Sulla rielezione di Mattarella, sulla crisi tra Ucraina e Russia e sugli annunci per l'Esame di maturità, ma anche su After Life e J.K. Rowling
Settimana intensa, la scorsa. È stato eletto un nuovo Presidente della Repubblica (sì, ok, nuovo fino ad un certo punto); abbiamo celebrato la Giornata della Memoria (sì, ok, l’abbiamo celebrata fino ad un certo punto perché avevamo un buon numero di studenti e di classi in DAD); nella mia scuola abbiamo terminato l’orientamento in ingresso a cui quest’anno ho collaborato decisamente troppo (sì, ok, l’abbiamo terminato fino ad un certo punto visto che il Ministero ha prorogato le scadenze).
È stata insomma la settimana del “sì, ok, fino ad un certo punto”. Ma potremmo anche dire che questa è l’Italia del “sì, ok, fino ad un certo punto”. Non da ultima: oggi è arrivata pure la notizia di come sarà il prossimo Esame di Stato, ovvero del ritorno delle due prove scritte, anche se con una commissione tutta interna e con una seconda prova non nazionale ma preparata proprio dalla commissione. Quindi immagino già i giornali che titoleranno: “Torna l’esame serio (sì, ok, ma serio solo fino ad un certo punto)”.
A questo proposito, so che molti studenti di quinta superiore sono nel panico (i miei non si sono ancora fatti sentire, li vedrò domani…), anche perché alcuni mi hanno scritto dalle più diverse parti d’Italia. Disperati. E però devo dire che una soluzione del genere francamente me la aspettavo e che, in fondo in fondo, mi sembra che la decisione del ministero sia tutto sommato anche comprensibile.
È vero che questi sono stati anni difficili per tutti, complicati; in cui non sempre si è riusciti a lavorare a dovere, e in certi casi anzi si è lavorato pochissimo. Ma la mia impressione è che servisse, dall’alto, un richiamo all’ordine (attenzione: non tanto un richiamo all’ordine degli studenti, ma di tutta la scuola, professori in primis). Un richiamo anche alla normalità.
A dirla tutta, secondo me le prove scritte si sarebbero dovute fare anche negli anni scorsi, e l’esame sarebbe stato più corretto. Il fatto che la seconda prova (quella più “difficile”, in molti casi) venga formulata dai propri professori, in ogni caso, dovrebbe tranquillizzare: sarà in pratica un compito in classe, solo un po’ più articolato del solito ma comunque calibrato su quello che la classe sa fare. E questo dovrebbe garantire davvero tutti.
Insomma, per farla breve: a me sembra una soluzione accettabile. Voi che ne pensate? Aspetto le vostre opinioni, soprattutto se siete parte in causa (studenti e docenti dell’ultimo anno).
Ultima cosa: non ho parlato né qui né sui social, in queste settimane, di una delle questioni più calde riguardanti la scuola, cioè quella della morte di Lorenzo Parelli e di tutto quello che ne è conseguito. Non ne ho parlato non perché non abbia seguito la vicenda o perché non mi interessi, ma perché purtroppo mi sembra che, sulle prime, si sia discusso molto su cose di cui si sapeva poco, o che si sia usata una questione drammatica per parlare di problemi anche seri, ma che con quella questione drammatica non c’entravano molto. Un giorno, a mente più fredda, mi piacerebbe parlarne con calma. Segnalo però come una cosa grave il modo in cui sono state gestite le poche e poco frequentate manifestazioni di alcuni gruppi di studenti, nei giorni scorsi: al di là di tutto, mi piacerebbe avere una polizia che in certi casi non pensa subito a dare manganellate a dei ragazzini.
E ora procediamo con la nostra solita carrellata di libri, film, video eccetera.
Quello che ho letto
Questa settimana ho scelto letture molto diverse tra loro. Mi sono dedicato soprattutto (in termini di tempo) al libro della Rowling, ma ho cercato come vedrete di variare abbastanza tra i generi.
Il maialino di Natale di J.K. Rowling: come vi ho raccontato la settimana scorsa, ho cominciato a leggerlo su caldo invito di mia figlia, che soprattutto voleva qualcuno con cui parlarne. Al momento sono circa a tre quarti del libro, la situazione sta accelerando verso il finale, e credo che già la settimana prossima tireremo le somme. Che dire? Mi pare un libro discreto, certamente pensato per bambini o giovani ragazzi, forse non troppo originale per gli adulti (lo stesso tema l’ho visto trattare in almeno una decina di modi diversi, lungo gli anni). Lo spunto iniziale è quello di un bambino, Jack, che “perde” il suo maialino di pezza preferito; grazie ad un secondo maialino, riesce ad entrare in un mondo fatato di “cose perdute” e andare alla ricerca del suo compagno di giochi. L’idea di fondo è quella del fatto che anche negli oggetti, soprattutto in quelli a cui ci affezioniamo, ci sia in fondo un po’ del nostro spirito. Per carità, ben scritto e anche abbastanza appassionante (soprattutto se si è al di sotto dei 15 anni d’età), ma niente di sconvolgente, almeno a parer mio.
Anya e il suo fantasma di Vera Brosgol: ecco, anche qui siamo nel campo della narrativa per ragazzi (anche se direi più per adolescenti), ma il mezzo è ben diverso. Anya e il suo fantasma è infatti un fumetto, o graphic novel come si dice oggi. L’autrice è Vera Brosgol, fumettista americana di origini russe. La storia è quella di Anya, ragazza americana di origini russe (guarda il caso, a volte!) che per una serie di circostanze si imbatte e in un certo senso fa amicizia con un fantasma, anzi col fantasma di una sua coetanea vissuta cento anni prima. Quindi anche qui, come ne Il maialino di Natale, c’è una buona dose di magia, e c’è un’amicizia complicata. Con la differenza che il fumetto della Brosgol secondo me è già un po’ più maturo nelle tematiche (si parla di inserimento, di esclusione, dell’essere stranieri) e soprattutto fa più paura. Sì, perché è almeno in parte anche una storia di tensione. E devo dire che mi è piaciuto. Se siete adolescenti o avete dei figli adolescenti, regalateglielo: in Italia lo ha pubblicato Bao Publishing.
Non ce lo dicono di Errico Buonanno: ho iniziato da poco questo libro recentissimo (è uscito nel 2021), incuriosito sia dal titolo, sia dal sottotitolo, che recita: Teoria e tecnica dei complotti dagli Illuminati di Baviera al Covid-19. Quando l’ho visto in libreria ho pensato a qualcosa di molto strutturato, forse più strutturato di quel che è. Nel senso: il libro è carino e interessante, oltre che curato e documentato, ma ha un taglio per così dire giornalistico. Cioè divulgativo, narrativo, poco scientifico. Il che per certi versi è anche un bene: c’è bisogno di divulgazione. Però è da tempo che io vorrei invece un bel saggio serio, corposo e difficile sul tema del complottismo, saggio che però non ho ancora trovato. Nell’attesa, questo libro di Buonanno fa una buona panoramica sui complotti del passato e del presente, cercando anche di individuare dei punti in comune tra le varie leggende metropolitane che si sono susseguite nei secoli. Sono ancora abbastanza agli inizi, ma mi pare accattivante.
Quello che ho visto
Sul versante film, questa settimana non ho visto nessun lungometraggio “classico”. L’unico film è stato un cartone animato a cui mi hanno costretto l’altra sera i miei figli; tra l’altro visto mille volte (ma che fa ancora piangere il mio cuore di storico). Per il resto mi sono buttato su alcune serie TV.
After Life 1.01-1.02-1.03 (2019): confesso che questa serie di e con Ricky Gervais non l’avevo ancora vista. Con questi tre episodi sono già a metà della prima stagione, mentre, per chi già la conosce, è stata appena pubblicata online la terza stagione. La trovate su Netflix. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare conoscendo Gervais, si ride molto poco. Il protagonista è infatti un uomo di mezz’età appena diventato vedovo e privo di voglia di vivere. Insomma, un tema deprimente. Gervais però riesce a trattarlo con un certo tocco di umanità e in maniera a tratti molto interessante. D’altronde, noi che abbiamo studiato l’esistenzialismo lo sappiamo bene: le vere domande sulla vita ce le poniamo solo davanti alla morte; ed è solo in quel momento che la nostra esistenza acquista il suo senso più vero, o lo perde definitivamente. Questa prospettiva così caustica nella serie si percepisce chiaramente. In più, mi sembra che il personaggio interpretato da Gervais ben si presti, almeno in alcuni passaggi, per essere preso ad esempio contemporaneo quando devo spiegare ai miei studenti cosa voglia dire essere “cinici”.
Anastasia (1997), di Don Bluth e Gary Goldman: so bene che questo cartone animato – disponibile al momento su Disney+, anche se è stato prodotto a suo tempo dalla Fox – ha grandi estimatori, e anche ai miei figli è sempre piaciuto (almeno finché erano abbastanza piccoli per farsi catturare da queste storie). Però ogni volta che lo vedo è per me una tortura, soprattutto nella prima parte. Mentre i bambini rimangono a bocca aperta, io borbotto tra me e me: «Sì, vabbè, adesso la rivoluzione bolscevica l’han fatta i diavoli di Rasputin!», oppure: «E dove cavolo è finita la Prima guerra mondiale? Dov’è la seconda domenica di sangue?» In compenso però devo ammettere che le musiche sono belle. Il che significa che gli americani non ne capiscono quasi nulla di storia, però sanno cantare.
Crazy Ex-Girlfriend 1.01-1.02 (2015): questa serie, creata e interpretata da Rachel Bloom, l’avevo provata qualche anno fa ma poi me l’ero persa per strada. Conoscevo la protagonista dai tempi di Fuck me, Ray Bradbury (non chiedete, cercate, se siete adulti) ma per un motivo o per l’altro la serie non l’avevo mai vista fino in fondo. C’è da dire che nel 2016, quando arrivò in Italia, passavo il tempo a guardare soprattutto cartoni animati Disney o Pixar e nei pochi momenti liberi dai figli mi rilassavo col basket NBA. Adesso che i ragazzi sono cresciuti (almeno alcuni), qualcosa si può recuperare: e infatti questi primi due episodi li ho guardati col figlio liceale e con la figlia che fa le medie. Divertenti, grotteschi, corrosivi: gli episodi mi sono piaciuti. La protagonista è una giovane donna di successo, avvocata nella Grande Mela, che però di punto in bianco molla tutto per inseguire il suo amore adolescenziale in California. Finirà per umiliarsi in tutti i modi per conquistarlo o anche solo avvicinarlo. Al di là di questa trama, però, la cosa interessante è come la Bloom prenda in giro se stessa e una certa parte dell’universo femminile (e maschile, di riflesso), schiavo dell’immagine a tutti i costi.
Quello che ho pensato
Nell’attesa che cominci Sanremo (i miei figli mi dicono che parte domani), questa settimana è stata indubbiamente dominata dall’attualità. Perfino i miei studenti me ne hanno chiesto conto: da un lato, ci sono i venti di guerra in Ucraina; dall’altro, c’è stata l’elezione del Presidente della Repubblica, che ha portato all’esito della riconferma di Sergio Mattarella.
Di entrambi questi temi sto parlando tramite i miei soliti video: ne è uscito già un primo sull’Ucraina e in questa settimana ne arriveranno altri due (li ho già registrati, li sto montando). Sicuramente il “romanzo Quirinale”, come ormai viene chiamato da tutti, è quello che di recente mi ha appassionato di più e allo stesso tempo deluso.
Appassionato perché chi si occupa di storia e di politica in fondo ama queste situazioni, in cui finalmente i leader e le loro abilità strategiche, tattiche e di trattativa vengono messe alla prova e finiscono per essere sotto gli occhi di tutti. Deluso perché, in realtà, molti politici non hanno dato, in quest’occasione, una grande prova di sé. Anzi, si sono dimostrati incredibilmente ingenui. Di fatto, ha vinto (o comunque non ha perso) solo chi è stato ad aspettare, giocando di rimessa; e l’esito è stato quello infatti di rimanere fermi immobili, confermando per altri sette anni Sergio Mattarella.
Su Mattarella, ovviamente, nulla da dire: nel video che sto preparando ne tesso anche un grande elogio perché mi pare sia stato uno dei migliori presidenti che abbiamo mai avuto. Questo però non giustifica l’esito della settimana appena conclusa: sarebbe stato più rispettoso elogiare e ringraziare Mattarella e permettergli, finalmente, di andare in pensione e godersi i nipotini. L’incapacità della classe politica attuale lo ha costretto a mettersi ancora una volta sulle spalle tutta una situazione di cui lui non è minimamente responsabile.
Al di là di questo, e al di là delle varie beghe momentanee, quello che mi preoccupa è però un discorso di medio-lungo periodo. Molti osservatori si sono focalizzati sulla crisi dei partiti e delle leadership, che è sicuramente il problema più evidente ed urgente; ma mi pare che ci sia anche un altro problema che nessuno o quasi ha evidenziato: la mancanza di personalità politiche di rilievo di una certa età.
I nomi dei candidati alla presidenza che sono stati sciorinati nei giorni delle trattative, infatti, erano onestamente nomi di secondo o terz’ordine. Ad un certo punto molti si sono innamorati di quello di Elisabetta Belloni, pur non conoscendola minimamente, nonostante fosse una donna che non aveva mai fatto politica in vita sua, e già questo la dice lunga sulla qualità dei suoi eventuali avversari.
Abbiamo visto succedersi, nel lotto, Berlusconi (decisamente non tagliato per il ruolo, oltre che ormai molto debilitato dall’età), Frattini, Casini, Casellati, Nordio, Pera, Moratti e sicuramente molti altri che ora dimentico. Nessuno, per un motivo o per l’altro, aveva un curriculum da Presidente della Repubblica: alcuni perché non si sono mai davvero occupati di politica o non l’hanno mai fatto ad alti livelli; altri perché troppo appiattiti sul loro leader (mentre un Capo di Stato deve avere una certa indipendenza di spirito); altri perché tirati fuori dal cilindro all’ultimo momento.
Insomma, in tutta onestà erano candidature estremamente deboli. Tanti si sono scagliati contro Salvini e i suoi errori, e giustamente, perché il leader della Lega ne ha commessi parecchi; ma bisogna anche ammettere che non aveva un compito facile, perché nel centro-destra non c’era di fatto un nome forte e realmente adatto per la carica. Bisogna dire che, allo stesso modo, non c’era nessuno di spessore neppure tra i Cinque Stelle o nel centro-sinistra. I 5 Stelle o i loro transfughi hanno votato, di volta in volta, il giudice Nino Di Matteo (la cui massima carica a livello nazionale è stata quella di consigliere del CSM) e il giurista Paolo Maddalena (quasi 86 anni, mai fatto politica); il PD non ha avuto sostanzialmente mai altra idea se non Draghi o Mattarella.
Il problema è grave. Di fatto, in tutto l’arco parlamentare non sembra sia stato possibile trovare un nome serio, col curriculum adeguato a fare il Capo dello Stato. Alla fine, si è arrivati a Mattarella perché davvero rispetto a lui tutti gli altri sembravano personaggi neppure di serie B, ma forse anche di serie C. E lo dico con tutto il rispetto per le persone: qui non si discute della qualità di Nordio o Di Matteo, ma di ciò che serve per stare al Quirinale, cioè preparazione giuridica, grande esperienza politica a livello nazionale e internazionale, fermezza.
A parte Draghi, l’unico altro nome abbastanza solido è stato quello di Marta Cartabia, ma tutti e due fanno parte dell’attuale governo e portarli al Quirinale avrebbe forse portato scompensi. Dopo di loro, in ogni caso, il nulla, e questo ci deve far riflettere. Non solo i partiti sono in crisi, ma i partiti non sono infatti in grado di produrre personalità di spessore, personalità che, giunte a una certa età, possano ambire al Quirinale. Voi ce lo vedete Salvini, tra 15 anni, a correre per il Quirinale, con la sua storia? O Conte? O Renzi? Tutti politici che magari, in un loro settore o in un certo ambito, sono anche bravi, ma mancano di quella somma di esperienza e apprezzamento anche da parte degli avversari che serve per quella poltrona.
Il che la dice lunga del paese che stiamo creando: un paese interessato più ai social che alla sostanza (vari politici hanno “bruciato” dei nomi, in quest’elezione, per l’ansia che avevano di dirli in TV o su Twitter); più litigioso che concreto; più immaturo che maturo.
Quello che ho registrato e pubblicato
Se vi siete persi qualcosa dei video o dei podcast usciti questa settimana, ecco anche il solito riassuntone.
Storia dei rapporti tra Ucraina e Russia: visto che in molti mi hanno chiesto di parlare di quello che sta succedendo nell’est Europa, ho deciso di prenderla un po’ larga. Qui si inizia il discorso e questa settimana, con un secondo video, lo si finirà
L’umanitarismo tra le due guerre: riprendiamo un discorso che era in sospeso da un po’ sulle organizzazioni umanitarie e la loro storia, parlando di quello che accadde tra le due guerre mondiali
Così parlò Zarathustra: audiolibro e spiegazione parte 20: ultimissima parte, conclusiva, dell’audiolibro spiegato di Nietzsche
Cicerone, Seneca e l’eclettismo romano (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Epitteto e Marco Aurelio a Roma (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
L’assolutismo e il caso inglese (per il podcast “Dentro alla storia”)
Carlo I e la guerra civile inglese (per il podcast “Dentro alla storia”)
Cosa c’è in arrivo
Chiudiamo, come al solito, con qualche anticipazione:
domani se tutto va bene dovrebbe uscire un video sull’elezione del Presidente della Repubblica: un’analisi, diciamo così, “tecnica” di quello che è accaduto;
mercoledì sarà poi la volta del secondo video sulla questione russo-ucraina;
poi dovrebbero arrivare un video di storia romana e una nuova puntata della serie “Come muoiono i filosofi”;
infine, sul versante podcast, ci aspettano l’inizio di Epicuro in filosofia e la vittoria di Oliver Cromwell in storia.
Questo è tutto. Ci vediamo lunedì prossimo!
“Q di Complotto” di Wu Ming