio iniziale viene compensato a favore dei più deboli; oppure ci possono essere quelli più coraggiosi e intraprendenti, che si fanno avanti coi professori per difendere i compagni più timorosi; oppure ancora ci possono essere quelli che hanno meno paura delle interrogazioni che accettano di offrirsi per primi, all’inizio del giro, per dare modo a quelli più spaventati di vedere almeno il tono delle domande. Insomma, i meccanismi di compensazione che possono essere messi in campo sono molti, ma quando questo avviene la classe comincia a crescere insieme, a marciare bene.
Proprio per ricollegarci a quello che dicevamo su Rawls nei vari video a lui dedicati, quando tutto questo avviene si genera, nella classe, sicuramente un sentimento di fratellanza, fratellanza che fa da collante interno. Si sta insieme non solo perché si è capitati in una classe comune per puro caso, ma perché si è scelto di far funzionare quella classe; e generalmente poi i risultati positivi di una situazione del genere si vedono per tutti.
Rawls, probabilmente, riterrebbe una classe del genere, che lavora collaborando e con aiuto reciproco, come una classe “giusta”, cioè contrassegnata dalla giustizia. Ecco, io forse, personalmente, ho qualche dubbio che qui si stia davvero parlando di giustizia: e non a caso Rawls è stato da più parti attaccato proprio su questo punto.
Il suo sistema, infatti, prevede che il più forte si sacrifichi almeno in parte per il più debole: il più bravo in matematica avrà meno tempo libero, se dovrà dare ripetizioni gratuite al più scarso; il più coraggioso rischierà di essere preso di mira dai professori e avere magari un voto in condotta più basso, se si esporrà per il compagno timido; quello che non ha paura delle interrogazioni rischierà seriamente di subire le domande più difficili, offrendosi per primo. Difficilmente, a mio avviso, si può sostenere che il più “forte” venga trattato giustamente, e non è un caso che i libertari abbiano fortemente attaccato le idee di Rawls. Da un certo punto di vista, il più forte può sentirsi addirittura sfruttato dal più debole, e questo non sarebbe ovviamente giusto.
Se noi, però, dimentichiamo la parola giustizia, ci accorgiamo di un pregio che comunque permane, in questo modello: quello dell’unione. Rawls chiama, non a caso, le sue società “bene-ordinate”; io le definirei anche società in cui le spinte positive sono nettamente superiori a quelle negative, in cui le spinte aggregative sono superiori a quelle disgregative; per dirla con Freud, in cui Eros prevale su Thanatos. Una classe che lavora nel modo che abbiamo presentato prima magari non sarà la più giusta ed equilibrata possibile, ma sicuramente sarà la più unita; magari gli studenti più bravi non prenderanno i voti migliori della scuola (avendo sacrificato parte del loro tempo per gli altri), ma sicuramente avranno alla fine un ottimo rapporto coi loro compagni.
Nelle classi che – senza saperlo – non seguono minimamente i principi di Rawls, infatti, cosa accade? Quando non c’è aiuto reciproco, la classe si disunisce subito; nascono spinte competitive, invide, risentimento; gli studenti non solo non si sostengono o aiutano, ma addirittura si tradiscono, litigano, si abbandonano. Ognuno pensa a se stesso, e ci si isola reciprocamente. Non ha più quasi senso parlare di “classe”, in quei casi: sono solo degli individui che si trovano ad essere chiusi ogni mattina nella stessa stanza, sperando di poter presto fuggire a casa.
Ecco, a me sembra che le nostre società attuali vivano della stessa dinamica. Fino a che c’è stato un buon meccanismo di redistribuzione (non solo del reddito, ma anche della cultura, della partecipazione, dell’attenzione, del sostegno), la società è rimasta bene o male unita, pur tra mille difficoltà; ma da quando le spinte competitive, l’«ognuno badi a se stesso» e la mancata applicazione del secondo principio di Rawls è diventata la norma, le nostre società si sono via via sempre più sfaldate. Oggi sembrano simili a quelle classi in cui i compagni si guardano sospettosi, incapaci di capire se potranno fidarsi gli uni degli altri.
Forse anche la scuola, nel suo piccolo, ha contribuito a questa parziale deriva. Ogni studente ha il suo registro elettronico, che gli mostra continuamente la sua media e che quindi, anche visivamente, gli rende evidente quanto è distante da quello che magari sarebbe il suo obiettivo (personale, individuale); all’esame ognuno porta tutte le materie, e non c’è nulla da concordare coi compagni, perché tanto è la Commissione che sceglie sempre e comunque cosa chiederti; e le attività cooperative e di gruppo, almeno nei licei, rappresentano ancora oggi una parte tutto sommato piccola (anche se passi in avanti sono stati fatti) del lavoro quotidiano. Tra l’altro, anche oggi si copia dai compagni, ma è diventato estremamente facile anche copiare da internet, senza bisogno di dover neppure più ricorrere al “compagno secchione”.
Insomma, oggi uno studente potrebbe benissimo affrontare i cinque anni delle superiori completamente da solo, o al massimo con un piccolo gruppo di amici: nessun meccanismo scolastico ti obbliga ad entrare veramente in rapporto con gli altri, a scendere a compromessi con loro, a mettere in atto meccanismi compensativi e redistributivi. E qui, forse, sta uno dei drammi principali della nostra scuola, un dramma di cui si parla poco perché passa in secondo piano rispetto a drammi ben più evidenti; ma, mi sembra di poter dire, non è un dramma di poco conto, anche per il futuro della nostra società (se vogliamo che una società – nel senso di unione vera e profonda di libere persone – continui ad esistere).
Quello che ho registrato e pubblicato
Spazio ora ai video che ho pubblicato questa settimana. Anzi, a video lunghi, podcast e video brevissimi su TikTok.
Tutto Freud in mezz’ora di lezione: un veloce riassunto delle idee di uno dei più importanti pensatori del Novecento
Rawls: critiche e aggiustamenti: chiudiamo anche il capitolo su John Rawls, con un video più breve ma (spero) efficace
Crisi del III secolo: economia e società: continuiamo il nostro percorso di storia romana analizzando le conseguenze economiche e sociali del complicato III secolo
L’Autunno del Medioevo - Audiolibro spiegato parte 18: due capitoli, per parlare soprattutto di misticismo tardomedievale
Il misticismo tedesco e Meister Eckhart (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Romanticismo e nazionalismo in Europa (per il podcast “Dentro alla storia”)
Il liberalismo nell’Ottocento (per il podcast “Dentro alla storia”)
Kill Bill, Superman e Nietzsche
Tiktok failed to load.
Enable 3rd party cookies or use another browserChatGPT e la filosofia
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Visto che ci siamo (e come sta diventando abitudine) vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
Il canale YouTube | Instagram | Facebook | Twitter | TikTok
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono i nuovi abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri e videocorsi che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i nostri consigli della settimana.
La brevità della vita di Seneca: questa settimana, nello spazio dei libri che “bisogna avere in biblioteca” (e possibilmente leggere) vi consiglio uno dei capolavori di Seneca, il De brevitate vitae, che sarà ben noto anche a chi ha memoria dei suoi studi di letteratura latina al liceo. Nel volumetto, Seneca si scaglia contro gli usi dei romani (che non sono poi molto dissimili dai nostri), incapaci di godere veramente e profondamente del tempo che hanno a disposizione, disperdendolo in occupazioni di pochissimo conto. L’invito di Seneca è, invece, quello di dar senso al tempo, scegliendo come impiegarlo e dirigendolo dunque verso la virtù. Il libro è presente in diverse edizioni, costa anche poco e lo si acquista qui.
Organizzazione del feed di Instagram con Canva: Instagram è un social network usatissimo, ma pochi sanno sfruttarne appieno il potenziale. Ad esempio, una delle cose che più colpiscono l’occhio è quando un feed è bene organizzato, con una precisa linea grafica. Il corso Domestika che vi suggerisco oggi punta proprio a questo: a insegnarvi a realizzare uno stile unitario per il vostro profilo, in modo da dare maggior risalto alle vostre fotografie. Il corso si compone di 14 lezioni, per un totale di appena 9,99 euro. Lo trovate qui.
C’è poi un nuovo modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ne è comparso uno nuovo chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Quello che c’è in arrivo
E chiudiamo ora, come sempre, con qualche anticipazione sui video in lavorazione che, se tutto va bene, dovrebbero uscire nei prossimi giorni:
già domani sera, come detto, dovrebbe arrivare la diretta in cui proviamo a interrogare ChatGPT, la nuova intelligenza artificiale di cui tutti parlano;
arriveranno poi il nuovo video sulla storia del Brasile e un nuovo capitolo dell’approfondimento su Napoleone III;
in campo filosofico, inoltre, dovrebbe uscire un video per ragazzi dedicato a Protagora e ai sofisti;
infine aspettatevi una nuova puntata dedicata all’Autunno del Medioevo;
per quanto riguarda i podcast, invece, si comincia col Rinascimento e si parla di cattolicesimo e politica nell’Ottocento.
E questo è davvero tutto. Appuntamento tra sette giorni qui e domani sera su YouTube per la diretta. Ciao!