Sulla morte di Berlusconi e sui recenti femminicidi, ma anche su Zerocalcare, Spider-Man: Across the Spider-Verse, la Gialappa's Band, i Monty Python, Richard Feynman, Putin e Cormac McCarthy
Avrete di sicuro letto tutti la notizia del giorno: Silvio Berlusconi, imprenditore di grande successo e più volte Presidente del Consiglio, è scomparso questa mattina a Milano all’età di 86 anni.
Ci sarebbero molte cose da dire, e in futuro un po’ alla volta, a mente fredda, le diremo. Una la voglio però segnalare subito: la notizia l’ho appresa dai miei studenti, che per primi (a tempo davvero di record) mi hanno scritto per comunicarmelo. Sono andato subito ad aprire qualche sito internet per vedere cosa c’era di vero, e sul web si era ancora ai primissimi flash di agenzia.
La cosa mi ha un po’ sorpreso: Berlusconi aveva 86 anni, ma già da dieci non guidava più il governo e in generale negli ultimi anni ha avuto una posizione più defilata rispetto ai vari Salvini, Meloni ed altri leader del centrodestra. Credevo che ai miei studenti, diciassettenni, quel nome e quel volto non dicessero granché. Mi sbagliavo.
Per rendermene ulteriormente conto mi è bastato aprire Instagram, uno dei social network più usato dai giovani. Se sapete come funziona, ogni volta che si finisce sulla pagina dei messaggi privati compare ormai da qualche tempo, in alto, la lista delle note, brevi messaggi di testo che le persone che segui scrivono e che ti compaiono lì, a bella vista. Be’, in mattinata molti (quasi tutti) erano dedicati proprio alla morte di Berlusconi. E forse non vi sorprenderà sapere che erano divisi abbastanza equamente tra quelli che si dispiacevano ed esaltavano il fondatore di Forza Italia e quelli che invece non si dispiacevano affatto e lo criticavano.
Credo che i giovani, in questo caso, abbiano interpretato il sentimento di più o meno tutta Italia: un paese diviso tra chi lo adorava o comunque lo ammirava (se non come politico, quantomeno come imprenditore o come presidente del Milan, ma alcuni anche come “latin lover”, se così vogliamo dire) e chi lo odiava o quantomeno non lo stimava, più o meno per gli stessi motivi.
Credo che la sintesi migliore sia arrivata dal Post, che nel suo articolo principale ha usato questo sommario: «Per metà paese fu una cosa, per metà un'altra, per tutti fu un'ossessione durata quasi trent'anni». Berlusconi è stato davvero un’ossessione, un’ossessione che ha finito per colpire in qualche modo anche i giovanissimi, quelli che non lo hanno mai davvero seguito perché disinteressati alla politica. È stato un meme, oltre che un politico.
Oggi e nei prossimi giorni sarà tutto un rincorrersi di opinioni contrastanti: c’è già chi lo celebra come un padre della patria (gli hanno concesso anche il lutto nazionale, cosa credo mai successa prima a un Presidente del Consiglio) e chi, invece, lo accusa di aver distrutto il paese o almeno la politica. In un certo senso è stato un po’ l’una e un po’ l’altra cosa, forse: ha aperto e cavalcato una stagione di passaggio, di sconvolgimenti epocali, con un piglio a cui l’Italia (e forse il mondo) non erano minimamente abituati. Ha anticipato molti fenomeni che si sarebbero radicati del tutto solo dopo di lui, ma ha saputo catalizzare anche un’ansia di rinnovamento che in Italia era ben presente. Nel bene e nel male, è stato un segno dei tempi; e forse quei tempi è stato lui stesso a crearli.
Oggi, nella rubrica Quello che ho pensato, però non vi parlerò di lui, un po’ perché c’è già un tema che “mi avanza” dalla settimana scorsa e su cui vorrei spendere qualche parola, un po’ perché l’evento è troppo ravvicinato per discuterne a mente lucida e obiettiva. Magari, tra qualche giorno, potremo fare un’analisi più chiara, forse addirittura con un video. Vedremo. Ma tempo al tempo.
Ora, invece, cominciamo la nostra solita panoramica sui mille argomenti della settimana.
ps.: a proposito: è finita la scuola. Buone vacanze a tutti gli studenti (e buono studio a chi ha esami)!
Quello che ho letto
Cominciamo come sempre dai libri. Questa settimana, nell’elenco, ci sono ben due novità, entrambe ironiche (anche se in modo molto diverso tra loro).
Il passeggero di Cormac McCarthy: la lettura de Il passeggero di Cormac McCarthy si sta rivelando, come già avevo anticipato, piuttosto difficoltosa. Lo scrittore americano, infatti, pare aver voluto creare una storia soprattutto per mettere alla prova la capacità dei lettori di seguirla, tra scene apparentemente prive di senso ma non prive d’umorismo e trame principali che ad un certo punto si cominciano anche a delineare, ma che vengono sovente interrotte per lasciare spazio a digressioni o analisi su personaggi secondari; digressioni che, inevitabilmente, sembrano portare la storia un po' fuori strada. Ovviamente è tutto voluto e si tratta solo di capire dove McCarthy voglia alla fine andare a parare. Personalmente – ma in realtà ho pochi elementi per dirlo – inizio a sospettare che il “passeggero” del titolo non si riferisca tanto all'eventuale passeggero scomparso nell'aereo precipitato sott'acqua, quanto forse al passeggero che un po' tutti ci portiamo dentro, al mostro che ci rode e che ci divora, al segreto che portiamo con noi e che ci accompagna sempre. Alla parte oscura di noi, in un certo senso. O, almeno, è questo che mi sembra per ora di cogliere da questa ridda di personaggi e di storie. È comunque ancora presto per trarre conclusioni definitive, visto che sono appena ad un quarto del libro. Ne riparleremo. Se vi interessa, per ora, potete comprarlo qui.
Mai dire noi della Gialappa’s Band: avrete notato, forse, che dopo qualche anno di pausa la Gialappa’s Band è ritornata in televisione. Io, che non guardo quasi mai il piccolo schermo, me la ero in realtà persa, ma ho scoperto questo strano misfatto grazie ai video di YouTube, che ripropongono praticamente tutte le migliori gag della trasmissione che i presentatori stanno conducendo, col supporto del Mago Forrest, su Sky. Proprio guardando questi filmati ho provato un po' di nostalgia: per molti anni ho seguito, come quasi tutta la mia generazione, le diverse trasmissioni del trio di voci fuori campo più famose della TV italiana. Da ragazzino guardavo ogni settimana Mai dire gol, sia perché mi piaceva il calcio, sia perché per molto tempo quello show ha ospitato i migliori comici della TV italiana, come Aldo Giovanni e Giacomo, Antonio Albanese, Teo Teocoli, Natalino Balasso, Claudio Bisio, Daniele Luttazzi e tanti altri. Poi ho visto anche altre loro trasmissioni, come Mai dire Grande Fratello, che riusciva nella quasi impossibile impresa di rendere interessante uno dei reality più tremendi della storia del piccolo schermo; ma lungo gli anni ho anche ascoltato molte volte le loro cronache radiofoniche dei Mondiali o degli Europei. In tutte quelle circostanze non ho mai capito del tutto il segreto della loro magia: il comico vero è sempre il personaggio che sta sulla scena, loro fanno solo da commentatori o da facilitatori della battuta, da spalle; eppure erano sempre loro l'elemento “in più” del mix, ciò che cioè rendeva veramente divertente quello che si vedeva. Guardare una partita tra una squadra africana e una squadra sudamericana durante un Mondiale poteva essere un evento estremamente noioso; ma guardarla con in sottofondo il commento della Gialappa’s la trasformava in grande intrattenimento, incredibilmente divertente ed interessante. Poi, col passare degli anni, un po' li ho persi di vista e loro stessi hanno diradato da un certo punto in poi le loro apparizioni, forse perché il format aveva fatto il suo tempo. Vedo con piacere però che su Sky stanno godendo di un rinnovato successo ed è proprio grazie a questi filmati su YouTube mi è capitato di vedere anche un'intervista di qualche mese fa che il trio ha rilasciato a Fabio Fazio in occasione dell'uscita del loro libro di memorie, appunto questo Mai dire noi. Insomma, per farla breve: vederli e sentirli di nuovo mi ha fatto venire voglia di ricordare i bei vecchi tempi quando ero giovane e con i miei amici usavo i loro strampalati modi di dire per discutere di calcio (quante volte ho pronunciato, ad esempio, la parola “gollonzo”, e quante volte la pronuncia ancora!). E così mi sono subito comprato il libro, un bel volumone corposo che da un paio di giorni campeggia fiero sul mio comodino. Dal punto di vista letterario non è certo un granché: si tratta praticamente della trascrizione di una serie di conversazioni avute dal trio assieme ad Andrea Amato; ciononostante è interessante scoprire la storia di Marco Santin, Giorgio Gherarducci e Carlo Taranto, come si sono incontrati e come hanno iniziato a elaborare il loro personalissimo stile. Visto che sono comunque ancora alle fasi iniziali della lettura, sarò comunque più dettagliato nelle prossime settimane. Se vi interessa, lo potete acquistare qui.
Sta scherzando, mr. Feynman! di Richard Feynman: questa settimana, un po' per caso come accade sempre nelle storie migliori, ho cominciato a leggere un libro che in realtà mi bazzica sotto gli occhi da almeno una decina d'anni. Si tratta della celebre e scherzosa biografia di Richard Feynman, uno dei più grandi fisici del '900. L'ho chiamata biografia scherzosa perché in effetti questo libro non può essere facilmente ascritto alla categoria delle biografie di grandi scienziati: in primo luogo perché a raccontare ciò che c'è all'interno è lo stesso Feynman, e in secondo luogo perché non ha minimamente la pretesa di narrare in ordine, per filo e per segno, la vita del celebre premio Nobel, quanto piuttosto di raccogliere le sue storielle più divertente. Sì, avete letto bene: storielle. Noi infatti immaginiamo sempre i fisici come personaggi alla Sheldon Cooper: un po' autistici o comunque tremendamente nerd, disadattati, lontani dal contatto col mondo; difficilmente pensiamo che sappiano anche scherzare, o che sappiano farlo in modo comprensibile a noi umani. Il libro di Feynman ci dice però qualcosa di nuovo: da un lato che in effetti questi fisici un po' strani lo sono per davvero, ma che allo stesso tempo sono anche persone molto umane, con sorelle, madri, compagni di corso, problemi quotidiani, spirito dell’umorismo e passioni. All'interno del libro, come vi dicevo, ci sono quindi soprattutto storielle, racconti al limite dell'incredibile – almeno per gli standard dei fisici – sulle molte disavventure capitate all'autore dall'infanzia fino all'età adulta. Di fisica teorica e di matematica, in realtà, ce n'è poca e le pagine scorrono via facilmente, strappando anche diverse risate. So che è tra l'altro anche un regalo ricorrente a Natale o al compleanno tra fisici e scienziati, e anche io effettivamente l’ho adocchiato da così tanto tempo semplicemente perché si trova nella libreria di mia madre, ex insegnante di fisica. Godibile. Lo potete acquistare, o regalare a qualche fisico, tramite questo link.
Quello che ho visto
Passiamo ora ai film e alle serie TV. Rispetto ad altre settimane, questa volta il menù è piuttosto ricco, con una serie e un film, entrambi a cartoni animati, molto molto attesi.
Questo mondo non mi renderà cattivo episodio 1.01 (2023), di Zerocalcare, con Zerocalcare, Valerio Mastandrea, Silvio Orlando: lo dico subito: della nuova serie di Zerocalcare finora ho visto solo il primo episodio, quindi è decisamente presto per trarre già delle somme. L'impressione, però, è stata estremamente positiva: da un lato la qualità dell'animazione è rimasta di buon livello, come già era stato nella prima esperienza per Netflix, Strappare lungo i bordi. Lo studio che cura infatti i disegni è riuscito a mantenere un forte legame con lo stile dei fumetti dell'autore romano, riuscendo però anche ad adattarlo ad una piattaforma diversa come quella televisiva e in particolare al pubblico di Netflix. Ma è soprattutto la storia che mi pare promettere bene: nel primo esperimento per il piccolo schermo uscito un paio di anni fa, Zerocalcare era rimasto su tematiche perlopiù personali e intime, senza sbilanciarsi in maniera eccessiva dal punto di vista politico (cosa che invece fa spesso, e bene, sui fumetti). A suo tempo avevo giudicato questa scelta anche abbastanza comprensibile e condivisibile: Netflix è la piattaforma forse più apolitica della storia della televisione, diventata quasi proverbiale per il suo tentativo costante di piacere a tutti e non scontentare nessuno, rischiando così di realizzare solo prodotti estremamente banali. In questo caso, invece, già dal primo episodio si vede che la musica è cambiata: Zerocalcare mette alla berlina in maniera molto chiara le politiche anti-migranti, certo non attribuendole mai ad un partito chiaramente identificabile (si parla sempre, genericamente, di nazisti), ma allo stesso tempo prendendo una posizione netta. Al centro della vicenda, intrecciati con gli sviluppi personali degli amici del protagonista, ci sono infatti gli scontri tra gruppi di sinistra e di destra riguardo ad un centro di accoglienza in un quartiere romano: e così l’attualità, quindi, entra finalmente nello streaming italiano. Ottima, tra l'altro, anche la colonna sonora, con una menzione di merito per la decisione di inserire I Fought the Law dei Clash. La trovate su Netflix.
Spider-Man: Across the Spider-Verse (2023), di Joaquim Dos Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson: domenica pomeriggio, il primo giorno di vacanza dopo la fine della scuola, ho dovuto assolutamente portare tutta la famiglia al cinema a vedere il nuovo film dedicato a Spider-Man, un film a cartoni animati che costituisce il seguito dello straordinario Spider-Man - Un nuovo universo di ormai cinque anni fa. Questo film i miei figli lo attendevano letteralmente da anni, e non nascondo che anche io non vedevo l'ora di vederlo. Il primo capitolo è infatti a mio avviso il miglior film con personaggi Marvel mai prodotto: è visivamente straordinario grazie alle azzeccatissime tecniche di animazione, ma è anche pieno di pathos, di riferimenti pensati apposta per gli amanti dei fumetti, di umorismo e di azione. È l'unico film che ha saputo davvero catturare e forse anche portare ai massimi livelli quello che è lo stile Marvel e ciò che ha reso questa casa editrice quello che è. Pertanto l'attesa era davvero ai massimi livelli. E non sono stato affatto deluso. Pur con un finale che non vi rivelerò e che ci ha lasciati tutti con un grande amaro in bocca, il film rimane comunque una perla: dal punto di vista visivo è ancora una volta estremamente originale e interessante, capace forse di fare ancora meglio di quanto non fosse stato fatto qualche anno fa; la storia poi rimane carica di ironia ed emozioni, raccontando i sentimenti e i contrasti di due adolescenti nel pieno dei loro problemi legati alla crescita. E poi, soprattutto, si ha finalmente un degno spazio per un personaggio femminile, in questo caso la Gwen Stacy che lavora come la Spider-Woman nel proprio universo, capace di reggere il ruolo da protagonista rivaleggiando con i maschi. Se a tutto questo aggiungete poi un villain assurdo e terribile, una serie di comprimari – dallo Spider-Man indiano a quello punk – abbastanza pazzeschi e qualche colpo di scena ottimamente calibrato, avrete un film che è destinato già da ora a diventare un classico. Per adesso lo trovate solo al cinema, ma tenetevi pronti perché già a Pasqua dell'anno prossimo uscirà il capitolo successivo.
Monty Python’s Flying Circus episodio 1.13 (1970), di e con Graham Chapman, John Cleese, Michael Palin: questa settimana, dopo tante novità, mi sono anche concesso una capatina nei meandri del classico con l'ultimo episodio della prima stagione del celeberrimo Monty Python’s Flying Circus, di cui ho già parlato anche nelle settimane scorse. Questo tredicesimo episodio, trasmesso dalla BBC nel 1970, è forse uno dei meno incisivi della prima stagione, ma allo stesso tempo bisogna dire che anche quando il gruppo britannico era un po' sottotono riusciva a sembrare comunque rivoluzionario, per la capacità di giocare con il non-sense e con le provocazioni come immagino nessun altro in quegli anni sapesse fare. Basti pensare che quella comicità, fatta oggi, sembrerebbe ancora incredibilmente in avanti coi tempi, nonostante siano gag di cinquant'anni fa. Certo, per lo spettatore italiano di oggi c'è l'ostacolo di uno show molto britannico e disponibile solo in lingua originale (ma con i sottotitoli in italiano), ma se avete un po' di pazienza e non li avete mai visti bisogna assolutamente che recuperiate questi episodi. Li trovate anch’essi su Netflix.
Quello che ho pensato
Ho riflettuto abbastanza, nei giorni scorsi, sul caso di Giulia Tramontano (o, come forse lo conoscete, sul caso di Alessandro Impagnatiello, perché a rimanere impresso è spesso il carnefice più che la vittima). Non tanto sul caso in sé – che è drammatico e tragico, come tutti hanno rilevato – quanto sul modo in cui è stato raccontato sui giornali.
Prima cosa che ho notato. Negli stessi giorni, ci sono stati in realtà in Italia due tragici crimini ai danni di altrettante donne: appunto il caso di Giulia Tramontano e il caso della poliziotta Pierpaola Romano, uccisa da un collega che subito dopo si è suicidato. Due casi molto simili, ma che sono stati trattati in modo estremamente diverso dai giornali e forse anche dai lettori. Di Giulia Tramontano si è parlato fino allo sfinimento, le foto di lei sono comparse su tutti i social, i quotidiani hanno realizzato per giorni e giorni reportage con tre o quattro inviati sul posto; del caso di Pierpaola Romano si è parlato poco e in fretta.
Perché questa differenza? Credo che un giornalista direbbe che quella di Giulia Tramontano è più “storia”, si racconta più facilmente. Lei era giovane e bella; era pure incinta; lui, Impagnatiello, ha la faccia pulita e sembra innocuo, a vederlo, eppure dietro a quella faccia innocente sembra nascondersi un mostro. E poi c’è l’altra donna di lui, il mistero della finta scomparsa della ragazza, ci sono i depistaggi, il crimine premeditato, il tentativo di dissimulare e nascondere. Sembra una storia da film, e magari – anzi, sicuramente – tra qualche anno da questa vicenda ci tireranno fuori pure una fiction televisiva: d’altronde, è una storia che cattura naturalmente l’attenzione. Pierpaola Romano, invece, aveva 58 anni, ed era pure malata perché stava per iniziare la chemioterapia; inoltre era appena uscita da una relazione extraconiugale. La sua storia non aveva lo stesso fascino, e quindi se ne è parlato infinitamente meno (anche se pure lì c’erano misteri, tradimenti, violenza e dolore). A voler pensare male, sembra quasi che a 58 anni si possa morire, sia normale morire, e a 29 no; che da malati si possa morire, ma se sei sana e bella no; che se sei infedele puoi morire, se sei fedele no.
Non è neppure tutta colpa dei giornali, a essere onesti: siamo noi, prima di tutto, che diamo un peso estremamente diverso a queste storie. Siamo noi che andiamo a cliccare sui titoli relativi a Giulia Tramontano e non clicchiamo, invece, su quelli relativi a Pierpaola Romano. Siamo noi che facciamo, implicitamente e senza pensarci, una graduatoria delle vittime, o delle loro storie. Perché ci sono cose che ci interessano di più e cose che ci interessano meno: e certi valori inconsci, volenti o nolenti, hanno un peso in tutto questo.
Seconda cosa che ho notato. L’assassinio di Giulia Tramontano è stato seguito dai giornali con un atteggiamento a tratti assai morboso: si sono descritti i dettagli più intimi, si è andati in cerca di parenti di lei e di lui, si sono chieste e lette lettere, fatte dichiarazioni, registrati pianti in diretta, mandate maledizioni. Un profluvio di emozioni, un vero e proprio fiume in piena. Il che è anche comprensibile, da un certo punto di vista: un omicidio efferato provoca reazioni forti. Ma c’era il bisogno di sbattere tutte queste emozioni in prima pagina? Di dar loro tutto questo spazio? Voglio dire, noi come lettori abbiamo capito un po’ meglio cosa è accaduto, con questa morbosità?
Attenzione: non sto criticando l’attenzione riservata al caso; sto criticando il modo in cui è stata gestita questa attenzione. Le due cose che ho notato, infatti, credo non siano affatto slegate, ma facciano parte dello stesso atteggiamento, un atteggiamento degno più di un rotocalco scandalistico che di una sana opinione pubblica.
Giulia Tramontano e Pierpaola Romano (per non parlare delle decine di altre donne morte solo negli ultimi mesi, o addirittura negli ultimi giorni) sono vittime di un meccanismo simile, che merita di essere indagato in modo un po’ più razionale di quanto si stia facendo ora. Perché tutte queste donne vengono uccise dai loro compagni o dai loro ex compagni? È un fenomeno che si ripresenta con regolarità: quali sono le cause culturali o ambientali che provocano tutto questo? Com’erano stati educati quegli uomini? C’erano stati dei segnali che le forze dell’ordine avrebbero dovuto interpretare? Cosa si può fare per intervenire anche sulle cause di questa situazione e non solo, a posteriori, sugli effetti? E a livello legislativo o scolastico, come si può agire? Basta che un tizio investa in auto un ragazzo e subito si iniziano a discutere nuove leggi sulla guida, ma decine di uomini che ammazzano le compagne non provocano una riflessione legislativa neppure minima.
Riflessioni di questo tipo mancano, però, in primo luogo sulla nostra stampa, che di solito invece è celere a intervistare il primo sociologo che passa per strada. Questo giro, invece, ben poco: stiamo qua a questionare sulle dichiarazioni della madre di un cugino di secondo grado della vittima, piuttosto.
E sapete qual è l’effetto di questo atteggiamento morboso, molto emotivo e poco razionale? Che la morte di Pierpaola Romano diventa, nell’immaginario, una cosa inevitabile, su cui non si può far nulla, mentre quella di Giulia Tramontano finisce per essere derubricata ad un’eccezione. Ogni articolo, anzi, sembra voler proprio mostrarci quanto sia eccezionale questo caso, quanto sia strano, quanto sia imprevedibile e ricco di colpi di scena. Come dicevo: pare un film. E proprio perché pare un film, non è una cosa comune, è qualcosa di eccezionale. Ed eccezionale deriva da eccezione.
In ultima istanza, presentare in questo modo i casi di femminicidio porta a dirci: state tranquilli, non c’è alcun pericolo, va tutto bene. Da un lato ci sono delle fatalità, come quella di Pierpaola Romano; dall’altro ci sono dei mostri, dei fenomeni da baraccone. Ma sono cose su cui non si può far nulla, e che quindi non ci riguardano davvero. Potete guardare a questi casi come si guarda un horror: stando al sicuro nelle vostre case.
E invece non è un horror, è il mondo attorno a noi. Non tutto il mondo, ma una parte di mondo sì. E bisognerebbe imparare a guardarlo davvero, e capirlo.
Quello che ho registrato e pubblicato
Facciamo il punto anche sui video e sui podcast che sono usciti negli ultimi sette giorni:
La Russia da Eltsin a Putin: cos’è successo in Russia dal 1991 ad oggi, in un video da poco meno di un’ora
L'Italia della Prima Repubblica in un'ora (dal dopoguerra al 1994): in vista degli Esami di Stato, un grande riassunto per ripercorrere un po’ di storia d’Italia
Come sono finito a Portogruaro: una piccola storia personale su dove farò gli Esami di Stato quest’anno
Corso di logica 5 - Tradurre la logica: le proposizioni logiche possono essere rese anche in un linguaggio naturale (e viceversa)? Ecco come
"Sulla libertà" di Stuart Mill - parte 3: prosegue la lettura integrale e commentata del capolavoro di John Stuart Mill, parlando della libertà d’opinione
Giordano Bruno tra natura ed etica (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La presa del Veneto e di Roma (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Ah, prima di dimenticarci vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
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Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono i nuovi abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri e videocorsi che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i nostri consigli della settimana.
La Grande Guerra di Mario Isnenghi: quando ero studente all'Università, gli studi di Mario Isnenghi sulla Prima Guerra Mondiale erano ancora relativamente recenti: nonostante lui avesse iniziato ad occuparsi della questione già poco dopo la laurea, fu solo negli anni '90 che il suo nome entrò tra i maestri della storiografia italiana. Questo volume edito dal Mulino è forse il miglior studio generale sul peso che la Grande Guerra ebbe nell'immaginario collettivo italiano era quindi un punto di partenza obbligato per chiunque voglia approfondire la conoscenza di quella drammatica fase storica. Lo potete acquistare qui.
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Quello che c’è in arrivo
Chiudiamo come sempre con una veloce panoramica anche sui video a cui cercherò di lavorare nei prossimi giorni:
domani dovrebbe subito uscire una lezione che ho promesso agli abbonati qualche settimana fa, una guida a come organizzo e realizzo le mie note, cioè i miei appunti digitali;
poi dovrebbe essere il turno di qualche video più filosofico, come quello in cui ho promesso di provare a confrontare la visione del superuomo di Nietzsche e di D'Annunzio;
inoltre, come ho scritto anche sopra, forse proverò a realizzare un video su Silvio Berlusconi, una personalità come ho già scritto molto divisiva ma sulla quale bisognerà pure cercare di dare una panoramica storica, con uno sguardo il più possibile obiettivo;
forse, se riesco, vorrei creare anche un video su Spider-Man: Across the Spider-Verse, perché mi sono reso conto che il film mi potrebbe tornare utile per spiegare una questione importante su Kant ed Hegel;
per quanto riguarda i podcast, infine, dovrebbe arrivare in ambito filosofico Montaigne, mentre in ambito storico parleremo di borghesia ottocentesca.
E questo è quanto. Lunedì prossimo, quando uscirà la nuova newsletter, sarò credo da poco tornato dalla riunione preliminare a San Donà di Piave e Portogruaro, commissione di cui vi ho parlato in uno dei video che trovate linkati più in alto. Sarò probabilmente piuttosto stanco e stranito, ma non mancherò di raccontarvi le mie impressioni. Ci vediamo allora.