Se la filosofia ci renda felici, come deumanizzare gli altri, Barbero e la questione femminile e altro ancora
La filosofia, come pensavano gli antichi, può aiutarci ad essere felici? Oppure, come pensano filosofi cronologicamente più vicini a noi, in realtà ci rivela più chiaramente la mancanza di senso delle nostre vite e quindi ci condanna ancora più brutalmente all’infelicità? È un bel tema, che non smette di essere attuale. Lo dimostrano anche i libri in commercio, che spesso cercano di fare della filosofia una ricetta per una vita felice o quantomeno serena: e se ricordate ne abbiamo parlato giusto qualche giorno fa, con una diretta dedicata allo stoicismo, ormai sempre più usato proprio con questa finalità.
E se invece della filosofia, fosse la storia a renderci felici o infelici? A dare un senso alle nostre vite o a toglierlo?
Sembra strano, ma questi sono gli argomenti di cui parliamo oggi tra libri, film e riflessioni varie. Leggete oltre per credere.
Quello che ho letto
Partiamo come al solito dai libri. Questa settimana mi sono dedicato in particolare a tre volumi: uno l’ho finito, il primo, mentre gli altri due – rispettivamente un saggio e un romanzo – sono ancora in lettura.
Lezioni di felicità di Ilaria Gaspari: me l’avevano consigliato proprio commentando una newsletter di un paio di settimane fa, e l’ho letto piuttosto in fretta. Devo dire la verità: non mi è piaciuto molto. L’ho trovato semplicistico, ammiccante, un po’ troppo naïf per i miei gusti. Mi spiego meglio: l’idea di partenza è anche interessante, cioè il tentare di raccontare alcune vicissitudini personali (che non si sa quanto siano vere o frutto della fantasia) intrecciandole con la riscoperta di alcune scuole filosofiche antiche, dalle quali la protagonista cerca di apprendere delle regole per vivere meglio. Le scuole presentate sono in tutto sei: pitagorica, eleatica, scettica, stoica, epicurea e cinica. Di tutte si dà un quadro di massima, spesso indugiando soprattutto sugli aspetti “di contorno” che non sul succo vero e proprio dell’insegnamento filosofico; e poi si passa alle regole di vita. Dicevo: operazione interessante, che poteva aiutare a divulgare elementi complessi. Ma mi pare che, alla fine, di complesso rimanga fin troppo poco: i cinici vivono come i cani, gli epicurei godono delle piccole cose, gli stoici sopportano, i pitagorici hanno un’ossessione per le fave… Alla fine, davvero queste scuole vengono ridotte a un paio di precetti e un paio di notiziole. C’era bisogno di un libro che dà una rispolverata a vecchi ricordi di filosofia senza approfondirne neanche uno? Mah. Ci sono in commercio, mi pare, libri dello stesso tenore – cioè pensati per un pubblico di persone digiune di filosofia, o che non la praticano da parecchio tempo – che arrivano più in profondità. Questa, tra le tante, mi pare una scelta anche un po’ “clickbait” (il titolo è troppo furbo per i miei gusti).
Deumanizzazione di Chiara Volpato: qualche giorno fa mi ha scritto una ex allieva del mio liceo, che conosco di sfuggita anche se non è mai stata in una delle mie classi. Mi ha consigliato questo volume che in effetti sto leggendo con grande interesse. È un saggio anche abbastanza impegnativo, che però va a toccare uno dei temi che mi hanno affascinato di più negli anni, quello della deumanizzazione (cioè di come i gruppi – che siano nemici in guerra o minoranze etniche – vengono presentati come bestie o automi dal gruppo dominante per assoggettarli o eliminarli). Io questo tema finora l’avevo approfondito soprattutto dal punto di vista storico (e ho realizzato anche un paio di video al riguardo), ma qui c’è un approccio sociale e psicologico, che consente di completare la panoramica. Quando l’avrò finito, magari, ve ne parlerò anche in un video apposito.
Come fermare il tempo di Matt Haig: sto continuando a leggere questo romanzo che ho preso per curiosità, soprattutto perché l’autore, questo Haig, vende molto nel Regno Unito. A me pare per ora un romanzetto come tanti (sono arrivato circa a un quarto del volume): c’è ogni tanto qualche vaga riflessione che potrebbe rendere più interessante la lettura, ma che l’autore preferisce dimenticare in fretta in favore di una trama più prevedibile. È presto, però, per dare un giudizio definitivo.
Quello che ho visto
Oltre che di tre libri, questa settimana vi parlo anche di tre film: un paio seriosi (anzi, uno serissimo e l’altro tendenzialmente drammatico) e uno invece più divertente.
Il riccio (2009), di Mona Achache, con Garance Le Guillermic, Josiane Balasko, Togo Igawa: è il film tratto, ormai più di dieci anni fa, da L’eleganza del riccio, libro best-seller di quella stagione. Non è male: mi piace come hanno reso il personaggio della piccola Paloma e le sua idiosincrasie. Meno riuscito, mi sembra, il ritratto della portinaia, cosa che rende il film un po’ incompiuto, sospeso, anche se comunque interessante. La trama? Molto semplicemente: in un palazzo parigino di lusso c’è una piccola ragazza che va in giro riprendendo tutti e medita il suicidio; e così facendo scopre una portinaia più profonda di quello che sembra.
Orwell 1984 (1984), di Michael Radford, con John Hurt, Richard Burton, Suzanna Hamilton: nonostante abbia letto il libro almeno due volte e sia un devoto fan di Orwell, non avevo mai visto questo adattamento cinematografico di 1984 uscito proprio nell’anno in cui il romanzo era ambientato. Tutto sommato mi pare ben fatto: l’atmosfera cupa, inquietante e asfissiante del libro emerge in maniera abbastanza fedele, così come tutti i discorsi di Orwell sul totalitarismo sono chiari senza risultare, almeno ai miei occhi, pedanti. Molto buona anche la scelta di John Hurt nel ruolo di Winston: all’epoca l’attore aveva poco più di quarant’anni ma ne dimostrava decisamente di più. È stato anche l’ultimo film di Richard Burton e lo trovate su Prime Video, se vi interessa.
Smetto quando voglio (2014), di Sydney Sibilia, con Edoardo Leo, Valeria Solarino, Stefano Fresi: l’avevo già visto per conto mio qualche tempo fa, ma in queste sere l’ho rivisto con la famiglia. È una commedia simpatica, senza troppe pretese, che però fila via liscia e presenta un buon cast d’attori. E poi, come leggerete tra qualche riga, si collegava in un certo senso anche al tema della settimana. La storia è quella di un gruppo di ricercatori universitari che, stanchi di contratti a tempo determinato e di sfruttamento, decidono di usare le loro competenze per mettersi a spacciare droga.
Quello che ho pensato
Nelle prime righe di questa newsletter ho buttato lì una di quelle domande che, in genere, fanno tremare i polsi: la filosofia può rendere felici? E la storia? Potremmo anche allargare il tiro e chiederci se la cultura in generale possa rendere felici. Il libro di Ilaria Gaspari di cui vi ho parlato sopra sembra dire di sì (o almeno sembra dirlo il titolo del suo romanzo; la storia che racconta mi pare meno certa di quest’esito); il film Il riccio, invece, sembra dirci di no, perché la protagonista è una donna che ha sempre letto molto, e letto opere di grande qualità e profondità, ma non per questo ha avuto una vita felice. In 1984, poi, si dice chiaramente che «l’ignoranza è forza», confermando che il pensiero non solo è pericoloso, ma porta a scontri con il potere da cui, in genere, si esce con le ossa rotte. Smetto quando voglio conclude in tono ironico, visto che pure lì i sapienti vengono costantemente presi in giro, licenziati e sottopagati: no, la sapienza sembra dunque non rendere affatto felici.
Chi ha ragione, tra queste due opposte visioni? Chi vede nella filosofia – e nella sapienza in generale – un viatico per una vita migliore o chi pensa che il saper pensare, il conoscere (e non dimenticare) la storia siano probabilmente una condanna?
Voi avrete probabilmente la vostra idea, che sarei curioso di conoscere. La mia è la seguente: forse la felicità non ha nulla a che vedere con l’intelligenza, con la sapienza, con la filosofia o la storia. Forse sapere ed essere felici appartengono a due mondi diversi, separati, che non comunicano tra loro. Forse, mi vien da dire, prima siamo naturalmente portati alla felicità o all’infelicità – o, più concretamente, viviamo la vita con ottimismo o con pessimismo – e poi decidiamo se studiare o meno, e, quando studiamo, se farci prendere da quei filosofi o da quegli storici che ci confermano nelle nostre decisioni, descrivendoci un mondo che ben si adatta ai nostri preconcetti.
Mi verrebbe da dire, dunque, che la filosofia non migliora e non peggiora la vita: che, in realtà, la vita ce la miglioriamo o peggioriamo noi, e poi in base a quello che abbiamo scelto ci ritroviamo in una scuola filosofica o in un’altra. In 1984 non è il sapere che rovina la vita a Winston, ma è il voler sapere. In Smetto quando voglio non è la cultura a mettere nei guai i protagonisti, ma l’ambizione. Ne Il riccio la lettura è un passatempo, come forse lo sarebbe il cucito. Ma allo stesso modo, in Lezioni di felicità le scuole filosofiche riempiono solo un vuoto, sono la risposta a un’esigenza estemporanea, per la verità neppure troppo profonda, di trovare un senso a una situazione scomoda; e l’autrice questo senso, se non l’avesse trovato nella filosofia, l’avrebbe sicuramente cercato e trovato altrove.
O almeno così tendo a vederla io. Voi che ne pensate?
Quello che ho registrato e pubblicato
Ecco, come al solito, anche l’elenco dei video e dei podcast usciti questa settimana.
La polemica su Barbero e le donne: avrete sicuramente letto dell’intervista in cui il celebre storico Alessandro Barbero ha pronunciato un paio di frasi sulle donne e il potere che hanno provocato reazioni piccate, perlopiù sui social. Ho dedicato alla questione una diretta, ragionando con i presenti in chat e proponendo anche qualche lettura per approfondire
Tommaso d’Aquino: la conoscenza: come conosciamo, secondo Tommaso? Che ruolo ha l’anima in questo processo? E in che rapporto sta col corpo?
La Seconda Internazionale: dopo aver parlato, la settimana scorsa, della Prima Internazionale (quella di Marx e Bakunin), in questi giorni siamo passati alla seconda, quella di Kautsky, Bernstein, Lenin e Luxemburg
Le figure del sillogismo (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Il problema delle premesse in Aristotele (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La Riforma in Europa e in Inghilterra (per il podcast “Dentro alla storia”)
Il Concilio di Trento (per il podcast “Dentro alla storia”)
Cosa c’è in arrivo
La settimana prossima vorrei portare avanti alcune delle cose che avevo promesso di fare in questa settimana ma che poi non sono riuscito a completare, anche se gli impegni scolastici si stanno facendo sempre più pressanti e sta diventando difficile riuscire a mantenere questi ritmi. Comunque, se tutto andrà bene, vorrei riuscire a realizzare:
una nuova puntata della lettura integrale dello Zarathustra, che questa settimana ho saltato;
un nuovo video su Tommaso d’Aquino, per completare il discorso con la politica e l’estetica;
un video su Jean-Luc Nancy, come avevo promesso;
forse anche un video su Il mondo di Sofia, celebre romanzo di Jostein Gaarder che non ho ancora presentato sul canale.
E poi ovviamente spazio anche ai podcast (con altri pezzi di Controriforma e di Aristotele), ovviamente. Ciao!