Su Silvio Berlusconi come un simbolo, su Miles Morales come un kantiano, su Cormac McCarthy e il suo ultimo libro, sulla bellezza di Black Mirror, su D'Annunzio, Gialappa's, Feynman, Jumanji, Kuhn
Quante cose sono successe in questa settimana! Non tutte positive: sono morte, ad esempio, un sacco di persone famose, tra cui anche Cormac McCarthy, di cui stiamo presentando in queste settimane l’ultimo lavoro. Ma poi molte novità sono arrivate anche sul piano personale.
Vi ricorderete, infatti, che proprio la settimana scorsa vi ho parlato dei miei esami a Portogruaro e San Donà di Piave, piuttosto lontano da casa mia. Ebbene, oggi ho partecipato in quelle due città alla riunione preliminare per dare avvio ai lavori, ma già da qualche giorno ho avuto, su quel versante, sorprese molto positive.
Devo dire che ho titubato a lungo prima di raccontare di questo incarico sul web. Se ci fate caso, la notizia l’ho avuta il 1° giugno, ma ho pubblicato il video in cui spiegavo tutto solo l’11, dieci giorni dopo. Da un lato, non volevo riempire il canale di questioni mie che, pensavo, interessano solo me; dall’altro, non volevo dare neppure l’impressione di stare troppo a lamentarmi, sicuro che sarebbe poi arrivato qualcuno a dirmi che c’è chi sta peggio di me, che sono un privilegiato e che non devo permettermi di sputare nel piatto in cui mangio (in effetti, immancabile, qualche commento di questo tipo è arrivato: quelli che hanno tempo da impiegar male non mancano mai).
Alla fine però mi è sembrato che la cosa potesse interessare e se ne potesse trarre un qualche insegnamento; così, facendomi trasportare dall’entusiasmo, ho pubblicato questo benedetto video. E ho fatto bene: perché sono giunti vari commenti interessanti e positivi (alcuni li ho letti, anche se non ho ancora fatto in tempo a rispondere… sono indietrissimo con le mail!), ma soprattutto è giunta l’offerta di una stanza in zona in cui andare a dormire. Avere dei follower si è rivelato utilissimo e la loro generosità è stata magnifica.
Quindi le tre settimane d’esami saranno comunque impegnative, anche perché un po’ la spola tra Rovigo e l’alto Veneto dovrò comunque farla, ma per fortuna avrò una base d’appoggio per svariati giorni e potrò riprendermi un po’ senza passare metà giornata in autostrada.
E questo mi consente, tra l’altro, di sottolineare che il canale YouTube magari ha aiutato anche alcuni di voi, ma è stata proficuo anche per me: come spesso accade, quando si fa qualcosa senza aspettarsi cose in cambio, poi quelle cose arrivano magari lo stesso, in modi trasversali e obliqui. Quindi devo essere io, per una volta, a dire grazie a voi, e in particolare a Emanuel e Laura, persone squisite.
Ma ora bando alle ciance e alla retorica: cominciamo il nostro solito viaggio settimanale tra libri, film e riflessioni.
p.s.: ho appena letto che Netflix sta realizzando una serie TV su Il problema dei tre corpi, fantastico e complicato libro di fantascienza di cui abbiamo parlato molto nelle scorse settimane. Non ho idea di come faranno ad adattare un romanzo del genere, però intanto, se siete curiosi, potete guardarvi il trailer qui.
Quello che ho letto
Cominciamo come al solito dai libri, anche se questa settimana in lista non ci sono molte novità rispetto a sette giorni fa.
Mai dire noi della Gialappa’s Band: tra i libri in lista, questo è probabilmente quello meno prestigioso o intelligente; eppure è anche quello che, in tutta onestà, sto leggendo con maggiore interesse. Si tratta infatti di un lungo elenco di ricordi della Gialappa’s Band, dagli esordi alla radio alla metà degli anni '80 fino ai giorni nostri, con tantissimi retroscena sulla vita della TV commerciale, dei vari comici e dei dirigenti di Mediaset. Di per sé, dal punto di vista narrativo o letterario, non c’è molta sostanza, visto che di fatto si tratta della trascrizione di una serie di ricordi detti probabilmente a voce, quasi fosse il resoconto di una lunga trasmissione radiofonica; ma di sicuro fa ridere e si legge molto velocemente. Inoltre si impara a conoscere i caratteri dei tre componenti storici del gruppo: finora, per me, la Gialappa’s è sempre stata un insieme di tre voci, chiaramente distinte l’una dall’altra ma a cui non si riusciva (o almeno io non riuscivo) ad attribuire un volto e un carattere. L’unica eccezione, forse, era costituita dal “signor Carlo”, che un po’ si distingueva dagli altri due perché più posato e un po’ meno scemo. Tramite questa sorta di autobiografia lavorativa, invece, si riesce a distinguere meglio i personaggi e le relative storie. Insomma, niente di che, ma comunque interessante se avete amato una o più trasmissioni comiche del gruppo (o se state vedendo il loro ultimo lavoro su TV8, che sta andando inaspettatamente bene sia a livello di critica che di ascolti). Se vi interessa, il libro lo potete comprare qui.
Il passeggero di Cormac McCarthy: avrete letto sicuramente, nei giorni scorsi, della morte di Cormac McCarthy. È stata una settimana di lutti eccellenti, a dirla tutta: prima è morto Silvio Berlusconi, di cui ho provato anche a parlare in un video apposito che trovate più avanti; lo stesso giorno è venuto a mancare il regista e attore Francesco Nuti; poi è stata la volta appunto di McCarthy; infine, notizia di pochi giorni fa, è scomparso anche John Romita Sr., uno dei più grandi fumettisti di tutti i tempi e, in ambito supereroistico, quello che ho sempre preferito tra i disegnatori classici (meglio di Buscema, Kirby e Ditko, anche se so che i fan di questi pezzi da novanta mi odieranno per un’affermazione tanto temeraria). Ma, appunto, la scomparsa di McCarthy ha un sapore ancora più amaro, perché il suo ultimo lavoro è da poco uscito e da ancora meno tempo mi sono messo a leggerlo, fatto che adesso trasforma questo volume e il suo seguito (sono usciti insieme in America, anche se in Italia arriveranno con un po’ di distanza l’uno dall’altro) in una sorta di testamento spirituale. La storia è ingarbugliatissima, e infatti se cercate recensioni in rete ne trovate anche di molto negative: non è un libro per tutti, risulta anzi molto ostico e difficile. Questo però non vuol dire che sia brutto, e la gente dovrebbe secondo me imparare a sospendere il giudizio quando ci si trova davanti a qualcosa di impegnativo, e valutare solo a impresa finita. Per questo anch’io per ora non voglio esprimermi troppo nettamente: ma vi dirò che, dopo molte pagine faticose, il libro mi intriga. Tra l’altro anche qua, en passant, si parla di Oppenheimer, del progetto Manhattan e di un sacco di fisica quantistica, come anche nel libro di Feynman di cui vi parlo in questa stessa newsletter; tutti fattori che mi stanno facendo salire le aspettative per il nuovo film di Christopher Nolan dedicato proprio a Oppenheimer e in uscita nelle prossime settimane. Se comunque questo romanzo vi interessa, potete acquistarlo qui.
Sta scherzando, mr. Feynman! di Richard Feynman: vi ho già parlato di questo libro di memorie del grande fisico Richard Feynman, che però questa settimana ho letto con maggior interesse e velocità, arrivando ormai oltre la metà del libro. Come ho già anticipato la volta scorsa, si tratta di fatto di storielle di vita che aiutano a ricostruire l’esistenza di questo premio Nobel abbastanza atipico, spesso in vena di scherzi (sia al lettore, sia ai grandi personaggi che nella vita si è trovato ad incontrare). Particolarmente gustosa è la parte in cui parla di Los Alamos, quando collaborò al Progetto Manhattan: ci sono racconti dedicati a Robert Oppenheimer, a Albert Einstein, a Niels Bohr, a Enrico Fermi. E ci sono a tal proposito anche due parti divertenti e lunghe: la prima è dedicata a come la corrispondenza venisse all’epoca censurata, con Feynman continuamente convocato dalla commissione che operava quella censura perché si ostinava a scrivere in codice nelle lettere alla moglie (codice che era un gioco interno alla coppia, e che il buon Feynman doveva, per sfida, continuamente decifrare); la seconda è dedicata invece a come il fisico imparò a scassinare gli schedari e le casseforti per il puro gusto di farlo, mettendo però di fatto a rischio i grandi segreti che là si custodivano. Insomma, avete capito il tono della questione. Si legge gradevolmente e vi permette però allo stesso tempo di seguire il modo in cui la fisica si è evoluta negli Stati Uniti prima e dopo la Seconda guerra mondiale. Lo potete comprare qui.
Quello che ho visto
Passiamo ora ai film, con almeno una novità molto importante in lista.
Jumanji - Benvenuti nella giungla (2017), di Jake Kasdan, con Dwayne Johnson, Jack Black, Kevin Hart: Complice il fatto che tra qualche giorno, come vi ho già raccontato, dovrò trasferirmi dalle parti di Portogruaro, questa settimana ho cercato di passare tutto il tempo che avevo a disposizione con i miei figli, soprattutto con i più piccoli, visto che i più grandi ormai hanno i loro giri e cominciano a sentire meno la mia mancanza. Questo ha voluto dire anche mettermi a guardare un po' di film con loro, lasciando che fossero proprio loro a scegliere cosa vedere. Come noterete, infatti, nella lista di questa settimana ci sono ben due film adatti ad un pubblico giovanile. Partiamo da Jumanji, remake di qualche anno fa del classico anni '90 con Robin Williams. In questo caso il cast è tutto di buon livello: nel ruolo dell'eroe nerboruto ma anche insicuro c'è un bravo The Rock; Karen Gillan interpreta una ragazza timida che improvvisamente si trova ad essere un eroina dei videogiochi; Kevin Hart e l'ottimo Jack Black fanno poi da controparte comica al tutto. La storia credo più o meno la conosciate tutti: quattro ragazzi messi in punizione per motivi diversi incappano, nello scantinato della scuola, in un vecchio videogioco. Provano a farlo funzionare, scoprendo però rapidamente che si trova di una sorta di videogioco magico che li catapulta letteralmente dentro all’avventura, cambiandone le fisionomie e facendo loro assumere le sembianze degli eroi del gioco. Ovviamente ci sono molti ostacoli da superare e i quattro rischieranno più volte la vita, ma, soprattutto, impareranno a conoscersi tra loro e a crescere, nella più classica delle storie di formazione giovanile. Il film è ovviamente abbastanza prevedibile e di certo non presenta mai una scena che non avreste potuto immaginare anche per conto vostro, ma bisogna dire che allo stesso tempo è anche abbastanza godibile, forte di un discreto ritmo e, appunto, di bravi interpreti. Insomma, non vi sconvolgerà certo la mente ma si lascia guardare. Per ragazzini di 8 o 11 anni, va più che bene. Lo trovate su Netflix.
Black Mirror episodio 6.01 - Joan è terribile (2023), scritto da Charlie Brooker, con Annie Murphy, Salma Hayek, Michael Cera: forse avrete letto che proprio questa settimana è stata resa disponibile su Netflix la nuova stagione di Black Mirror, una delle serie più interessanti dal punto di vista filosofico degli ultimi anni. Lo show, infatti, si concentra sui rischi della tecnologia, immaginando una serie di storie ambientate in un futuro prossimo venturo in cui i social network, i cellulari, i computer o tutto quello che ne deriva siano diventati ancora più dei pezzi fondanti delle nostre vite. L'esito di queste storie è spesso grottesco o addirittura angosciante, tanto che la serie direi che oscilla tra un tono di satira e uno horror. In ogni caso tutte le puntate sono fatte in modo molto convincente, dirette e recitate, oltre che sceneggiate, in modo magistrale. Per questi motivi ero molto curioso di vedere il nuovo gruppo di episodi e finora, complici le trasferte per gli esami e gli ultimi adempimenti per la scuola, sono riuscito a vedere solo il primo di questi episodi, intitolato Joan è terribile. Con una battuta, potrei però dire che il primo episodio basta e avanza: la storia è infatti estremamente angosciante e colpisce subito nel segno, mostrandoci come già nel giro di pochi anni, se non adeguatamente controllata, la tecnologia e lo scarso controllo della privacy potranno generare dei problemi catastrofici per le nostre vite. In breve, e senza fare troppi spoiler, l'argomento del primo episodio è da un lato il fatto che le nostre esistenze siano continuamente monitorate dai nostri cellulari, che registrano tutto quello che facciamo, e dall'altro che le piattaforme che generano contenuti potranno presto sfruttare le intelligenze artificiali, e in particolare i meccanismi di deepfake, per realizzare delle serie TV completamente al computer, in cui gli attori siano sostituiti da degli avatar fatti a immagine somiglianza di interpreti reali che abbiano ceduto i diritti di sfruttamento della loro immagine. Allo stesso modo, però, anche gli sceneggiatori potrebbero presto essere sostituiti da ChatGPT o qualcosa del genere, e così dicasi per registi, attrezzisti e così via. Un computer potrebbe insomma facilmente generale da zero un intero episodio di una serie TV in pochi minuti. Così, la Joan del titolo non è altro che la prima vittima di questo duplice e perverso meccanismo: la sua vita, infatti, viene portata sul piccolo schermo quasi in contemporanea, grazie al suo cellulare che registra ogni sua azione e discorso e a un computer che rielabora il tutto, creando una specie di pantomima della realtà. L'esito è ovviamente distopico, in quanto tutti gli altri spettatori del mondo vengono così a conoscere i dettagli più intimi della vita di Joan, senza che lei lo voglia o possa correggere le vistose imprecisioni. Un episodio assolutamente da vedere che, certo, carica molto la mano sul peggiore scenario possibile, visto che non è assolutamente detto che si debba arrivare a questi estremi, ma che ci presenta comunque una situazione non così lontana dalla realtà che ci troveremo presto ad affrontare. Guarderò presto anche gli altri episodi ma già questo primo vale assolutamente il vostro tempo e la vostra attenzione. Come detto, trovate tutto su Netflix.
Sing (2016), di Garth Jennings e Christopher Lourdelet: l'altro film scelto dai miei figli per la visione in comune è stato Sing, cartone animato di qualche anno fa che io a suo tempo mi ero perso, visto che i piccoli l'avevano visto al cinema con mia moglie (spesso queste incombenze ce le dividiamo: una volta vado io, una volta va lei). Si tratta di un cartone basato sul canto, come si intuisce facilmente dal titolo: al centro della trama c'è infatti un piccolo koala che fa l'impresario teatrale e che, dopo mille fallimenti, sta cercando di mettere in piedi uno spettacolo che dovrebbe risollevare le sorti della sua carriera e soprattutto il destino del suo teatro. Recluta così una serie di brillanti promesse dalla strada e attraversa varie peripezie, legate anche al fatto che questo koala è in realtà pieno di debiti e di problemi. Alla fine però il talento dei vari animali che si esibiscono al microfono emerge prepotentemente e tutto va a finire per il meglio. Devo dire, a onor del vero, che i miei figli hanno apprezzato molto di più Jumanji di Sing: sarà che sono dei maschi e non hanno tutto questo incredibile interesse per la musica, sarà che amano l'azione e in questo cartone ce n'è davvero poca, ma i figli si sono vagamente annoiati. In realtà il film non è fatto male, anche se è vero che è estremamente mirato all'aspetto canoro e le canzoni sono davvero tantissime, cosa che fa sì che l'effetto funzioni soprattutto quando quelle canzoni le si conosce già. Al di là di questo, comunque, la trama risulta in effetti abbastanza prevedibile e durante tutta la durata della pellicola non ci sono grandi scossoni. Per appassionati. Lo trovate su Amazon Prime Video.
Quello che ho pensato
E parliamo dunque, ancora una volta, di Silvio Berlusconi. Lo so, è già stato detto quasi tutto quello che c’era da dire, i suoi funerali sono stati trasmessi in diretta TV su addirittura 20 canali contemporaneamente, e insomma probabilmente non ne potete più. Sembra addirittura perfino passato di moda, nonostante siano passati pochi giorni dalla scomparsa. Vorrei fare però un’ulteriore riflessione, anche rispetto a quella che vi ho lasciato nel video che ho realizzato in settimana e che trovate linkato di seguito, nella sezione Quello che ho registrato e pubblicato.
Pensavo proprio a tutta la questione dei funerali e soprattutto del lutto nazionale, decretato dal governo. Come forse avrete letto, proprio quest’ultima decisione ha suscitato alcune polemiche, dovute al fatto che il lutto nazionale si proclama in genere per eventi che colpiscono emotivamente tutta la nazione, come quando ci sono molti morti per un disastro naturale o per la morte di un Presidente della Repubblica molto amato. Mai era stato concesso per la morte di un Presidente del Consiglio, neppure per Alcide De Gasperi, per Aldo Moro, o per personaggi comunque morti in circostanze molto tragiche e a servizio dello Stato, come Giovanni Falcone o Paolo Borsellino.
In effetti, la decisione del governo pare onestamente esagerata. Le esequie pubbliche e i funerali di Stato, ovviamente, sono un dovere per chi ha rivestito incarichi di quella responsabilità; il lutto nazionale però è altra cosa. Va riservato per qualcosa che sia davvero nazionale, e che quindi riguardi tutta la nazione, non solo una parte; e Berlusconi, comunque la si pensi, è stata una delle cose più divisive (se non LA cosa più divisiva) dell’Italia dell’ultimo trentennio. A mio avviso questo è stato, quindi, uno scivolone da parte dell’esecutivo, che ha dimostrato di non aver troppo il polso delle prassi istituzionali.
Al di là di questo, però, mi sono chiesto perché tutta questa enfasi: durante i funerali sembrava di essere davanti a un’organizzazione che voleva emulare le esequie di Elisabetta II, senza peraltro riuscirci troppo bene. Perché tutto questo ambaradan, che ha corso pesantemente il rischio di diventare eccessivo e di stancare perfino chi magari aveva avuto anche un iniziale moto di commozione e compassione? È sembrato tutto un po’ pompato ad arte: perché?
Berlusconi era malato da tempo e la sua morte non è stato un evento inatteso, quindi si può scartare il movente dell’emotività. Allo stesso modo, il fondatore di Forza Italia non occupava più posizioni di vero rilievo nella politica italiana e internazionale, quindi si può scartare pure il senso del dovere. Infine, aveva una storia a tratti anche controversa e non certo limpida, e all’estero lo sanno bene: avete notato l’imbarazzante assenza ai funerali di qualsivoglia personalità di spicco proveniente dall’estero, Orban a parte?
Ci ho pensato a lungo, e l’unica motivazione che so darmi è che la destra italiana attualmente al governo sia alla (disperata) ricerca di “padri fondativi”, e l’unico che ha a disposizione è Berlusconi.
Mi spiego meglio. Se guardate questi primi mesi dell’azione di governo di Meloni e soci, forse notate una cosa che ritorna spesso, e che anzi caratterizza tutta questa prima fase: il tentativo di creare una propria identità, una propria cultura (di governo e non solo). Proposte di legge sull’italianità, uso esagerato del termine “nazione”, grandissima attenzione ai musei, alla Rai, alla scuola: sembra quasi che al governo interessi più la cultura dell’economia. Strano, no?
Ebbene, a mio avviso sta emergendo quello che è sempre stato uno dei talloni d’Achille della destra italiana: la mancanza di un vero e proprio apparato culturale alle proprie spalle. Non fraintendetemi: non sto dicendo che siano ignoranti. Il discorso è diverso. La destra italiana non ha un progetto culturale coeso, fatto di intellettuali di riferimento, filosofie, valori. O, meglio: ce l’ha avuto a lungo, qualcosa del genere, ma è stato spesso di derivazione fascista o post-fascista. Quando ha cercato di smarcarsi da quella storia, è rimasta senza radici (se non per personaggi un po’ particolari come Sgarbi).
La sinistra non ha questo problema: anzi, ha fin troppa egemonia culturale nella sua storia. Se si deve guardare alla filosofia, ha Marx e Gramsci; se si deve guardare alla letteratura, ha Pasolini, Calvino, Fo e miliardi di altri; se si deve guardare al cinema ha avuto il Neorealismo, poi proprio Pasolini, poi in epoca più recente Moretti, Bellocchio, Sorrentino e mille altri ancora. Non parliamo dei musicisti, dei presentatori televisivi, dei fumettisti, dei comici: la sinistra ne ha bizzeffe, più o meno inquadrati. Alcuni sono in linea con il PD, molti altri sono fortemente critici nei confronti del partito di riferimento; ma sono – e si sentono portatori dei valori – della sinistra.
La destra non ha quasi nessuno. L’unico presentatore televisivo degno di nota che sembra aver trovato è stato finora Pino Insegno, un bravo doppiatore ma non certo uno che ha fatto la storia del piccolo schermo. Registi? Musicisti? Scrittori? Certo, qualcuno qua e là c’è, ma sempre poca roba, sempre personaggi di contorno. E quando magari si potrebbe tirar fuori qualche nome importante – che so, Giovanni Gentile – finisce che è stato fascista, e quindi non va troppo bene. Avrete forse letto che il nuovo direttore generale della Rai, espressione proprio di Fratelli d’Italia, vorrebbe fare un cartone animato su Gabriele D’Annunzio. Ecco: sull’anticipatore del fascismo, morto 85 anni fa. Quando si dice: una cultura che guarda al futuro.
Questa è una mancanza non da poco, quando si vuole diventare una forza politica in grado di governare. E la destra lo sa, e lo vive molto male. C’è sempre un certo vittimismo, in questo senso; una sorta di complesso di inferiorità. E quindi Meloni e soci mi paiono essere alla ricerca di qualche mito fondativo, di qualche punto di riferimento ideologico.
Ce ne sono pochi di potenziali, a dirla tutta. La sinistra piange ancora com’è morto Pasolini, riutilizza ancora Berlinguer, rievoca perfino il cattolico don Milani: su di loro si sono versati e si continuano a versare quintali di inchiostro, si fanno film, si fanno convegni. I padri fondatori, a sinistra, ci sono eccome. A destra invece mancano.
È proprio per questa mancanza, per questo desiderio di trovare una figura da contrapporre ai morti eccellenti dell’altra parte, che si è cercato di trasformare Berlusconi in Berlinguer, di far assomigliare il funerale del primo al funerale del secondo.
Solo che ai funerali di Berlinguer partecipò un milione e mezzo di persone, a quelli di Berlusconi 10mila. Sono 150 volte di meno. Altri tempi, si dirà: ed è vero. Ed altro tipo di morte, perché quella di Berlinguer fu davvero improvvisa. Però lo scarto è abbastanza emblematico.
A me sembra che la destra non riuscirà a trovare in Berlusconi un mito di riferimento, perché il fascino di Berlusconi era legato molto più agli affari che alla politica, e gli affari interessano soprattutto a chi li fa.
Prepariamoci all’infinita lotta per intitolargli strade, vie, piazze in giro per le città amministrate dal centrodestra, ma poco altro: la destra, se vorrà darsi una cultura ed una storia, avrà bisogno di ben altro, di personaggi meno divisivi e più stimati, con un curriculum più limpido e una storia irreprensibile. Altrimenti sarà solo il solito tifo da stadio di una parte che applaude (magari neppure troppo presa dagli eventi) e l’altra che fischia.
Quello che ho registrato e pubblicato
Facciamo ora una panoramica sui video e sui podcast che sono usciti questa settimana:
Chi è stato Silvio Berlusconi: ho cercato di fare un’analisi equa e storica del ruolo che Silvio Berlusconi ha avuto nell’Italia degli ultimi trent’anni
Il superuomo di Nietzsche e D’Annunzio: pensato soprattutto per chi va verso la maturità, un confronto tra due visioni simili ma non uguali
Come e perché prendo le mie note: a grande richiesta, un primo video per spiegare il mio sistema di appunti
Spider-Man: Across the Spider-Verse tra Kant e Hegel: l’ultimo bel film di Spider-Man mi ha fatto pensare a Kant ed Hegel, e vi spiego perché
La visione dell'uomo di Montaigne (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Relativismo e morale in Montaigne (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La borghesia come classe dominante (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Ah, prima di dimenticarci vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
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Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono i nuovi abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri e videocorsi che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i nostri consigli della settimana.
La struttura delle rivoluzioni scientifiche di Thomas Kuhn: come funziona la scienza? È una domanda a cui i filosofi provano a rispondere da secoli, se non millenni. Nel corso del Novecento uno dei passi avanti più significativi verso una risposta soddisfacente è arrivato da Thomas Kuhn, storico e filosofo della scienza, tramite questo libro che è fin da subito stato considerato un classico. Oggi lo si può leggere – e, se ci si occupa dell’argomento, lo si deve leggere – a poco più di 20 euro edito da Einaudi e acquistabile qui.
Scrittura non-fiction per podcast narrativi: il podcast pare essere il mezzo del futuro, e se siete qui forse un po’ lo sapete. Se anche voi volete cimentarvi con le tecniche e le competenze connesse alla narrazione tramite questo strumento forse il corso di oggi può fare al caso vostro: vi insegna come strutturare e scrivere le singole puntate in modo che siano efficaci. Costa 9,99 euro, si compone di 14 lezioni e può essere fruito qui.
C’è poi un nuovo modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ne è comparso uno nuovo chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Quello che c’è in arrivo
Concludiamo con una veloce occhiata a quello che dovrebbe arrivare sul canale nei prossimi giorni:
intanto porteremo un altro po’ avanti la lettura del Saggio sulla libertà di John Stuart Mill, con la quarta puntata dedicata all’opera;
poi aspettatevi un nuovo video di storia dei consumi, dedicato al mutamento delle città a fine Ottocento;
dovrebbe poi arrivare il secondo video con la spiegazione della mia modalità di gestione delle note e degli appunti;
infine, a grande richiesta, tornerà l’analisi filosofica (e storica) dei grandi registi con una puntata incentrata sul cinema di Christopher Nolan;
per quanto riguarda i podcast, poi, cominceremo a parlare di Galileo Galilei in filosofia, mentre in storia ci occuperemo della cultura di fine Ottocento.
E questo è tutto. Ci rivediamo qui tra una settimana esatta, quando avrò già ampiamente cominciato gli esami, tra scritti e correzioni. E, ovviamente, in bocca al lupo a tutti gli esaminandi.
Buon giorno prof .
Non direi che D annunzio sia stato sic et simpliciter , l anticipatore del fascismo .
D annunzio fu certamente un conservatore , ufficialmente amato e protetto da Mussolini,
ma il suo rapporto con il fascismo e´ stato complesso e controverso .
Negli ultimi anni di vita D annunzio era in entrato in contrasto con Mussolini ,
era un prigioniero ( di lusso , certamente) al Vittoriale , di cui il fascismo si fece carico,
ma non c era sintonia tra D Annunzio e Mussolini . Questo lo so per certo ,
perche´mi risulta che il mio bisnono , il Senatore Alfredo Bruchi , presiddente generale
del Monte dei Paschi di Siena , fondo´ una casa editrice per permettere a D Annunzio
di pubbblicare liberamente i suoi libri .
PS , D Annunzio , io l ho sempre detestato , caratterialmente ,
come quando quando scriveva , mentre era a Roma a fare la bella vita
" Oh , perche´ non son io co´ miei pastori" , a fare il pecoraio in Abruzzo , si certo!
Grazie per avermi segnalato la nuova serie di Netflix, mi ero perso l'uscita.
Interessanti le riflessioni sulla mancanza di intellettuali di riferimento della destra italiana. Non credo sia un caso. E' molto difficile credo coniugare profondità di pensiero, equilibrio, memoria storica con le posizioni, i personaggi, le idee e i valori che ha espresso la destra italiana, in passato come oggi. Anche l'elettorato delle due parti è di conseguenza molto diverso, privo di memoria, tifoso e di conseguenza acritico rispetto alla credibilità dei vari leader della propria parte, suscettibile a credere alle promesse, alle facili soluzioni e ai capri espiatori quello di destra, e invece molto piu' severo quello di sinistra. Forse non severo abbastanza però, dato che è innegabile che la destra ha spadroneggiato in Italia per 30 anni anche grazie ad una opposizione di facciata, debole, poco credibile.