Parliamo del senso del tempo (e della vita), ma anche di The Bear, della storia delle Olimpiadi, di Fidanzata in affitto, della rivolta Houthi in Yemen, di Marco Aurelio e di Benjamin Labatut
Da due anni a questa parte, lo scenario internazionale non è per nulla rassicurante.
A preoccuparci per prima è stata la questione dell’Ucraina, con l’improvvisa invasione russa, che sarebbe potuta durare pochi giorni ma che si è rapidamente trasformata in una guerra stanziale, di logoramento.
Poi, tre mesi fa, è arrivato l’attacco di Hamas a cui è seguita l’invasione da parte di Israele della Striscia di Gaza, altra guerra che – al di là degli sforzi internazionali per trovare una soluzione – si sta rivelando lunga e sanguinosa.
Infine adesso la nostra attenzione si è spostata anche sul Mar Rosso: proprio questa settimana ho dedicato un video alla questione degli Houthi, di cui si è cominciato a parlare anche sui mezzi di comunicazione, anche se in realtà la guerra civile in Yemen dura ormai da parecchi anni.
In generale, in tutti e tre questi scenari si vede un desiderio di cambiare gli equilibri, di inserirsi e allargare le sfere d’influenza: è un momento evidentemente fluido, di sommovimenti; e purtroppo la fluidità, in questo campo, significa a volte anche guerra, morte e distruzione. Sperando che le varie situazioni di tensione non si allarghino: al momento, gli attori che potrebbero entrare in gioco sono parecchi, e bisogna sperare che le tensioni vadano via via sciogliendosi invece che alimentarsi.
In questo panorama che non è certo semplice, continuo a ritenere che la storia e la filosofia possano darci una mano, soprattutto se affrontate con sguardo critico e autocritico: davanti alle guerra le persone – e a volte anche gli intellettuali – cercano spesso semplificazioni, si schierano in fazioni che tendono a non voler più pensare e solo a sostenere il proprio unilaterale punto di vista; e invece mantenere la mente aperta, studiare di più e approfondire le questioni è una premessa imprescindibile per affrontare i problemi.
Qui proviamo a farlo, o almeno ad avviarci verso quella direzione: un canale YouTube, qualche mail e qualche post sui social ovviamente non bastano, ma possono indirizzare verso gli approfondimenti necessari.
E ovviamente, anche in questa puntata non parleremo solo di guerra: perché la vita umana è tante cose messe assieme. Cominciamo.
Quello che ho letto
Due nuovi libri entrano in lista questa settimana, mentre un altro volume che aveva appena fatto il suo ingresso saluta già e viene messo in archivio.
Quando abbiamo smesso di capire il mondo di Benjamín Labatut: partiamo da un libro che ho cominciato un po’ per caso, preso soprattutto dal fatto di averne visto la copertina praticamente ovunque, negli ultimi due anni. Ma, al di là appunto della copertina e del titolo accattivante, non ne sapevo davvero niente: mi ero convinto, credo, che si trattasse di un saggio scientifico, magari particolarmente profondo ma non inaccessibile (questo probabilmente a partire dal fatto che fosse pubblicato da Adelphi). Non mi aspettavo, però, di trovare quello che ho trovato. Sì perché per ora – e sono rapidamente arrivato già oltre la metà del libro – il volume mi ha decisamente stordito. Non che questo sia per forza un difetto; ma semplicemente non ho ancora capito cosa aspettarmi, e non so cosa troverò nei capitoli che mi mancano alla fine. All’inizio, sembra di essere davanti a un saggio sulla chimica e sui suoi progressi, a volte fortuiti e a volte no; poi però lo scenario cambia rapidamente, e pensi che forse l’autore stia disseminando una serie di pezzi di un puzzle, che ad un certo punto comincerà a riunire in modo da formare un quadro complessivo unitario. Poco dopo, però, inizi anche a pensare che sia difficile scorgere questo quadro complessivo, anche perché Labatut si fa prendere facilmente la mano, e parte con digressioni infinite che spostano l’obiettivo non solo del libro, ma anche della semplice pagina su lidi sempre diversi. Senza contare che rapidamente si passa dalla chimica alla matematica, e poi alla fisica; e che alcune delle storie raccontate mi sembrano, a naso, un po’ esagerate, in modo da risultare più sorprendenti di quanto in realtà non siano state. Insomma, sono arrivato a metà libro senza capire quale strano mostro avessi davanti, se un saggio o un’opera di narrativa, se un libro fedele alla storia o con discreti gradi di invenzione; e a quel punto ho fatto una cosa che di solito non faccio: sono andato a guardare sul web, soprattutto per capire il modo in cui il volume veniva inquadrato. Su Amazon lo catalogano come “Fantascienza su storia alternativa”, quasi fosse una ucronia (no, non lo è). Il sito di Adelphi lo fa rientrare in tre generi diversi: Letteratura spagnola e iberoamericana / Ritratti / Storia della scienza. IBS non si sbilancia, ma ci sottolinea che il libro ha vinto il Premio Galileo per la divulgazione scientifica. E in effetti mi rendo conto che inquadrarlo è ben complicato: c’è tanta storia della scienza, ma c’è anche fiction; c’è forse un filo conduttore (il tentativo di arrivare al “cuore del cuore” del mondo, come si dice ad un certo punto, trovandosi però spaventati davanti a quest’essenza nascosta della realtà); ma poi c’è anche un certo gusto per lo spettacolo e la provocazione. Non ho ancora capito se il libro mi piace o meno: sarebbe perfetto se non ci fosse, almeno a mia impressione, una certa quota di furbizia dietro all’operazione. Vedremo, però, dove andremo a parare nelle prossime pagine. Se vi interessa, potete acquistarlo qui.
Pensieri di Marco Aurelio: un paio di settimane fa si è tenuto l’appuntamento mensile del Club del Libro, la riunione online per gli abbonati del canale in cui discutiamo e ci confrontiamo su un libro scelto dal gruppo. Il libro di gennaio era il Tractatus di Wittgenstein, testo molto impegnativo, ma in qualche modo ce l’abbiamo fatta; per febbraio, invece, la comunità ha deciso di optare per i Pensieri di Marco Aurelio, un libro obiettivamente più facile e immediato, ma non meno pregno di significato. Come saprete, Marco Aurelio è stato uno dei più grandi uomini dell’antichità: imperatore romano, si trovò a governare il grande stato nel momento in cui la sua gloria cominciava, per la prima volta dopo secoli, ad essere messa seriamente a repentaglio, sia per disordini sui confini, sia per l’arrivo di malattie pestilenziali. Nonostante queste difficoltà, Marco Aurelio fu un imperatore saggio e misurato, soprattutto per via della sua formazione filosofica: aderendo allo stoicismo, cercò di mantenersi fedele a un ideale di virtù molto esigente. I Pensieri sono in un certo senso il suo diario filosofico e, per preparami alla prossima seduta del Club del Libro, questa settimana ho cominciato a leggerli anch’io. Non so nemmeno dire se li avessi già letti prima: in casa il libro non l’avevo (o almeno non l’ho trovato) e non ho memoria di aver mai affrontato integralmente il volume, anche se alcuni passi sicuramente sì. Non c’è da stupirsene, credo: il volume è infatti un insieme di pensieri sulla vita tutti molto coerenti e, da un certo punto di vista, anche ammirevoli, ma che finiscono per girare attorno allo stesso tema. Voglio dire: dopo qualche pagina, l’argomento di cui si sta parlando (il dominio di sé e delle proprie emozioni, l’accettazione della provvidenza, il dare il giusto peso alle cose) diventa fin troppo chiaro. È una lettura dunque piuttosto semplice, ma che, al di là dei contenuti, lascia anche quasi commossi; perché in essa si vede lo sforzo, riuscito, di essere degni della vita. Lo potete comprare qui.
Smetti di leggere notizie di Rolf Dobelli: di questo libro ho parlato anche la settimana scorsa, e come preannunciavo in questi giorni sono riuscito anche a finirlo; non tanto perché sia incredibilmente appassionante e tenga incollati alla pagina, quanto perché effettivamente breve. Il maggior difetto che si può trovare a Smetti di leggere notizie, infatti, è che è un po’ esile. Il punto di vista è interessante, anche se a mio parere troppo estremizzato, ma non viene poi sempre approfondito a dovere: man mano che si legge, infatti, non è raro incappare in uno spunto o in una direzione di analisi che si spera che Dobelli poi possa intraprendere, mentre l’autore rimane sempre estremamente legato al suo filo conduttore, cosa che certo aiuta la leggibilità ma forse rende meno incisiva la sua trattazione. In breve, l’idea di Dobelli è che il consumo di notizie oggi sia quanto di più deleterio si possa fare: genera dipendenza, non ti dà vere chiavi di lettura sul mondo, si rivela essere nel migliore dei casi una perdita di tempo e nel peggiore qualcosa che gioca con le tue emozioni, facendoti arrabbiare o eccitare a piacimento senza che questo serva realmente a qualcosa (se non a farti cliccare sui banner pubblicitari o ad indirizzare il tuo voto politico). Una parte di verità, in quello che Dobelli scrive, indubbiamente c’è: certe notizie – e direi soprattutto certi giornali – passano come il vento, non lasciando nulla di importante nella vita di chi le legge o di chi le ascolta; ed è vero, come sostiene l’autore, che se prendessimo in mano un giornale di cinque anni fa ci renderemmo conto che di buona parte di quelle notizie non è rimasto nulla, che sono stati sprecati quintali di inchiostro (e di ore d’attenzione) per cose di cui avremmo potuto fare benissimo a meno. L’obiezione più forte a questo ragionamento, però, Dobelli non la affronta mai davvero: e cioè che non tutti i giornali sono uguali, e non tutte le notizie sono uguali. Anch’io tendo a preferire un buon libro a un giornalaccio, e sono convinto che i testi più lunghi riescano a penetrare meglio a fondo delle questioni, ma questo è quasi scontato; e rimane il fatto che non potrò mai leggere centinaia di libri all’anno, in modo da essere più o meno informato sulle cose effettivamente rilevanti del mondo. I giornali e le riviste, soprattutto se di qualità, dovrebbero aver proprio questo compito: darti un’infarinatura sintetica ma valida di tutto ciò che è importante sapere, in modo da un lato di indirizzarti verso gli opportuni approfondimenti (se il tema ti interessa particolarmente) e dall’altro di darti quantomeno una panoramica della realtà. Più che una dieta assoluta da news, come suggerisce Dobelli, sarebbe dunque importante una dieta selezionata di news; cioè che smettessimo di sprecare tempo con testate che non meritano la nostra attenzione, e selezionassimo con maggiore attenzione le nostre fonti di informazione. Tra l’altro, circa un anno e mezzo fa ho parlato proprio di queste stesse cose (prima di leggere Dobelli) in un video apposito che, se v’interessa, potete recuperare qui. Il libro dell’autore svizzero, invece, lo trovate a questo link.
Quello che ho visto
Passiamo ora ai film: come noterete c’è parecchio spazio, questa settimana, per le commedie, anche se i titoli sono piuttosto diversi tra loro.
Fidanzata in affitto (2023), di Gene Stupnitsky, con Jennifer Lawrence, Andrew Barth Feldman, Matthew Broderick: partiamo da un film che si presenta come sciocco e di puro divertimento, prodotto e interpretato da Jennifer Lawrence: Fidanzata in affitto, uscito l’anno scorso al cinema ed ora approdato sulle piattaforme di streaming. Della pellicola ho apprezzato soprattutto la scelta della Lawrence di mettersi molto in gioco: nonostante abbia alle spalle alcuni dei maggiori successi commerciali e di critica degli ultimi anni (Hunger Games, Il lato positivo e altri), non si atteggia a diva ed è in grado ancora di scherzare su se stessa, e questo film lo dimostra ampiamente (forse perfino troppo). La trama è semplice: i ricchi (e protettivi) genitori di un diciottenne timido e impacciato vogliono aiutarlo ad uscire dal guscio prima che vada all’università; per questo motivo decidono di assumere una ragazza più grande che lo avvii ai misteri della vita e, possibilmente, anche del sesso. Solo che l’unica a presentarsi ai colloqui è Maddie, una trentaduenne in crisi e decisamente sguaiata. Nascono diverse situazioni comiche che sconfinano facilmente nella volgarità, a volte effettivamente divertente e a volte gratuita; ma soprattutto Lawrence sembra contenta di ridimensionarsi, di essere più grezza di come la gente se la aspetti. A questo proposito, c’è anche un clamoroso nudo integrale proprio della protagonista che mi ha lasciato abbastanza sbalordito. Fa, infine, un po’ impressione che il ruolo del padre deluso dall’avere un figlio troppo timido sia interpretato da Matthew Broderick, il Ferris Bueller di Una pazza giornata di vacanza. Detto questo, il film non è né troppo bello, né troppo brutto: prevedibile nella trama, offre qualche momento divertente, ma in certi punti si lascia prendere troppo la mano. Lo trovate su Amazon Prime Video.
The Bear episodio 2.05 (2023), di Christopher Storer, con Jeremy Allen White, Jamie Lee Curtis, Jon Bernthal: era da qualche settimana che non vedevo un episodio di The Bear. Come ho scritto anche altre volte, la serie è magnifica ma impegnativa, soprattutto dal punto di vista emotivo: scritta, diretta e interpretata sempre “sulla corda”, tenendo altissima la tensione, secondo me da un certo punto in poi deve essere gustata a spizzichi, un po’ alla volta. Però questa settimana – complice il fatto che la seconda stagione della serie si sia aggiudicata i tre premi più importanti ai Golden Globe (migliori attore, attrice e serie comica, anche se di comico in realtà c’è davvero pochissimo) – mi è venuta voglia di guardarne di nuovo un episodio. E sono capitato, ça va sans dire, sull’episodio forse emotivamente più intenso di tutte le prime due stagioni: Pesci. Si tratta infatti di una puntata costruita interamente su un flashback: si ritorno a qualche anno fa, a prima del suicidio di Mikey (il fratello maggiore di Carmy), durante una cena di Natale in casa Berzatto. Sono presenti personaggi che già conosciamo: lo stesso Carmy, sua sorella Natalie, il tuttofare Neil, uno stranamente calmo Richie con la moglie incinta, lo zio Cicero. Ma ci sono anche presenze nuove: c’è la madre dei fratelli Berzatto, interpretata benissimo da Jamie Lee Curtis; c’è finalmente Mikey, impersonato da Jon Bernthal; c’è la cugina Michelle, interpretata da Sarah Paulson e accompagnata da John Mulaney; c’è, infine, il mezzo fidanzato della madre, col volto di Bob Odenkirk. Insomma, puntata stellare; ma quello che è ancora più sorprendente è la trama dell’episodio, chiassoso e ansiogeno dall’inizio alla fine. Non vi rivelo come va a finire, ma va guardato dal primo all’ultimo minuto con grande attenzione. E ovviamente ci vuole del talento, e anche tanto, per presentare una storia così disfunzionale ma allo stesso tempo così intensa. Lo show lo trovate su Disney+.
Vip - Mio fratello superuomo (1968), di Bruno Bozzetto: quando si parla, a scuola, della fabbrica moderna, della catena di montaggio e del taylorismo, spesso mancano veri e propri supporti visivi per far capire ai ragazzi di cosa stiamo parlando; si ricorre così, il più delle volte, a Tempi moderni di Charlie Chaplin, di cui vi ho parlato spesso ultimamente, un film che certo costituisce una parodia di quel sistema ma che, proprio tramite l’esagerazione comica, finisce per farne comprendere appieno il meccanismo. Lo stesso problema che si presenta parlando di catena di montaggio, esiste però anche quando si parla di società dei consumi: si può spiegare a parole l’impatto che ebbe, come cambiò la vita di chi ci era dentro, ma per giovani che in quella società dei consumi sono nati e cresciuti quelle sono parole di scarso rilievo. Servirebbero delle immagini, magari appunto caricaturali, che esagerassero la faccenda e che però, così facendo, rendessero evidenti le storture o quantomeno le caratteristiche di questo sistema consumistico. Per fortuna viene in nostro soccorso Vip - Mio fratello superuomo, film che è ormai difficilissimo recuperare in modo gratuito ma che, ho scoperto, si può noleggiare o acquistare in streaming tramite Prime Video a un prezzo molto modico. E ne vale la pena. Per chi non lo conoscesse, si tratta di un film d’animazione italiano realizzato nell’ormai lontano 1968 da Bruno Bozzetto, forse il più importante animatore del nostro cinema. Finanziato a suo tempo con capitali italiani e americani, il film racconta le avventure di due fratelli, figli di un supereroe ma dotati di poteri molto diversi tra loro: mentre la natura ha dato enormi risorse a Supervip, il più muscoloso e aitante dei due, è stata invece ingenerosa nei confronti dell’altro fratello, non a caso chiamato Minivip, decisamente meno prestante e molto simile al Woody Allen di allora (a rincarare la dose, nel film è doppiato tra l’altro da Oreste Lionello, voce storica proprio di Woody). Da questa differenza nascono diverse situazioni comiche, soprattutto quando i due si trovano ad affrontare l’arcinemico della storia, la perfida Happy Betty, proprietaria di una catena di supermercati che sta cercando di lobotomizzare tutta la popolazione mondiale affinché si serva nei negozi della sua catena. Proprio nelle sequenze in cui Happy Betty (H.B. per gli amici) presenta il suo piano, il film decolla, diventando una satira intelligente e mordace delle pubblicità, della grande distribuzione, della produzione industriale avanzata, della produttività e di tutto quello che in quegli anni stava emergendo nel mondo capitalistico. Pare di leggere un saggio di Adorno o Marcuse, per intenderci, ma più divertente. Per il resto forse il film rivela però anche la sua età: l’animazione è ancora abbastanza spartana, alcune gag sono “fanciullesche” e il finale è inevitabilmente scontato; quelle scene ai due terzi della pellicola, però, valgono da sole il prezzo dell’acquisto o del noleggio. Il film lo trovate su Prime Video e forse anche su altre piattaforme.
Quello che ho pensato
Nella sezione Quello che ho pensato vorrei provare a fare oggi con voi un piccolo esperimento mentale.
Provate ad immaginare di essere un uomo di circa trent'anni (anche se ovviamente con qualche semplice accorgimento questo esperimento può essere declinato al femminile o su fasce d'età diverse). E immaginate che un bel mattino, per una causa del tutto ignota ma soprannaturale, al vostro risveglio tutto cominci ad andare esattamente come vorreste, che cioè incappiate da lì in poi in una serie costante di successi.
Vi alzerete dal letto, accenderete la radio o la televisione mentre fate colazione e sentirete ad esempio che lo sciopero dei mezzi pubblici di cui vi servite di solito per andare al lavoro è stato revocato. Uscirete dunque di casa abbastanza allegri e prenderete la vostra normale metropolitana, recandovi al lavoro.
Giunti in ufficio troverete che tutte le operazioni che avete da compiere vi riescono particolarmente facili, tanto da riuscire a completare l'incarico del giorno in poco tempo. Una volta consegnato il lavoro, sia il capo ufficio, sia alcuni colleghi verranno da voi a farvi i complimenti per la qualità della vostra relazione, sperticandosi in lodi che raramente vi siete sentiti rivolgere.
Andrete poi a pranzo e lì, un po' indecisi sul menu, alla fine opterete per un piatto che non avete mai provato prima: quando ve lo porteranno, vi renderete però conto che la scelta è stata più che corretta, perché la pietanza risulterà particolarmente saporita e gustosa.
Verso sera, una volta uscito dall'ufficio, vi fermerete magari in un bar, per un caffè o un aperitivo, e magari noterete una ragazza particolarmente carina seduta poco più in là rispetto a voi. Imbaldanziti dalla giornata fortunata, forse proverete addirittura a scambiare quattro chiacchiere e noterete che la ragazza, oltre ad essere interessante e intelligente, sembrerà anche dar corda alla vostra voglia di conversare. Convinti di essere all'interno di una di quelle giornate che capitano una volta nella vita, alla fine, prima di rientrare a casa, troverete addirittura il coraggio per chiedere alla ragazza un appuntamento; e lei ve lo concederà con gioia.
Poi a sera, sul divano, accenderete la TV per guardare la partita della vostra squadra del cuore e la vedrete trionfare con un risultato rotondo, senza alcuna difficoltà, contro un'avversaria di per sé temibile.
È facile a questo punto pensare che andrete a letto ritenendo di aver vissuto davvero uno dei migliori giorni della vostra vita, in cui tutto è andato liscio oltre ogni aspettativa. Mentre appoggerete la testa sul cuscino, sorriderete tra voi e penserete: «Magari fossero così tutti i giorni dell'anno!»
Immaginate che il giorno dopo, però, tutto si ripeta più o meno alla stessa maniera: arrivate in ufficio puntualissimi, ricevete di nuovo molti complimenti dai colleghi, sbrigate parecchio lavoro senza alcuna difficoltà.
A sera uscirete anche con la ragazza del giorno prima, e lei vi sembrerà ancora attraente e affascinante, ma soprattutto sarete voi a fare un'ottima impressione, tanto che sarà la ragazza stessa, alla fine della serata, a chiedervi un ulteriore appuntamento.
Immaginate poi che allo stesso modo vadano anche il terzo giorno, il quarto giorno e il quinto giorno. Immaginate anzi che per tutto un mese le giornate – pur nella loro variabilità – si ripetano sempre offrendo una serie inesauribile di successi. Otterrete promozioni sul lavoro, la vostra fidanzata si esalterà perfino per i vostri difetti e la vostra squadra del cuore vincerà per la prima volta il campionato.
Ora immaginate che questo scenario si ripeta non per pochi giorni ma per uno, due o tre anni consecutivi.
Quale potrebbe essere la vostra reazione e forse quella di chiunque altro, davanti a un’eventualità del genere? Probabilmente nei primi tempi sareste follemente felici: mai la vita vi era sembrata così semplice, mai era stato così facile ottenere quello che si voleva, mai il proprio talento era stato così tanto riconosciuto e le proprie qualità così tanto esaltate.
Dopo un po’, però, inevitabilmente iniziereste a provare un po’ di noia: che senso ha andare al lavoro se tutto riesce fin troppo facilmente? Che senso ha guardare il calcio in TV se la propria squadra vince tutte le partite e tutti i tornei possibili? Che senso ha stare con una persona che ve le dà tutte le vite senza dover neppure un poco combattere?
Insomma, dopo qualche tempo vi accorgereste che non state veramente vivendo, perché la vita non è il successo continuo e senza fatica: la vita è anzi esattamente l'opposto, la vita è la fatica che si fa per ottenere (o per cercare di ottenere) quello che si desidera.
Sono abbastanza sicuro che tutti noi in una situazione del genere ad un certo punto ci stuferemmo e chiederemmo che ci venga tolto questo superpotere, chiederemmo cioè di ritornare alla situazione precedente, quella in cui a volte ottenevamo dei successi ma a volte anche fallivamo.
Certo, certe persone potrebbero reggere più a lungo in questo mondo fatato e irreale mentre altri cederebbero prima, ma presto o tardi tutti dovremmo fare i conti con questa noia e con questa mancanza di senso nella nostra vita. Perché alla fine non sapremo mai con certezza quale sia davvero il senso della nostra esistenza, ma anche intuitivamente ci rendiamo conto che se c'è un senso, esso dev’essere in qualche modo legato alla fatica, al conflitto, direi perfino al dolore.
Quello che manca davvero nell'esperimento mentale che abbiamo fatto è infatti il conflitto, la lotta, la possibilità di perdere e di essere sconfitti. E senza quella possibilità non si va, di fatto, da nessuna parte. Senza quella lotta la nostra vita perde di senso.
Questo discorso, questo esperimento che abbiamo fatto fin qui, vorrebbe servire, infatti, a metterci di fronte a qualcosa che sappiamo ma che facciamo spesso finta di non sapere: che non ci può essere vita senza dolore, senza fatica e senza fallimento. O, meglio, che non ci può essere vita sensata senza tutto questo.
Ambiamo sempre a far soldi, a vivere più tranquilli, a bloccare il tempo che scorre, a rimandare il più possibile il confronto con la vita; eppure non ci rendiamo conto che questo non è funzionale a vivere meglio la nostra esistenza, ma in realtà la peggiora.
Se non invecchiassimo mai, se vivessimo in un eterno presente, quello che accade perderebbe di senso: finiremmo per annoiarci, per ripetere sempre le stesse cose, sempre uguali. È l’unicità delle cose, o quantomeno la loro rarità, che le rende importanti.
Se i nostri figli non crescessero e non ci abbandonassero, intraprendendo le loro vite, il tempo passato assieme a loro perderebbe di senso, perché non avverrebbe alcun cambiamento, perché non li vedremmo crescere e cambiare.
Se fossimo pieni zeppi di soldi, le nostre spese perderebbero di mordente: pensate a quanto valga di più un oggetto comprato con sacrificio, risparmiando i soldi, di uno preso senza neppure badarci. Quand’ero ragazzo, e arrivavo a fine settimana con le banconote contate nel mio portafoglio, ogni acquisto (libro, fumetto, CD) diventava fondamentale: me li ricordo ancora oggi. Ora ho (relativamente) troppi soldi, e i libri non mi ricordo nemmeno dove li compro o quando li compro.
Fin dal tempo degli antichi il divenire, lo scorrere del tempo, il cambiamento ci ha sempre creato paura, angoscia, perfino terrore. L’orrore del divenire, lo si chiama a volte: ed esistono filosofi, da Parmenide a Severino, che proprio per sfuggire a quest’orrore hanno inventato sistemi elaboratissimi per dimostrare che niente in realtà scorre, che tutto è fermo e immobile.
L’errore di fondo è non capire che sì, il divenire implica la morte, la distruzione, il crollo e il fallimento, ma è solo passando attraverso tutto questo che la nostra vita acquisisce significato. Nietzsche ha passato tutta la sua tormentata esistenza a cercare di spiegarcelo: è solo affrontando a viso aperto il caos (e cioè il divenire, e cioè lo scorrere bruciante e distruttivo del tempo) che si può capire, o decidere, che senso ha la vita. E l’aveva capito anche Heidegger, anche se poi lui finiva per rifugiarsi, di nuovo, in sovrastrutture metafisiche.
Noi forse per oggi la metafisica possiamo lasciarla da parte, per non complicarci troppo la vita; ma capire che non si riesce a dar senso alla vita senza accettarla nelle sue storture, nelle sue brutture e nei suoi dolori è importante. È importante anche per l’esistenza quotidiana, per le scelte di tutti i giorni, perfino per quelle banali.
Tutto il percorso che abbiamo fatto – anche nella playlist che ho chiamato La mia anti-filosofia – serve in fondo a ribadire questo anche in termini di prassi, di vita concreta: che senza fallimento il successo non ha significato; e che è la misura del nostro fallimento che rende sensato, e importante, il nostro eventuale successo.
È una condanna, forse, ma è una condanna da cui non possiamo scappare.
Quello che ho registrato e pubblicato
E ora passiamo ai video e ai podcast usciti questa settimana, ovvero l’elenco di quello che potreste esservi persi:
Guerra civile e Houthi in Yemen: un video un po’ storico e un po’ d’attualità per spiegare cosa sta accadendo dalle parti del Mar Rosso
La nascita delle Olimpiadi moderne: continua la nostra panoramica su storia e sport con le prime gare organizzate dal barone de Coubertin
I limiti della filosofia per Pascal (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La ragionevolezza del cristianesimo per Pascal (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
L’Italia dalla Destra alla Sinistra storica (per il podcast “Dentro alla storia”)
L'airone bugiardo tra Miyazaki e paradossi
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Ah, prima di dimenticarci vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
Il canale YouTube | Instagram | Facebook | Twitter/X | TikTok | Threads
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono gli abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i nostri consigli della settimana.
I sumeri di Giovanni Pettinato: questa settimana andiamo, col libro consigliato, molto indietro nel tempo, e cioè fino ai sumeri. Questo volume è uscito per la prima volta negli anni '90 ma è diventato rapidamente un classico, anche perché il suo autore – Giovanni Pettinato, scomparso nel 2011 – è stato per molto tempo il maggior esperto italiano delle civiltà mesopotamiche. Pubblicato da Bompiani, I sumeri conta più di 450 pagine ma si trova ad un prezzo molto favorevole, attorno ai 14 euro. Lo si può comprare qui.
sui social questa settimana ho segnalato come al solito diversi libri appena usciti che mi paiono interessanti, una sorta di “lista della spesa” che dovrebbe rivelarsi utile anche in primis per me. Ecco i volumi, se ve li siete persi (se vi interessano, cliccate sopra alle immagini per altre informazioni):
C’è poi un nuovo modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ne è comparso uno nuovo chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Quello che c’è in arrivo
Prima di salutarci, facciamo un veloce elenco di quello che, salvo imprevisti, dovrebbe uscire nella settimana appena cominciata:
domani cominciamo subito col podcast storico, dedicato al governo Depretis nell’Italia di fine Ottocento;
mercoledì uscirà un nuovo video su Guglielmo di Ockham, incentrato sui suoi attacchi alla metafisica;
poi dovrebbe arrivare un nuovo capitolo della serie dedicata alla mia “anti-filosofia”, incentrata probabilmente su scetticismo e narcisismo;
aspettatevi infine un nuovo short / reel / tiktok su temi cinematografici e filosofici;
tenetevi poi liberi per domenica sera, perché arriverà una diretta, e sarà probabilmente una diretta con una sorpresa;
infine durante la settimana ci sarà spazio anche per altri podcast, ancora su Pascal e sulla Sinistra storica.
E questo solo per avere qualche idea di massima; potrebbero esserci anche cambiamenti, improvvisazioni, cose strane. Per essere sempre al passo, come ho scritto sopra nella sezione Quello che devi fare per seguirmi sui social, ci sono anche i social network.
Per il resto, passate una buona settimana, leggete e fatevi domande, e come sempre visitate il canale YouTube, ascoltate il podcast e tornate qui tra sette giorni esatti. Ciao!
Io credo che riuscirei benissimo a sostenere una vita cosi : si tratta di non dare importanza
ai beni materiali , che non inseguirei .