Sugli scambi culturali appena vissuti in prima persona, ma anche su ChatGPT, Mussolini, Un mondo a parte, Guernica, Luca Bizzarri, Tucidide, i Monty Python, Il Post e Il moralista
Ragazzi, che settimana che è stata! Lunedì scorso vi ho spedito la newsletter spiegandovi, proprio nelle righe conclusive, che avevo appena ricevuto la notizia di dover partire per Frisinga, in Germania, per accompagnare una mia classe impegnata in uno scambio culturale.
Sono rimasto in Baviera fino a domenica sera, ieri, e inevitabilmente tutto il lavoro della settimana ne è rimasto influenzato. Ma avrete forse visto che sono riuscito a registrare un paio di video anche al di là delle Alpi, e ovviamente l’esperienza è stata anche istruttiva e interessante: viaggiare ed entrare anche nelle case di altre persone, confrontandosi con i loro ritmi e stili di vita, è sempre utile per crescere. Credo che anche i miei ragazzi – pur nella inevitabile difficoltà di adattarsi a un altro mondo – siano tornati a casa diversi.
Vi parlerò meglio di questo scambio, e degli incontri con altre culture, nella sezione Quello che ho pensato, qui più avanti; prima di cominciare con le nostre solite cose, lasciate però che vi segnali alcuni importanti appuntamenti che mi faranno girare un po’ per l’Italia nei prossimi giorni.
Primo: martedì, domani, sarò a Trieste assieme alla Fondazione Luigi Einaudi per presentare un nuovo progetto a cui abbiamo lavorato parecchio negli ultimi mesi. Si tratta di LibSophia, un approfondimento sulla filosofia liberale in cui presenteremo alcuni grandi pensatori e alcuni concetti-chiave di questa corrente filosofica e politica. Parleremo quindi di Luigi Einaudi, John Locke, Benedetto Croce, Adam Smith e tanti altri, ma anche di Libertà, Individuo, Dubbio, Progresso e altro ancora.
Sarà un progetto video e podcast: ogni quindici giorni uscirà infatti una nuova puntata, disponibile su diversi canali social. E presenteremo il tutto, appunto, a Trieste, presso il Trieste Campus, in via Locchi 25, alle ore 11:45. Se siete in zona, non potete mancare.
Secondo: mercoledì, dopodomani, sarò poi a Parma, alla Libreria Feltrinelli di via Farini 17, a partire dalle ore 18, per parlare di Anche Socrate qualche dubbio ce l’aveva. Anche in questo caso, non perdetevi l’occasione.
Terzo: lunedì prossimo alle ore 20:30 sarò a Loreo, in provincia di Rovigo, presso il Teatro di vicolo Valeselle 1, per parlare di potenzialità e rischi dell’IA, in un incontro dal titolo Da Socrate all’intelligenza artificiale. Se siete in zona, sapete già cosa dovete fare.
Parlate ovviamente di tutte queste iniziative anche ai vostri amici e a tutti quelli che potrebbero essere interessati.
E ora basta con gli appuntamenti, cominciamo con la nostra newsletter.
Quello che ho letto
E cominciamo appunto dai libri, che costituiscono sempre il punto d’avvio delle nostre discussioni.
Non hanno un amico di Luca Bizzarri: la settimana scorsa vi ho fatto un cenno riguardo a Non hanno un amico, il libro di Luca Bizzarri tratto dal suo podcast. E questa settimana, in parte in seguito anche a quel primo riferimento, mi è venuto voglia di leggerlo, quel libro, comprandolo e scaricandolo rapidamente in versione ebook (è il vantaggio di potersi procurare un libro in quattro e quattr’otto anche quando ci si trova all’estero). A prima vista, si tratta di una raccolta di brevi pezzi sarcastici che prendono spunto, il più delle volte, da una questione di attualità, per poi far notare gli aspetti più paradossali di certi discorsi o di certi avvenimenti. Non tutti i pezzi sono efficaci allo stesso modo, ma in generale lo stile funziona, anche perché le notizie del giorno offrono notevoli spunti e Bizzarri sa cogliere abbastanza facilmente il lato ironico delle varie situazioni. E, devo dire, leggere un comico che si scaglia contro le nostre derive, dribblando abilmente tutte le cautele del politicamente corretto, è ormai un toccasana, soprattutto se poi confrontiamo questo libro coi tweet che Bizzarri realizza quasi quotidianamente su Twitter (o X, se volete chiamarlo col nuovo nome). Appena mi imbatto in un suo post su quel social network, non posso non notare tutti i commenti e le risposte molto aggressive che provoca, con svariate persone (anzi, troll) che mandano a quel paese Bizzarri o lo accusano di partigianeria; accuse quasi sempre molto stupide, ma molto presenti. Quando si legge il libro, per fortuna, i commenti dei provocatori non ci sono, e ci si gusta il testo per quel che è, coi suoi pregi e i suoi difetti, senza disturbatori molesti e gente che passa la vita a offendere sconosciuti sul web. Già questo, tra l’altro, basterebbe a dimostrare la superiorità di un libro sui mezzi di comunicazione social. Se vi interessa, il volume potete acquistarlo qui.
Scritti e discorsi di Benito Mussolini: vi ho già parlato, credo, degli scritti di Benito Mussolini che sto leggendo da diverse settimane. Si tratta di un libro monumentale, dato che raccoglie gli interventi che il dittatore fascista scrisse o pronunciò a partire dall'inizio della sua carriera politica, quando era ancora un socialista rivoluzionario, fino alla sua caduta. Al momento sono arrivato quasi alla fine degli anni '20, periodo in cui la fase autoritaria aveva ormai lasciato spazio a una dittatura manifesta. Leggendo il libro è interessante soprattutto notare come i discorsi più famosi, come quello del 3 gennaio 1925, si affianchino a interventi più tecnici, pur seguendo sempre un certo filo conduttore. In particolare, in questa fase di regime ormai consolidato Mussolini si concentra spesso sulla questione demografica, convinto che la forza dell'Italia risieda nei numeri, ovvero in un alto tasso di natalità. In quei discorsi, così, emerge uno dei passi falsi più significativi del regime e una delle sue contraddizioni più evidenti: da un lato c'era infatti la volontà di instaurare una politica di potenza, di riconquistare territori, ottenere colonie e diventare forti e avanzati; dall'altro, però, emergeva anche la scelta di puntare non tanto sulla forza economica, sull'industria o sulla tecnologia, ma semplicemente sull'incremento demografico, ottenibile solo tramite uno stile di vita agricolo. Tra tutti questi discorsi, forse il più significativo è quello in cui Mussolini mostra, dati alla mano, come la vita cittadina porti inevitabilmente a un calo delle nascite, e come sia quindi necessario, per aumentare la popolazione, mantenere gli italiani in campagna, lontani dalle fabbriche. Tuttavia, ciò che Mussolini non sembrava comprendere pienamente era che questa visione contrastava con l'idea di un'Italia bellicosa e militarmente competitiva con le altre potenze: senza sviluppare l’industria e tenendo gli italiani piegati sui campi, il paese sarebbe stato sempre militarmente impreparato. Mentre la Russia di Stalin – con metodi anch’essi totalitari – sviluppava un’industrializzazione forzata che avrebbe dato i suoi frutti in termini militari, l’Italia rimaneva indecisa tra modernità e arretratezza, tra vita nelle fabbriche e vita nei campi. Ma questa, in fondo, è la contraddizione insita nel fascismo, sia quello vecchio che quello nuovo: l’esito di questo voler essere antichi e moderni allo stesso tempo è, infatti, una contraddizione insolubile. Se vi interessa, il libro potete acquistarlo qui.
Cose spiegate bene. Novecento, il secolo scorso de il Post: conoscete di sicuro tutti Il Post, la testata online che nel corso degli anni è riuscita a conquistarsi un pubblico di fedelissimi lettori grazie in parte a un modo diverso di fare giornalismo e in parte a una autorevolezza conquistata sul campo. Forse sapete anche che da qualche tempo la testata è sbarcata in libreria grazie a una collaborazione con la casa editrice Iperborea, pubblicando periodicamente dei volumi intitolati Cose spiegate bene, in cui i giornalisti della testata (più qualche aggiunta importante) spiegano un solo argomento sviscerandone tutti gli aspetti. Finora di volumi ne sono usciti parecchi, sulla giustizia, le droghe, l’editoria, le questioni di genere e così via, e un paio li ho comprati anch’io. L’ultimo però, quello appena dato alle stampe, ha per me (e forse anche per voi) un gusto particolare: si intitola Novecento, il secolo scorso e raccoglie una serie di articoli che ricostruiscono la storia del tempo in cui molti di noi sono nati e cresciuti (o comunque di cui siamo, potremmo dir così, figli e debitori). Mi è piaciuta molto la frase riportata nel risvolto di copertina, tratta da un articolo di Michele Serra scritto all’alba del millennio che stiamo vivendo, nel gennaio 2000: «Finché il tempo correva dentro il secolo (il mio secolo, il nostro secolo), ci pareva un tempo domestico, familiare come un fiume di città. Ora che scorre altrove, ci si sente un poco all’estero, stranieri, immigrati». Io ormai ho vissuto più anni nel nuovo secolo che nel vecchio, eppure mi sento ancora, almeno in parte, una persona del XX secolo, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti; sarà perché amo la storia, e mi piace vedere lo svilupparsi delle cose nel tempo, oppure sarà perché il Novecento è stato un secolo intenso, ben più intenso del nostro (nel 1924 in Italia c’erano già state una guerra mondiale, una guerra coloniale e un colpo di Stato, mentre nel 2024 cos’abbiamo avuto?). Comunque leggere questi articoli – che ho cominciato da poco, saltellando dall’uno all’altro – è scoprire e riscoprire in modo agile e curioso alcune pagine di quel secolo così vicino e così lontano. Attenzione, però: non si tratta di un libro di storia, quindi non c’è una trattazione sistematica degli aspetti più importanti di quel periodo storico; nel libro ci sono pur sempre articoli, con i vantaggi e gli svantaggi che questo comporta. E quindi si approfondiscono aspetti di costume, di politica, di società, scelti soprattutto sull’onda dell’interesse e non, di per sé, dell’importanza. Solo per farvi qualche esempio, all’interno del libro si passa dalle Fosse Ardeatine ai paninari, da Wanna Marchi al Vajont, dalla strategia della tensione al Gronchi rosa. E però, mi pare, può essere un modo piacevole e intelligente di rievocare il tempo (non troppo) passato. Se vi interessa, potete acquistarlo qui.
Quello che ho visto
E passiamo ora ai film e alle serie tv che ho visto questa settimana.
Monty Python’s Flying Circus episodi 3.04-3.05 (1972), di e con Graham Chapman, John Cleese, Michael Palin: un annuncio di Netflix mi ha, in questi giorni, assai spaventato: scorrendo tra i contenuti della piattaforma mi sono accorto che di fianco al Monty Python’s Flying Circus è comparsa infatti la scritta “Disponibile ancora per poco”. Come sarebbe a dire, “ancora per poco”? Che scherzo è? Come si fa a non rinnovare i diritti di una serie così importante come il Flying Circus? Come potrò continuare a vederla? E la cosa mi ha disperato ancora di più anche perché una veloce ricerca su Amazon mi ha fatto notare che esistono vari cofanetti in DVD di quelle vecchie puntate, ma a prezzi impegnativi e senza, apparentemente, i sottotitoli in italiano (che, lo ammetto, spesso mi danno una mano a capire i giochi di parole e gli scherzi al limite dell’assurdo del gruppo). Insomma, panico e disperazione. Intanto però mi sono messo a guardare qualche altro episodio, cercando di portarmi avanti, e mi sono così imbattuto in due puntate molto riuscite: la quarta della terza stagione – in cui emergono gli sketch L'uomo che parla con gli anagrammi e L'uomo che fa ridere in modo irrefrenabile – e la quinta della stessa annata – con Il concorso "I riassunti di Proust". Cercherò di accelerare ulteriormente nei prossimi giorni, per cercare di finire tutti gli episodi prima che vengano cancellati. Intanto, se volete provarla prima della scomparsa, andatevela a cercare su Netflix.
Un mondo a parte (2024), di Riccardo Milani, con Antonio Albanese, Virginia Raffaele, Corrado Oddi: Un modo a parte è un film che ha ottenuto un discreto successo qualche mese fa, quando è uscito al cinema, e che da pochi giorni è approdato anche sulle piattaforme di streaming, in particolare su Amazon Prime Video. Il regista e co-sceneggiatore della pellicola è Riccardo Milani, che esordì nel settore quasi trent'anni fa con Auguri professore, un film che sembra avere molti punti in comune con quest'ultimo, e tra gli interpreti figurano i bravi Antonio Albanese e Virginia Raffaele. La trama è piuttosto semplice e, per certi versi, anche prevedibile: Michele, un insegnante che da molti anni vive a Roma ma che è sempre più disilluso riguardo alla sua professione, chiede e ottiene un'assegnazione provvisoria nell'Appennino, in un piccolo paese sperduto degli Abruzzi. Il suo obiettivo è ritrovare un contatto più autentico con la natura e insegnare là dove c'è più bisogno. Tuttavia, non immagina che la vita tra quelle montagne sia molto più dura del previsto, anche perché la scuola del paese cui è stato assegnato è a rischio chiusura a causa della carenza di iscritti. Insieme alla vicepreside, con la quale nasce inevitabilmente una relazione sentimentale, cerca di sfruttare la presenza dei profughi ucraini per convincere il Provveditorato a rinviare almeno di un altro anno la serrata, cercando così di salvare anche la comunità. Per quanto il film sia impregnato di buoni sentimenti, mi è sembrato una summa di mille situazioni già viste e di temi, almeno dal punto di vista emotivo, già trattati. Non voglio negare l'importanza del lavoro di chi insegna in aree montane né il ruolo fondamentale della scuola nel mantenere viva una comunità, ma mi sembra che tutti i problemi legati a quelle realtà vengano ridotti, nel film, a una lotta tra buoni e cattivi: tra gli amanti della scuola e chi la disprezza, tra i puristi e i venduti, tra gli idealisti (che alla fine trionfano) e i biechi materialisti. Il tutto viene, insomma, banalizzato, con l'unico scopo di strappare un sorriso commosso a chi guarda e apprezza le storie di questo genere. È un peccato che il cinema italiano, negli ultimi anni, sembri rifugiarsi solo in narrazioni di questo tipo, evitando scelte più audaci e provocatorie: ogni tanto ci sarebbe bisogno insomma di qualche graffio in più. Il film, come dicevo, lo trovate su Prime Video.
Il moralista (1959), di Giorgio Bianchi, con Alberto Sordi, Vittorio De Sica, Franca Valeri: che strano film ho scovato nel catalogo di Amazon Prime Video! Mi riferisco a Il moralista, una pellicola del 1959 che non avevo mai visto e che, forse, dal punto di vista artistico, non meriterebbe un'attenzione particolare. Nonostante questo, risulta però molto interessante dal punto di vista storico. Prestando un minimo di attenzione alle date, infatti, ci si rende conto che questo film è uscito poco prima de La dolce vita di Federico Fellini, toccando, e direi anticipando, temi molto simili. Al centro della trama c'è la doppia moralità del potere italiano nel pieno del boom economico: una doppia vita caratterizzata da un forte moralismo che censura e critica i costumi di una società in rapido cambiamento, ma che, allo stesso tempo, indulge ipocritamente in vizi e lussurie sfrenate, contravvenendo a quel rigore che professa in pubblico. Il protagonista, interpretato da Alberto Sordi, incarna perfettamente questa contraddizione: di giorno è un censore rigoroso, mentre di notte si trasforma addirittura in uno sfruttatore della prostituzione, almeno finché non viene scoperto in flagranza di reato. Notevole anche il cast: oltre al già citato Sordi, troviamo un simpatico Vittorio De Sica, oltre a Franca Valeri, Franco Fabrizi, Leopoldo Trieste e altri attori di grande talento. Come accennato, potete trovarlo su Prime Video.
Quello che ho pensato
Dopo una settimana così particolare come quella che ho appena vissuto in Germania, è inevitabile che torni a riflettere su ciò che ho visto e sulle considerazioni emerse durante le chiacchierate serali con la collega che era lì con me, mentre tornavamo ogni sera a piedi ai nostri alloggi, lungo le vie di Freising.
Prima di tutto, però, diamo qualche coordinata: come vi ho anticipato, lo scorso lunedì sera, in tarda serata, sono stato contattato da una collega di scuola che mi ha avvisato che, per una serie di circostanze imprevedibili, avrei dovuto partire la mattina successiva per la Baviera, accompagnando una mia classe in uno scambio culturale. Era un’eventualità che, ovviamente, avevo considerato, visto che avevo accettato vari mesi fa di essere inserito come accompagnatore di riserva, ma che ormai davo per scongiurata: di solito, quando si presenta un impedimento, se ne viene a conoscenza con un po’ di preavviso, almeno qualche ora o un giorno prima. E si ha così il tempo di entrare nel mood, di prepararsi con calma la valigia e di avvisare i parenti. Questa volta, invece, è stato tutto molto più veloce e improvviso, tanto quasi da stordire; ma queste sono cose che possono succedere, e così ho trascorso la notte tra lunedì e martedì a stirare qualche vestito e a preparare la valigia.
Martedì mattina, quindi, sono partito con questi ragazzi, che peraltro conosco da poco, in direzione Frisinga, antica città bavarese poco distante da Monaco. Dovevamo arrivare intorno alle 16, per permettere agli studenti di ambientarsi con tutta calma nelle famiglie che li avrebbero ospitati, e pure a noi di trovare il nostro alloggio. Invece al Brennero ci siamo imbattuti in una serie di code interminabili, e siamo così arrivati a destinazione attorno alle 20, stanchi e spossati. Nonostante tutto, siamo stati accolti molto bene dai corrispettivi tedeschi e dall’insegnante che coordinava lo scambio dal lato bavarese.
Dal giorno successivo, poi, sono iniziate le varie attività, che si sono protratte fino alla domenica, quando ci siamo di nuovo imbarcati sul pullman per tornare in Italia, questa volta senza troppi problemi lungo la strada. Durante la permanenza, le attività sono state quelle tipiche degli scambi culturali: abbiamo fatto qualche tour culturale, sia a Frisinga che, soprattutto, a Monaco di Baviera, visitando monumenti e attrazioni interessanti della zona. Abbiamo lasciato anche del tempo libero affinché i ragazzi italiani potessero vivere l'esperienza della vita tedesca, frequentando un po' la scuola locale e trascorrendo del tempo in famiglia e con i coetanei, in modo che si rendessero conto in prima persona di analogie e differenze culturali con l’Italia.
Per me è stata un'esperienza nuova, perché né da studente né da insegnante avevo mai avuto l’occasione di partecipare direttamente a uno scambio culturale. Ne avevo visti molti attorno a me, ma non avevo mai preso parte attiva alla cosa: da studente, per esempio, la mia scuola aveva organizzato uno scambio con New York, che si è svolto per qualche anno saltando però proprio la mia annata. Un anno dopo, poi, mia moglie – allora diciassettenne – ha partecipato a uno scambio con Praga. E poi anche da insegnante ho sempre visto questi progetti da lontano, talvolta dando una piccola mano, ma non lavorandoci mai direttamente. Con l'arrivo del Covid, poi, gli scambi culturali sono stati addirittura sospesi, per riprendere solo di recente.
Ebbene, cosa ho imparato e quali riflessioni ho maturato grazie a questo scambio, considerando anche che, in parallelo, mio figlio maggiore partecipava a un’attività analoga in Belgio, praticamente negli stessi giorni?
La prima, e forse più importante cosa che mi viene in mente, è che uno scambio culturale non è facile, o meglio, non è sempre facile. Rispetto a una normale gita scolastica è molto più impegnativo da preparare, perché non si tratta solo di organizzare visite e prendersi cura dei propri studenti, ma anche di assicurarsi che gli ospiti si trovino a loro agio e che siano ben abbinati ai loro corrispettivi. È un'attività in cui non puoi mai avere il pieno controllo: quando organizzi una gita, conosci già i tuoi studenti, puoi prevedere in parte i loro comportamenti e calibrare le visite e i tempi di conseguenza. In uno scambio, invece, non puoi sapere a priori come si comporteranno gli altri, né come i ragazzi delle due nazionalità si relazioneranno tra loro. A volte possono nascere affinità tra ragazzi molto diversi, mentre altre volte può crearsi freddezza anche tra quelli che, sulla carta, sembrerebbero ideali per stare insieme.
C’è, insomma, una componente umana molto forte e imprevedibile, che devi gestire e a cui ti devi adattare di volta in volta, man mano che emergono problemi. Questo rende evidente che uno scambio culturale non è difficile solo per gli insegnanti, ma anche per gli stessi studenti: ospitare uno straniero che non si è mai visto prima non è qualcosa di spontaneo, così come non è facile adattarsi ai ritmi e allo stile di vita di altri quando si ricambia la visita. Se poi la lingua di comunicazione è una lingua terza, o comunque non la prima lingua di entrambi, possono nascere incomprensioni. Lì, sul campo, ci si rende conto di quanto possa davvero esserci qualcosa di Lost in Translation, come dice il film: anche quando si riescono a dire le parole giuste e a far capire il senso di ciò che si pensa, difficilmente si riesce a trasmettere il tono, l’ironia, o il sottotesto che c’è dietro.
D’altra parte, parlare la stessa lingua rende molto più facile entrare in confidenza con qualcuno, perché, oltre alle parole, si trasmette anche attraverso il tono di voce, il modo di dire, l’inflessione – tutti elementi difficili da cogliere se non si è madrelingua. Così tra ragazzi a volte può nascere un’intesa spontanea fatta di sguardi, mentre altre volte possono emergere difficoltà di comunicazione o di comprensione reciproca.
Queste incomprensioni e difficoltà, a mio parere, non sono però necessariamente un male; anzi, forse sono un bene. Una gita scolastica serve a visitare luoghi importanti, vedere mostre significative e apprendere nuove cose; sicuramente ti fa maturare, ma il suo impatto si concentra soprattutto sulla sfera intellettuale e culturale. Uno scambio, invece, non solo ti permette di fare esperienze belle e, se tutto va bene, divertenti, ma offre anche un’opportunità di crescita personale. Affrontare le incomprensioni, adattarsi a nuove situazioni, cercare di comunicare e comprendere gli altri anche quando è complicato sono aspetti altrettanto importanti, se non più importanti, della pura sfera intellettuale. Quindi, ben venga qualche piccola difficoltà, se tutto questo serve a migliorarci come persone e a farci capire meglio come comunicare.
La seconda cosa che vorrei sottolineare è che non mi aspettavo di trovare in Baviera così tanto amore per l’Italia. Certo, quando si viaggia all'estero e si parla dalla nostra penisola, si incontra facilmente qualche sguardo simpatico: tutti gli abitanti dei vari paesi, in genere, riconoscono la bellezza della nostra penisola. Ma di solito tutto si ferma lì. In Baviera, invece, ho scoperto l’esistenza di un vero e proprio culto dell’Italia che non mi aspettavo.
Nei nostri cinque giorni e mezzo di permanenza oltre le Alpi, abbiamo incontrato infatti molte persone che non solo parlavano italiano, ma lo parlavano benissimo. Quasi tutti venivano spesso in visita nel nostro Paese e si interessavano alla sua storia, cultura e in certi casi perfino ai suoi dialetti. Un giorno, per esempio, ci ha fatto da guida un professore universitario che si era specializzato nello studio del dialetto veneto e che si è rivolto ai ragazzi con un bel «Ciao tosi» e citando addirittura modi di dire locali che neppure io conoscevo troppo bene.
L’impressione è stata questa: c’è un buon numero di bavaresi che ama davvero l’Italia, che magari ci prende un po’ in giro per il nostro modo di gesticolare o per la nostra scarsa puntualità ma che ci ammira sinceramente e vuole ascoltare storie sul nostro paese, curioso di saperne sempre di più. La cosa mi ha sorpreso, perché, come dicevo, è vero che l’Italia gode di buona fama, ma non mi era mai capitato di trovare una passione così forte per noi.
E così, un altro vantaggio dello scambio è che ti permette di guardare con occhi nuovi alla tua stessa realtà. Noi critichiamo spesso il paese da cui proveniamo, notando più facilmente ciò che non funziona, ma per gli altri non siamo affatto quel disastro che ci piace immaginare. Per gli altri siamo, certo, un paese con vari problemi, ma anche una realtà che, grazie alla sua bellezza, alle sue idee e alle sue attrazioni, riesce spesso a superare con slancio le difficoltà. Insomma, sono tornato a casa dallo scambio molto più orgoglioso di quanto non lo fossi quando sono partito.
Ci sarebbero anche molte altre cose da dire, ma non voglio dilungarmi troppo. Per chiudere, concedetemi solo una piccola nota di colore, anzi due. La prima riguarda i treni: secondo il luogo comune, i treni in Italia non arrivano mai in orario, mentre in Germania dovrebbero essere perfetti e puntuali. Ebbene, questo stereotipo non regge più: i tedeschi ormai ci invidiano l’efficienza delle nostre ferrovie, dato che a Monaco il trasporto pubblico è quasi al collasso (e lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, con treni sovraffollati e sempre in ritardo cronico).
La seconda nota riguarda il cibo: è vero che i tedeschi adorano la cucina italiana e forse soffrono di un complesso di inferiorità rispetto alla nostra. Tuttavia, devo dire che la cucina bavarese non mi è affatto dispiaciuta e l’ho trovata migliore di quella di altre zone della Germania. In questi giorni ho provato tutti i principali piatti tipici e, sebbene un po’ pesanti (ma era inevitabile, dato il clima freddo), mi sono sembrati sempre gustosi. Quindi non abbiate paura di andare in Germania, e soprattutto in Baviera: si mangia bene, ci si trova bene accolti (soprattutto dagli adulti) e in autunno i colori sono molto belli.
Quello che ho registrato e pubblicato
Cosa è uscito questa settimana sul canale? Facciamo ora un po’ il punto anche su questo:
Cosa direbbero i filosofi su intelligenza artificiale e ChatGPT: torniamo a interrogare i filosofi del passato su una questione di grande attualità
Il "Candido" di Voltaire - audiolibro spiegato parte 4: nuova puntata dedicata al capolavoro di Voltaire
Leibniz, l'innatismo e le prove su Dio (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Verso la teodicea di Leibniz (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
L'antisemitismo nell'ideologia nazista (per il podcast “Dentro alla storia”)
Guernica di Pablo Picasso
La Giornata Mondiale del Fallimento
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Ah, prima di dimenticarci vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
Il canale YouTube | Instagram | Facebook | Twitter/X | TikTok | Threads
Quello che puoi fare per sostenere il progetto
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono gli abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i consigli della settimana.
La guerra del Peloponneso di Tucidide: pochi libri sono importanti per un appassionato di storia quanto quest'opera. Incentrata sulle dinamiche politiche e sociali legate al conflitto tra Atene e Sparta combattuto nel V secolo a.C., rappresenta la prima narrazione obiettiva e critica di eventi storici, condotta senza ricorrere a spiegazioni mitiche o religiose. È quindi un caposaldo nella storia della storiografia, che merita assolutamente di essere riscoperto. Lo si può acquistare qui.
sui social questa settimana ho segnalato come al solito diversi libri appena usciti che mi paiono interessanti, una sorta di “lista della spesa” che dovrebbe rivelarsi utile anche in primis per me. Ecco i volumi, se ve li siete persi (se vi interessano, cliccate sopra alle immagini per altre informazioni):
C’è poi un ulteriore modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ce n’è uno chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate, passando anche per il Club del Libro e il Simposio. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Ultima cosa da ricordare: in tutte le librerie è presente il mio nuovo libro, Anche Socrate qualche dubbio ce l’aveva. Il sottotitolo rende piuttosto chiaro di cosa si occupa: Come lo scetticismo filosofico può salvarti la vita nell’epoca della performance. In pratica riprendiamo il pensiero di alcuni grandi filosofia (Socrate, Occam, Montaigne, Hume, Popper e altri ancora) e cerchiamo di trarne degli insegnamenti per vivere meglio oggi, in un mondo in grande cambiamento; e cerchiamo di farlo tramite uno stile non difficile ma stimolante. Il libro è disponibile sia in formato cartaceo che ebook. Ecco qualche link per l’acquisto:
Quello che c’è in arrivo
E chiudiamo, infine, con qualche anticipazione su quello che dovrebbe venir pubblicato la settimana prossima sul canale:
domani mattina attorno alle 11:45 ospiteremo in primo luogo la diretta della presentazione del progetto LibSophia, sul quale vi ho detto qualcosa in apertura (ma se siete a Trieste, venite a vedere il tutto dal vivo al Trieste Campus);
mercoledì tornerà poi il podcast storico, con una nuova puntata sul nazismo;
giovedì sera vorrei quindi finalmente ospitare sul canale una diretta per discutere di Europa assieme al professor Fabio Raspadori, che insegna proprio Diritto dell’Unione Europea all’Università di Perugia;
venerdì poi mi piacerebbe realizzare un video dal titolo “Tutti i presocratici in un’ora”;
sabato arriverà l’ultimo video della serie dedicata alla storia delle Olimpiadi;
domenica e lunedì torneranno infine i podcast.
E questo è tutto. Ricordatevi gli appuntamenti in presenza: domani, martedì, a Trieste; dopodomani, mercoledì, a Parma; lunedì prossimo a Loreo (Ro). E passate una buona settimana!
Vorrei esprimere sinteticamente la relazione tra Germania e Italia cosi`: "I tedeschi amano gli italiani , ma non li stimano , gli italiani stimano i tedeschi , ma non li stimano per una forma di diffidenza che fa sentire i tedeschi lontani dal sentire italiano" . E´ proprio vero che la cucina tedesca e´ ottima : in Baviera ci sono delle pasticcerie meravigliose che non hanno nulla da invidiare al sapore dei cibi italiani . In Baviera ci sono le Nurnberger Bratwurst , le salsicce alla brace di Norimberga , lo SchweinHaxe , lo stinco di maiale , e lo Schlaufle , un altro meraviglioso piatto di carne . Sono molto stupito anch io di leggere che in Baviera molti parlano l italiano ! . In tutti questi anni , non me n ero proprio accorto !