Su pensioni, demografia e stato di natura, con accenni a Macron, The Gentlemen, LOL, Tommaso Moro, Wu Ming, Costantino, Nanni Moretti, la logica, Ficino, gli intellettuali e la fantascienza
Partiamo da una bella notizia: oggi è il compleanno del mio primogenito, di quello che un tempo chiamavo “pupo” sui social network (The Artist Formerly Known As Pupo, come direbbero in America). Oggi quel soprannome non può più essere utilizzato, anche se su Twitter era perfetto perché era lungo appena quattro caratteri e arrivava diretto al punto; e non può più essere utilizzato perché non si adatta più al soggetto in questione, visto che il ragazzo ormai ha ben 16 anni di età.
A voi importerà probabilmente piuttosto poco della questione, ma sappiate anche che è stato poco dopo la sua nascita che ho cominciato ad utilizzare i social network e a costruirmi una sorta di presenza sul web. Tutto il percorso che ha portato anche al canale YouTube e a questa stessa newsletter è insomma cominciato anch’esso circa 16 anni fa, segno che ormai sto decisamente invecchiando. D’altronde, non è affatto vero che i 40 sono i nuovi 30, almeno non sul web.
Per il resto questa settimana non è successo granché, né in Italia né nel mio piccolo. Sto lavorando a vari piccoli progetti di cui presto vi parlerò, ma per ora sono ancora allo stadio preliminare quindi è meglio non bruciarli presentandoli troppo presto. In compenso, come forse avrete notato, il canale continua a crescere a buon ritmo e proprio nei giorni scorsi abbiamo toccato la cifra di 6,5 milioni di visualizzazioni complessive, una quota decisamente importante, che d'altra parte continua a crescere giorno dopo giorno.
Le uniche novità da segnalare riguardano casomai Rovigo, la mia città, un tempo nota come una sonnecchiosa e perfino noiosa città di provincia ma da qualche mese al centro delle cronache: prima c’è stata la professoressa presa a pistolettate da alcuni studenti di una prima superiore; poi, qualche giorno fa, più o meno nella stessa scuola è scoppiata anche una sorta di bomba, di cui forse avrete letto sulle prime pagine dei giornali; infine proprio l'altra sera è sembrato che anche il palazzo del Comune fosse oggetto di uno scoppio, anche se, stando a quello che ho letto, non si è ben capito a cosa sia stato dovuto quello spaventoso botto che alcuni hanno udito. Insomma, non si tratta per fortuna di attentati terroristici, ma Rovigo sembra all'improvviso diventata la Milano degli anni '70.
Ma adesso basta con l'attualità spicciola: passiamo a parlare di cose che durano, come i libri e i film, oltre che le lezioni di storia e di filosofia.
Quello che ho letto
Questa settimana ho cominciato e letto un libriccino un po' particolare, che tratta un tema molto interessante che mi ha ispirato in parte anche un video di cui parlerò più avanti in questa stessa newsletter; e poi, ovviamente, ho portato avanti anche i due romanzi che sto leggendo già da un pezzo.
Ufo 78 dei Wu Ming: ormai non mi manca molto alla fine dell'ultimo romanzo dei Wu Ming, incentrato sull'Italia degli anni '70, tra moda dell'ufologia, clima politico arroventato dal terrorismo e prime comunità di recupero per eroinomani. La trama è un po' complicata, ma cerco di ricostruirla per sommi capi, senza fare troppi spoiler: tutto parte dalla scomparsa, su una montagna dell'alta Toscana, di una coppia di scout durante un campo. I due sono probabilmente morti ma sulla loro scomparsa si accavallano diverse teorie, spesso legate al fatto che quel monte ha una strana fama e interessa da tempo gli ufologi. Parallelamente, non lontano dal luogo della scomparsa, sorge una comune un po' hippy, che però inizia ad accogliere anche ex drogati (o ragazzi che tentano di disintossicarsi) e che quindi deve fare i conti con l’attenzione della stampa e della popolazione vicina. Uno degli ospiti di questa comune è, tra l'altro, figlio di un celebre scrittore di fantascienza, che inizia pure ad indagare sulla scomparsa dei due scout dell’inizio. Il tutto poi va a mescolarsi alle vicende dell'Italia post '77, tra il reflusso della sinistra extra parlamentare, post-fascisti che sembra ormai abbandonati dei loro referenti politici ed altro ancora. La storia è abbastanza intrigante, anche se l'alternanza di toni e di ambientazioni secondo me non rende bene come in altri libri del collettivo bolognese; inoltre per molto tempo non si capisce dove gli autori vogliono andare a parare: all'inizio Ufo 78 mi era sembrato un romanzo quasi thriller, poi si è evoluto verso una sottotrama politica che d’altronde dai Wu Ming mi aspettavo, ma poi la cosa si è un po' annacquata e ancora adesso non so bene dove mi vogliano portare. Vedremo solo alla fine di questo lungo percorso se la narrazione sarà stata ben condotta. Intanto, se vi interessa, il libro lo potete acquistare qui.
Il virus dell’idiozia di Giovanni Boniolo: questa settimana ho cominciato e anche finito, come vi segnalavo anche in apertura, pure questo piccolo libriccino uscito l'anno scorso da Mimesis e scritto tra l’altro da un mio concittadino, professore di filosofia della scienza all’Università di Ferrara. Il tema, però, non è tanto in questo caso la filosofia della scienza, quanto piuttosto il ruolo dell'intellettuale nel mondo ipercomunicativo di oggi, soprattutto davanti a questioni di importanza politica e sociale come ad esempio la pandemia da Covid-19 da cui siamo usciti da poco. Il libro, infatti, raccoglie alcuni interventi scritti in momenti diversi tra il 2020 e il 2021, in cui Boniolo si scagliava contro la disinformazione che regnava in certe trasmissioni televisive e in certi mass media, a scapito del sapere scientifico. Il libro è quindi, inevitabilmente, abbastanza polemico, legato alle questioni contingenti dei mesi scorsi, ma di tanto in tanto apre degli squarci anche interessanti sul sapere scientifico e sulla sua natura, oltre che sui meccanismi di revisione di questo sapere che costituiscono a tutt'oggi i metodi più efficaci per arrivare ad un sapere condiviso. Insomma, partendo da una questione contingente il libro riassume, pur senza dire forse nulla di sconvolgente, i processi che rendono solido il sapere scientifico, fornendo anche qualche esempio interessante, utile a fare i conti con i problemi epistemologici e gnoseologici dei nostri tempi. Certo, non è un libro semplicissimo e forse questo è il suo difetto principale: non so se davvero quelli che credono alle banalità pseudoscientifiche che si sentono in TV poi possano affrontare un libro del genere e a trarne giovamento. Il problema infatti è quello di riuscire a comunicare la forza e la struttura del metodo scientifico anche a chi sembra non avere i mezzi cognitivi per comprenderlo. Ma questa è una sfida che ci porteremo dietro, come società, nei prossimi decenni e che di sicuro non si risolve in quattro e quattr’otto. Ad ogni modo, il volumetto di Boniolo può essere un buon punto di partenza per affrontare il discorso. Se siete interessati, lo trovate qui.
Il problema dei tre corpi di Liu Cixin: sto proseguendo anche nella lettura di questo romanzo di fantascienza cinese, per la verità molto corposo e col quale quindi sono ancora relativamente indietro (non sono giunto neppure a metà delle pagine). Il tema, l'ho già detto altrove e lo ribadisco, mi pare però molto interessante: tramite una storia ambientata ai giorni nostri, anzi con anche agganci al passato della storia cinese, l’autore ci porta ad indagare i misteri della fisica, soprattutto quelli relativi alla regolarità della natura. La parte più intrigante infatti è quella ambientata dentro a un videogioco, che uno dei protagonisti esplora lungo le pagine: un gioco in cui bisogna sopravvivere in un mondo in cui il sorgere del sole e l'alternarsi delle stagioni sembrano avvenire senza un ritmo regolare, in modo perfettamente casuale. All’interno di questa realtà virtuale, tutti i partecipanti al gioco tentano di creare dei modelli predittivi per svelare che questa apparente arbitrarietà degli astri è legata a una legge molto complessa che si può scoprire e governare. Inoltre, fuori dal videogioco sembra un po' alla volta delinearsi una sorta di guerra segreta e strana, che sembra concretizzarsi in un conto alla rovescia che viene a comparire perfino nella radiazione cosmica di fondo. Insomma, la trama è molto strana e per ora i tasselli non combaciano ancora perfettamente gli uni con gli altri, quindi mi ci vorrà ancora un po' di tempo per capire veramente dove l'autore vuole condurmi, però si tratta di sicuro di un romanzo intrigante e interessante, che per ora mi sento già di consigliare. Se pensate che vi possa piacere, lo trovate qui.
Quello che ho visto
Il menù dei film e le serie TV di questa settimana è piuttosto variegato: c’è in lista un classico del cinema italiano, c'è un film di intrattenimento molto recente e c'è anche una serie TV (che è in realtà un reality).
LOL episodi 3.04-3.05-3.06 (2023), con Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu, Marina Massironi: ho finito di vedere anche la terza stagione di LOL, il reality show comico di Amazon Prime Video. Come ho già scritto la settimana scorsa, mi sembra che la formula del programma cominci a diventare un po' stantia: la prima stagione era stata anche divertente ed abbastanza innovativa, mentre nella seconda la baracca era stata tenuta in piedi soprattutto dall'apparizione di comici come Corrado Guzzanti che non vedevamo in TV da un po' di tempo. In questa terza stagione, nonostante il talento di alcuni interpreti, mi è sembrato che ci fosse tutto sommato poco da ridere e in effetti le puntate sono riuscite a strapparmi una risata solo in un paio di occasioni. Il che, ovviamente, non è affatto una gran cosa per un programma composto di sei episodi e anche relativamente lungo. Non so onestamente se guarderò mai una quarta stagione. I più bravi a mio avviso quest’anno sono stati Nino Frassica, che pure pareva esser lì quasi controvoglia, e Fabio Balsamo. Lo trovate, come detto, su Prime Video.
The Gentlemen (2019), di Guy Ritchie, con Matthew McConaughey, Charlie Hunnam, Hugh Grant: il cinema di Guy Ritchie forse lo conoscete già molto bene, e bisogna dire che è in effetti abbastanza coerente nello stile e nelle dinamiche: al centro delle sue storie ci sono sempre delinquenti più o meno violenti che vivono all'ombra della società britannica, spesso vestiti in modi pittoreschi o capaci di parlare con espressioni o accenti coloriti; e questi delinquenti vengono di solito coinvolti in una serie di avventure piene di colpi di scena, di cambiamenti di fronte e a tinte forti. Questo in fondo è anche il menù di The Gentlemen, film abbastanza recente del regista britannico, in cui – a parte Matthew McConaughey, Hugh Grant e Colin Farrell – mancano attori celebri ma non mancano la violenza, i colpi di scena e la suspense. Anzi, vi devo dire che questo film rappresenta forse un passo indietro sul versante del dinamismo, che era a mio avviso più accentuato in altre pellicole, ma anche allo stesso tempo una maturazione nel cinema di Ritchie. Qui infatti sembra quasi di scorgere, dietro alla trama da gangster, un'intenzione psicologica, filosofica o addirittura politica: il protagonista, ad esempio, spiega in più punti durante il film di essere una sorta di leone in una giungla, di avere il ruolo quindi di capobranco, e di dover ribadire continuamente questo stato di cose, perché quando il leone invecchia tutti gli altri animali tentano in qualche modo di scalzarlo e prendere la guida del gruppo. In effetti tutta la trama del film può essere letta in questa chiave: lotte per il potere tra “maschi alfa”, e soprattutto tra persone che hanno già questo potere e altre che tentano di acquisirlo. La legge sembra in un certo senso quella della giungla, quasi in un richiamo all'homo homini lupus di Hobbes e al suo stato di natura, ma questo è vero solo fino ad un certo punto: in tutti i film sulle bande di delinquenti c'è spesso un ricorso estremo alla violenza, ma in questo caso c'è anche qualcosa in più: c’è l'idea che esistano anche delle norme, che chiamerei quasi norme di natura, che regolano i rapporti tra i soggetti anche laddove la legge non arriva. Queste regole non si basano tanto sull'onore o sulla pura e semplice convenienza personale, ma su uno strano senso di giustizia. In vari momenti della pellicola infatti emerge l'idea che ci siano delle cose che è lecito fare e altre che non è lecito fare, pure tra criminali; e chi trasgredisce a queste regole merita una qualche forma di punizione che egli stesso è spesso disposto ad accettare, ritenendola in fondo giusta. Insomma, aldilà dell'apparenza che farebbe pensare ad un film ispirato ad Hobbes, a me pare che questa pellicola sia molto più ispirata a Platone, che sosteneva che alla base dello Stato c'è proprio la giustizia, un valore che, stando le sue parole, è presente perfino tra i ladri, anche se magari in una forma criticabile ed emendabile. Il film, se vi ho incuriosito, lo trovate anche in questo caso su Amazon Prime Video.
Caro diario (1993), di Nanni Moretti, con Nanni Moretti, Renato Carpentieri, Antonio Neiwiller: dovete sapere che io da ragazzo avevo una vera e propria venerazione per il cinema di Nanni Moretti, soprattutto per quello delle origini. Avrò visto centinaia di volte Ecce bombo e Bianca, solo per fare un esempio, ma conosco quasi a memoria anche le battute di Palombella rossa e di Caro diario. Solo da Aprile in poi il mio amore viscerale per i film del regista romano è andato calando, forse anche perché Moretti ha iniziato ad affrontare temi diversi, a raccontare storie meno personali e ha perso un po' di quel mordente e di quell’originalità che invece mi affascinavano tanto. In ogni caso tutti i film realizzati fino al 1998 sono per me pezzi miliari della mia formazione e forse proprio per questo non li ho mai fatti vedere i miei figli. Una delle cose che mi lascia più interdetto, infatti, è proporre un film che io adoro (o ho adorato) ai miei figli e vedere che loro non hanno le mie stesse sensazioni, la mia stessa ammirazione. Penso che in fondo avesse in un certo senso ragione Kant quando diceva che il bello deve essere universale: io non riesco ancora a capire come altra gente non trovi bello quello che io stesso trovo bello. O, meglio: lo capisco se queste persone hanno un gusto radicalmente diverso dal mio, delle conoscenze molto diverse dalle mie e una sensibilità particolare; ma non riesco a capirlo con i miei figli, che spero la vedano più o meno come me su molte cose. Invece, ovviamente e giustamente, non è così: loro adorano cose che a me non dicono niente, mentre io amo cose che a loro non dicono nulla. Proprio per evitare quindi una grande delusione, per molto tempo ho evitato di proporre loro dei film di Nanni Moretti, perfino quelli più recenti, quelli in fondo più digeribili sotto molti punti di vista, perché non volevo sentirmi dire: «Ma che schifezza ci hai fatto guardare?» Non lo avrei retto. Qualche sera fa, però, mia moglie mi ha convinto a proporgliene uno. Preso dal panico, ho cercato di scegliere quello che mi sembrava meno estremo, quello che anche una persona non appassionata di Moretti avrebbe potuto trovare interessante; alla fine ho optato appunto per Caro diario, perché nella mia memoria era quello che mi sembrava più adatto al grande pubblico. Non so come sia andata a finire, nel senso che non ho avuto proprio il coraggio di chiedere un giudizio sincero ai figli: mi pare che lo abbiano guardato e che in fondo l’abbiano trovato mediamente carino, ma di sicuro non sono rimasti particolarmente colpiti dalle disavventure di questo romano quarantenne che va in giro in Vespa, passa da un'isola all'altra e affronta un tumore. Bisogna anche dire, d'altra parte, che il film – che rimane a mio avviso molto bello – è anche un po' datato: ci sono riferimenti a Flashdance, a Beautiful, a Pasolini, ai telefoni fissi, alle cabine telefoniche, ad isole fuori dal mondo e a tante questioni che oggi, nell'era di Netflix e dei cellulari, paiono un po’ sorpassate. Insomma, forse avrei dovuto puntare su qualcos'altro, su Bianca o su Palombella rossa, però ormai è andata così. Io questo cinema comunque continuerò ad amarlo anche quando non esisteranno più le Vespe o le malattie. Tra l’altro, se volete recuperarlo, lo trovate su Disney+.
Quello che ho pensato
Forse avrete seguito, nei giorni scorsi, quello che è accaduto in Francia. A seguito di una proposta di riforma che alzava l'età del pensionamento sostenuta dal governo e dal presidente Emmanuel Macron, in tutto il paese sono cominciate proteste anche piuttosto violente, che non si sono attenuate dopo l’approvazione, anche se in maniera risicata, della riforma. Alcuni di voi hanno anche commentato, sotto ai miei video e ai podcast relativi alla Rivoluzione francese o ai moti parigini dell'Ottocento, che i nostri cugini d'oltralpe sanno essere molto riottosi quando vogliono e non accettano facilmente imposizioni dall'alto.
Al netto di queste proteste, però, quello che è accaduto ai nostri dirimpettai pone l'attenzione su un problema che anche noi abbiamo vissuto sulla nostra pelle pochi anni fa e che forse presto saremo costretti ad affrontare nuovamente: quello della sostenibilità del sistema pensionistico. Che la pensione sia un diritto che ogni stato serio e democratico deve garantire, spero che nessuno lo metta in dubbio; come però questo diritto debba essere garantito può essere ovviamente oggetto di dibattito, soprattutto tenendo a mente, pragmaticamente, anche le risorse a disposizione.
C'è infatti un problema evidente ormai da diversi anni che finora il nostro paese non ha voluto veramente affrontare: quello del progressivo invecchiamento della popolazione. Chiunque abbia visto i dati o letto qualche libro al riguardo – suggerirei in questo senso qualche volume di Alessandro Rosina, come Crisi demografica o L’Italia che non cresce – sa che in Italia nascono sempre meno bambini e che, contemporaneamente, la speranza di vita si allunga, nonostante pandemie e problematiche varie. Non ci vuole un esperto di matematica o di statistica per comprendere che, se questa tendenza dura per dieci o vent'anni in maniera così netta, porta a scompensi rilevanti sulla tenuta del tessuto economico del paese.
Molto banalmente, più si allunga la speranza di vita, più la spesa pensionistica sale; e più cala il numero dei giovani e soprattutto dei lavoratori, minori sono i contributi che questi lavoratori versano per sostenere proprio quello stesso sistema pensionistico. È inevitabile, insomma, che ad un certo punto il meccanismo entri in crisi o rischi di saltare.
Questo è quello che sostanzialmente sta accadendo anche in Francia, anche se probabilmente a ritmi meno sostenuti di quanto non accada da noi; questo è però, in generale, il destino di tutto l'Occidente, a meno che il calo demografico non sia fortemente compensato dall'immigrazione di lavoratori da altre parti del mondo. Una eventualità, quest'ultima, che in Italia non si è voluta percorrere soprattutto per ragioni di consenso: proprio quando ci sarebbe stato bisogno invece di una immigrazione regolata, cospicua e saggiamente guidata, le forze politiche hanno preferito raccogliere facilmente voti cavalcando solo i problemi connessi all'immigrazione, giocando sulle paure della gente, cavalcando l’odio; e di fatto, così, ci hanno finora condannati ad una crisi che già stiamo odorando nell’aria, ma che quando arriverà a pieno impatto sarà gravissima. Detto per inciso, sta proprio qui forse il peggior difetto della nostra classe politica (e non tanto, come si è detto per anni, nel fatto di essere corrotta): il vero problema è che abbiamo una classe politica che pensa solo a raccogliere voti oggi ed è indifferente al fatto che questi voti raccolti oggi possono condannare l'Italia domani.
Ma torniamo alla questione delle pensioni. La riforma di Macron, come anche la nostra riforma Fornero di qualche anno fa e come in realtà tutta una serie di interventi legislativi che hanno alterato negli ultimi anni il sistema pensionistico in tutta Europa, tenta in modi più o meno adeguati di affrontare questo problema. Si può essere d'accordo o in disaccordo sulle modalità tramite cui queste riforme sono avvenute, sulla velocità con cui sono state implementate e su molti altri fattori, ma credo non si possa negare che tentino di affrontare un problema reale.
Si dirà, e qualcuno lo ha effettivamente detto e ridetto, che i soldi per le pensioni possono essere presi anche da altre parti e non solo dei contributi dei lavoratori. Si può andare ad esempio a tassare i più ricchi, usando tasse patrimoniali o altri prelievi fiscali di questo tipo per rifinanziare lo Stato sociale. Questo in parte è vero ed è ovviamente una scelta politica quella di toccare o meno i grandi redditi. Ma non rappresenta, in ogni caso, una vera soluzione al problema, se ci si pensa bene.
Non è infatti solo la spesa pensionistica ad essere aumentata esponenzialmente negli ultimi anni; lo stesso andamento si registra, anzi, per tutte le spese connesse alla vecchiaia. L'invecchiamento progressivo della popolazione porta ad esempio ad un aumento anche dei costi della sanità, che non a caso anche in Italia è ormai quasi fuori controllo: forse nelle vostre città ci saranno grossi problemi con le case di riposo, sovraffollate; forse nelle vostre città ci saranno problemi con i medici di famiglia, che scappano dal lavoro per via dell’eccessivo numero di pazienti, di compiti e di responsabilità; forse nelle vostre città ci saranno liste d’attesa infinite per esami clinici a cui si sottopongono anziani e meno anziani.
L'allungamento della speranza di vita è ovviamente una buonissima cosa, ma implica tutta una serie di conseguenze e soprattutto di costi di cui bisogna tener conto. I bambini costano anch'essi, ma costituiscono in un certo senso un investimento: per venti o trent'anni li si mantiene e li si fa studiare, ma dopo quella fase iniziano a lavorare e a dare il loro apporto, versando tasse e contributi. Allo stesso tempo, essendo giovani e di solito in buona salute, si servono poco dei servizi pubblici, perché ne hanno meno bisogno: pertanto, una volta finita la scuola danno molto di più di quanto ricevono. I pensionati, invece, vengono anch'essi in un certo senso mantenuti per venti o trent'anni dopo il pensionamento, ma il loro bisogno di servizi è notevolmente più alto: hanno svariate magagne, piccole o grandi, che li portano a frequentare assiduamente gli studi medici o gli ospedali; hanno bisogno di assistenza ad esempio tramite badanti o case di riposo; sono in generale meno autonomi e quindi hanno bisogno di uno Stato che si prenda anche cura di loro.
Conseguenza di tutto questo è il fatto che non si può destinare troppa parte della fiscalità generale alle pensioni, anzi forse sarebbe meglio non farlo proprio: perché ogni euro che destini alle pensioni è in un certo senso un euro che togli alla sanità, alla scuola e ad altri servizi sociali. Certo, tassare i più ricchi e ridurre la corruzione sono misure importanti per mettere a posto i conti pubblici, per avere più margine di spesa, ma non risolvono comunque una tendenza che ormai stabile, conclamata e di lungo periodo. Guardate quello che si diceva riguardo alla riduzione del numero di parlamentari: quel risparmio pareva quasi che avrebbe dovuto salvare l’Italia, e invece è in realtà quasi irrilevante. Insomma, nuove tasse permettono forse di rimandare di due o tre anni una riforma delle pensioni, ma non di evitarla.
Ovviamente, come abbiamo visto in Francia, i lavoratori non sono affatto d'accordo con questa eventualità e sono disposti a lottare per quelli che reputano essere i loro diritti. In parte hanno ragione: per anni si è andati in pensione ad un’età più bassa, quando si era pienamente in forze e in grado ancora di lavorare a lungo, e quindi la generazione che viene colpita da questi cambiamenti tende ad infuriarsi perché vede la propria qualità della vita peggiorare. Allo stesso tempo, però, devo dire che la mia generazione, ormai rassegnata all’idea di andare in pensione quasi verso gli ottant'anni, guarda mi pare con un certo distacco a tutte queste proteste: la composizione demografica dei nostri paesi sta cambiando velocemente e aver ignorato fino ad adesso questo problema ci ha portati alla situazione di oggi, in cui sono necessarie misure drastiche che però nessuno vuole assumersi la responsabilità di intraprendere.
E questo ci porta al di fuori della Francia, nel nostro paese. In realtà sappiamo bene che la situazione anche da noi è destinata a non durare, anche se facciamo finta di non vederlo. Continuiamo a vivere votando partiti, sia di sinistra che di destra, che vanno al potere promettendo aiuti, sgravi, pensioni anticipate, approfittando di queste concessioni e rimandando il momento in cui dovremo fare i conti con i problemi arretrati. Tanto prima o poi arriverà un governo tecnico che si assumerà l'onere di fare tutte quelle riforme impopolari che sono state rimandate per anni: gli scaglieremo contro i nostri improperi e spereremo che a pagare veramente siano i nostri eredi, e tireremo avanti un altro po’.
Proprio due o tre giorni fa, nella chat degli abbonati del canale YouTube, è emerso un problema molto simile: mi hanno chiesto quale sarebbe la mia ricetta per ridurre la disoccupazione. Considerando che di economia ne so anche poco e che non sono certo un esperto della questione, ho rimarcato come in realtà il problema dell'Italia è secondo me strutturale, e non dipende da una singola riforma in sé e per sé; ed è un problema che, in ultima istanza, mi pare risiedere nella rigidità del nostro sistema. Una rigidità che vuol dire anche non voler affrontare i problemi quando è il momento di affrontarli, rimandare sempre le grandi questioni, non assumersi le relative responsabilità (e questo è un problema dei politici ma mi pare anche della popolazione, di noi stessi).
Un'Italia che ricomincia a proiettarsi nel futuro è un'Italia che affronta le proprie sfide senza scappare davanti ad esse; che sa anche cambiare, che sa anche mescolarsi, che sa anche rinunciare a qualcosa per ottenere qualcos'altro. L'Italia del boom economico, se ci si pensa, è stata proprio questo: un’Italia di migranti e migrazioni, un'Italia giovane che si prendeva anche cura dei propri vecchi ma che aveva come primo obiettivo quello di riprendersi, di risalire, e non tanto di conservare quello che già c'era (forse perché in realtà in partenza c'era poco o nulla).
Ecco, la bambagia ci ha resi forse un po' pigri: speriamo di ricominciare a darci da fare presto per un paese che altrimenti invecchierà sempre di più non solo nell’età anagrafica, ma anche nello spirito.
Quello che ho registrato e pubblicato
Ed ora, una veloce panoramica su tutti i video e i podcast che ho pubblicato in questa ultima settimana.
Corso di logica 1 - Concetti introduttivi: pare essere stata molto apprezzata la prima puntata di nuove serie di video dedicati alla logica
La Costituzione italiana: articoli 1,2, 3 e 4: per educazione civica ho approfondito i primi articoli della nostra Costituzione, con anche un po' della loro storia
Come valutare di chi mi posso fidare: alcune note orientative su autorevolezza e dibattito pubblico: questo discorso me lo chiedevate da tempo, e quindi ecco una guida minima a come distinguere gli esperti dagli imbonitori
La società romana al tempo di Costantino: Costantino non fu solo un imperatore abile politicamente, ma incise anche sulla società del suo tempo
L’autunno del Medioevo - Audiolibro spiegato parte 24: nuovo capitolo del libro sul tardo Medioevo, in cui affrontiamo temi principalmente letterari
Il platonismo di Marsilio Ficino (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Il 1848 in Francia e in Austria (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Ah, prima di dimenticarci vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
Il canale YouTube | Instagram | Facebook | Twitter | TikTok
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono i nuovi abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri e videocorsi che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i nostri consigli della settimana.
Utopia di Tommaso Moro: visto che nella riflessione di questa settimana vi ho parlato delle problematiche dei nostri stati e del pragmatismo con cui dovremmo in parte affrontarle, e visto però che ho anche citato Platone e Hobbes, il libro della settimana non poteva non essere un libro incentrato sulla politica. Al di là dei soliti classici, mi sembra utile che tutti leggiate primo poi Utopia di Tommaso Moro, il libro che ha dato vita a un intero genere letterario, genere che poi ha avuto estrema fortuna anche nell'evolversi del pensiero politico. Scritto all'inizio del '500, il volumetto descrive uno Stato immaginario in cui tutti gli uomini sono uguali e si dedicano un po' al lavoro, un po' allo studio ed un po' al riposo; uno Stato in cui non esiste il denaro e non esiste la proprietà privata e in cui la comunità vive nell'uguaglianza. Uno Stato insomma proprio utopistico, almeno nel senso in cui lo intendiamo oggi, in un senso che proprio Moro per primo introdusse nel pensiero occidentale. È, insomma, un capolavoro imperdibile che potete acquistare, a una manciata di euro, qui.
Data visualization: crea infografiche con Illustrator: quello delle infografiche è un mondo straordinario. Si tratta di semplici file, di illustrazioni, che a colpo d’occhio ti permettono di cogliere l’essenza di un problema (economico, politico, sociale). Saperle creare, quindi, in certi casi è davvero fondamentale, ma allo stesso tempo non è affatto facile. Questo corso Domestika – che costa 15,99 euro e si compone di 20 lezioni online – vi insegna a realizzare infografiche anche molto elaborate con Illustrator, un software tra i più gettonati nell’ambiente. Lo potete provare qui.
C’è poi un nuovo modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ne è comparso uno nuovo chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Quello che c’è in arrivo
Chiudiamo come al solito con qualche anticipazione sui video e sui podcast in preparazione in questi giorni:
domani se tutto va bene dovrebbe intanto uscire un nuovo video della serie dedicata ai registi e alla loro filosofia, incentrato su Alfred Hitchcock, il maestro del brivido britannico;
poi dovrebbero arrivare anche il primo video della serie dedicata alla storia dei consumi, di cui forse vi ho già parlato in passato, e la seconda puntata del corso di logica;
infine – ma su questo sono ancora un po' più dubbioso – devo finire di preparare il secondo video sulla Primavera araba, incentrato sulla Libia e sulla Siria;
per quanto riguarda i podcast, invece, aspettatevene uno su Pico della Mirandola e forse uno su Pomponazzi, oltre che, sul versante storico, la conclusione della panoramica sul 1848 europeo;
infine questa settimana arriverà anche la diretta esclusiva riservata agli abbonati del canale, e se non sapete bene di cosa si tratta potete avere maggiori informazioni cliccando qui.
E questo è tutto anche per questa settimana. Ci rivediamo lunedì prossimo, poco prima delle vacanze di Pasqua, speriamo anche con qualche novità interessante. Intanto, buona settimana a tutti!