La vittoria della Meloni alle elezioni, ma anche la comicità di Brooklyn 99 e Woody Allen, la storia della Rivoluzione francese e del cristianesimo, i supereroi dei Superpets e di Miss Peregrine
Ci siamo, finalmente. La campagna elettorale estiva – la prima della storia repubblicana – è terminata, le elezioni si sono svolte e abbiamo i nostri risultati (non ancora definitivi nel momento in cui scrivo, ma ormai decisamente consolidati). Quanto siete scontenti o contenti dell’esito finale? O indifferenti? O, meglio, siete pronti a quello che ci aspetta adesso?
Perché adesso viene “il bello” (è un modo di dire, ovviamente): ci sarà da approntare un governo e ovviamente da affrontare le delicate sfide che si affacciano all’orizzonte. Ne segnalo tre, che tra l’altro in campagna elettorale tutte le forze hanno fatto finta di affrontare ma sulle quali in realtà, a ben guardare, hanno spesso avuto spesso posizioni ambigue: 1) la guerra in Ucraina; 2) il prezzo dell’energia; 3) il cambiamento climatico.
Le scelte della nuova maggioranza su questi tre temi saranno decisive. Spero si tratti di scelte chiare (cosa che finora non ho sempre visto), coerenti e soprattutto logiche: ci sono alcune vie che si possono percorrere, ma ci sono anche, su questi temi, delle idee che ho visto proporre di tanto in tanto e che sembrano completamente fuori dal mondo. Le forze che hanno vinto le elezioni sono insomma chiamate a una prova di maturità. E non una qualsiasi, perché questi sono temi su cui si misura seriamente il futuro dell’Italia, da qui a vent’anni: vedremo se questa prova sapranno superarla o se falliranno miseramente.
Nel frattempo consiglio ai più giovani – e tra essi anche ai miei studenti, ai quali nei giorni scorsi l’ho ripetuto più volte in aula – di continuare a seguire tramite i giornali, internet o la TV, quello che accade sulla scena politica, per capire anche il funzionamento del nostro sistema. Quindi tenete gli occhi aperti: arriveranno le consultazioni al Quirinale, l’incarico da parte del Presidente della Repubblica, la preparazione della lista dei ministri, la loro approvazione, il giuramento, la presentazione alle Camere e tutto il resto. È un buon momento, insomma, per ripassare l’iter che porta alla nascita di un nuovo governo. Soprattutto in un momento come questo, in cui l’astensionismo è ai suoi massimi storici.
Ma ora basta con questa politica (di cui comunque torneremo a parlare più avanti in questa stessa newsletter, nella sezione Quello che ho pensato); cominciamo a parlare di libri.
Quello che ho letto
Se la scena politica vi ha delusi, questa settimana ho per voi alcuni libri decisamente più leggeri. La scelta è casuale (alcuni ho cominciato a leggerli prima che la campagna elettorale entrasse nel vivo), ma un po’ di buon umore non guasta mai. Vediamoli.
Zero Gravity di Woody Allen: di questa raccolta di racconti vi ho già parlato nelle settimane scorse, perché mi ci sono dedicato, a tempo perso, per vari giorni. Questa settimana però l’ho finito, scoprendo tra l’altro un ultimo racconto che si stacca un po’ dagli altri. Crescere a Manhattan è infatti l’unico racconto più lungo, quasi una novella, dal sapore spiccatamente autobiografico, perché dietro alla figura del protagonista Sachs, aspirante scrittore in una New York di inizio anni '60, non si fa fatica a identificare lo stesso Woody Allen, nel momento in cui stava per chiudere il primo matrimonio e aprire il secondo. In ogni caso, in generale, il libro è godibile, divertente, capace di strappare qua e là qualche risata e di fornire qualche invenzione degna di nota. Alla fine forse rischia solo di essere un po’ monotono, ma vi può regalare qualche ora leggera e intelligente. Lo potete comprare qui.
Il buon soldato Sc’vèik di Jaroslav Hasek: a proposito di commedia e di ironia, questa settimana ho cominciato a leggere anche un romanzo importante e corposo, oltre che datato: Il buon soldato Sc’vèik di Jaroslav Hasek. Si tratta di un libro pubblicato negli anni '20, poco dopo la fine della Prima guerra mondiale, che ironizza su un soldato letteralmente idiota all’interno dell’esercito austroungarico. Il libro è molto lungo e, pur avendone lette molte pagine, sono ancora ai preliminari, visto che Sc’vèik deve ancora essere arruolato. Per ora vivacchia tra il carcere e la taverna, mentre sullo sfondo si discute dell’attentato di Sarajevo e dell’esercito che serra i ranghi. La dinamica comica è comunque già molto evidente e dissacrante: Hasek, che era ceco e morì prima di terminare l’opera, ironizza a lungo sull’ottusità non solo di Sc’vèik, ma anche dell’esercito austroungarico, incapace, corrotto e guidato dalla volontà di arrestare e mandare al macello i sudditi senza nessun motivo. Sicuramente una satira antimilitarista come se ne sono viste poche, anche in anni successivi. Se vi interessa, lo trovate qui.
L’equazione della felicità di Mo Gawdat: infine, questa settimana ho portato avanti un altro po’ anche questo volumetto, più che altro perché spero prima o poi di finirlo. All’inizio, pur sorvolando su alcune semplificazioni che lo fanno sembrare un libro di self-help, si era dimostrato comunque un libro interessante, ma più passano le pagine più la mia convinzione iniziale va scemando. Il peso dei ragionamenti tende a ridursi e a lasciare spazio, almeno in apparenza, a sensazioni, a slanci emotivi e così via; ma in un libro che cita le equazioni perfino nel titolo mi aspetto un po’ di raziocinio in più. Ve ne riparlerò ancora, comunque, e tireremo del tutto le somme solo alla fine. Intanto lo potete acquistare qui.
Quello che ho visto
Parliamo ovviamente anche dei film. Come vedrete, questa settimana in famiglia ci siamo buttati sul disimpegno e soprattutto su pellicole pensate anche per i più piccoli.
DC League of Super-Pets (2022), di Jared Stern: a chi non ha figli piccoli, forse questo titolo è completamente ignoto; chi invece come me ha pargoli che frequentano le scuole elementari, probabilmente avrà cominciato a vedere la pubblicità di questa pellicola già qualche mese fa e, ora che è arrivata in Italia, sarà magari già stato costretto a portare i piccoli a vederlo al cinema. Si tratta di un film d’animazione che si concentra sui cani dei supereroi della DC Comics. Il protagonista assoluto è Krypto, il cane di Superman, a cui durante la storia però si affiancano anche altri animali dotati di superpoteri. Anzi, il team di quadrupedi deve addirittura liberare la Justice League (formata dallo stesso Superman, ma anche da Batman, Wonder Woman, Flash, Lanterna Verde, Aquaman e Cyborg) da una minaccia pericolosissima. Ai miei figli il film è piaciuto molto, ma devo dire che loro non fanno troppo testo: qui si mettono assieme tutte le loro principali passioni (cartoni animati, animali, supereroi) e quindi era facile e addirittura scontato ottenere i loro favori. A me è sembrato per la verità un film piuttosto convenzionale e decisamente troppo lungo, ma quando ho provato a sostenere le mie idee con la famiglia mi hanno subito risposto: «Papà, tu non capisci niente di cinema».
Brooklyn Nine-Nine episodi 8.01-8.02-8.03-8.04-8.05 (2022), di Dan Goor e Michael Schur, con Andy Samberg, Melissa Fumero, Andre Braugher: è appena arrivata, su Netflix, l’ultima stagione di Brooklyn Nine-Nine, la serie televisiva comica ambientata in un immaginario distretto di polizia newyorkese. Ultima in tutti i sensi: non solo perché è la più recente disponibile, ma anche perché è stata lanciata nel 2021 in America già sapendo che sarebbe stata la stagione conclusiva. È composta da solo 10 episodi, ma io e i miei figli ce ne siamo sorbiti subito cinque, nel giro di pochi giorni, visto che è una delle nostre preferite. E devo dire che lo show non ha deluso le attese, arrivando anzi addirittura a stupirci: nei primi episodi, ad esempio, ci sono critiche pesantissime alla polizia americana, che francamente non avevo mai visto in una serie TV comica, figuriamoci in una che ha pure dei poliziotti come protagonisti. Registrata sull’onda emotiva delle violenze delle forze dell’ordine statunitensi e della pandemia, pur rimanendo sempre su toni scherzosi la serie infatti cala una pesante mannaia sull’omertà che regna all’interno della polizia, su un sindacato che non serve a proteggere i diritti degli agenti ma spesso a coprirne le malefatte e su tutto un sistema che pare essere piuttosto marcio. Già in passato lo show aveva dedicato qualche episodio a temi scottanti, ma non c’era mai andata giù così pesante. Il tutto senza vedere la cosa in maniera manichea, ovviamente: tutti i protagonisti – “i buoni” – sono poliziotti, ma non possono fare a meno di vedere che attorno a loro c’è anche chi non lavora bene, per usare un eufemismo. E poi è una serie che fa anche ridere, tra le altre cose, quindi vale la pena di guardarla.
Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali (2016), di Tim Buron, con Asa Buitterfield, Eva Green, Ella Purnell: visto che questa settimana, come avrete capito, il telecomando è stato dominato dai miei figli, qualche sera fa mi sono dovuto guardare anche questo film di Tim Burton, che avevamo per la verità già visto qualche anno fa ma che da tempo i miei figli più grandi volevano rivedere. Devo dire che non mi pare il film più riuscito del regista americano: certo, gli elementi tipici del suo cinema ci sono più o meno tutti, ma questo strano gruppo di supereroi bambini (ed esclusi) non riesce troppo a catturarmi, forse per via di una trama concettualmente un po’ troppo complessa. Comunque sia, anche in questo caso il film ai miei figli è piaciuto molto, io invece ho un po’ sbadigliato. Ma sono strano io, probabilmente.
Quello che ho pensato
L’argomento della riflessione di oggi, è inevitabile, è il risultato delle elezioni politiche che si sono tenute ieri in tutta Italia, le prime della storia repubblicana a svolgersi in settembre. Nel momento in cui scrivo sto anche preparando la diretta che terrò stasera su YouTube per cercare di analizzare l’esito del voto (e che troverete più avanti in questa stessa mail, nella sezione Quello che ho registrato e pubblicato), quindi è probabile che almeno su alcuni punti mi ripeta, ma spero che comunque vedere nero su bianco alcune riflessioni vi aiuti a pensarci a mente più fredda e più lucida (e aiuti anche me a fare lo stesso).
Dunque, partiamo dal risultato. Che pare chiaro: ha vinto il centrodestra, com’era ampiamente previsto. Anzi, diciamo meglio: ha vinto Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia ha infatti portato il suo partito al suo massimo storico, un massimo storico clamoroso rispetto al passato: nel 2018 ottenne il 4,35%, oggi, se i dati saranno confermati, pare essere al 26,2%, sei volte di più. Ha vinto anche saccheggiando, in parte, i voti degli alleati, soprattutto della Lega, che invece è una delle grandi sconfitte della consultazione. Ora avrà una maggioranza abbastanza solida e guiderà un nuovo governo in cui potrà imporre senza troppi problemi la linea.
Qual è stato il segreto di questa vittoria? Direi due elementi svettano su tutti gli altri: da un lato, l’impressione di coerenza e di fermezza che la Meloni ha saputo dare nel corso non solo della campagna elettorale ma anche dei mesi precedenti; dall’altro, l’unità che ha saputo comunque creare nel centrodestra. Darei solo due flash che secondo me hanno inciso: ricordatevi da un lato l’elezione del Presidente della Repubblica, quando Salvini è incappato in una serie di flop cambiando idea ripetutamente sui suoi candidati mentre la Meloni ha tenuto la barra dritta, dimostrando anche fedeltà alla linea del centrodestra; e ricordatevi anche le prese di posizione molto caute sulla politica estera e in particolare sulla Russia, mentre Salvini e Berlusconi continuavano ad ondeggiare anche vistosamente. Questa fermezza, questa fedeltà alla coalizione e, diciamolo pure, questa percezione di serietà sono cose che hanno giocato tutte a suo favore.
Poi, secondo me non bisogna esaltare neppure troppo la Meloni. Ha vinto anche perché i suoi compagni di viaggio hanno perso: Berlusconi, che pure dal punto di vista elettorale alla fine ha retto, è avviato verso i novant’anni e non sembra sempre lucidissimo; Salvini obiettivamente sembra aver fatto campagna per la Meloni più che per se stesso, e ha favorito la scalata della leader di Fratelli d’Italia. Pensate che il nord-est ha votato in massa la Meloni soprattutto per fare dispetto a lui.
La realtà è che in Italia c’è, da decenni, un elettorato che vota compattamente centrodestra. Finché Berlusconi sembrava l’elemento trainante, questo elettorato dava il suo voto principalmente a lui; quando Berlusconi è sembrato calare e pareva che Salvini potesse essere l’uomo nuovo, questo elettorato ha puntato sul leader leghista; ora che questo leader è incappato in una serie di errori tattici (il Papeete, appunto la rielezione di Mattarella, la scelta di far cadere Draghi in quel modo e in quel momento) quell’elettorato ha deciso di puntare su qualcun altro.
Tutto per dire che se fossi la Meloni sarei contento ma terrei bene a mente che questo consenso non è eterno: se la futura Presidente del Consiglio non riuscirà a gestire la situazione, perderà i voti molto rapidamente. Non si tratta di un consenso consolidato, ma di qualcuno che appartiene a quell’area che ha deciso di “provarti”: starà a te poi dimostrare di essere all’altezza di quella scommessa. E governare, in questo momento storico, non sarà per nulla facile.
Oltre a Giorgia Meloni, però, c’è anche un altro (parziale) vincitore delle elezioni: si tratta di Giuseppe Conte. Per me questo è stato il risultato più sorprendente, anche se nelle ultime settimane appariva evidente che il Movimento 5 Stelle fosse in risalita. Come avevo detto nella diretta registrata poco dopo la caduta del governo Draghi, secondo me la scelta di far cadere il governo in quel modo poteva essere deleteria per i partiti responsabili della sfiducia, cioè 5 Stelle, Forza Italia e Lega. Alla fine, ad aver pagato quello scotto è stata invece solo la Lega, mentre Forza Italia ha tenuto (forse anche solo per fare da contraltare alla Meloni) e i 5 Stelle hanno invece guadagnato consensi.
Non credo che questa risalita del movimento di Conte sia più di tanto dovuta, però, al modo in cui è caduto quel governo, quanto alla abilità dell’ex premier di guidare la campagna elettorale, soprattutto al sud. Dopo anni di indecisione tra destra e sinistra, Conte ha fatto una scelta molto netta, puntando su un programma molto “di sinistra”, attento alla povertà e al lavoro. Il punto cardine è stata la difesa del reddito di cittadinanza, che è stato attaccato per anni e che adesso invece quasi tutti hanno detto di voler preservare; ma Conte – che in fondo con Di Maio è quello che quel reddito l’ha varato – ha potuto dirlo in maniera molto più convincente di altri. Al sud, d’altra parte, c’è ancora un forte malessere sociale che il PD ha trascurato e che invece Conte ha saputo intercettare.
Questo rende ancora più evidente il fallimento di Letta e della classe dirigente del PD. Alla caduta del governo Draghi il PD ha scelto di rompere l’alleanza con il Movimento, costruita nel corso degli anni precedenti. Sulle prime, anche a me era sembrata una scelta logica, come a molti altri osservatori: il movimento di Conte sembrava in caduta libera nei sondaggi, in difficoltà perfino nella scelta dei candidati, oltre che ben poco affidabile, mentre il PD preferiva puntare su Calenda, su Sinistra Italiana e Verdi.
Alla fine però la realtà ci ha detto tutt’altro. Da un lato, l’alleanza con Calenda non si è costruita e il cosiddetto Terzo polo, che ha corso da solo, ha finito per togliere molti voti al centrosinistra e pochi (o quasi niente) al centrodestra; dall’altro, il Movimento 5 Stelle è andato molto meglio di SI/Verdi e Calenda/Renzi anche messi assieme. Se, insomma, il PD avesse mantenuto l’alleanza con Conte lasciando perdere tutti gli altri probabilmente avrebbe ottenuto un risultato ben migliore.
Certo, non si possono semplicemente sommare le percentuali dell’uno e dell’altro partito, perché le campagne elettorali in quel caso sarebbero state diverse, ma andare divisi in questo modo, con due partiti che alla fine fanno quasi lo stesso risultato contro invece un centrodestra unito, è stato decisamente un suicidio.
Devo dire che Letta ne ha tratto le conseguenze e proprio questa mattina di fatto si è dimesso, annunciando un nuovo Congresso. Il PD, come ha ben sintetizzato il sindaco di Bari, Antonio Decaro, avrebbe bisogno però non di un semplice Congresso o, peggio ancora, di un banale cambio di segretario, ma di una vera e propria rifondazione. Uno dei motivi principali della sua sconfitta è probabilmente il fatto di essere percepito come un partito dell’apparato, che non ha saputo collegarsi alla società civile ma ha cercato di seguire logiche di spartizione di posti e, bene o male, di potere.
Per concludere la panoramica, l’altro grande sconfitto, oltre al PD, è la Lega. Matteo Salvini, a differenza di Enrico Letta, non ha ritenuto questa mattina di dimettersi e sembra voler fare buon viso a cattivo gioco, portando avanti la sua leadership. È stato attaccato abbastanza direttamente da Luca Zaia e probabilmente la partita per la guida della Lega non è ancora chiusa, ma mi pare ormai evidente che il partito sia spaccato in due. Da un lato c’è l’ala sovranista, guidata da Salvini, che imputa il calo di consensi proprio a Giorgetti, Zaia e Fedriga, colpevoli di aver spinto lo stesso Salvini ad appoggiare Draghi; dall’altro c’è l’ala dei governatori del nord, che invece pensano che Salvini non sia più adeguato a guidare il partito e incapace di intercettare i desideri del ceto imprenditoriale del nord, che per molto tempo ha costituito la vera base della Lega.
Chi ha ragione? Personalmente, penso che anche la Lega sia ad un bivio storico. Mi pare che il flop in questo caso sia quasi esclusivamente ascrivibile a Salvini, che è riuscito nell’ultimo anno e mezzo a scontentare tutti, con una politica ondivaga e una certa incapacità di portare a casa il risultato. Qui in Veneto, in particolare, sono pienamente convinto che buona parte dei leghisti e degli elettori di Zaia abbia votato volutamente Fratelli d’Italia (partito che non aveva radicamento nel territorio) solo per fare un dispetto a Salvini e mandare un segnale alla Lega. Un domani, in una Lega a guida Zaia, tornerebbero immediatamente a votare per il loro vecchio partito, abbandonando senza colpo ferire la Meloni.
Allo stesso tempo, però, bisogna dire che se anche Salvini lasciasse la segreteria e venisse sostituito da un esponente dell’ala “nordista” (che si tratti di Giorgetti, Zaia o Fedriga è indifferente), non è affatto detto che la situazione migliorerebbe: Zaia, ad esempio, sarebbe probabilmente capace di recuperare molti voti in Veneto, ma li perderebbe forse nel resto d’Italia, soprattutto nel centro-sud.
Insomma, la Lega – come, per motivi diversi, il PD – non sembra avere una via di fuga semplice dalla situazione in cui si è infilata. L’unica cosa su cui forse Salvini ora punta è lasciar spazio a Giorgia Meloni, sperando che la donna che gli ha rubato i voti si scotti un po’ con il potere e gli possa permettere una parziale risalita.
Certo, quello che esce fuori da queste elezioni è, paradossalmente, un bisogno di rinnovamento. La vittoria di Fratelli d’Italia, il partito sicuramente più conservatore della scena, ha reso evidente a tutti gli altri partiti che dovrebbero cambiare completamente faccia. Qualcuno ha già iniziato a farlo (il Movimento 5 Stelle), qualcuno proverà a farlo (il PD), qualcuno non si sa se proverà a farlo (la Lega). Ma il bisogno di un rinnovamento è decisamente nell’aria.
Una nota veloce voglio infine farla anche sulla campagna elettorale. Chi, come me, inizia ad averne viste tante, tende sempre a dire: «È stata la peggior campagna elettorale di sempre», e questa frase l’ho letta e sentita pronunciare più volte anche in questi giorni. Secondo me non è del tutto vera. Certo, come campagna elettorale è stata bruttina, perfino stanca e fiacca in certi momenti, ma non è che nel passato sia andata molto meglio. Abbiamo avuto macchine di propaganda davvero terrificanti, negli anni scorsi, quindi fare la graduatoria al ribasso mi pare difficile.
Piuttosto, mi sembra di poter dire che è stata una campagna elettorale che ha alimentato il disinteresse e l’astensione. I sondaggi ormai pesano tantissimo, tanto è vero che per certi versi abbiamo vissuto tutto il periodo che ci ha portato alle elezioni come il momento di attesa verso qualcosa di scontato. Tutti sapevamo – da quello che ci dicevano i sondaggi – che avrebbe vinto il centrodestra e che, all’interno del centrodestra, avrebbe vinto Giorgia Meloni col suo Fratelli d’Italia; apparentemente, si trattava solo di capire quanto avrebbe vinto, con quale distacco e con quali rapporti di forza (anche all’interno della sua coalizione).
Questa consapevolezza ha reso la campagna elettorale particolarmente priva di interesse. Come andare a vedere una partita di calcio di cui sai già il risultato, anche se non sai il nome dei marcatori. Forse, insomma, non vale la pena di spendere i soldi per il biglietto di uno spettacolo che si annuncia privo di mordente.
Quello che ho registrato e pubblicato
Come al solito, parliamo un attimo anche dei video e dei podcast pubblicati questa settimana. Nel primo, una diretta fatta proprio questa sera, potrete ulteriormente approfondire il discorso sulle elezioni. Ma ci sono poi anche gli altri
Elezioni 2022: chi ha vinto e chi ha perso: la diretta di questa sera, in cui ho sviscerato i risultati del voto e provato a fare qualche analisi
Come invogliare bambini e ragazzi alla lettura: se avete dei figli o dei ragazzi che vorreste iniziassero a leggere qualche buon libro, ecco qualche consiglio per voi
Storia della politica estera italiana 7 (1955-2022): chiudiamo la lunga serie dedicata alla politica estera italiana con gli ultimi decenni
La nascita del cristianesimo: uno sguardo storico a come il cristianesimo nacque e si diffuse all’interno dell’Impero romano
Newton: metodo e dinamica: chiudiamo anche la pagina su Isaac Newton, scoprendone anche il metodo
Bonaventura, Alberto e Aristotele (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
L'inizio della Rivoluzione francese (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono i nuovi abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri e videocorsi che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i nostri consigli della settimana.
1984 di George Orwell: credo che davanti a questo libro ci sia poco bisogno di spiegazioni. Si tratta di un grande classico del Novecento, che magari molti di voi avranno pure già letto, a scuola o per passione personale. Non fa mai male però riprenderlo in mano, perché è uno di quei libri che riesce ad adattarsi in un certo senso ai tempi (o sono forse i tempi che si adattano ad Orwell). Dopo la campagna elettorale più mediatica di sempre, forse un buon ripasso può essere utile. Lo potete comprare qui.
Scrivere racconti: dalla vita vera alle storie di fantasia: scrivere può avere, spesso, un effetto molto benefico in primo luogo su chi fa quell’attività: aiuta a focalizzare l’attenzione, a mettere ordine nei propri pensieri, e poi dà sfogo alla fantasia. Per questo, imparare a scrivere dei buoni racconti può essere un’impresa utile anche per chi non mira necessariamente a pubblicarli. Questo corso di Domestika, che si compone di 19 lezioni al prezzo complessivo di 11,90 euro, vi aiuta a migliorare in questo campo, grazie alla sapiente guida dello scrittore Shaun Levin. Lo trovate qui.
C’è poi un nuovo modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ne è comparso uno nuovo chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Cosa c’è in arrivo
Chiudiamo come sempre con una panoramica dei prossimi appuntamenti con i video e i podcast:
arriverà un video su Michel Foucault che mi pare molto attuale, visto che parleremo di potere;
parleremo ancora di cristianesimo all’interno dell’impero romano;
leggeremo poi un paio di nuovi capitoli de l’Autunno del Medioevo di Huizinga;
e infine ci saranno i podcast, dedicati a San Tommaso d’Aquino e alla Rivoluzione francese.
Ecco, questo è tutto. Riposatevi, divertitevi e ci ritroviamo qui tra sette giorni esatti.