L'importanza del parlare con, la democrazia in crisi, il cinema italiano recente e un pizzico di Halloween per bambini
La democrazia è in crisi? Forse sì, i segnali negativi, da qualche anno a questa parte, sembrano essere molti. Ma forse, più ancora che la democrazia, ad essere in crisi è la società, o meglio sono i legami che tengono unita la società. Questa settimana ci ho riflettuto parecchio, partendo da un libro (Contro la democrazia), passando per un film che tratta un tema “libertario” (L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, ambientato in un momento di grande crisi da questo punto di vista come il 1968) e concludendo infine con un video che ho realizzato su Jean-Luc Nancy. Ne parliamo qui di seguito, insieme a molte altre cose.
Quello che ho letto
Questa settimana non ho letto tantissimo, a dire il vero: troppi impegni con la scuola, con YouTube, con la famiglia. Però almeno tre libri sono riuscito grossomodo a portarli avanti (anche se non ne ho finito neanche uno).
Contro la democrazia di Jason Brennan: ne ho parlato già un paio di settimane fa, perché ultimamente mi ci sto dedicando parecchio e vorrei riuscire a finirlo presto. È un libro estremamente interessante, anche se ovviamente (fin dal titolo) controverso. Ma è anche un saggio molto concreto, che non si perde in chiacchiere inutili – come a volte la filosofia sembra fare – ma analizza dati, ragionamenti, proposizioni, proposte, fin nell’ultimo dettaglio. Sono ormai quasi alla fine, manca l’ultimo sforzo e poi ci facciamo sopra una bella diretta su YouTube, con riassunto e discussione annessa. Vi anticipo già che non sono sostanzialmente d’accordo con la tesi dell’autore, ma penso anche che il problema sia attuale e forse Brennan non abbia tutti i torti.
Dune di Frank Herbert: trascinato dal successo del film di cui parlano un po’ tutti – ma che io non ho ancora visto –, ho pensato di iniziare la lettura anche di questo classico della fantascienza che, confesso, non ho mai letto. L’idea inizialmente era: leggo velocemente il libro e poi mi butto sul film. Il guaio è che non avevo calcolato la lunghezza del romanzo. Non so neppure se faccia per me: non sono tipo da grandi saghe fantascientifiche, tendo ad annoiarmi facilmente e di solito non rimango particolarmente affascinato dagli spazi siderali. Vediamo fino a quando reggo, ma intanto ci provo.
Come fermare il tempo di Matt Haig: sto continuando anche questo libro, anche se non è che mi prenda tantissimo. Almeno, rispetto ai primi capitoli che mi erano parsi un po’ scontati, la trama si è fatta ora un po’ più interessante e c’è stato qualche sviluppo inatteso, tra caccia alle streghe cinquecentesca, ricerca medica ottocentesca e svariati quadri di epoche passate. Come dicevo tempo fa, si tratta di un romanzo in cui il protagonista invecchia molto più lentamente della media, quindi finisce per vivere diversi secoli, quasi come un highlander. Il guaio è che non è solo, che c’è tutta un’intera setta di gente come lui.
Quello che ho visto
Questa settimana la televisione di casa è stata catalizzata da film di Halloween, soprattutto per bambini, com’era d’obbligo. C’è stato però spazio anche per un po’ di cinema italiano recente. Vi spiego tutto.
Martin Eden (2019), di Pietro Marcello, con Luca Marinelli, Jessica Cressy, Carlo Cecchi: da tempo ero incuriosito da questo film di cui avevo letto tutto e il contrario di tutto. Da un lato, mi è sembrato interessante l’esperimento di adattare il romanzo di Jack London spostandolo nella Napoli degli anni ‘70; dall’altro, mi ha convinto meno l’andamento della pellicola: tutta la prima parte, quella “prima del successo”, mi pare tutto sommato riuscita ed interessante, anche se non perfetta; la seconda parte, quella “dopo il successo”, invece regala qualche momento intrigante, ma in generale mi sembra decisamente sottotono. La storia è quella di un proletario, marinaio al porto, che sogna di diventare uno scrittore per conquistare la sua bella: alla fine riesce nella prima impresa, mentre per quanto riguarda la seconda le cose sono più complicate.
L’incredibile storia dell’Isola delle Rose (2020), di Sydney Sibilia, con Elio Germano, Matilda De Angelis, Leonardo Lidi: me l’ha consigliato, ancora vari mesi fa, un mio studente ormai diplomato e mi ero ripromesso di guardarlo; poi, per una cosa o l’altra, l’avevo sempre rimandato. A onor del vero non avevo capito che si trattava di un film di Sibilia (quello di Smetto quando voglio, di cui ho parlato proprio la settimana scorsa), quindi quando l’ho scoperto ho pensato che fosse giunto il momento di guardarlo. La storia è (almeno in parte) vera: racconta di un ingegnere bolognese che, sul finire degli anni ‘60, costruì una piattaforma al largo delle coste di Rimini, in acque internazionali, proclamando la nascita di un nuovo stato indipendente, almeno fino a quando non intervenne il governo italiano. La trama è interessante e ricorda quella – molto polesana – della Repubblica di Bosgattia, fondata negli anni ‘50 dallo slavista Luigi Salvini (se siete curiosi, potete trovare qualche informazione qui). A quanto ho letto, il film ha comunque ricamato molto sopra ai fatti, inventando parecchio, ma forse era inevitabile. Io, in generale, direi che la pellicola ha un grosso pregio e un grosso difetto: il pregio è che è frizzante e ben recitata, con un’ottima chimica tra Elio Germano (bravissimo) e Matilda De Angelis; il difetto è che alla fin fine non si capisce il perché di tutta quella operazione. Perché l’ingegner Giorgio Rosa costruì quella piattaforma? Solo perché gli piaceva costruire cose? Credo insomma che si potesse dare un retroterra più interessante, storico e ideologico, alla vicenda, perché altrimenti pare solo tutto un gioco fine a se stesso.
Hotel Transylvania 2 (2015) e Hotel Transylvania 3 (2018), entrambi di Genndy Tartakovsky: ad Halloween abbiamo dovuto vedere qualcosa di “pauroso” coi bambini, e la scelta è caduta su queste due pellicole. Io avevo già visto il 2 ma non il 3 (al cinema, in quell’occasione, li aveva portati la moglie). Sono film carini, discretamente divertenti, non particolarmente originali ma comunque simpatici. In famiglia ogni tanto ci vogliono anche pellicole del genere.
Quello che ho pensato
In generale, è stata una settimana pesante. Il lavoro, a scuola, è ormai entrato nel vivo, tra compiti da correggere, riunioni sempre più frequenti, progetti da avviare (e quest’anno sono davvero dentro a millemila cose, mio malgrado). In più c’è una famiglia da portare avanti, un canale YouTube da rimpolpare e così via.
Forse anche per tutto questo, mi ha fatto piacere questa settimana registrare – finalmente – il video dedicato al pensiero di Jean-Luc Nancy che avevo promesso proprio in una delle scorse newsletter. Mi sembra che sia incredibilmente attuale (se non l’avete visto, nel prossimo paragrafo c’è il link). In soldoni, Nancy spiega che il senso dell’essere secondo lui sta nella trama dell’essere stesso, sta nello spazio tra gli essenti, sta, cioè, nello spazio tra me e voi, tra voi e gli altri, tra noi e le cose. L’essere siamo noi; o meglio non tanto noi come singoli, né noi come tutto, ma noi come collegamento. E il senso dell’essere è la direzione della comunicazione tra di noi. Il senso dell’essere è la parola, come in parte diceva anche Heidegger; ma non la parola fine a se stessa, quanto piuttosto, secondo Nancy, il “parlare con”. Noi “viviamo con” quando condividiamo la vita con qualcuno; “dormiamo con” quando condividiamo il letto con qualcuno; “ceniamo con” quando condividiamo il pasto con qualcuno; e allora “parliamo con” quando condividiamo la parola con qualcuno, cioè parliamo ed ascoltiamo, ci scambiamo, ci incontriamo tramite la parola.
È un discorso che mi piace molto e che trovo anche incredibilmente attuale. Oggi comunichiamo tantissimo, ma parliamo con pochi. Scriviamo tutto il giorno messaggi, stiamo sui social network, diciamo cose agli altri ed esprimiamo opinioni, ma molto spesso questo parlare non è incontro. Lo dico anche per me: io parlo per lavoro. Quando faccio lezione, parlo. Quando registro video, parlo. Ma “parlo con” o “parlo e basta”? “Parlo con” o “parlo a”? “Parlo con” o “parlo di”? Sono domande che vale la pena porsi.
“Parlare con”, nel caso di un insegnante, vuol dire – mi pare – interloquire coi ragazzi. Vuol dire che io parlo a loro di qualcosa (presento il mio mondo, come direbbe Nancy), ma allo stesso tempo voglio che loro parlino a me di qualcosa, mi facciano conoscere il loro mondo. A volte ci si riesce, per fortuna: l’altro giorno nelle mie due terze mi sono fatto raccontare, per introdurre i sofisti, di tutte le volte in cui si sono fatti fregare da un venditore (in 3ª B) e di tutte le merendine che secondo loro sembrano buone in pubblicità ma in realtà non lo sono (in 3ª A). Voi direte: e cosa c’entra questo con la filosofia? Non c’entra, è chiacchiera. Ma anche questo mi è piaciuto di Nancy: Heidegger criticava le chiacchiere, perché banali e prive di autenticità; Nancy invece le ritiene anch’esse comunicazione vera. Io sono d’accordo con quest’ultimo: quando mi faccio raccontare del Buondì Motta o del braccialetto venduto dall’ambulante in spiaggia, creiamo un contatto. Perché non è importante tanto quello che ci diciamo, o meglio quello è importante solo ad un secondo livello; al primo livello conta il “parlare con”, qualsiasi cosa ci si dica.
C’è bisogno di parlare di più con gli altri. Non dico con tutti, non dico con i casi persi e irrecuperabili: con alcuni parlare è difficile o addirittura impossibile. Ma forse è difficile parlare con loro perché per troppo tempo queste persone non hanno avuto nessuno che parlasse, appunto, “con” loro, perché per troppo tempo hanno avuto solo persone che parlavano “a” loro o “contro” di loro.
Insomma, è un tema interessante, su cui vale la pena di riflettere, da qui in poi. Voi cosa ne pensate? Questa società parla tanto, ma “parla con”?
Quello che ho registrato e pubblicato
Filosofia, storia, podcast, libri: questa settimana c’è davvero di tutto. Eccovi l’elenco di tutto quello che ho pubblicato, se vi siete persi qualcosa.
Jean-Luc Nancy: essere singolare plurale: come ho scritto poco sopra, in 45 minuti ho cercato di sintetizzare i contenuti più interessanti della riflessione ontologica del filosofo venuto a mancare solo qualche settimana fa
Le Internazionali del Novecento: concludo il ciclo di video sulle Internazionali socialiste con uno sguardo al Novecento, partendo dal Comintern fino ad arrivare all’attuale Internazionale, tra speranze e disillusioni
L’indipendenza dell’America Latina: era da tempo che mi ero reso conto che mancava un tassello importante nella nostra storia globale, quello dedicato all’indipendenza dei paesi sudamericani
Tommaso d’Aquino: politica ed estetica: anche nel caso di Tommaso d’Aquino, dopo una serie di video siamo giunti alla conclusione di un percorso, con due temi forse secondari ma interessanti della sua riflessione
Così parlò Zarathustra: audiolibro e spiegazione parte 9: un altro pezzo importante nella nostra ciclopica opera di lettura integrale del capolavoro di Nietzsche, con una puntata dedicata ai dotti, ai sublimi e alla risata
La dialettica e il sillogismo non dimostrativo (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La repressione e i nuovi ordini religiosi (per il podcast “Dentro alla storia”)
Cosa c’è in arrivo
Come al solito, chiudiamo con qualche anticipazione sulla settimana prossima e su quelle a venire. Per quanto riguarda i video, questo il programma che spero di rispettare:
riprenderò, dopo un po’ di pausa, a parlare di Max Weber, visto che c’è ancora parecchio da dire;
riprenderò anche a fare qualche video di storia antica, visto che la tematica l’ho un po’ trascurata negli ultimi tempi;
ovviamente arriverà almeno anche una nuova puntata dello Zarathustra;
forse arriverà anche la diretta su Contro la democrazia;
infine non mancheranno neppure i podcast: ci aspettano la metafisica aristotelica e l’antisemitismo all’inizio dell’età moderna.
Ecco, questo è quanto. Come al solito, se avete temi o libri o film interessanti da proporre, scrivetemi. Alla prossima!