Parliamo dei giovani che fanno gli esami e di noi vecchi che li commentiamo, ma anche di epidemie, Phoebe Waller-Bridge, i Monty Python, Fahrenheit 451, Fratelli d'Italia, la mente e la felicità
Cari lettori, sono ufficialmente in ferie; ufficialmente ma non ufficiosamente. Mi spiego meglio: gli esami sono finiti per me lo scorso 3 luglio, mercoledì, con gli ultimi orali, lo scrutinio finale e la pubblicazione degli esiti. Dal giorno successivo, il 4, sono cominciate quindi le ferie, anche se per la verità, a parte un paio di giorni passati al mare con la famiglia, in queste giornate sono stato sempre attivo nei vari progetti che sto portando avanti. Non vi preoccupate: mi prenderò anche delle ferie vere e proprie, staccando per qualche tempo del tutto da ogni lavoro (ma continuando a pubblicare: da anni ho imparato a “portarmi avanti” e preparare i video in anticipo), ma non è ancora questo il momento.
Anzi, devo dire che negli ultimi mesi le proposte per “ampliare l’offerta”, e cioè per portare la storia e la filosofia anche al di fuori del canale YouTube e dei podcast, si sono fatte numerose. Si tratta in certi casi di progetti a lungo termine, che vedranno la luce solo tra parecchi mesi, ma a cui sto lavorando già ora. Senza parlare di incontri che si iniziano a programmare nel nord Italia per il prossimo autunno: quando avrò le date precise, ve le comunicherò, così che possiate tenervi liberi per tempo.
Ad ogni modo, quello che probabilmente ora come ora interessa a voi è che avrò un po’ più di tempo libero, nelle prossime settimane, per dedicarmi anche a questioni che ho lasciato indietro negli ultimi tempi: mi avete chiesto, ad esempio, video esplicativi sul tema dell’autonomia differenziata, della riforma costituzionale proposta da Giorgia Meloni e delle elezioni (oltre alle europee, hanno fatto molto discutere quelle in Francia e nel Regno Unito, senza contare che ci si avvicina alle presidenziali negli Stati Uniti). Insomma, nelle prossime settimane anche questi argomenti di attualità troveranno spazio nel canale.
Qui nella newsletter, però, affrontiamo una cosa per volta. Ora partiamo dai libri, per poi proseguire come sempre con i film, le riflessioni e tanto altro ancora. Cominciamo.
Quello che ho letto
La prima sezione è come sempre dedicata ai libri: rispetto alla settimana scorsa questa volta non ci sono novità particolari, anche se un libro ormai l’ho finito e altri due si approssimano anch’essi alla conclusione. Vediamoli.
La mente allargata di Riccardo Manzotti: continua in primo luogo la mia lettura, lenta ma costante, del bel libro di Riccardo Manzotti intitolato La mente allargata. Si tratta di un volume, come vi ho già già spiegato nelle settimane scorse, di filosofia della mente, ma notevole soprattutto per la tesi che vi si sostiene: che cioè la mente non sia una sorta di coscienza immateriale creata dal cervello, come siamo normalmente portati a immaginare, ma piuttosto il frutto dell'interazione tra i nostri sensi e gli oggetti che ci circondano, quasi che essa “risieda” quindi non tanto dentro di noi quanto piuttosto al di fuori di noi. Che cos'è infatti la percezione di una mela, argomenta Manzotti, se non qualcosa che inerisce all'oggetto stesso, cioè alla mela? Cos'è in fondo un ricordo, se non una percezione, magari imprecisa e confusa, di un oggetto del passato? E cos'è in fondo anche lo stesso passato, considerando che molte cose che riteniamo parte del nostro presente in realtà sono avvenuti in un tempo diverso da quello che stiamo vivendo, come ad esempio le stelle, che vediamo ora ma la cui luce ha brillato molto tempo fa? Insomma, i dubbi che Manzotti pone sono estremamente stimolanti e sicuramente nella sua argomentazione ci sono dei punti molto forti che, anche grazie ai più recenti studi sulla mente, sembrano anche solidi. Qualche dubbio personalmente ancora mi rimane, nonostante Manzotti sia molto abile a spiegare il suo punto di vista. Ormai sono quasi alla fine del volume e tirerò le somme solo all'ultima pagina. Se intanto il libro vi può interessare, lo potete comprare qui.
La destra al potere di Carlo Galli: continua anche la lettura di questo breve saggio di Carlo Galli, appena pubblicato da Raffaello Cortina e incentrato su un tema di grande attualità: la natura di Fratelli d'Italia, il partito che sta dominando la scena politica italiana ormai da un paio d'anni e che però rimane ancora, almeno agli occhi dell'opinione pubblica, difficile da inquadrare. Partendo dallo spunto che ha tenuto banco negli ultimi mesi, se cioè Fratelli d'Italia rappresenti un rischio per la democrazia (anche per via della sua irrisolta questione col fascismo), Galli porta però avanti un'analisi molto più approfondita, che si riallaccia agli importanti studi del pensiero politico condotti dal filosofo emiliano. Non ho ancora finito la lettura del volume, anche se ormai intravedo le ultime pagine, ma credo che la sua tesi principale possa essere riassunta così: Fratelli d'Italia certo presenta al suo interno delle contraddizioni e dei conti ancora da regolare con la storia, ma del fascismo in realtà conserva ben poco, essendo più facilmente ascrivibile a una tendenza della destra conservatrice populista e nazionalista che non ha in realtà nessuna intenzione di arrivare allo scontro col sistema capitalistico, ma che anzi lo accetta in tutte le sue premesse fondamentali. Galli, richiamandosi a precisi riferimenti culturali di Giorgia Meloni e ai suoi discorsi pubblici, mostra infatti come alla base del pensiero della Presidente del Consiglio ci sia ben poco del vecchio corporativismo fascista o della stessa filosofia di alcuni mostri sacri della destra italiana come Giovanni Gentile o Julius Evola, visto che, piuttosto, i riferimenti sembrano banalmente molto più vicini al fantasy de La storia infinita o de Il signore degli anelli. La base ideologica infatti – come si legge nella terza e più interessante parte del saggio di Galli – pare essere una forma di reazione al nichilismo tipico della modernità: in un mondo in cui tutti i punti di riferimento sembrano in procinto di crollare, Meloni e soci propongono una via di fuga, che consiste nell’ancorarsi, tramite alcune figure pseudo-eroiche in lotta contro il mondo, ai valori tradizionali, che dovrebbero costituire un argine alla crisi. Come Atreiu, il co-protagonista de La storia infinita così spesso ripreso dalla retorica della Meloni, gli esponenti di Fratelli d'Italia sembrano porsi come degli eroi in guerra contro il dilagare del nulla, in una lotta impari che loro però ritengono di poter, se non vincere, almeno rendere onorevole. Questa retorica auto-esaltatoria permette di comprendere anche alcuni dei tratti caratteristici della Meloni Presidente del Consiglio, come una certa aggressività nei toni, un certo vittimismo davanti alle accuse e il fastidio di fronte al pluralismo politico e giornalistico. Il libro insomma offre notevoli spunti di riflessione e ve lo consiglio: se vi interessa, lo potete acquistare qui.
Felicità® di Will Ferguson: questa settimana ho terminato, per la verità anche in scioltezza, questo romanzo di cui vi ho già parlato nelle puntate scorse. La trama, senza troppi spoiler, è piuttosto suggestiva: uno svogliato redattore di una casa editrice americana specializzata in libri di auto-aiuto si imbatte per caso in un manuale che è stato proposto per la pubblicazione, manuale che sembra a prima vista pessimo e banale ma che si rivela, nonostante questo, incredibilmente efficace. Nel giro di poco tempo, il libro diventa infatti un best-seller memorabile e risolve, di fatto, il problema dell’infelicità in America: leggendolo, tutti (o quasi) imparano a vivere vite più soddisfacenti, a smettere di fumare, a migliorare le relazioni di coppia e via discorrendo. La domanda fondamentale che si pone l’autore, quindi, diventa: cosa accadrebbe, in un mondo senza più infelicità? Come si vivrebbe, senza più insoddisfazione? Cosa ne sarebbe dell’umanità, senza più l’ambizione del cambiamento? Will Ferguson si pone tutti questi quesiti e prova a rispondere con una trama sarcastica e divertente, capace anche di qualche momento molto riuscito. Il libro ve lo consiglio soprattutto se amate quelle storie paradossali che aiutano però anche a riflettere: lo trovate qui.
Quello che ho visto
Proseguiamo ora con i film (uno solo questa settimana, un classico) e le serie tv (due, entrambe comiche, entrambe britanniche).
Monty Python’s Flying Circus episodi 2.10-2.11 (1970), con John Cleese, Graham Chapman, Eric Idle: vi parlo spesso del Monty Python’s Flying Circus, una delle serie tv più belle e innovative realizzate a cavallo degli anni '60 e '70, e oggi disponibile in lingua originale, con i sottotitoli in italiano, su Netflix. Proprio perché ne sto vedendo le puntate un po' alla volta, vi ho anche raccontato come non sempre tutti gli episodi siano dello stesso livello, con alcuni sketch più riusciti ed altri un po' più scontati, anche se la media rimane sempre piuttosto alta. Questa settimana però vi devo confessare di aver visto un paio di episodi veramente divertenti, più del solito: si tratta della decima e dell’undicesima puntata della seconda stagione, intitolate rispettivamente Scott dell'Antartico e Come non essere visti. Nel primo, lo sketch più importante è relativo alla produzione di un assurdo film ambientato appunto all’Antartico, con un protagonista improbabile che si batte contro un leone; nel secondo, si assiste ad un finto documentario che insegna (male) come nascondersi per non farsi scovare e uccidere. Ma le gag sono molte, sugli argomenti più disparati: si prendono in giro il cinema d’essai, le licenze per animali domestici, i denti troppo grandi, le religioni assurde e convenzionali e tanto altro ancora. Lo sketch che mi ha fatto più ridere, comunque, è quello del giallo all’insegna degli orari ferroviari: un concentrato di non-sense, parodia e anche buone interpretazioni degli attori che coinvolge tra l’altro quasi tutti i membri del cast. La serie la trovate su Netflix.
Crashing episodi 1.01-1.02 (2016), di Phoebe Waller-Bridge, con Phoebe Waller-Bridge, Louise Ford, Jonathan Bailey: qualche anno fa sono rimasto piacevolmente incantato dalla visione di Fleabag, serie tv irriverente e corrosiva, pensata e interpretata dalla brava Phoebe Waller-Bridge. Ma questo forse già lo sapete, perché appunto Fleabag è stata a suo tempo al centro di moltissime recensioni, analisi e celebrazioni, vincendo Emmy e Golden Globe a volontà. Io però non sapevo, o almeno non ricordavo, che nello stesso periodo in cui sugli schermi inglesi andava per la prima volta in onda quella serie, Phoebe Waller-Bridge portava in tv anche un’altra sua opera, sempre sotto la forma della miniserie: si tratta di Crashing, che a quanto mi risulta non è mai stata doppiata in italiano ma che è possibile reperire senza difficoltà su Netflix in lingua originale (con i sottotitoli). Nei giorni scorsi, su consiglio di una mia ex allieva, ho visto i primi due episodi dello show, e se devo dire che il primo mi ha incuriosito, il secondo mi ha fatto ridere sonoramente. La trama prende avvio quando Lulu, interpretata proprio dalla Waller-Bridge, va a trovare il suo amico di infanzia Anthony, impegnato in una relazione duratura con Kate: solo che l’amicizia tra Lulu e Anthony sembra più intensa del previsto e questo manda ai matti la perfezionista Kate, che diventa gelosa fino ad esiti esilaranti. In più, attorno a questo triangolo si dipanano altre storie d’amore più o meno originali, con un grande gusto della sorpresa e dell’assurdo. Il linguaggio è fin troppo esplicito, come in ogni serie di Phoebe Waller-Bridge, ma si ride anche molto; l’unica cosa che manca, rispetto a Fleabag, è quel retrogusto amaro che là era ben individuabile e che invece qui, almeno per ora, sembra meno presente (anche se un momento drammatico compare anche nel secondo episodio). Da provare sicuramente.
Fahrenheit 451 (1966), di François Truffaut, con Oskar Werner, Julie Christie, Cyril Cusack: Fahrenheit 451 è uno dei miei libri del cuore. Lo scoprii per caso, da ragazzino, e in un modo anche abbastanza deludente, quantomeno per me. Lasciatemi raccontare. Facevo credo il liceo, e avevo avuto, improvvisamente, una strana idea che mi era balenata in testa, ovvero la trama di un racconto che, nella foga del momento, mi ero messo a scrivere in fretta e furia. Non sto a entrare nei dettagli, ma sappiate che lo spunto iniziale verteva attorno a un mondo distopico in cui i libri erano stati completamente sostituiti dagli audiolibri, tanto che la scrittura era stata totalmente dimenticata. Ero molto orgoglioso di questa mia piccola produzione giovanile, fino a quando non mi imbattei per caso nel film di François Truffaut, appunto Fahrenheit 451, che fino ad allora non conoscevo o quantomeno non ricordavo di conoscere. Lessi la trama del film su un giornale e mi dissi: cavolo, ma è quasi uguale al racconto che ho appena scritto, come se mi avessero plagiato. Solo che il film era del 1966, mentre la mia idea mi era venuta in mente più di trent'anni dopo. Insomma, il plagiatore ero io, anche se involontariamente. A quel punto mi procurai il libro di Ray Bradbury (che ha ispirato il film), e lo lessi tutto d'un fiato, per poi guardare anche l’adattamento di Truffaut. Credo di non averlo più rivisto da allora, e parliamo appunto di almeno 20 o 25 anni fa. Nei giorni scorsi però ho scoperto che era di nuovo disponibile su Amazon Prime Video e me lo sono così riguardato di gusto. La pellicola non è di per sé una delle migliori di Truffaut, forse perché manca quell'elemento personale e autobiografico che contraddistingue la miglior produzione del regista francese; ciò nonostante, è comunque molto valido e a tratti inquietante. La trama grossomodo credo la conosciate un po' tutti, ma vale comunque la pena qui di recuperarla: Guy Montag è un pompiere in un mondo futuribile in cui però i vigili del fuoco non spengono più gli incendi, quanto piuttosto li creano; e li creano esclusivamente per bruciare libri, che sono oramai proibiti dalle leggi ma che qualcuno si ostina a conservare e gustare clandestinamente. Solo che, mentre svolge in maniera indefessa il proprio compito, il pompiere si imbatte in una ragazza che un po' alla volta lo converte alla causa della letteratura e lo spinge a ribellarsi. Il film è interpretato da Oscar Werner, già magistrale protagonista di Jules e Jim (sempre di Truffaut), e da una giovane Julie Christie, all'epoca appena uscita da successo del Dottor Živago. Lo trovate, come detto, su Amazon Prime Video.
Quello che ho pensato
Ritorniamo, com’è inevitabile a questo punto di luglio, sull’Esame di maturità. Lo so, ne ho parlato anche la settimana scorsa e alcuni di voi potrebbero non essere per nulla interessati all’argomento, ma penso che quello che è successo quest’anno possa darci almeno in parte la cifra di quello che la nostra società sta vivendo negli ultimi tempi soprattutto nel rapporto tra generazioni.
I temi caldi di quest’esame – che in un modo o nell’altro per la verità ritornano di anno in anno – sono stati due: da un lato, la faccenda delle ragazze veneziane che hanno contestato il voto degli scritti, rifiutandosi di rispondere alle domande all’orale; dall’altro, la polemica scoppiata sui social riguardo ai fiori che solitamente vengono portati ai maturandi da genitori o amici dopo la prova orale.
Ognuno si è espresso su questi temi; e per la verità, a me pare che pochi abbiano davvero toccato il punto di queste questioni, usandole piuttosto a pretesto per sostenere la loro idea preconcetta appunto sui giovani.
La frase più frequente che ho sentito pronunciare tra gli over-50, riguardo alle tre ragazze veneziane, è stata ad esempio: «Ma come si permettono?». E il bello è che quegli over-50, spesso, sono quelli che in altro contesto ti raccontano del loro liceo, negli anni '60 e '70, ricordando quanto loro erano autonomi, ribelli; di quanto non si lasciavano mettere i piedi in testa dai professori; di quanto osassero sfidare l’autorità. Incendiari che diventano pompieri alla prima occasione, e anzi si lanciano – senza neppure rendersene troppo conto – in una difesa del principio di autorità che sfocia nella difesa dell’ordine gerarchico. Al di là del fatto che le ragazze veneziane avessero ragione o torto – e questo, come ho provato a spiegare la settimana scorsa, noi certo non lo sappiamo –, hanno sì sfidato la commissione non rispondendo alle domande, ma hanno pagato consapevolmente le conseguenze del loro gesto, ottenendo all’orale 4 punti su 20 disponibili (cioè un 2, in decimi). «Andavano bocciate!», ho sentito dire; e in realtà non sarebbe stato possibile neppure volendolo, perché la promozione arriva dalla somma dei punteggi ottenuti nelle varie prove, e loro avevano già superato quota 60 punti prima dell’orale. «E allora non sono state davvero coraggiose, perché non rischiavano nulla», ho sentito anche ribadire: al di là del fatto che a questo punto ad alcuni non ne va bene una (prima i giovani sono troppo ribelli, poi troppo poco), bisogna sottolineare che le ragazze hanno pagato uscendo con un voto misero dall’esame, ed è già qualcosa. Ci sono molti, in Italia, che non pagano neppure per cose ben peggiori: fustigarle sulla pubblica piazza mi parrebbe eccessivo, in un paese in cui la Presidente del Consiglio fino a qualche anno fa definiva Mussolini il più grande statista del secolo e il Ministro della Cultura fa gaffe ad ogni occasione pubblica.
Anche sul secondo tema – quello dei fiori alla maturità – gli over-50, con l’aggiunta per la verità di qualche over-30, si sono sbizzarriti: hanno detto che regalare quei piccoli mazzi è segno della decadenza dell’Occidente, di ragazzi troppo vezzeggiati, viziati e coccolati; del tipo: «Ai miei tempi sì che si studiava, senza ricevere neppure una pacca sulla spalla, perché era nostro dovere». Il che, ovviamente, è una mezza bugia: nel senso che già ai miei tempi i complimenti per l’esame di maturità si ricevevano eccome (non i fiori, ma i complimenti, cavolo, sì, e di solito anche un regalino), ma pure in passato non era raro che arrivassero elogi per i maturandi. Vi cito solo un caso, certo aneddotico, ma significativo: nelle mie varie interviste ad ex allievi del liceo in cui insegno, ho sentito tempo fa anche le figlie di un signore diplomato negli anni '30, quando il liceo era durissimo e all’esame si portava il programma di tutte le materie. Ebbene, le signore ci hanno mostrato, orgogliose, le cartoline ricevute dal babbo dopo l’Esame di Maturità: cartoline in cui i professori (dando rigorosamente del “lei”) si congratulavano col diplomato. Cartoline postali, scritte apposta, a mano, con tanto di francobollo e tutto il resto; cartoline piene di belle parole e di sentimento. Un tempo si mandavano le cartoline, oggi si danno i fiori: forse erano più belle le prime, anche perché erano scritte a mano ed erano pensate per durare, ma non ci vedo tutta questa gran differenza.
L’unico appunto, secondo me, che si può muovere ai giovani su questi due temi non riguarda tanto l’opportunità dell’una o dell’altra cosa, quanto della loro manifestazione estrema. Qualcuno ha detto che i fiori servono esclusivamente per pubblicare delle belle foto su Instagram, e per alcuni magari è anche vero (ma non per tutti: la maggior parte dei miei studenti su Instagram ha messo foto con gli amici o col dito medio rivolto alla scuola, non tanto con i fiori); però è vero che in questa società, ormai, un esame non è un esame se non è condiviso e se non finisce a favore di telecamera. Ma questo, a onor del vero, non vale solo per i diciottenni: Instagram era pieno, in questi giorni, anche di foto di anziani professori assieme al pacco con la ceralacca in cui si conservano le prove d’esame, tutti presi a immortalare la scena assieme alla loro commissione.
Insomma, i ragazzi hanno gli stessi difetti, almeno in parte, di noi adulti, e rimproverare a loro le cose che facciamo (o abbiamo fatto) anche noi pare un po’ ingeneroso.
Ma appunto questo ci dice un po’ anche di come gestiamo in generale il rapporto con le giovani generazioni. Si tratta di generazioni fragili e incerte, certo, con mille problemi di autostima e di rapporto con i social, ma il nostro atteggiamento credo non le aiuti; anzi, peggiora forse la situazione. Perché noi siamo sempre lì pronti a giudicarli, questi giovani, per quello che fanno. Quando facevano i Fridays for Future (causa nobile: se ne potevano criticare forse le modalità, non certo gli intenti) dicevamo che non avevano voglia di studiare; quando si sono chiusi in casa a studiare per il Covid, dicevamo che non avevano voglia di impegnarsi per la società; quando vanno in ansia (e cioè sempre più spesso), diciamo che dovrebbero essere più forti; quando gli amici cercano di sostenerli in questo sforzo, diciamo che dovrebbero farcela da soli. Insomma, chiediamo loro tutto, forse troppo; e se loro crollano – perché a volte crollano, o ci vanno vicini – diciamo: visto che non siete capaci?
Certo, una volta determinati problemi non erano così rilevanti, e noi adulti facciamo fatica a capirli. Io stesso, che sono a stretto contatto con questi ragazzi e credo tutto sommato di comprenderli abbastanza, faccio fatica a mettermi davvero nei loro panni, a capire come mai risentano così tanto dello stress delle prove. Magari abbiamo sbagliato qualcosa noi come genitori; magari è tutto un meccanismo sociale a determinare questa situazione; magari sono i social network, i cellulari, il confronto perenne. Più probabilmente è la somma di tutti questi fattori, e di molti altri; però il fatto è che ormai ci siamo dentro, e rimpiangere i tempi perduti o dare addosso ai ragazzi, senza proporre una soluzione, è tempo perso e serve solo a peggiorare le cose (o a farci sentire egoisticamente migliori di loro).
Per questo mi sento di dire che, in linea di principio, non c’è nulla di male in un mazzo di fiori, anzi: è un modo per non far sentir solo il maturando. Quando feci io l’esame, ovviamente, non c’era nessuno ad aspettarmi fuori dalla porta. Venne ad ascoltarmi mia sorella, se ricordo bene, ma giusto perché qualche anno dopo sarebbe toccato a lei e voleva farsi un’idea di com’era strutturato quell’esame; c’erano, probabilmente, due o tre compagni di classe, ma giusto perché in ordine alfabetico poi sarebbe toccato anche a loro, ed erano curiosi. Non c’era nessuno a celebrarmi, sul momento, perché non c’era l’abitudine di farlo; ma non è che i miei genitori non ci tenessero, e se avessi avuto la fidanzata – ahimé, ero single, ma a dirla tutta in quel momento anche per colpa mia – qualcuno a farmi festa ci sarebbe sicuramente stato. Alla laurea c’erano genitori, parenti, amici, fidanzata: e la discussione della tesi in fondo era meno impegnativa di un orale di maturità.
Ah, ultima cosa, per chiudere la questione sull’esame che deve essere serio e duro, e quindi anche abbassare pesantemente il voto con cui si è stati ammessi: ma vi rendete conto in effetti che il giorno della laurea è di solito meno “pesante” di quello dell’orale di maturità? Alla tesi ci lavori per mesi e la discussione, in sé, vale solo un piccolo quantitativo di punti: in pratica il tuo voto è deciso molto più dal percorso (dai voti presi cioè in tutti gli esami) che dall’ultima tappa. Alla maturità avviene – da sempre, e anzi una volta ancora più pesantemente – il contrario: la prova finale vale molto più del percorso.
Senza contare, poi, il problema dell’estrema variabilità delle commissioni. Fate rifare allo stesso ragazzo tre volte l’esame di maturità, con tre commissioni diverse: prenderà tre voti differenti, a volte anche nettamente differenti. Non è raro che un ragazzo che potrebbe in teoria puntare al 100 esca, per una serie di fattori anche fortuiti, con 80 o anche meno: e quando questo succede non vi pare che il tutto diventi incredibilmente aleatorio?
Si parla tanto di merito, in questi anni, e il Ministero l’ha perfino inserito nel suo nome. Ma siamo sicuri che non si dica “merito” per significare, in realtà, “gerarchia”, come sostiene Carlo Galli ad un certo punto nel suo libro di cui ho parlato sopra? Perché, ritornando alle ragazze di Venezia, pare che il merito nelle idee di qualcuno consista nell’accettare senza possibilità di contestazioni il giudizio dell’autorità, senza neppure chiedersi se quell’autorità abbia agito bene o male, rigorosamente o a caso. In realtà il “merito”, quello vero, presupporrebbe invece una valutazione obiettiva, efficace di questo merito; e invece si suggerisce che si debba star buoni lì, al proprio posto, accettando tutto. E invece merito e gerarchia non sono la stessa cosa, no?
Quello che ho registrato e pubblicato
Facciamo ora anche il punto su tutti i video usciti nei giorni scorsi:
Rasoio di Occam e sue implicazioni: partiamo da un approfondimento, per il nostro Dizionario filosofico, sul più famoso principio di economia ontologica
Il Manifesto del Partito Comunista - audiolibro spiegato parte 1: iniziamo la lettura integrale e commentata di un altro capolavoro della storia della filosofia
Storia dei Medi e dei Persiani: un nuovo capitolo della storia dell’antichità, con la nascita dell’impero persiano
La vita e l'approccio di David Hume (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Inizia il biennio rosso in Italia (per il podcast “Dentro alla storia”)
Entra in scena lo squadrismo fascista (per il podcast “Dentro alla storia”)
Holmes, Watson e la filosofia
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Ah, prima di dimenticarci vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
Il canale YouTube | Instagram | Facebook | Twitter/X | TikTok | Threads
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono gli abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i consigli della settimana.
La danza della peste di Charles Kenny: negli ultimi anni abbiamo imparato a conoscere fin troppo bene che cosa sia una pandemia; eppure questo fenomeno non è affatto nuovo, e si potrebbe tracciare una storia dell’umanità proprio attraverso le malattie infettive. Ci ha provato anche Charles Kenny, in un libro che è recente ma che è già a suo modo diventato un classico, appunto La danza della peste, pubblicato da Bollati Boringhieri. Se non l’avete mai letto, vale la pena di dargli una possibilità: lo trovate qui.
sui social questa settimana ho segnalato come al solito diversi libri appena usciti che mi paiono interessanti, una sorta di “lista della spesa” che dovrebbe rivelarsi utile anche in primis per me. Ecco i volumi, se ve li siete persi (se vi interessano, cliccate sopra alle immagini per altre informazioni):
C’è poi un nuovo modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ne è comparso uno nuovo chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate, passando anche per il Club del Libro e il Simposio. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Quello che c’è in arrivo
E chiudiamo anche questa settimana con qualche anticipazione su quello che vorrei pubblicare nei prossimi giorni sul canale:
domani niente video, perché saremo impegnati nell'incontro mensile del Club del libro assieme agli abbonati (se volete partecipare, info qui);
mercoledì vorrei proporvi un video richiesto da molti: un’analisi di come sono andate le recenti elezioni in Europa, in Francia e nel Regno Unito (e su come prospettano di andare negli Stati Uniti);
giovedì e venerdì, poi, torneranno i podcast, con due puntate dedicate rispettivamente in filosofia a David Hume e in storia all'avvento del fascismo;
sabato, poi, vorrei pubblicare un video della serie dedicata alla filosofia dei grandi scrittori, concentrandomi sull'importante figura di Franz Kafka;
domenica, quindi, vorrei realizzare un nuovo video del Corso di logica, che aspetta da un po' di tempo una nuova puntata;
per lunedì prossimo, infine, punto a realizzare un video su Simone Weil, anche questo richiesto da molti.
E questo è tutto anche per questa settimana. Godetevi le vacanze, leggete Anche Socrate qualche dubbio ce l'aveva (lo trovate qui) e dedicate un po' di tempo alla storia o alla filosofia, come è sempre bene fare. Ci rivediamo qui tra sette giorni esatti.