Parliamo di proiettili e treni in corsa: sparati contro i prof, protagonisti di film con Brad Pitt, che portano al carcere (e a Beccaria). Ma anche di traguardi importanti, di Parasite, dei Wu Ming...
50.000! Proprio oggi, anzi proprio nelle ore in cui sto scrivendo, il numero degli iscritti al canale YouTube ha raggiunto questa magica soglia che mi inorgoglisce molto e mi sembra anche, allo stesso tempo, un bel premio per il lungo percorso svolto fin qui. Quindi oggi festa grande, almeno nel nostro piccolo. E in effetti, come vedrete, il menù della newsletter settimanale è piuttosto variegato: si parla di scuola, si parla di libri e film tra loro molto diversi, senza dimenticare che ormai fanno parte dell’offerta anche video di tutti i tipi (da lunghi a corti, da simpatici a seri).
Le iniziative, d’altra parte, sono parecchie: come avrete notato, con gennaio ho iniziato a realizzare a buon ritmo anche dei mini-video di un minuto che spero stimolino soprattutto l’interesse e facciano venir voglia di approfondire, arrivando magari a toccare un pubblico che di solito non si interessa troppo della storia o della filosofia. Per ora il successo pare buono e lascia ben sperare.
Per il resto, nella mia scuola si stanno (finalmente) concludendo le operazioni legate all’orientamento in ingresso, e in questo modo dovrei avere anche un po’ più di tempo libero nelle prossime settimane; allo stesso tempo, bisogna anche che iscriva il mio terzo figlio alle scuole medie, cosa che ancora una volta mi fa notare quanto il tempo passi in fretta e io, di conseguenza, stia invecchiando.
Bando ai sentimentalismi e all’artrite, però, e cominciamo col nostro solito programma.
Quello che ho letto
Partiamo come sempre dai libri. Questa settimana in lista c’è un nuovo romanzo uscito tutto sommato da poco, accompagnato da un paio di saggi che vi ho già presentato nelle mail precedenti, ma coi quali mi sono portato ben avanti.
Titanic di Vittorio Emanuele Parsi: ecco, di questo libro vi ho cominciato a parlare proprio la settimana scorsa, e devo dire che lo sto leggendo molto in fretta, tanto che sono già oltre la metà. Il motivo è presto detto, e anzi è duplice: da un lato, è scritto bene e in molte sue parti (anche se forse non in tutte) mi pare che l’analisi sia estremamente condivisibile; dall’altro, è un libro introduttivo alla geopolitica e ai vari scenari di politica internazionale, tanto che non presenta particolari difficoltà per chi un po’ già mastica certi temi. Queste due cose messe assieme fanno sì che il libro risulti sia interessante che semplice da leggere, e questo ovviamente permette di accelerare il ritmo e procedere spediti. L’altro lato della medaglia è che forse, proprio per via di queste stesse caratteristiche, forse il libro stupisce poco: aiuta più che altro ad avere il quadro complessivo di cose che si sono già lette da altre parti, o si sono già capite da altre situazioni, senza fornirti di per sé una rivelazione del mondo che ti sconvolge le categorie interpretative. Insomma, per farla breve: è un buon libro che semplicemente introduce alla materia, almeno finora. Non so se poi, nella seconda parte del volume, Parsi si lancerà in qualche considerazione più originale. Comunque rimane un saggio interessante per chi non si occupa a tempo pieno della politica internazionale e vuole cominciare a capirci qualcosa. Lo trovate qui.
Ufo 78 di Wu Ming: il romanzo che ho cominciato in questi giorni, e di cui vi anticipavo qualcosa all’inizio della sezione, è Ufo 78 dei Wu Ming, uscito qualche mese fa in tutte le librerie e pubblicato da Einaudi. Come al solito i Wu Ming – il collettivo già autore di libri molto interessanti, tra tutti Q (firmato come Luther Blissett) – hanno preparato un romanzo storico che vuole raccontare sì una storia, ma anche, indirettamente, dire qualcosa dell’Italia di oggi. Per il momento – anche se gli ho dedicato abbastanza tempo – sono arrivato solo al primo dipanarsi della trama, soprattutto perché il volume è bello corposo; in ogni caso i temi che si intrecciano mi paiono già essere due: da un lato, gli extraterrestri e gli UFO; dall’altro l’Italia che esce dalla lotta politica del 1977 per avviarsi verso il disimpegno degli anni '80. Temi molto diversi, ovviamente, ma il mescolarsi di toni e argomenti sia alti che bassi non è nuovo per il gruppo. Ambientato, appunto, nel 1978, il libro parte con il racconto di un gruppo di scout che si perde nelle montagne della Lunigiana, e prosegue inquadrando la moda per gli incontri ravvicinati e l’ufologia che si diffuse nel nostro paese proprio in quegli anni, grazie al successo di film come Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg e molta letteratura popolare. Proseguendo con la narrazione riuscirò, spero, a darvi qualche informazione in più e soprattutto capirò come la politica e la fantascienza possano in qualche modo legarsi; per il momento però, com’era prevedibile, il libro è ben scritto e risulta abbastanza appassionante, soprattutto per chi, come me, si interessa spesso non solo di storia, ma anche di storia del costume. Lo potete comprare qui.
Non siamo mai stati moderni di Bruno Latour: sto continuando anche la lettura del libro di Latour di cui vi ho già detto qualcosa nelle settimane scorse. Il saggio non è semplice e forse non è neppure del tutto condivisibile; però è estremamente interessante. Su questo aspetto, anzi, mi vorrei soffermare un attimo: a volte, infatti, ci abituiamo a pensare che un libro, in particolare un saggio, per piacerci debba per forza esprimere opinioni o dare chiavi di lettura su cui ci troviamo d’accordo; che si debba creare, in un certo senso, tra noi e il libro una sintonia di vedute. In realtà non è sempre così: è vero che in certi casi ci sono volumi che “parlano la nostra lingua”, che dicono quello che avremmo sempre voluto dire e magari non abbiamo mai trovato le parole per dire, ma è anche vero che quei libri ci regalano una soddisfazione che è più il punto di arrivo di qualcosa che non il punto di partenza di qualcos’altro. In un certo senso, potremmo dire che quei libri completano i nostri ragionamenti, ma non li fanno ripartire. Poi però ci sono anche dei libri che non ci convincono del tutto, che guardiamo con sospetto perché ci sembrano a tratti fallaci, o paiono volerci portare da qualche parte anche in maniera un po’ fraudolenta, ma che allo stesso tempo ci fanno partire una infinita ridda di riflessioni. Sono libri di solito provocatori, che “la sparano grossa”, che rovesciano le normali interpretazioni; e che, proprio per questo, ci stimolano delle riflessioni nuove. Detta in altri termini, sono libri che “parlano un’altra lingua” e però costituiscono, di fatto, il punto di partenza per riflessioni nuove, che non avevamo mai fatto prima. Non siamo mai stati moderni mi sembra – ora che sono arrivato quasi a metà del volume – appartenere a questa seconda schiera: propone delle riflessioni nuove e sorprendenti; spesso secondo me esagera nel voler essere originale e rovesciare gli schemi, ma proprio per questa sua esagerazione riesce a cogliere in effetti qualcosa di interessante, su cui vale la pena di riflettere. La tesi di Latour è più o meno questa: ci siamo abituati a pensare alla modernità come all’epoca in cui la scienza e il sapere si fanno settoriali, in cui l’uomo e le cose vengono separati, in cui si impone un certo tipo (parcellizzante) di ragionamento; in realtà, secondo Latour questa è una generalizzazione falsa, perché i saperi si sono sempre intrecciati a formare reti, sia nel pre-moderno che nel moderno che nel post-moderno, e perché a dominare la scena sono sempre stati in realtà gli ibridi, mescolanze di umano e inumano, di persone e cose. In parte ha indubbiamente ragione, ma temo che anche la sua sia una generalizzazione un po’ pretestuosa; il che non vuol dire che non sia, come detto, un punto di vista interessante. Il libro, in italiano, è oggi quasi introvabile, però magari nelle librerie dell’usato riuscite a recuperarlo.
Quello che ho visto
Passiamo ora ai film. Ancora una volta, infatti, questa settimana mi sono dedicato a pellicole vere e proprie, non andando a iniziare nuove serie tv; per la verità, ben due film su tre li avevo già visti, ma li ho riguardati a scopi didattici (anche se i soggetti delle mie lezioni, questa volta, sono stati i miei figli).
Parasite (2019), di Bong Joon-ho, con Song Kang-ho, Lee Sun-kyun, Cho Yeo-jeong: Parasite l’ho visto per la prima volta, come più o meno tutti, qualche anno fa, rimanendone abbastanza sconvolto: il film è forte, ben fatto, intrigante ed inquietante allo stesso tempo. Ma non l’avevo, al tempo, fatto vedere a nessuno dei miei figli, temendo – non senza buone ragioni – che non fosse adatto. A distanza di qualche anno, complice il fatto che i figli son cresciuti e che mi sono trovato una sera a casa da solo col ragazzo più grande, gliel’ho proposto e fatto vedere, riguardandomelo anch’io. La storia probabilmente la conoscete già: ambientato in Corea del Sud, il film ripercorre le vicende di una famiglia estremamente povera che, tramite una serie di sotterfugi, riesce ad intrufolarsi nella casa di una famiglia invece ricca. Da lì nascono però una serie di problemi anche tragici. Il film ha vinto un sacco di premi, e meritatamente, e presto gli dedicherò anche un TikTok visto che lo si può usare come stimolo per qualche approfondimento filosofico; qui dirò solo che l’aspetto secondo me più interessante è che la pellicola descrive molto bene la nostra società contemporanea, in cui forme di “parassitismo” (per citare il tema centrale verso cui Bong Joon-ho ci orienta fin dal titolo) sono presenti ad ogni livello: i poveri possono cercare di sfruttare i ricchi, per ricavarne del denaro anche con l’inganno; i ricchi però possono a loro volta sfruttare i poveri, facendoli lavorare al posto proprio; i figli possono sfruttare le ingenuità dei genitori; i membri di una coppia i desideri dell’altro membro e così via. Siamo spesso tutti parassiti di qualcun altro, sfruttatori e sfruttati; e l’unico modo di uscire da questa spirale è, forse, non tanto il desiderio di rivalsa sociale, che ci porta solo ad alimentare lo sfruttamento, quanto quello che chiamerei il desiderio di rivalsa affettiva, la protezione che possiamo mettere in campo verso qualcuno che amiamo. Non so se questo fosse lo scopo di Bong Joon-ho, ma a me il film piace leggerlo anche così. Parasite attualmente non mi risulta sia presente sulle piattaforme di streaming, ma potete comprarlo a pochi euro in DVD o Blu-ray.
Bullet Train (2022), di David Leitch, con Brad Pitt, Aaron Taylor-Johnson, Brian Tyree Henry: qualche mese fa mia moglie e mio figlio, per una serie di coincidenze e circostanze fortuite, sono andati a vedere al cinema Bullet Train, film di cui non avevano praticamente mai sentito parlare. Sono tornati a casa però, quella sera, entusiasti, contenti per il ritmo e il dinamismo della pellicola. Da quel momento ci siamo detti: quando esce in streaming, anche se fosse a pagamento, ce lo guardiamo. E adesso il film in effetti è arrivato anche in tv, noleggiabile a 4 euro circa sulle varie piattaforme (altrimenti c’è già anche il DVD). A vederlo, si capisce perché possa essere piaciuto a moglie e figlio: è dinamico, ironico, pieno di personaggi pittoreschi. A volte forse si fa prendere un po’ troppo la mano e rischia di scivolare nel grottesco, ma diciamo che in generale regala un paio d’ore leggere e divertenti; bravi, inoltre, soprattutto gli attori, in particolare il navigato Brad Pitt. La trama, in due parole? Be’, su un treno superveloce che corre lungo le strade ferrate del Giappone si trovano a interagire tra loro vari killer a pagamento, assunti direttamente o indirettamente da un boss della malavita locale per ammazzarsi a vicenda. Un ruolo centrale in tutti gli omicidi e in tutti i duelli, però, verrà giocato dal fato, dal destino o dalla fortuna, a seconda dei punti di vista.
Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta (1981), di Steven Spielberg, con Harrison Ford, Karen Allen, Paul Freeman: mia moglie ha sempre avuto un debole particolare per la saga di Indiana Jones, un po’ perché le ricorda l’infanzia (e tutti noi rimaniamo in qualche modo legati ai film che ci hanno segnati da piccoli), un po’ perché, ovviamente, è anche una saga davvero ben fatta, che ha fatto scuola. Per questo motivo periodicamente pretende che in famiglia riguardiamo un film della trilogia originale, cercando così di farlo ai piacere ai figli – che però, con nostro scorno, tendono a non accontentarci, commentando sempre con uno svilente: «Sì, dai, abbastanza carino». Una frase, con quell’«abbastanza», che è peggio di una stroncatura. Ad ogni modo, qualche sera fa abbiamo rimesso in piedi l’ennesimo tentativo di farglielo piacere, e abbiamo colto l’occasione per riguardarcelo anche noi. Cosa posso dirvi? Alcune scene del film risultano ancora oggi, a distanza di più di quarant’anni, molto efficaci; alcune altre invece suonano un po’ vecchie, soprattutto perché dopo Indiana Jones sono arrivati una marea di imitatori od epigoni che ci hanno fatto perfino stufare del tipico “fascinoso cacciatore di reperti archeologici”. Quindi, a dire il vero, i miei figli un po’ li capisco. Se però appartenete alla mia generazione e vi piace l’effetto nostalgia, non disperate: da quanto leggo è quasi pronto ad uscire un quinto (e decisamente ultimo) capitolo della saga. Si intitolerà Indiana Jones e la ruota del destino, arriverà sugli schermi la prossima estate e vedrà nel cast, oltre al solito Harrison Ford, anche Phoebe Waller-Bridge (quella di Fleabag), Mads Mikkelsen e Antonio Banderas. Peccato solo che Spielberg vi abbia lavorato solo come produttore, senza mettersi dietro alla macchina da presa.
Quello che ho pensato
Dico la verità: l’argomento della riflessione di questa settimana avrei preferito non toccarlo, ma mi sembra sia tutto sommato inevitabile dopo tutto il trambusto, e quindi beviamo l’amaro calice. In questi giorni più di qualcuno di voi mi ha scritto per chiedermi cosa stia succedendo nelle scuole di Rovigo, visto che una mia collega è balzata al centro del dibattito giornalistico, venendo intervistata da Repubblica, finendo nella rubrica di Gramellini sul Corriere, andando ospite perfino, mi dicono, a La vita in diretta. La professoressa di scienze di Rovigo è sulla bocca di tutti.
La vicenda in realtà era scoppiata inizialmente due-tre mesi fa, ad ottobre. Tra i cellulari degli studenti della mia città era cominciato a girare il video di una classe qui di Rovigo – non della mia scuola, per fortuna – in cui la docente in cattedra veniva letteralmente presa a pallinate dagli studenti, armati di una pistola ad aria compressa.
Il video è rapidamente passato dagli studenti ai genitori, dai genitori ai mezzi d’informazione locali e dai mezzi d’informazione locali a quelli nazionali. Ne avevano parlato i telegiornali in prima serata, c’erano state anche alcune troupe televisive che si erano appostate nella via in cui si trovano i principali istituti superiori della città, e però, dopo tanto clamore, nel giro di qualche giorno la bufera era passata. Allora non si era fatto pubblicamente il nome della docente coinvolta, né si era esplicitata quale fosse la classe responsabile del misfatto. In città, almeno tra noi docenti, comunque conoscevamo più o meno tutti questi dati: in una piccola realtà queste notizie volano.
Qualche giorno fa la questione è ritornata, potenziata, sui giornali, dopo che la docente ha deciso di sporgere denuncia contro i ragazzi della classe, facendosi intervistare dai giornali prima e dalla televisione poi. Una notizia che, tra l’altro, è uscita quasi in contemporanea a quella sulla mamma finlandese che ha deciso di portare i propri figli a studiare da un’altra parte, perché in Italia (lei era, se non erro, a Siracusa) le scuole sono secondo lei ingestibili dal punto di vista educativo-relazionale.
La somma delle due notizie ha fatto partire un embolo all’opinione pubblica italiana (che su notizie del genere si butta a capofitto) e ha portato un po’ tutti ad esprimersi sulla questione. Già la prima volta, ad ottobre, sulla questione si era fiondato Paolo Crepet; adesso è stato il turno di Massimo Gramellini, Lorenzo Tosa e tutto lo stuolo di opinionisti che si muove – in genere con articoli e post che puntano tutto sulle emozioni – ogni volta che c’è una nuova notizia che fa tendenza.
Ovviamente, in tutte queste opinioni il grado di approfondimento è stato vicino allo zero. Quasi tutti hanno ripreso le parole della collega e ci hanno costruito sopra una storia strappalacrime, così come hanno fatto – giocando invece in questo caso più sull’indignazione – con la storia della mamma finlandese. Nessuno è andato ad indagare in primo luogo se quanto dichiarato corrispondesse al vero (davvero l’insegnante di inglese della scuola siracusana non sapeva la lingua? Davvero c’era tutto quel casino?), e fino a che punto corrispondesse al vero; ma neppure nessuno ha cercato, eventualmente, di indagare le ragioni più profonde di quei fatti. Nessuno ha cercato di capire, seriamente, se la nostra scuola italiana fa veramente schifo, se i nostri studenti sono veramente i membri di una “gioventù bruciata”, o se questi due casi siano più l’eccezione che la regola.
A noi non interessa capire ed eventualmente affrontare il problema; a noi basta indignarci. Pertanto, davanti alla mamma che ritira i suoi figli dalle scuole italiane e ritorna in Finlandia diciamo, a seconda del nostro orientamento, «Brava! Ha fatto bene perché la nostra scuola è piena di fancazzisti» oppure «Male, è solo una donna piena di sé!» E davanti alla mia collega rodigina diciamo: «Che orrore! Non esistono più i ragazzi di una volta o la scuola di una volta».
Su quest’ultimo punto vorrei, però, spendere qualche parola, perché mi riguarda anche da vicino. Ho letto, in questi giorni, molte dichiarazioni di ex presidi anche locali, il cui succo era: «Una volta queste cose non sarebbero successe, perché il rapporto tra famiglia e scuola era più stretto». E non sono del tutto d’accordo.
Da un lato, sì, è vero: una volta il rapporto tra famiglia e scuola era più stretto, c’era maggior sintonia. La famiglia – a volte perfino esagerando – si fidava a spada tratta della scuola, mentre oggi non è più così. E soprattutto c’era un maggior senso dell’autorità, per cui un richiamo dato a scuola aveva un suo peso, la parola del professore aveva un suo peso e in famiglia queste cose venivano tenute in debito conto. Ma Dio è morto anche a scuola: ogni autorità (lo Stato, la Chiesa, il mezzo d’informazione, il professore o la professoressa, perfino il genitore) si è ormai rivelato fallibile, e quindi deve imparare a conquistarsi un’autorevolezza che non è più scontata.
Ma il punto vero, il punto su cui dissento maggiormente, è un altro. Il punto è che non è affatto vero che una volta nella scuola tutto questo non sarebbe successo: la violenza c’era, eccome. C’è sempre stata.
Proprio sabato, solo per fare un esempio, in sala insegnanti un collega anziano raccontava un episodio tutto sommato simile a quello di questi giorni, avvenuto proprio in una delle scuole di uno dei quei presidi svariati anni fa: anche allora volarono pallini, ma (per puro caso, o per mancanza di mira) non ci furono docenti colpiti.
Altro esempio: nel 2005 (quindi ormai quasi vent’anni fa), nella prima scuola in cui ho messo piede come insegnante, c’erano studenti che erano abituati a lanciare macchinine di metallo (di quelle pesanti) verso la lavagna, mirando alla testa dei professori. Ricordo ancora la prima volta in cui li vidi fare qualcosa del genere verso una giovane docente di scienze, e il fatto che quando andai a segnare la nota sul registro ne trovai già decine di altre (ed eravamo a ottobre o novembre, ad anno cioè appena iniziato).
E quanti professori che hanno insegnato in scuole di periferia, o “difficili”, vi possono raccontare di qualche collega a cui bucarono le gomme della macchina? O di atti di vandalismo verso i banchi, verso le porte, verso i compagni? Magari i bulli e i violenti avevano paura di sfidare a viso aperto il professore, questo sì, ma alle spalle puntavano comunque ad umiliarlo e danneggiarlo appena si presentava l’occasione.
Insomma, ragazzi violenti (o molto scemi, o spesso entrambe le cose) che frequentano le scuole italiane ce ne sono da sempre. E in certi contesti, questa violenza la scaricano anche sui docenti. Mi pare che la differenza non stia, quindi, tanto nei ragazzi, quanto in quello che sta loro attorno: nel senso che forse, questo sì, trenta o quarant’anni fa questi studenti, al primo sussulto, venivano espulsi dalla scuola, o quantomeno i loro genitori non restavano a guardare, indifferenti. Ma anche qui non ci giurerei: dipende.
Se poi vogliamo dirla tutta, è frequente tra le mie colleghe più anziane il racconto di quando loro stesse erano studentesse e al locale liceo classico girava una celebre e problematica professoressa abituata a lanciare le forbici contro le allieve quando sbagliavano la declinazione di un verbo. Per fortuna (o per sfortuna) non esistevano ancora gli smartphone, quindi per le giovani allieve era impossibile condividere sui social network le immagini della loro violenta insegnante. Il fatto che un fenomeno non finisca all’attenzione dei giornali non significa che non esista, quindi.
D’altronde dovremmo già saperlo fin troppo bene: i discorsi del tipo «Come andiamo male, signora mia» lasciano il tempo che trovano e non ci dicono in realtà niente, portandoci a ripetere sterilmente, di anno in anno, la stessa tiritera. Arriva una notizia fatta apposta per stimolare l’indignazione; noi, come per un riflesso pavloviano, ci indigniamo; e poi però dopo pochi giorni ci dimentichiamo tutto, pronti a ricominciare da capo alla prima occasione.
Quello che ho registrato e pubblicato
Mettiamo però ora da parte l’attualità e passiamo alla storia e alla filosofia. Ecco anche, come al solito, una panoramica di tutti i video, di tutti i podcast e anche ormai di tutti i TikTok/Reel/Shorts usciti questa settimana:
La filosofia di Benedetto XVI: la dipartita del papa emerito ha portato molti a fare in un certo senso l’analisi del suo pontificato. Pochi, però, si sono soffermati sul suo pensiero
Rawls: verso una idea di giustizia: John Rawls è stato uno dei pensatori politici più influenti del Novecento. Cominciamo ad esplorarne le idee
Tutto Kierkegaard in un’ora di lezione: il riassunto di tutto quello che avevamo detto, in maniera più estesa, nei video su Kierkegaard
Napoleone III: la politica coloniale: i successi dell’imperatore francese in Asia e gli insuccessi, invece, in America
L'autunno del Medioevo - Audiolibro spiegato parte 17: prosegue la nostra lettura integrale e commentata del grande libro di Huizinga
La fisica di Guglielmo di Ockham (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
L’espansione statunitense verso ovest (per il podcast “Dentro alla storia”)
Scrivile scemo e l’11 settembre: la canzone dei Pinguini Tattici Nucleari cita i fatti dell’11 settembre 2001
Tiktok failed to load.
Enable 3rd party cookies or use another browserMercoledì Addams, Bloody Mary e Maria Tudor in Inghilterra
Amsterdam (il film) e Roosevelt
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Visto che ci siamo (e come sta diventando abitudine) vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
Il canale YouTube | Instagram | Facebook | Twitter | TikTok
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono i nuovi abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri e videocorsi che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i nostri consigli della settimana.
Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria: negli ultimi secoli, i grandi classici della filosofia sono spesso arrivati da nazioni un po’ distanti dai nostri lidi: dall’Inghilterra, dalla Francia o dalla Germania, perlopiù. Pochi sono stati i filosofi italiani in grado non solo di aver successo all’estero, ma anche di influenzare il pensiero di diversi autori in giro per il mondo in modo duraturo. Uno di questi è stato però indubbiamente il milanese Cesare Beccaria, il celebre nonno di Manzoni, autore soprattutto del saggio Dei delitti e delle pene che influenzò notevolmente il dibattito illuministico europeo e non solo europeo. Il libro – come dimostra la cronaca internazionale – è purtroppo ancora tremendamente attuale ed è anche di facile lettura, nonostante affronti temi assai importanti; è inevitabile, quindi, che ve lo consigli. Lo si acquista (a davvero pochi euro) qui.
Ritratti vivaci con matite colorate: ultimamente, i corsi di Domestika che più finiscono per incuriosirmi sono quelli dal gusto artistico (anche se, ad essere sinceri, ce ne sono davvero per tutti i gusti). Oggi ve ne propongo uno che si basa di nuovo sul disegno, questa volta però in particolare sul ritratto. Se avete sempre desiderato imparare a fare ritratti che avessero un pizzico di brio, e a realizzarli anche usando semplicemente delle matite colorate, questo è il corso che fa per voi: costa meno di 15 euro, è apprezzatissimo anche dagli altri utenti e si compone di ben 21 lezioni. Potete acquistarlo qui.
C’è poi un nuovo modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ne è comparso uno nuovo chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Quello che c’è in arrivo
E siamo arrivati anche questa settimana alla fine. Prima di salutarci, un veloce excursus su quello che ho in lista per i prossimi giorni (salvo imprevisti):
in primo luogo, per festeggiare i 50.000 iscritti ho una mezza idea di fare una diretta aperta a tutti… rimanete sintonizzati sui social (sopra trovate i link) per ulteriori dettagli;
quasi subito dovrebbe arrivare anche un video sulla storia recente del Brasile, richiesto da alcuni abbonati dopo i fatti di Lula e Bolsonaro;
poi arriverà il secondo video dedicato a John Rawls e alle sue idee politiche;
se tutto va bene, dovrei riuscire a preparare anche un video di storia romana e uno della serie “Filosofia per ragazzi”;
infine, usciranno ovviamente anche i podcast, con la conclusione di Ockham e qualche discorso sullo Stato moderno.
E questo è tutto. Appuntamento, come sempre, a lunedì prossimo. Buona settimana!