I problemi di ChatGPT e dell'intelligenza artificiale, senza dimenticare Cristianesimo, Medioevo, Risorgimento, Primo Levi, Alfred Hitchcock, Natalia Ginzburg, i Wu Ming e Fleishman a pezzi
Rimango sempre un po' stupito della potenza dei mass-media tradizionali.
I quotidiani sono in crisi che si fanno di anno in anno sempre più atroci, ma allo stesso modo anche le radio e, in misura minore, la televisione sono in difficoltà a causa della sempre più agguerrita concorrenza di internet e dei suoi servizi, come ad esempio Spotify o YouTube.
Ciononostante, però, comparire sulla prima pagina di un quotidiano, anche locale, o essere ospiti per pochi minuti di una radio, anche locale, valgono ancora oggi di più di 1 milione di visioni su YouTube o di ascolti su Spotify. E non intendo tanto dal punto di vista monetario (settore in cui in realtà a vincere sono probabilmente i nuovi media del web), quanto piuttosto da quello dell'importanza, del peso che noi diamo a un volto o a una voce; dell’autorevolezza.
Questa settimana, solo per fare un esempio, sono stato ospite di DeltaRadio, una bella ma piccola realtà locale, e poi da quella comparsata è nato anche un articolo su un quotidiano consociato con l'emittente radiofonica, la Voce di Rovigo. Cose piccole, ripeto, che non possono neppure sfiorare i numeri di YouTube; eppure basta una piccola apparizione su questi media tradizionali per far sì che la gente subito cominci a fermarti per strada e a farti i complimenti. Sarà per via del fatto che Rovigo è una città ancora in fondo piccola, sarà per via del fatto che quel giornale campeggia in tutti i bar del centro storico, certo, ma credo che non sia solo per questo. In realtà dipende anche dal fatto che un articolo di giornale o un'intervista radiofonica, del nostro immaginario, hanno un certo peso che internet ancora non ha.
E, in fondo, riallacciandoci anche a quello che dicevamo giusto la settimana scorsa, è anche giusto che sia così: su internet può parlare chiunque senza che ci sia alcuna selezione all'ingresso; sul giornale, invece, ci finiscono in pochi, perché la decisione su chi intervistare o su chi fotografare spetta sempre ad un giornalista che fa da filtro.
Insomma, tutto questo per dire che se volete recuperare quella breve intervista potete ascoltarla qui. Dopo aver fatto questo, partite pure con la newsletter, che questa settimana è carica come sempre di libri, film e soprattutto riflessioni legate all'attualità: come vedrete, si parla di ChatGPT e di tutto quello che sta accadendo al suo riguardo in questi giorni. Cominciamo.
Quello che ho letto
Partiamo come sempre dai libri, dove finalmente vi annuncio di aver finito un romanzo che ci ha tenuto compagnia per molte settimane e su cui quindi posso trarre qualche conclusione.
Il sistema periodico di Primo Levi: ve ne parlo più avanti, ma come vedrete e come vi ho in parte anticipato anche nella premessa, questa settimana ho finito il romanzo che mi teneva compagnia da un po' di tempo e subito ho avuto voglia di buttarmi su qualcosa di simile ma allo stesso tempo diverso. Cioè su un'opera di narrativa che però avesse un respiro più ampio e che soprattutto fosse in un certo senso una scelta a colpo sicuro: è da un po' infatti che leggo delle storie che mi piacciono ma solo fino ad un certo punto, che mi lasciano anche un po' di amaro in bocca. Ora invece avevo voglia di qualcosa che mi colpisse a pieno, che mi lasciasse stupido, contento e felice come solo la grande letteratura sa fare. Così mi sono orientato su un libro che da tempo aspettavo di leggere e che però, lo ammetto, non avevo ancora affrontato nonostante la sua fama: Il sistema periodico di Primo Levi. Come forse sapete, si tratta di una raccolta di racconti tutti ispirati, anche se a volte solo vagamente, alla tavola periodica degli elementi. D'altronde, Levi non era solo un grande scrittore, celebre per i suoi resoconti sull'Olocausto, ma anche un chimico, come ben sa chi conosce la sua storia. Al momento sono solo agli inizi del libro e non ho letto altro che il primo racconto, intitolato Argon ed incentrato in realtà sulla storia e sulle usanze ebraiche della famiglia di Levi, trapiantata in Piemonte da secoli; aspetto però con un certo interesse di scoprire i temi anche nei prossimi racconti. Se volete comprarlo, andate qui.
Etica dell’intelligenza artificiale di Luciano Floridi: in questi giorni il tema dell'intelligenza artificiale è ritornato all'improvviso di estrema attualità, soprattutto dal punto di vista etico e legislativo. Di questo argomento, d’altra parte, vi parlerò più diffusamente anche io nella sezione della newsletter intitolata Quello che ho pensato, ma proprio per dare un contributo un po' più sostanziato sulla questione questa settimana ho ripreso in mano anche un libro, di cui tra l’altro vi ho già parlato anche nei mesi scorsi. Un libro che però non ho ancora finito, anche perché molto tecnico e, mi si passi il termine, forse proprio per questo anche un po' noioso: Etica dell'intelligenza artificiale di Luciano Floridi. Come detto, non è un libro per tutti i palati: affronta questioni che il grande pubblico forse non sa nemmeno esistere, ma sicuramente consente anche al lettore curioso di scoprire quanti problemi siano connessi allo sviluppo della tecnologia e in particolare dell'intelligenza artificiale: problemi di privacy, di etica, di rispetto dei diritti umani, di equità, di inclusione e altro ancora. Floridi, in questo senso, è bravissimo a mostrare tutte le diverse sfaccettature delle questioni, anche perché ha dalla sua un’esperienza nel settore di alcuni decenni, visto che è uno dei più importanti studiosi a livello mondiale riguardo a leggi e regolamenti sull'intelligenza artificiale. Davanti a miriadi di articoli ed opinioni di autori che tentano di affrontare la questione senza saperne poi molto, il libro di Floridi è insomma una boccata di aria fresca, perché mostra quanto siano in realtà complesse le questioni e come molte volte l'unica soluzione seria sia quella di scendere a compromessi con la realtà, di negoziare volta per volta una soluzione e provare ad aggiustarla lungo gli anni. Insomma, un libro consigliato, anche se non facile: lo si può acquistare qui.
Ufo 78 dei Wu Ming: eccoci finalmente al libro che mi teneva compagnia da gennaio e che questa settimana ho finito. E devo dire che alla fine i nodi – che vi avevo via via presentato nelle newsletter scorse – sono venuti al pettine: com'era in fondo prevedibile, la comune hippy, la scomparsa degli scout su questo monte inventato chiamato Quarzerone, lo scrittore di fantascienza Martin Zanka e le trame nere della strategia della tensione hanno dimostrato di avere qualcosa in comune. Non vi rivelerò però quale sia questa cosa in comune, altrimenti non leggereste il libro. Posso dire però una cosa? Mi aspettavo un po' di più, e ho chiuso il libro con più delusione che soddisfazione. Non che il romanzo sia scritto male, anzi: certe parti sono appassionanti, certe riflessioni sono molto interessanti e in fondo, razionalmente, sono anche contento di averlo letto. Solo che lascia un po' l'amaro in bocca: sembra che questa volta gli autori non riescano a trovare esattamente il tono giusto per una storia del genere, anche solo per il fatto che non riescano (o almeno non ci siano riusciti con me) a farti affezionare ai personaggi. Martin Zanka e suo figlio, forse i due reali protagonisti, mi hanno lasciato fino all'ultimo veramente indifferente: il primo troppo stanco e poco credibile come eroe senza macchia; il secondo troppo incerto e debole. Ma anche Milena Cravero, la sociologa, non l'ho capita: così dedita alle sue ricerche e alla sua professionalità da finire subito a letto con uno dei soggetti da studiare. E anche altri personaggi che dovevano probabilmente catturare empaticamente l'attenzione del lettore non mi hanno colpito, tanto che tendevo continuamente a confonderli. In generale, il difetto forse principale è che il libro mi è sembrato troppo didascalico: gli autori avevano in mente una tesi e l'hanno sostenuta con una storia, ma l'equilibrio tra storia e tesi non è mai stato davvero trovato, perché la storia è stata fino all'ultimo semplicemente una pezza d'appoggio per la tesi; mi è sembrato che in passato, in altri libri, i Wu Ming fossero riusciti a equilibrare meglio le cose, con una storia forte da cui sgorgava, quasi spontaneamente, una tesi (e non viceversa). Infine devo anche dire che le ultime pagine, quella sorta di interminabile post-fazione che ci racconta cos’è successo dopo i fatti, le avrei tagliate proprio tutte. Oh, sia chiaro: il libro rimane valido, e gli darei comunque un voto più che discreto; però sa anche un po', a mio avviso, di occasione sprecata. Se volete leggerlo, potete comprarlo qui.
Quello che ho visto
Passiamo ora ai film e alle serie TV. Ci sono un paio di classici importanti, nella lista di questa settimana, a cui si aggiunge però una serie recentissima, da poco giunta in Italia.
Monty Python’s Flying Circus episodio 1.05 (1969), di e con Graham Chapman, John Cleese, Michael Palin: questo classico della TV britannica è fortunatamente disponibile, come già vi ho raccontato, su Netflix, e sto cercando di recuperarne un po’ alla volta le puntate, anche se sono in lingua originale coi sottotitoli. Per chi non lo sapesse, si tratta di una trasmissione televisiva che venne trasmessa dalla BBC sul finire degli anni '60, rivoluzionando il modo di fare comicità in Gran Bretagna (e non solo là). Protagonisti assoluti erano i Monty Python, un gruppo di comici di diversa provenienza che si amalgamarono molto bene in sketch spesso sarcastici e carichi di spirito non-sense. Anche questo quinto episodio della prima stagione è perfettamente in linea con quelli precedenti, anche se forse un po’ sottotono: manca infatti una scenetta che sia rimasta negli annali. In ogni caso, ogni puntata vale la pena del tempo che vi ruba, se non altro per la quantità di innovazioni che presenta.
Il re leone (1994), di Roger Allers e Rob Minkoff: credo che Il re leone l'abbiate visto più o meno tutti, almeno nella sua versione a cartoni animati che si avvicina ormai a compiere trent'anni di età. Quando uscì rappresentò una piccola rivoluzione: per la prima volta la Disney realizzava un film a cartoni animati senza basarsi su una storia preesistente, ma creandosela da zero, anche se basandola fortemente su alcuni classici della letteratura e della tragedia, come l'Amleto di William Shakespeare o alcuni racconti biblici. Ma fu una scommessa pienamente vinta: il film allora fu acclamato dalla critica e ancora oggi, devo dire, non ha perso nulla del suo fascino originario. La storia, d’altronde, riesce ad essere maestosa ma anche divertente, dosando benissimo gli ingredienti tipici del miglior intrattenimento disneyano; le musiche sono tra le migliori mai realizzate al cinema e perfino il doppiaggio italiano, per una volta, non fa rimpiangere i grandi e celebri interpreti americani, visto che vi parteciparono personaggi come Vittorio Gassman. Io l'ho visto, ovviamente, perché ho ancora dei figli piccoli, ma mi sembra di poterlo consigliare tranquillamente anche agli adulti, visto che in fondo, a parte qualche strizzata d'occhio ai più piccini, la storia che racconta è decisamente universale: una storia di tradimento, inganno, disimpegno e redenzione che è in fondo un po' anche la storia della vita di ognuno di noi, visto che tutti passiamo una fase della vita in cui ci verrebbe voglia di allontanarci dalle nostre responsabilità dopo un fallimento, e a cui però se tutto va bene reagiamo con una nuova, e stavolta più sicura, assunzione di responsabilità. Il film lo si può vedere oggi su Disney+.
Fleishman a pezzi episodio 1.01 (2022), di Taffy Brodesser-Akner, con Jesse Eisenberg, Lizzy Caplan, Claire Danes: di questa serie TV, o meglio miniserie TV, ho sentito parlare vagamente su alcuni organi di informazione nei giorni scorsi, in genere con toni entusiastici e ammirati. Mi ero detto quindi da un po’ che sarebbe stato utile vederla, ma finora avevo rimandato, anche perché da quel che leggevo mi sembrava quasi una ennesima versione moderna di una storia alla Woody Allen (che non a caso ha fatto un film dal titolo quasi identico, almeno in italiano: Harry a pezzi, datato 1997 e più che discreto). In realtà, però, a vederla la miniserie non ricorda tanto un’opera di Woody Allen quanto piuttosto di Philip Roth, altro grande narratore ebreo e più o meno newyorkese (anche se in realtà del New Jersey); non tanto per lo humour ebraico, quanto piuttosto per la centralità del tema sessuale nella trama. La storia è infatti quella di Toby Fleishman, un medico poco più che quarantenne e padre di due figli che viene lasciato dalla moglie, donna in carriera e dal carattere abbastanza difficile: improvvisamente, cercando di rifarsi una vita, il giovane medico scopre le gioie del sesso occasionale e soprattutto le numerose donne newyorkesi alla ricerca di un partner tramite le app di incontri. La storia quindi procedere con un tono strano, a metà via tra il divertito e il dramma umano, anche se non so bene alla fine dove andrà a parare. In ogni caso, finora la serie si lascia molto guardare, anche per la presenza di alcuni attori di primo piano come lo stesso Jesse Eisenberg, che interpreta il protagonista, e Lizzy Caplan e Adam Brody, che interpretano invece i suoi due migliori amici. La trovate anch’essa su Disney+.
Quello che ho pensato
Il tema della settimana, quello di cui si è parlato di più non solo in ambito filosofico ma anche sui grandi mezzi di informazione, è stato probabilmente quello connesso allo sviluppo dell'intelligenza artificiale. Un tema che ha interessato molto anche gli abbonati al canale, che me l'hanno proposto sulla chat Telegram dedicata e di cui abbiamo parlato anche della diretta mensile riservata a loro (se vi interessa sapere come funziona questa cosa dell’abbonamento, guardate qui).
In realtà di intelligenza artificiale si parla ormai da vari mesi, da quando ChatGPT è stata resa disponibile per il grande pubblico, suscitando subito un certo interesse da parte degli specialisti ma anche dell'utenza più comune. Solo per fare un esempio, ne ho parlato anch'io in un paio di incontri con studenti in giro per l’Italia, riscontrando che alcuni di questi ragazzi l'avevano già provata, mentre altri ci si sono buttati a capofitto dopo la mia lezione. D'altronde anch'io sono sempre stato affascinato dall'intelligenza artificiale, se non altro perché ti costringe a fare i conti con l'intelligenza umana, per mostrare differenze, prospettive e possibilità e allo stesso tempo capire meglio che cosa significa la parola “intelligenza”.
Cos'è successo però di così rilevante questa settimana? In realtà le notizie sono due. La prima è che negli Stati Uniti è stata pubblicata una lettera aperta, scritta da un gruppo di ricercatori che ha subito raccolto la firma di molti esperti nel settore, compreso Elon Musk, il vulcanico e controverso imprenditore di origine sudafricana. In quella lettera si chiedeva sostanzialmente una sorta di moratoria sullo sviluppo dell'intelligenza artificiale, uno stop di sei mesi alla ricerca in questo settore per dare il tempo ai legislatori di varare delle norme precise per arginare i principali rischi connessi allo sviluppo di questi sistemi. La seconda notizia, invece, riguarda il pronunciamento del Garante della privacy italiano, che ha sollevato dei dubbi sul trattamento dei dati degli utenti del nostro paese da parte di ChatGPT, pronunciamento a cui è seguita la decisione da parte di OpenAI, la società che gestisce ChatGPT, di rendere inaccessibile il sistema nel nostro paese, tanto che adesso se si vuole utilizzare di nuovo quell'intelligenza artificiale bisogna servirsi di una VPN o di soluzioni simili.
Le questioni sono quindi varie e si accavallano tra loro. Partiamo dalla moratoria: su questo io ho personalmente qualche dubbio. Da un lato, infatti, ho il forte sospetto che la firma ad esempio di Elon Musk sia determinata non solo da problemi di natura etica (abbiamo visto chiaramente, con il caso di Twitter, che a Musk dell'etica interessa poco o che ha quantomeno una concezione molto fluida di cosa sia eticamente corretto), ma anche aziendali. Musk è stato uno dei primi finanziatori di OpenAI, società nata per far concorrenza a Google, che qualche anno fa era all'avanguardia nel campo della ricerca sull'intelligenza artificiale. Poi Musk è uscito dal progetto e ora sembra interessato soprattutto a evitare che qualcuno – nello specifico, la sua ex azienda – acquisisca un vantaggio competitivo enorme in un settore che rappresenta già la nuova frontiera dell'innovazione tecnologica. Insomma, credo non sia preoccupato tanto da cosa l'intelligenza artificiale possono fare all'uomo comune, quanto dai problemi alla libera concorrenza che uno sviluppo così accelerato può generare. Anche la libera concorrenza, per carità, è importante e può avere ricadute sul cittadino medio, ma mi pare che ci siano anche problemi più immediati – rispetto a quelli di Elon Musk – di cui possiamo e dobbiamo tener conto.
Riguardo al problema della privacy, poi, penso che anche questa sia una questione importante ma immagino che ChatGPT si sia momentaneamente ritirata dal nostro paese solo per adeguare meglio i propri standard al riguardo. Sappiamo bene che l'Europa ha delle regole piuttosto stringenti in campo di privacy, che invece negli Stati Uniti non sono affatto implementate o sono implementate in maniera più blanda: per cui le società americane spesso devono faticare un po' per adattarsi a quanto richiesto dall'Italia e dall'Unione Europea; quindi non è raro che si ritirino momentaneamente dalla scena, semplicemente per sistemare i loro algoritmi e poi ritornare comunque in un mercato come quello europeo che per loro è importante. Insomma, per farla breve, non è detto che ChatGPT non ritorni sulla scena italiana già nel giro di poco tempo, magari con qualche sistema di tracciamento in meno.
Al di là di tutto questo e di questioni che sono anche importanti, c'è però un problema ancora più decisivo che secondo me è rimasto per ora parzialmente in ombra, o che quantomeno il legislatore non ha ancora compreso completamente: il rischio che una evoluzione così rapida dell'intelligenza artificiale può rappresentare per l'uomo comune.
Sia chiaro: io, di carattere, non sono uno di quelli che Umberto Eco definiva gli apocalittici. Non sono lì ad ogni innovazione a urlare che il mondo si sta avviando verso la rovina e che i robot prenderanno il sopravvento sull'uomo, sterminandolo. Credo che questa eventualità sia davvero solo fantascientifica. È però anche vero che le innovazioni spesso ci scombussolano, e quando sono rapide possono anche portare nel breve periodo più danni che benefici.
La storia, in questo senso, è maestra: pensate ad esempio alla Rivoluzione industriale di fine Settecento. Nel medio o lungo periodo si può dire che portò importanti vantaggi, perché produsse un aumento del benessere collettivo, liberò intere classi sociali dalla miseria, portò addirittura indirettamente alla sperimentazione di nuovi sistemi di governo. A guardarlo nel lungo periodo, il mondo post-industriale è più ricco, più longevo e più benestante del mondo preindustriale.
Com’è noto, però, se è vero che l'industria ha innalzato il livello di vita di tutte le classi, è anche vero che non l'ha fatto sempre in modo facile, e ha generato anzi a lungo grandissime ingiustizie, che continuano in parte ad esserci ancora oggi. Per arrivare a un innalzamento delle condizioni di vita, ad esempio in Italia, delle classi più umili si è dovuti passare tramite sfruttamento, dittature, guerre mondiali, lotte sociali e altro ancora, e il percorso non si è ancora concluso; e lo stesso (o quasi) è accaduto anche in altri paesi.
Non solo: l'avvento dell'industria ha generato anche uno spaventoso inquinamento che solo negli ultimi decenni abbiamo iniziato a comprendere ed affrontare, e anche in questo caso il percorso è ancora lungo. Per farla breve, ogni innovazione cambia la faccia della terra, ma spesso per ogni passo avanti che ci fa fare, ci propone anche un mezzo passo indietro. Spesso nell'immediato sono insomma più i danni che benefici: l’inquinamento iniziò subito a colpire le grandi città britanniche, mentre la liberazione della classe operaia arrivò solo forse nel '900. Quando un'innovazione è sconvolgente e rapida, prima ci crea delle situazioni difficili da gestire, e solo poi, quando va bene, ci risolve i problemi.
La mia paura, senza esagerare, e che anche per l'intelligenza artificiale possa verificarsi un effetto di questo tipo. Che essa possa cioè rappresentare certo una svolta per l'umanità nel medio e nel lungo termine, ma possa anche comportare, soprattutto nell'immediato, un’estate di sconvolgimenti tali da renderci più difficoltosa la vita.
I rischi sarebbero vari e qualcuno ha provato anche ad elencarli, come fa Floridi nel già citato Etica dell’intelligenza artificiale. Ce n'è uno che però a me interessa particolarmente, forse perché da buon storico sono sempre stato interessato anche ai problemi della propaganda, della falsità e della manipolazione dell'informazione: quello del falso.
Avrete visto le immagini del papa realizzate da un’intelligenza artificiale (non ChatGPT, ma Midjourney, un sito simile) in cui il pontefice indossava un giubbotto quasi da rapper. Erano un falso, ma sembravano incredibilmente vere. Si dirà: complimenti all’autore del fotomontaggio. E invece no, perché il fotomontaggio è stato realizzato da un programma automatico nel giro di pochi secondi.
Questo è solo un esempio, ma se ne potrebbero fare milioni: le intelligenze artificiali sanno creare dei falsi che già oggi sembrano veri e sono al livello dei lavori dei migliori fabbricatori di false notizie. Solo che il fabbricatore di falsi lavora lentamente, ha bisogno di un team, può sfornare solo un certo numero di fake news al giorno e non di più; senza contare che un team di manipolatori di tal fatta può costare anche parecchio.
Con le intelligenze artificiali, invece, puoi far fare la stessa identica cosa alle macchine a costi irrisori e con velocità supersoniche. Questo significa che spargere fake news diventerà ancora più facile; che potremmo vederci invasi da immagini false, dichiarazioni mai pronunciate, video di fatti mai avvenuti in quantità letteralmente industriale. Che perfino l’utente più stupido di Instagram sarà in grado di creare un’immagine falsa di sé alle Maldive, con un grado di accuratezza tale che nessuno riuscirebbe a giudicare false quelle immagini. A quel punto, tutti i nostri social diventerebbero ancora più inaffidabili di quanto già non siano; e con essi però anche i canali di informazione e di commento politico.
Ricordate quando Facebook fu accusata di aver influito sull’esito delle elezioni americane tramite Cambridge Analytica? Qua rischiamo di essere davanti a un evento milioni di volte più potente e pericoloso. Un evento che andrebbe frenato prima di scatenare tutto il suo potenziale. Quanto sarebbe meglio arginare i problemi prima che creino danni piuttosto che correre ai ripari solo una volta che il danno è già stato fatto?
A parte gli esperti del settore, qualcuno, nell’informazione generalista, si sta occupando di questo? Qualcuno forse sì, ma pochi, minoranze: ci si è concentrati finora soprattutto sui compiti per casa fatti dall’intelligenza artificiale e poco altro; quisquilie, note di costume, senza capire le vere potenzialità e i veri rischi di un sistema del genere. Basteranno sei mesi per affrontare la questione? E qualcuno, in America, vuole davvero affrontarla?
Quello che ho registrato e pubblicato
Eccoci come al solito al momento in cui facciamo il punto di tutti i video e i podcast che ho pubblicato durante la settimana.
La filosofia di Alfred Hitchcock: abbiamo provato ad analizzare il pensiero del maestro del brivido tramite i suoi film
Introduzione alla filosofia cristiana: che impatto ebbe l'arrivo del cristianesimo sulla storia della filosofia?
Lessico famigliare di Natalia Ginzburg: uno dei capolavori della nostra letteratura a molto a che fare anche con la storia d'Italia
Nel Medioevo credevano alla Terra piatta?: proviamo a sfatare un mito duro a morire
La filosofia di Pico della Mirandola (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
L’aristotelismo di Pietro Pomponazzi (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Tra il 1848 e il Risorgimento (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Ah, prima di dimenticarci vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
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Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono i nuovi abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri e videocorsi che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i nostri consigli della settimana.
Il formaggio e i vermi di Carlo Ginzburg: visto che questa settimana ho realizzato un video su Natalia Ginzburg, era inevitabile anche fare almeno un cenno al fatto che uno dei figli di Natalia e di Leone Ginzburg è stato ed è ancora oggi un grande storico italiano. Carlo Ginzburg, classe 1939, è autore infatti di alcuni importantissimi studi, tra i quali spicca forse per importanza Il formaggio e i vermi, libro di cui vi ho anche parlato tempo fa proprio in questa stessa newsletter ma che ora vi consiglio come volume da recuperare. Si tratta di un'indagine interessantissima all'interno di un processo per eresia effettuato nel corso del XVI secolo in Friuli; una ricostruzione che aiuta a comprendere non solo i metodi di indagine del tempo ma anche la mentalità e la religiosità degli umili di quel secolo. Lo si acquista qui.
Introduzione alla produzione di podcast: racconta e ispira gli altri: il mondo dei podcast è in rapida evoluzione e attira ogni settimana nuovi creatori digitali. Vale la pena, forse, di imparare come funziona la produzione di un podcast e magari provare ad avventurarsi in questo settore. Per farlo vi consiglio questo nuovo corso Domestika composto da 15 lezioni attualmente in sconto a 9,99 euro, che vi introduce per bene all’argomento. Lo trovate qui.
C’è poi un nuovo modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ne è comparso uno nuovo chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Quello che c’è in arrivo
Chiudiamo come sempre anche con un veloce elenco dei video che sono in programmazione nei prossimi giorni. Come ho già spiegato anche nella diretta riservata agli abbonati, sappiate però che questo elenco è passibile di sconvolgimenti anche piuttosto repentini: è vero che adesso arrivano le vacanze di Pasqua che dovrebbero permettermi di organizzare il lavoro con un po' di respiro in più, ma negli ultimi tempi ho accumulato del ritardo e quindi a volte sono costretto a mettere momentaneamente da parte progetti più ambiziosi e impegnativi per qualche video veloce da realizzare in fretta. Ad ogni modo, le cose che mi piacerebbe fare sono le seguenti:
dovrei riuscire a partire col primo video dedicato alla storia dei consumi;
arriverà credo anche il secondo video della serie dedicata al corso di logica;
sto preparando anche una sorta di mini-guida a come fare un riassunto (!);
infine dovrebbe arrivare un’altra analisi della Costituzione, incentrata sugli articoli dal 5 all’8;
per quanto riguarda i podcast, infine, spazio ad Erasmo da Rotterdam, a Giuseppe Mazzini e ai primi moti carbonari in Italia.
E questo è davvero tutto. Passate una buona Pasqua, riposatevi e riprendetevi; ci rivediamo qui tra una settimana esatta (oltre che ogni giorno sul canale).