Le colpe di Hitler e i segreti di Silente, la storia della felicità e la storia dell'etica, Husserl e Darwin, Fuori orario e Blankets
Nel momento in cui sto scrivendo è da poco passata mezzanotte. D’altronde, questa è la parte della newsletter che scrivo per ultima, dopo aver steso tutte le parti precedenti e prima dell’ultima lettura finale. Mi ci dedico solo ora perché sono da poco ritornato da Padova, dove ho parlato di etica a più di 150 ingegneri, probabilmente complicando un po’ loro la vita. Speravano che la filosofia li aiutasse a vivere meglio, ma in realtà temo che in certi casi faccia il contrario.
È stata una settimana intensa, la scorsa, e questa si prospetta ancora più impegnativa, ma intanto siamo partiti col piede giusto. Qui di seguito, come al solito, trovate tutte le novità degli ultimi sette giorni.
Quello che ho letto
Un solo libro nuovo, in lista, questa settimana, perché sono andato abbastanza avanti con quelli già iniziati. Vediamoli.
La fonte meravigliosa di Ayn Rand: sto continuando a leggere questo lunghissimo (ma interessante) romanzo della filosofa russo-americana Ayn Rand, poco studiata nel nostro paese ma molto apprezzata negli States, soprattutto a destra. La trama e i personaggi, all’inizio, mi avevano abbastanza appassionato, come ho già scritto nelle settimane scorse; ora in realtà la storia ha preso una piega che non mi convince del tutto, a metà strada tra il romanzo rosa (anche non di primissimo livello) e la riproposizione all’infinito della stessa idea iniziale. Il protagonista è Howard Roark, architetto giovane e integerrimo, votato solo alla propria arte ed incapace di scendere a compromessi con le mode e col mondo; attorno a lui gravitano una serie di altri personaggi, il cui scopo però pare essere solo quello di fare da contraltare a Roark. Le posizioni sono infatti molto estremizzate: Howard è il superuomo di Nietzsche calato nelle vesti di un architetto e tutti gli altri sono uomini banali, comuni, compromessi, inetti. Questa contrapposizione così netta mi pare funzionare bene all’inizio, ma alla lunga rischia di diventare stantia; vedremo dunque se la Rand saprà aggiungere un po’ di brio, ora che le pagine cominciano ad accumularsi. Se vi interessa, il libro lo trovate qui.
Evoluti e abbandonati di Telmo Pievani: sto continuando a leggere anche questo bel libro di Telmo Pievani su Darwin. O, meglio: su come il messaggio di Darwin sia stato male interpretato. La tesi di fondo (almeno fino al punto in cui sono arrivato io) è che negli ultimi decenni la psicologia evoluzionistica abbia spesso fatto il passo più lungo della gamba; che, cioè, abbia messo da parte i rigori di un metodo scientifico efficace per spingersi verso valutazioni che di scientifico hanno abbastanza poco. C’è la moda, infatti, di attribuire ogni atteggiamento umano a una motivazione evoluzionistica, senza però portare sufficienti prove al riguardo. Così c’è chi dice che l’egoismo è frutto dell’evoluzione, che la competizione è frutto dell’evoluzione, che perfino il sistema liberal-capitalistico è frutto dell’evoluzione; ma che sia davvero così non viene dimostrato in maniera seria (anche perché, probabilmente, non lo si può fare). Il libro di Pievani diventa, quindi, una sorta di guida al metodo scientifico, con grandi (e interessanti) influssi dell’epistemologia contemporanea. Se volete comprarlo, è qui.
Storia della felicità di Fulvia de Luise e Giuseppe Farinetti: questo è il libro che ho cominciato questa settimana. Il tema della felicità è uno dei più interessanti e uno di quelli a cui mi sono dedicato di più lungo gli anni; non avevo mai letto però questo volume, che si presenta come una summa del percorso di quest’idea lungo tutta la storia della filosofia. Per il momento sono arrivato solo ad Aristotele, quindi la strada è ancora lunga, ma pare ben fatto. Lo si trova qui.
Quello che ho visto
Parliamo anche di film e video, ovviamente. Ecco le proposte della settimana.
Fuori orario (1985), di Martin Scorsese, con Griffin Dunne, Rosanna Arquette, Verna Bloom: tra i tanti film di Scorsese degli anni '80, questo era forse l’unico che non avevo ancora visto. E me ne pento, perché è un film molto molto bello: l’avevo snobbato, credo, solo perché non c’era De Niro e il cast era apparentemente di secondo piano. La storia è semplice: il protagonista, Paul, è un informatico che per una serie di vicissitudini si trova a passare una notte senza soldi nel quartiere di Soho. Gliene succedono di tutti i colori, in un clima piuttosto inquietante e pesantemente onirico, tanto che non riesci mai a capire davvero se si tratti di realtà o di un grande incubo. Ben diretto e ben interpretato, ti trasmette piuttosto bene l’inquietudine del protagonista. Consigliato.
Animali fantastici - I segreti di Silente (2022), di David Yates, con Eddie Redmayne, Jude Law, Mads Mikkelsen: alla fine ho completato la trilogia vedendo anche l’ultimo capitolo della saga appena uscito al cinema. Senza rivelare troppi spoiler, si arriva al duello (previsto da tempo) tra Silente e Grindelwald e vengono rivelati alcuni segreti del passato del futuro preside di Hogwarts, segreti che in realtà sapevamo già tutti. Il film, dico la verità, non mi è piaciuto granché: certo ci sono grandi effetti speciali, ottimi attori e qualche scena epica, ma mi pare che manchi completamente di mordente. In generale, la saga degli Animali fantastici finora mi sembra nettamente in calare: il primo capitolo era più che discreto, il secondo più che sufficiente, questo a malapena sufficiente. Quando è finito stavo per chiedermi: «Be’, quando si arriva al clou?», senza accorgermi che il clou era già passato.
Ca’ Lando, laboratorio per una architettura solidale (2022): il terzo “audiovisivo” che vi consiglio è un breve video su YouTube, pubblicato all’interno del canale dell’Università di Padova. Vi si parla di Ca’ Lando, un piccolo quartierino di Padova che ha una storia ultrasecolare: si tratta del primo progetto documentato, in Italia, di “architettura sociale”, realizzato dai nobili veneziani della famiglia Lando nel '500. Lo trovate qui.
Quello che ho pensato
So benissimo anch'io che in certi casi converrebbe non parlare di questioni troppo assurde che emergono nel dibattito pubblico, perché anche solo replicare a certe affermazioni contribuisce a far parlare di quelle stesse affermazioni e alimenta l’ego di chi quelle affermazioni le sostiene. Però, allo stesso tempo, penso anche che la TV abbia un forte potere pervasivo e tenda spesso a nobilitare anche le assurdità, dando loro una parvenza di autorevolezza. Se a tutto questo aggiungete che certe stupidaggini vengono affermate da personaggi che vantano il titolo di professore universitario, la frittata è fatta. Pertanto, in certi casi, quando queste castronerie coinvolgono la storia, è il caso anche di ribadire alcuni punti fermi.
Mi sto riferendo, come forse avrete intuito, alle recenti dichiarazioni di Alessandro Orsini, ospite fisso di diverse trasmissioni televisive per via di alcune sue posizioni controverse sulla guerra in Ucraina. Posizioni che però stimolano l'immaginario di una parte della popolazione ma perfino della classe politica, anche se in maniera piuttosto strumentale.
L'ultima uscita, però, è stata forse la più imbarazzante di tutte. Lanciandosi in un paragone da far tremare i polsi, Orsini ha infatti sostenuto che Hitler nel 1939 non volesse scatenare la Seconda guerra mondiale, ma che quel conflitto catastrofico sia avvenuto a causa delle alleanze che si erano create in Europa, alleanze che resero inevitabile, al momento in cui la Germania nazista invase la Polonia, l'entrata nel conflitto di Francia e Inghilterra.
La tesi, neppure troppo nascosta, è che quindi la responsabilità di quell’immane conflitto sia di Francia e Inghilterra, che, se si fossero astenute da una alleanza con la Polonia, avrebbero evitato milioni e milioni di morti. D'altronde, sono mesi che Orsini va ripetendo la stessa cosa: davanti ai dittatori bisogna concedere dei territori per evitare a tutti i costi l'allargamento del conflitto.
In filosofia – e ne ho parlato proprio oggi pomeriggio, per altri motivi, a Padova – questo problema è il cosiddetto “Principio di Caifa”: sarebbe lecito – si chiedono molti studiosi di morale – sacrificare un solo uomo per la salvezza di molti? Quei filosofi rispondono in genere di no; ma Orsini non sacrificherebbe neppure un solo uomo, bensì migliaia di uomini perché l’Europa non corra il rischio di un’escalation. Quindi il suo discorso, prima ancora che sciocco, è immorale.
A dirla tutta, però, il professore della Luiss, senza rendersene conto, ha tirato in ballo l'esempio migliore a cui si potesse pensare per dire l'esatto contrario di quello che lui sostiene. Chiunque abbia una conoscenza anche minima della storia del '900, sa bene infatti che le cose non andarono affatto come Orsini le presenta.
Tutt'altro. La Polonia non era la prima vittima di Hitler. Il dittatore nazista nei mesi precedenti, in un crescendo pericolosissimo, aveva già preso con le armi sia l'Austria che la Cecoslovacchia, senza che nessuno in Europa avesse realmente mosso un dito per impedirglielo. Anzi, Francia e Inghilterra applicarono, in quei mesi, proprio il metodo Orsini, che all'epoca veniva chiamato appeasement: pur di mantenere la pace si dimostrarono disposte a concedere ampi territori alla Germania, anche senza sentire il parere di quegli stessi territori. La Cecoslovacchia, solo per fare un esempio, fu sacrificata all'altare della pace, proprio venduta o meglio svenduta da Francia e Inghilterra per evitare un conflitto. Questo servì a placare Hitler?
La stessa domanda ce la possiamo porre anche oggi: un'eventuale sconfitta dell'Ucraina, un arrendersi come Orsini suggerisce, potrebbe placare Putin?
Ovviamente Hitler e Putin sono due personaggi molto diversi: dietro a Hitler c'era una ideologia fanatica e razzista, mentre dietro a Putin non si ravvede nulla di tutto questo. Siamo però comunque di fronte a un tentativo egemonico ed imperialista in Europa, un tentativo fondato sulla forza militare e sul desiderio di assoggettare popoli vicini in quella che si ritiene essere, spesso in maniera unilaterale, la propria sfera di influenza.
E, bisogna dire, che nella storia chiunque riesca a usare la forza per imporre il proprio volere tende a continuare su quella falsariga. Non si è mai visto uno stato che conquista il vicino e poi dice: «Sono a posto così, adesso mi metto l'anima in pace». Normalmente gli stati aggressivi continuano ad essere aggressivi anche dopo la prima conquista e si fermano solo quando o vengono sconfitti o non hanno più la forza economica e militare per proseguire nelle loro imprese. Pensate, ad esempio, agli ottomani nel momento del loro massimo splendore: si spinsero avanti finché poterono e si bloccarono solo quando sorsero problemi altrove, in altre zone del loro impero. Pensate alla Francia di Napoleone: non si fermò certo dopo aver preso solo il nord Italia, ma prosegui fino al crollo in Russia. E pensate di nuovo alla Germania di Hitler. Tutti i paesi imperialisti tendono ad andare avanti finché possono nelle operazioni di conquista militare ed è presumibile che, se avesse conquistato in fretta e furia l'Ucraina, Putin avrebbe presto cominciato a minacciare anche altri paesi: la Moldova, le repubbliche baltiche, la Georgia. Non è un caso che paesi normalmente pacifici, davanti ad una aggressività del genere, cerchino protezione nella Nato o nell’UE.
Ma torniamo a Hitler e al 1939. La strategia di Orsini era esattamente quella messa in campo dal capo del governo inglese Neville Chamberlain, che per tutto il 1938 si industriò al fine di dare a Hitler quello che chiedeva. Nei libri di storia, certo col senno di poi, Chamberlain viene sempre considerato uno dei principali responsabili della Seconda guerra mondiale. Ma non perché si dimostrò aggressivo contro Hitler, quanto perché si dimostrò troppo remissivo, dando modo al dittatore tedesco di formare un esercito pericolosissimo e dandogli il tempo di preparare tutte le mosse che poi, inevitabilmente, Hitler avrebbe messo in campo. Perché è vero che quando Hitler invase la Polonia scattarono le alleanze e quindi quella mossa comportò l'entrata in guerra di Francia e Inghilterra, ma è anche perfettamente vero che Hitler aveva pronto da tempo il piano d'attacco contro la Francia e aspettava solo il momento giusto per metterlo in atto.
Non è un caso, solo per fare un ulteriore esempio, che pochi giorni prima di invadere la Polonia Hitler avesse firmato un accordo col suo peggior nemico, il celeberrimo Patto Molotov-Ribbentrop, con cui si garantiva la non belligeranza della Russia, in modo di avere il tempo, dopo aver invaso la Polonia, di attaccare anche la Francia. Hitler voleva la guerra contro la Francia, l'aspettava da anni ed ora era pronto a metterla in scena. D'altro canto, come se non bastassero le migliaia di prove documentali di questa sua strategia, c'è anche il fatto che Francia e Inghilterra non attaccarono la Germania, ma dopo averle dichiarato guerra la aspettarono e fu Hitler, nella primavera del 1940, a sferrare l'attacco.
Nessuno mai si è sognato di affermare che Hitler non volesse la Seconda guerra mondiale. Hitler andava orgoglioso di aver provocato la Seconda guerra mondiale perché la considerava il momento in cui i tedeschi si sarebbero presi la loro rivincita contro le potenze vincitrici della Grande Guerra. Il paradosso di Orsini è che arriva ad essere più hitleriano di Hitler, più putiniano di Putin, in un delirio che punta solo a inquinare le acque, a promuovere a ripetizione tesi sempre più assurde.
Perché alla fine il problema è anche questo: la libertà di parola è sacrosanta ed è un diritto, così come lo è la libertà di dissentire dall'opinione dominante. Ma la libertà di parola è anche un dovere. Quando sei un personaggio che va in televisione, che ha uno spazio pubblico, che viene ascoltato da migliaia se non milioni di persone, hai la responsabilità di cercare di essere corretto, di cercare di dire la verità, di cercare onestamente di contribuire al dibattito.
Siamo da tempo costantemente messi di fronte, invece, a persone che non hanno queste finalità, ma che puntano piuttosto a farsi spazio, a farsi notare, a lanciarsi in una carriera politica, ad approfittarsi dell'ignoranza altrui o anche solo in certi casi, magari perfino in buona fede, a non mettersi in discussione e alimentare le paure o le rabbie proprie e altrui.
Io non so se Orsini ci sia o ci faccia, cioè se creda davvero per ignoranza alle stupidaggini che dice oppure se le dica apposta per avere sempre più spazio in televisione, ma anche nel caso in cui ci credesse davvero ha senso dare tutto questo minutaggio ogni sera su ogni canale a persone che non sanno nulla di ciò che dicono?
Avrebbe senso, ad esempio, ospitare ogni sera in prima serata sulla Rai e su La7 un matematico ribelle che sostenesse che 2+2 fa 5? Avrebbe senso creare lunghe interviste in cui un giornalista gli chiedesse come ci si sente ad essere attaccati da tutto il mondo scientifico e questo matematico impertinente replicasse di essere un guerriero che alla fine l'ha avuta vinta nel suo tentativo di affermare che 2+2 fa 5?
Ovviamente no, non avrebbe alcun senso. Eppure è a questo che spesso assistiamo. E l’esito qual è? Che dietro al matematico impertinente che è finito in TV si schierano tutti quelli che andavano male in matematica, finalmente contenti di contare qualcosa e di sentirsi rappresentati.
Perché lo scopo della TV non è spiegarti quanto fa 2+2. Lo scopo della TV è farti contento anche quando tu pensi che faccia 5.
Quello che ho registrato e pubblicato
Ecco anche il riassunto di tutti i video e i podcast usciti questa settimana:
Husserl: la crisi delle scienze europee: chiudiamo la pagina su Husserl con un video sugli ultimi esiti delle sue riflessioni
“Il Principe” di Machiavelli: audiolibro e spiegazione parte 1: iniziamo la lettura integrale e commentata di un nuovo libro, ovvero di un classico come Il Principe
Storia delle città: le città romane: dopo aver parlato di Roma, vale la pena di soffermarsi anche sulle altre città fondate dai romani
Il problema di Gettier: analizziamo un intrigante problema della filosofia contemporanea, legato al tema della conoscenza
Introduzione ad Agostino di Ippona (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La fine della Guerra dei 7 anni (per il podcast “Dentro alla storia”)
La demografia del Settecento (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Come al solito, ci sono molti modi per sostenere il canale e darci una mano coi libri e l’attrezzatura. Li trovate elencati anche sotto ad ogni video e anzi da poco è comparso il bottone “Super Grazie” che dovrebbe permettervi di fare piccole donazioni. Altrimenti ci sono anche i metodi seguenti.
Blankets di Craig Thompson: questa settimana vi consiglio un classico del fumetto contemporaneo. Non c’è molto di storico o filosofico, ma è un bel libro per chi è adolescente (o si sente ancora adolescente) perché racconta, soavemente, una storia d’amore e di crescita. Ha vinto una marea di premi, non sto nemmeno ad elencarveli. Lo si trova qui.
Palestra di scrittura: dal foglio bianco alla pratica quotidiana: nella vita ci vuole costanza; e ce ne vuole ancora di più nella scrittura, un compito che ha tempi abbastanza lunghi e in cui si può facilmente perdere la motivazione. Questo corso (che costa solo 9,90 euro per un totale di 12 lezioni) vi aiuta a trovare la vostra regolarità. Lo si compra qui.
Infine, rimane sempre anche il modo più tradizionale per farvi sentire: tramite Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Cosa c’è in arrivo
Infine, come al solito, due note veloci anche sui prossimi appuntamenti:
proseguiremo sicuramente con la lettura de Il Principe di Machiavelli;
arriverà “Tutta la Seconda guerra mondiale in un’ora”, che volevo già fare la settimana scorsa ma che poi ho dovuto rimandare;
vorrei portare avanti anche il ciclo delle città, con la presentazione della città medievale;
infine vorrei avviare verso la conclusione il ciclo sulla Guerra fredda;
e poi ovviamente ci saranno i podcast, con ancora Sant’Agostino e la demografia settecentesca.
E questo è quanto. Ci vediamo presto su YouTube, su Spotify o qui. Alla prossima!