La scuola dopo il Covid, l'Apocalisse e il libero arbitrio, Il potere del cane e Ron - Un amico fuori programma, senza dimenticare Nato, Prima guerra mondiale, Multiverso e altre quisquilie
Non so voi, ma io in questi giorni sto provando un po' di rigetto rispetto ai classici dibattiti all'italiana. Da settimane, forse mesi, nel discorso pubblico non si fa altro che discutere non tanto dell'Ucraina o della Russia, quanto piuttosto di come le TV, gli intellettuali e i giornali trattano la questione Ucraina. Parliamo più di Orsini che della guerra, più di Salvini e Conte che di Putin, più del passato (Hitler, addirittura!) che del futuro.
Il che, a ben pensarci, è un modo estremamente autoreferenziale di affrontare il mondo. Ci parliamo addosso, ci piangiamo addosso, ci lamentiamo addosso, e alla lunga questo diventa un atteggiamento piuttosto sterile. Nel senso che poi dietro a tutta questa autoreferenzialità mi sembra che non ci sia un reale desiderio di mettersi in discussione, quanto piuttosto il tentativo di sentirsi compatiti, apprezzati o in certi casi anche solo di litigare.
Per questo questa settimana non tratterò, nella sezione “Quello che ho pensato”, di questioni inerenti la stretta attualità. Voglio invece usare quello spazio per approfondire brevemente uno spunto che è emerso, in settimana, in un breve incontro a cui ho partecipato qui a Rovigo, incontro in cui, a distanza di qualche mese e quindi a mente fredda, abbiamo cercato di ragionare sui pregi e sui difetti di questi due anni di scuola in tempo di Covid. E comunque, se avete voglia di sentir parlare ancora di Russia e Ucraina, ho fatto una diretta sull'argomento qualche giorno fa e la trovate più avanti nel solito elenco dei video della settimana.
Prima di cominciare con i vari paragrafi di questa newsletter vi segnalo solo una cosa: se masticate il giapponese (o se sapete come tradurre automaticamente le pagine in lingua straniera in italiano), vi segnalo la corposa intervista che mi ha fatto il sito nipponico Sankeibiz. La trovate qui. E ora cominciamo.
ps.: ah, dimenticavo: mi scuso con tutti quelli che in queste settimane mi hanno scritto via mail e a cui non ho ancora risposto. Purtroppo (o per fortuna) il numero dei messaggi che ricevo è ultimamente molto elevato e spesso si tratta di e-mail corpose, che pongono questioni anche importanti, a cui non si può rispondere in quattro e quattr’otto. Pertanto sto accumulando un grande ritardo nelle risposte e me ne scuso. Però non c'è altro modo: o smetto di rispondere a tutti, o vado avanti così, un po' alla volta. Portate pazienza.
Quello che ho letto
Partiamo come al solito dalle letture. Questa settimana ho finito un libro che ci faceva compagnia già da qualche tempo e ho portato avanti un altro paio di volumi già presentati nelle settimane scorse. Eccoli.
Seneca tra gli zombie di Rick Dufer: se siete appassionati di filosofia e YouTube, probabilmente conoscete già Rick Dufer, uno dei content creator più seguiti in questo ambito. Tiene una rubrica quotidiana chiamata Daily Cogito, e si lancia spesso in analisi dell'attualità in chiave anche filosofica. Io non lo seguo molto, come non seguo molto nessun youtuber; paradossalmente non mi trovo troppo a mio agio con questo format o comunque non riesco a dargli continuità. Mi interessa solo di tanto in tanto guardare qualche video su argomenti specifici, giusto per sentire una campana e un'opinione diversa dalla mia. Dufer, d'altra parte, è filosofico solo fino ad un certo punto: la gran parte dei suoi video riguarda la stretta attualità. Comunque ho comprato questo suo ultimo lavoro, perché, come dicevo anche le altre volte, mi piace vedere come questi autori tentino di passare dallo schermo alla carta. E devo dire che mi pare che Dufer ci riesca anche piuttosto bene, o meglio che il suo libro sia migliore dei suoi video. Mi spiego meglio: nei suoi interventi su YouTube trovo spesso posizioni piuttosto nette, una lettura della realtà già ben codificata, spesso di impianto sostanzialmente liberale. Niente di male in questo, solo che io tendo a preferire letture più aperte e meno schierate. Il suo libro, invece, mi sembra molto più plurale, proprio in questo senso: si tratta di una sorta di invito alla filosofia che insiste molto sull'importanza di porsi dei dubbi e di aprirsi alle questioni. Insomma, nel libro mi sembra di trovare quello che a volte – ma magari forse solo per sfortuna mia – non ho sempre trovato nei video: spirito critico, dubbio, incertezza, capacità di mettersi in discussione. Quindi, ben venga questo volumetto, soprattutto se si è novizi della materia, perché mi sembra dare una buona infarinatura del perché sia ancora utile oggi fare filosofia. È forse un po’ caro in rapporto alle pagine, ma comunque lo si compra qui.
Non ce lo dicono di Errico Buonanno: ecco, questo è il libro che questa settimana sono riuscito a finire. Ne ho già parlato nelle settimane scorse, visto che la lettura mi ha impegnato per parecchio tempo. Si tratta di un saggio tra il serio e il faceto sul complottismo. La prima parte è dedicata alle varie fake news della storia, mentre tutta la parte centrale e finale si sofferma sulle teorie del complotto recenti, da dove sono nate, come sono state alimentate e quali problemi abbiano portato alla nostra società contemporanea. Niente di completamente inedito, visto che gran parte delle cose che vengono raccontate le conosciamo già, ma Buonanno riesce a metterle bene in fila e anche ad analizzarle in maniera interessante. Insomma, alla fine una buona lettura, anche se all'inizio ero rimasto abbastanza incerto. Lo trovate qui.
A ognuno quel che si merita di Gregg Caruso e Daniel Dennett: anche questo è un libro che sto leggendo da qualche tempo, anche perché è piuttosto impegnativo e lo porto avanti con lentezza. Si tratta di un dialogo a due sul tema del libero arbitrio, o meglio sulla questione dell'esistenza del libero arbitrio. Dennett è convinto che l'uomo sia responsabile delle proprie azioni perché ne abbia almeno in parte il controllo, mentre Caruso ritiene che le nostre scelte essenzialmente non dipendano da noi, cosa che non ci rende pienamente responsabili di ciò che facciamo. Il dialogo è interessante, soprattutto perché i due autori si rimbalzano la palla e si propongono vicendevolmente argomentazioni ed esempi. Poi, devo anche dire che giunto quasi alla metà del volume mi sembra che i discorsi tendano un po' a ripetersi e che il nucleo centrale delle opinioni dei due filosofi sia ormai molto chiaro. Vedremo comunque come andrà avanti il saggio. Lo si può comprare qui.
Quello che ho visto
Per quanto riguarda i film ho recuperato in questi giorni alcune pellicole relativamente recenti che però mi ero perso. Uno è un film veramente molto bello, gli altri si sono rivelati un po' più deludenti.
Ron - Un amico fuori programma (2021), di Sarah Smith e Jean-Philippe Vine: questo film a cartoni animati l’ha trovato quasi per caso il mio terzo figlio. Visto che ne ricordava il trailer, ha voluto che ce lo guardassimo. È un cartone abbastanza semplice, senza troppi picchi; lo spunto iniziale è però abbastanza carino: una grande azienda tecnologica inventa un robot che funge da assistente virtuale dei bambini e che dovrebbe aiutarli a fare amicizia nel mondo reale. In realtà questo robot si trasforma quasi subito in una sorta di “macchina da social”, tranne in un caso: il ragazzino protagonista, infatti, finisce per avere tra le mani un dispositivo difettoso, che proprio per questo sviluppa un proprio algoritmo sull'amicizia che dà esiti originali. La trama non è proprio del tutto lineare e anche i personaggi non sono granché, ma c'è qualche momento simpatico e in generale il cartone si lascia guardare. Abbiamo visto di meglio ma abbiamo visto tutto sommato anche di peggio.
Il potere del cane (2021), di Jane Campion, con Benedict Cumberbatch, Kirsten Dunst, Kodi Smit-McPhee: dico la verità, ho rimandato la visione di questo film per molte settimane, perché ogni volta che lo iniziavo sentivo una sorta di repulsione verso la sua trama e i suoi personaggi. Non ne avevo voglia, perché fin dall'inizio mi si presentava come un film fastidioso. Mi dicevo: prima o poi lo guarderò, ma finivo per rimandare. In questi giorni, infine, sono riuscito a finirlo, pur avendo la tentazione fino quasi a metà di interrompere la visione. Poi però, appunto da metà in poi, non sono più riuscito a staccarmi dallo schermo. Non che la storia migliorasse, anzi diventava anche più inquietante, ma in qualche modo i personaggi erano riusciti a conquistarmi. Il film, si badi bene, è veramente molto bello: mi inquieta ancora la colonna sonora nei titoli di testa e nei titoli di coda, ma in generale sono soprattutto gli attori a fare la parte del leone, con un'ottima prova di tutti i protagonisti, da Benedict Cumberbatch al giovane Kodi Smit-McPhee, senza dimenticare l'irriconoscibile Kirsten Dunst. La storia è ambientata negli anni '20 del Novecento all'interno di un ranch americano: lì vivono due fratelli cowboy, uno più timido e gentile e l'altro più burbero. Il primo finisce per sposare una vedova e accollarsi il di lei figlio, dai modi molto effemminati, mentre l'altro fratello finisce per odiare sia lei che il figlio, almeno all'inizio. In realtà però poi, per far dispetto alla cognata, inizia a frequentare proprio il ragazzo. Non vi svelo come il film va a finire ma ci sono in mezzo molte tensioni omoerotiche, rabbia, vendetta e altri sentimenti di questo tipo. La Campion, comunque, se la cava benissimo alla regia e il film è un vero e proprio crescendo.
Special Correspondents (2016), di Ricky Gervais, con Eric Bana, Ricky Gervais, Vera Farmiga: in uno dei momenti in cui mi sono detto che non ero pronto per vedere Il potere del cane ho provato a guardare una commedia più leggera. Ho scelto questo film di cui non avevo sentito granché parlare, ma mi sono fidato del fatto che era scritto e diretto da Ricky Gervais, grande e caustico comico inglese. In realtà la pellicola è piuttosto banale e poco riuscita: nonostante uno spunto iniziale interessante, i personaggi risultano decisamente piatti, la trama estremamente prevedibile e insomma tutta la pellicola non riesce a catturarti in nessun modo. Peccato, perché poteva diventare uno spunto di riflessione interessante: la storia infatti è quella di due giornalisti che, per una serie di vicissitudini, fingono di andare in mezzo a una guerra civile e iniziano a fabbricare notizie false mentre sono chiusi in un appartamento di fronte alla loro redazione.
Quello che ho pensato
Questa settimana, tra le tante, tantissime cose che ultimamente mi capita di fare, c’è stata anche l'occasione di ripensare, a un paio di anni di distanza, alla Dad e agli esiti di quella particolare esperienza che adesso pare paradossalmente distantissima. L'evento in questione è stato un incontro svoltosi qui a Rovigo nell'ambito del Festival Biblico, incontro a cui mi hanno chiesto di dare il mio contributo con una testimonianza e qualche riflessione sull'utilità e il danno dei mezzi tecnologici per la scuola. Il fatto che il tema generale del Festival Biblico, quest’anno, fosse l'Apocalisse non deve trarre in inganno: in realtà l'idea era quella di fare il punto tra pregi e difetti, confrontando anche le esperienze di scuole ed età diverse.
Dal mio punto di vista, forse per via una certa mia tendenza all'ottimismo, il saldo tra danni e vantaggi a me pare ancora oggi tutto sommato positivo, almeno alle superiori. Intendiamoci: non intendo affatto sostenere che la Dad possa sostituire la scuola in presenza, né che i primi mesi in totale lockdown non siano stati difficili, faticosi e drammatici. Tutte queste cose sono note e arcinote, non ho intenzione di contestarle. Vorrei però superare la classica dicotomia tra apocalittici e integrati, come la chiamava Umberto Eco: non si tratta di amare o odiare la Dad, di usare solo gli strumenti informatici al posto della scuola in presenza o di demonizzarli. Piuttosto, secondo me l'esperienza di questi due anni ci ha insegnato che ci sono nella scuola esigenze tra loro assai diverse a cui dobbiamo imparare a dare più ascolto; che non si può continuare a fare scuola sempre e solo in un unico modo se si vuole che questa scuola sia efficace; che ogni ragazzo ha capacità di apprendimento diverse: c’è chi senza l'insegnante davanti agli occhi non riesce a concludere nulla e c'è chi invece ancora oggi, nonostante un anno passato completamente in presenza, per lo studio si trova meglio a lavorare con i supporti informatici.
Me ne rendo conto in prima persona ogni giorno in cui entrò in classe: il fatto che ormai esista un archivio molto cospicuo il videospiegazioni sempre consultabili fa sì che i miei studenti, almeno quelli più grandi e maturi, adattino il loro studio a ciò che hanno a disposizione. Così, molti continuano a prendere appunti durante le lezioni, ma altri invece stanno solo ad ascoltare, fiduciosi di poter poi recuperare la spiegazione anche a casa. Alcuni preferiscono invece le dispense che con la Dad ho cominciato a preparare, perché trovano nero su bianco i concetti in modo più chiaro di quanto non fosse coi libri di testo, perché sono concetti spiegati pensando a loro e alle loro esigenze. In generale mi sembra che la possibilità di avere vari strumenti in più liberi anche delle energie e permetta, almeno a tratti, riflessioni più interessanti e profonde.
La scuola non ha bisogno per forza di Dad, Ddi o strumenti digitali. Le varie metodologie vanno e vengono, ci sono fasi in cui diventano di moda ed altre in cui passano improvvisamente dalle scene; quindi lo strumento non è importante di per sé. Ma abbiamo bisogno, soprattutto, di tentativi.
Come ho detto in quell'incontro, la scuola che funziona è la scuola che ci prova. Il bello del lockdown è stato che in certi casi gli insegnanti non sono stati fermi a guardare gli eventi, ma hanno provato a buttarsi nella mischia. Magari questi casi sono stati pochi, sporadici, minoritari, ma quando ci sono stati mi sembra che abbiano fatto la differenza: in un momento in cui tutti i ragazzi erano isolati, chiusi nelle loro case, depressi, c'era chi se li andava a pescare, chi li andava a cercare, chi li teneva un minimo attivi e proponeva loro qualcosa, un momento di incontro, una riflessione, un materiale di studio.
Perfino le interrogazioni, per quanto falsate potessero essere in quel momento, a me sono sembrate sempre qualcosa di positivo. Per mesi ci siamo detti che le verifiche in Dad non hanno alcun senso perché chiunque può copiare senza grandi rischi, e in buona misura è vero; ma allo stesso tempo bisogna anche ammettere che le interrogazioni erano quasi gli unici momenti in cui si poteva dialogare a due. Certo si discuteva di questioni di puro studio e c’era la tensione della prova, ma comunque in quei casi un ragazzo sentiva un insegnante che gli parlava direttamente e si sentiva ascoltato direttamente da quello stesso insegnante.
Sicuramente, durante le interrogazioni qualcuno aveva nelle orecchie le cuffiette per collegarsi a qualcun altro che suggeriva delle risposte; sicuramente qualcuno aveva sullo schermo del computer gli appunti aperti; sicuramente qualcuno aveva magari la mamma dietro alla webcam che mimava le risposte. Ma questo, ad un certo punto, non è veramente importante: in un momento in cui si era tutti isolati e i ragazzini cadevano preda di depressione e svogliatezza c'era comunque il modo per parlare con loro, magari tramite Kant o Aristotele.
Noi insegnanti a volte ci fossilizziamo troppo sui voti, che sono importanti ma non sono il fine della scuola. Il fine della scuola è lo sviluppo degli studenti, la loro maturazione, la loro crescita intellettuale. Questa può avvenire in vari modi: i voti possono essere un utile stimolo per dire loro quando le cose funzionano e quando non funzionano, come migliorare e quanto migliorare; ma sono mezzi, e come tali vanno gestiti. Se in un certo momento storico, per ragioni che esulano dalla scuola ma riguardano una pandemia globale, i voti perdono di importanza e la via principale per far maturare quei ragazzi è far sentire loro la presenza della scuola, allora la scuola deve mettere in secondo piano i voti ed essere in primo luogo presente.
Ecco, questo mi pare sia l'insegnamento vero di questi due anni di pandemia: che ci sono cose più importanti e cose meno importanti, che ci sono delle priorità e in base a quelle priorità dovremmo riorganizzare anche tutta la nostra didattica in tempo normale, capendo cosa vale la pena di implementare e cosa invece non deve assorbirci troppe energie.
E questo mi pare che sia un discorso che si potrebbe fare benissimo anche al di fuori della scuola. Non è solo dentro alle aule scolastiche che diamo un peso sbagliato alle varie questioni: anche nella nostra società civile ci fossilizziamo su aspetti tutto sommato secondari senza capire ciò che veramente conta e senza dirigere i nostri sforzi, il nostro impegno su ciò che veramente conta.
La pandemia dovrebbe insegnarci a chiarirci le idee; perfino la guerra in Ucraina avrebbe dovuto insegnarci a chiarirci le idee. Invece mi sembra che in molti casi si rimanga ancorati alle proprie vecchie convinzioni, alle proprie idiosincrasie e non si riesca ad andare oltre ad esse.
Se ci pensate bene questo è in fondo l'atteggiamento tipico della vecchiaia (intendendola come “stato mentale”, non come questione meramente anagrafica): quello di non sapersi più rimettere in discussione, quello di non saper più riconsiderare i propri valori ma di sclerotizzarsi su ciò che si è sempre fatto, su ciò che si è sempre detto. A me pare che l'Italia, in questo senso, sia decisamente vecchia, a tratti addirittura nostalgica: si rimpiange la cara vecchia scuola di una volta, si rimpiange la cara vecchia società di una volta, perfino si rimpiange la cara vecchia guerra fredda di una volta. È tutto un rimpianto, è tutto un usare schemi vecchi su problemi nuovi e non riuscire ad andare oltre quello che già si conosce e quello che già si pensa.
Se c'è qualcosa che in prospettiva dovremmo imparare da questi anni difficili, invece, è proprio la capacità di ripensarci, di trovare nuove strategie o quantomeno di provarci. La parola chiave è proprio questa, alla fine: provarci. Perché se non ci si prova si è già morti.
Quello che ho registrato e pubblicato
Spazio, ora, ai soliti video. Ecco quelli usciti negli ultimi sette giorni.
Cos’è la Nato e cosa c’entrano Finlandia e Ucraina: una diretta sul tema caldo di questi giorni, cioè il probabile ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato
Filosofia del Multiverso: nei film, soprattutto in quelli di supereroi, si fa sempre più spesso ricorso al Multiverso (o agli universi paralleli). Eppure questo concetto ha delle interessanti implicazioni filosofiche
“Il Principe” di Machiavelli - Audiolibro spiegato parte 4: continua la lettura integrale e commentata del capolavoro di Machiavelli
Dio e il mondo per Agostino (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Il problema del male in Agostino (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La rivoluzione agricola e le sue conseguenze (per il podcast “Dentro alla storia”)
La nuova scienza nell’età moderna (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Ogni tanto mi chiedete come fare a darci una mano con i nostri progetti. Il modo c'è. Anzi, ce ne sono vari. Potete comprare dei libri tramite i nostri link, frequentare un videocorso tramite sempre i nostri link oppure fare direttamente delle donazioni. Qui di seguito qualche consiglio:
Terra di nessuno di Eric J. Leed: se mi seguite da molto tempo sapete quanto io adori questo libro. È stato forse il primo grande saggio storico che ho letto all'università e me ne sono innamorato perdutamente. Racconta il grande dramma della Prima guerra mondiale dal punto di vista dei soldati che combattevano in prima linea, mostrando le loro speranze, le loro illusioni e il loro durissimo scontro con la realtà del campo di battaglia. Documentatissimo, appassionante, ha ormai una certa età ma rimane ancora oggi un classico nel suo genere. Lo si compra qui.
Introduzione ad Adobe Photoshop: se non avete mai imparato ad usare Photoshop, questo è il corso che fa per voi. Costa appena 9,90 euro, conta ben 50 lezioni e ha una valutazione stratosferica su Domestika (100% di valutazioni positive su 8.500 voti: raro trovare dati del genere). In effetti è molto efficace. Se vi interessa, lo trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Cosa c’è in arrivo
E chiudiamo anche questa settimana con l’elenco dei prossimi progetti (sperando di riuscire a realizzarli nei tempi previsti):
mi piacerebbe portare avanti (e anzi concludere, perché ormai siamo agli sgoccioli) la serie sulla Guerra fredda;
vorrei fare quel video di cui ho già parlato sulle tre critiche di Kant, tutte in un’ora;
poi è quasi pronto il video sulle città rinascimentali;
infine, a grande richiesta, dovrebbe arrivare anche qualcosa su Giovanni Gentile;
senza dimenticare anche i podcast: si andrà avanti con Agostino da un lato e con la rivoluzione scientifica dall’altro.
E questo è tutto. Ci rivediamo, sempre qui, tra 7 giorni precisi.