Sulle polemiche su Rovelli e Fazio, ma parlando anche di Guerra Fredda, Guardiani della Galassia, guerra in Siria, Risorgimento, singolarità, Nievo, Stuart Mill, Tocqueville e altro ancora
È stata, qui in Polesine, una settimana soprattutto di pioggia quella che si è da poco conclusa. Pioggia e, almeno per quanto riguarda me, un sacco di avvenimenti, tutti in qualche modo legati all’insegnamento. Magari non ve ne frega niente, ma ve li elenco lo stesso, un po’ perché servono a me a fare il punto della situazione, un po’ perché credo vi possano dar conto di cosa c’è davvero dietro alle quinte della scuola di oggi (o almeno della mia scuola).
Martedì pomeriggio io e i miei ragazzi (per la verità solo due, due studentesse, perché lo studio matto e disperatissimo di maggio inizia a tagliare le gambe ai liceali) abbiamo intervistato un ex allievo della mia scuola che ha studiato a Stanford e sta lavorando tra l’America e l’Europa. Bello e interessante, anche solo per confrontarsi con una parte di mondo che spesso rimane fuori dalle mura scolastiche.
Sempre martedì, a sera, sono stato invitato assieme ai miei colleghi a una cena di classe: una delle mie quarte è stata protagonista, infatti, di una settimana di convivenza in un casa in città (è una mezza tradizione che molte classi liceali tendono a fare, qui a Rovigo) e hanno invitato i prof per una cena conviviale a base di pizza e torte. Ho mangiato molto, ho scherzato, mi sono divertito: complimenti dunque alla 4ª BS.
Mercoledì, poi, a scuola abbiamo ospitato Francesco Gardin, ex allievo dell’istituto e oggi imprenditore e ricercatore di grande successo nel campo dell’intelligenza artificiale. È stato un altro tuffo nella realtà al di fuori della scuola, questa volta nell’ambito dell’informatica londinese. Non perché la scuola non sia un valore in sé, ma perché la scuola non può rimanere sempre e solo chiusa e non vedere che c’è anche un mondo in movimento, là fuori, con tutti i suoi pro e i suoi contro. Poi, subito dopo pranzo, ho fatto anche una corsa in Comune, per lavorare ancora sui festeggiamenti del Centenario del mio liceo, che mi stanno assorbendo quasi ogni energia, di recente.
Giovedì è stata quindi la volta del Consiglio di Classe di quinta, quello del Documento del 15 maggio, il famigerato testo da 60 pagine fitte fitte che porta la classe agli Esami di Stato con tutti i programmi, la presentazione degli studenti, i nodi pluridisciplinari, l’educazione civica, i PCTO e chi più ne ha più ne metta.
Venerdì dentista per il figlio; sabato due partite (baseball e calcio a cinque), sempre dei figli, ma per fortuna per una volta in casa, entrambe giocate a Rovigo e non in giro per il Veneto, l’Emilia Romagna o il Friuli.
Domenica sono infine stramazzato al suolo, ovviamente.
E lunedì siamo qui, con una newsletter come al solito carica di contenuti. Iniziamo.
Quello che ho letto
Partiamo, come sempre, dai libri, con anche una importante novità che promette di farci compagnia per un po’ di tempo e un volume che invece ci lascia.
Le confessioni d’un italiano di Ippolito Nievo: preso da una strana foga, questa settimana ho deciso di cominciare un libro immenso, che onestamente non so se riuscirò a portare a termine; un libro che però mi ha spesso incuriosito perché ovviamente, studiando storia, ne ho sentito parlare più volte: si tratta di un classico della letteratura risorgimentale italiana, Le confessioni d’un italiano di Ippolito Nievo, già stretto collaboratore di Garibaldi morto tra l'altro in circostanze misteriose poco dopo l'impresa dei Mille. Nievo, prima di riuscire nell'impresa di realizzare l'unificazione italiana, scrisse questo lungo romanzo che alcuni giudicano uno dei più importanti per la formazione dell'identità nazionale; ricordo anche di aver letto molto tempo fa che il celebre storico veneto Mario Isnenghi si lamentava del fatto che in Italia si sia sempre fatto studiare I promessi sposi di Manzoni e non Le confessioni di Nievo, quando a suo avviso quest'ultima era un'opera molto più adeguata alla formazione dello spirito nazionale di quanto non fosse il romanzo storico di Manzoni. Insomma, per un motivo o per l'altro ho cominciato la lettura e devo dire che per ora il romanzo mi sta molto piacendo. Certo si tratta di uno scritto di metà Ottocento, quindi un po' datato nelle forme e nel linguaggio, ma nonostante questo sembra comunque molto godibile, superati i primi ostacoli linguistici. Anzi, Nievo ha un fare piuttosto ironico che rende molto agevole la lettura, perfino quando si dilunga su antiche regole friulane. Per farla breve, la storia sembra promettere bene anche se le digressioni abbondano: vedremo quanto reggerò e se riuscirò a portare a termine la lettura integrale del romanzo. Lo potete acquistare qui.
Singolarità di David Orban: l'ho iniziato pochi giorni fa ma l'ho anche già finito, complice il fatto che il tema mi interessa molto in questo periodo e che si tratta comunque di un libricino piuttosto piccolo. Sto parlando di Singolarità, saggio scritto ormai circa otto anni fa da David Orban ma che è ancora estremamente attuale, visto che i progressi dell'intelligenza artificiale sono forse l'argomento più importante di questi ultimi mesi. Il libro, anzi, letto oggi risulta perfino troppo breve e meriterebbe un aggiornamento, visto che i temi che i progressi di ChatGPT e soci hanno portato alla luce sono parecchi e ci stanno spingendo a ridefinire molte questioni. L'intento principale del volumetto pubblicato dalla Hoepli era quello di prepararci al futuro, di farci capire come il cambiamento sia già in atto e sia molto più rapido di quanto pensiamo; un pensiero che nel 2015 era effettivamente dirompente ma che oggi si è in parte già avverato. Se vi siete persi qualche puntata precedente, insomma, questo è forse il libro che fa per voi, perché vi aiuta a capire la velocità con cui le innovazioni informatiche si stanno imponendo in questi ultimi anni. Se vi interessa lo potete acquistare, se ne trovate ancora delle copie, qui.
Il problema dei tre corpi di Liu Cixin: Il problema dei tre corpi ci fa compagnia ormai da parecchio tempo e di certo non posso dire che la sua trama si stia facendo via via più chiara man mano che procedo nella lettura. Soprattutto, al momento attuale – e mi trovo quasi ai due terzi del volume – sto facendo abbastanza fatica a ricollegare le varie parti della trama. Dopo un inizio molto breve ambientato al tempo della rivoluzione culturale, siamo passati infatti ai tempi più recenti, con alcuni misteri che si annidano dietro ad una strana associazione di scienziati, misteri che sembrano preludere anche ad una sorta di nuova guerra mondiale. Inoltre – inizialmente come sottotrama ma poi col procedere delle pagine diventando sempre più importante – è stato interrotto nella storia un particolare videogioco molto suggestivo, che affronta appunto il problema dei tre corpi: i videogiocatori devono trovare un modo per far sopravvivere e sviluppare una civiltà che si trova perennemente distrutta dal fatto che il pianeta che la ospita vede girare attorno a sé ben tre soli, cosa che finisce per avere spesso un effetto catastrofico. Ora sono arrivato al punto in cui il videogioco sembra essere definitivamente terminato, e forse le varie trame parallele potrebbero ora convergere su un unico punto, ma molti misteri rimangono ancora da spiegare (ad esempio: che fine ha fatto il conto alla rovescia sulle fotografie?), e mi chiedo se l’autore riuscirà a farlo in modo coerente. Mi pare che si stia arrivando dunque al punto clou del libro, e in fondo di ogni romanzo misterioso: quello in cui si dovrebbe cominciare a intravedere la risoluzione della trama. Se questo punto focale sarà ben costruito, allora si potrà dare un buon giudizio al valore dell'opera; se invece sarà deludente o artefatto, ovviamente il giudizio ne risentirà. Al di là di questo, però, devo anche sottolineare che finora il romanzo del cinese Cixin si è dimostrato estremamente interessante, pieno di riferimenti filosofici e originalissimo nel modo di presentare anche alcune complesse questioni astronomiche. Se vi interessano la fisica, la scienza, la realtà virtuale e direi anche la filosofia della scienza, questo probabilmente è uno dei migliori libri che potete leggere nell'ambito della narrativa. Ora si tratta solo di prepararsi per (quello che spero sarà) il gran finale. Intanto, se vi interessa, lo trovate qui.
Quello che ho visto
Passiamo ora ai film, con scelte che questa settimana, come noterete, sono state abbastanza disimpegnate.
Only Murders in the Building episodio 2.05 (2022), di Steve Martin e John Hoffman, con Steve Martin, Martin Short, Selena Gomez: di questa serie TV ho già parlato in più occasioni, quindi credo non necessiti di particolari introduzioni. Vi vorrei presentare, piuttosto, brevemente la trama nello specifico della seconda stagione: dopo aver risolto, un po’ fortunosamente, il primo caso di omicidio capitato nel palazzo, i tre protagonisti della serie (due artisti ormai anziani e sul viale del tramonto e una giovane ragazza un po’ misteriosa) incappano in un nuovo assassinio. Questa volta la vittima è l’antipatica amministratrice del palazzo in cui i tre vivono; solo che diventa ben presto evidente che qualcuno sta cercando di incastrare proprio i nostri protagonisti, mettendo letteralmente nelle loro mani una serie di prove ed indizi. Ovviamente, come in ogni buon giallo che si rispetti, i possibili sospettati sono molteplici, e ogni episodio finora ha esplorato una diversa linea investigativa, non arrivando per la verità da nessuna parte (o così almeno sembra). Ma l’aspetto più interessante dello show non è di per sé la trama gialla, che comunque riserva dei bei colpi di scena finali in conclusione di ogni episodio; piuttosto, sono le interazioni tra i personaggi, il lato un po’ buffo e un po’ umano della vicenda. Lì sono soprattutto Steve Martin e Martin Short a mostrare il loro talento, forti di una lunga esperienza ad Hollywood, in TV e in teatro. La serie è simpatica e garbata, e la trovate su Disney+.
Guardiani della Galassia: Holiday Special (2022), di James Gunn, con Pom Klementieff, Dave Bautista, Kevin Bacon: complice il fatto che la settimana scorsa ho visto Guardiani della Galassia vol.3, con la famiglia ho cercato di recuperare anche questo special televisivo uscito su Disney+ lo scorso Natale e che a suo tempo mi ero perso. Si tratta di una breve storia in tono minore, evidentemente realizzata durante la lavorazione del film più lungo uscito in queste settimane, sfruttando la presenza degli attori e del set già bell’e pronti. Come vedete anche dal cast (e spero di non fare nessuno spoiler, perché questo fatto è già abbastanza noto), tra i protagonisti c’è anche Kevin Bacon, menzionato nel primo film della saga e qui recuperato come guest star d’eccellenza, in una storia che è essenzialmente un piccolo gioco natalizio elaborato da James Gunn. Sembrerebbe, da questo punto di vista, un breve film a cui non dare troppa importanza, ma – concedetemelo, fan devoti – a me sembra anche, in realtà, un segno dell’involuzione della saga e dello stesso Gunn. Sarà lo spirito natalizio, ma questo Holiday Special trasuda buoni sentimenti, che fino a pochi anni fa erano quanto di più distante dallo stile narrativo del regista ma che ora (e lo si vede anche in Vol. 3) sono diventati inaspettatamente centrali. I primi Guardiani della Galassia erano brutti, sporchi e cattivi, un po’ punk e molto antieroi, e quando facevano buone azioni le facevano vergognandosene e quasi di nascosto, quasi per errore; adesso sembrano essere diventati dei Capitan America dello spazio, animati da sentimentalismo di quart’ordine e da un’etica che sembra tratta da un manuale del politicamente corretto. Insomma, a me sembrano aver perso il loro smalto, ciò che davvero li distingueva dal resto della produzione Marvel cinematografica (Deadpool escluso), e – per quanto le loro storie possano essere a tratti anche divertenti e irriverenti – tutto questo li rende molto meno necessari di prima. Questo special, in particolare, parte da un’idea anche carina, ma non ci aggiunge nulla, creando una storia convenzionale, per di più allungata con canzoni riempitivo all’inizio e alla fine. Mah, ne sono rimasto un po’ deluso.
Omicidio nel West End (2022), di Tom George, con Sam Rockwell, Saoirse Ronan, Adrien Brody: qualche mese fa, quando era uscito sui canali di streaming, se ne era parlato molto ed era stato ampiamente reclamizzato, ma io e la mia famiglia non l'avevamo visto; l'altra sera, complice la necessità di trovare un film non troppo lungo, l'occhio ci è caduto su Omicidio del West End, che dura poco più di un'ora e mezza, una durata che è ormai una rarità visto che molte pellicole superano ampiamente le due ore e viaggiano anzi verso le tre. D'altra parte bisogna anche dire che un film di questo genere non poteva durare troppo: si tratta di un piccolo divertissement, una sorta di parodia dei gialli alla Agatha Christie, realizzata anche con un certo amore per il genere. La storia è ambientata nella Londra del 1953, all’interno del teatro in cui si sta mettendo in scena Trappola per topi, commedia proprio della Christie. Lo spunto, tra l'altro, è fondato e veritiero: in quegli anni infatti lo spettacolo – uno dei lavori più celebri della regina del giallo – veniva per la prima volta allestito proprio nel West End, e da lì è diventato un classico del teatro londinese, visto che è stato messo in scena interrottamente per quasi settant'anni, fino al 2020, quando fu interrotto a causa dell'epidemia da Covid. Ma torniamo al 1953: durante i festeggiamenti per la centesima replica della commedia, un regista hollywoodiano che sta lavorando a un adattamento per il cinema viene barbaramente ucciso. A questo punto iniziano le indagini di un detective di Scotland Yard piuttosto disilluso e alcolizzato e della sua giovane spalla, una inesperta agente donna. Ci sono molti inside jokes (forse addirittura troppi), alcuni ottimi attori e un tono simpatico; poi ci sono anche, a mio avviso, alcuni difetti di trama, e quindi il risultato è discreto e nulla più, ma Sam Rockwell è un attore che mi piace, Saoirse Ronan mi convince e in generale non è un’ora e mezza mal spesa. Il film lo trovate su Disney+.
Quello che ho pensato
Personalmente, penso che la cultura dovrebbe avere un ruolo centrale nella vita e nella storia di un paese. Quando però le maggiori polemiche di una settimana sono polemiche culturali, forse significa che c'è qualcosa che non va, che cioè tutti gli altri problemi che sicuramente ci sono, sono stati fatti passare, per interesse o per ignoranza, in secondo piano.
Lo dico perché in effetti questa settimana, al di là di qualche notizia sportiva, il centro dell'attenzione dei giornali italiani è stato riservato soprattutto a due storie che normalmente sarebbero in un certo senso di contorno: quella relativa all'intervento di Carlo Rovelli alla Fiera del libro di Francoforte e quella relativa alla fine del contratto di Fabio Fazio con la Rai. Si tratta, si badi bene, in entrambi casi di notizie su cui valeva in effetti la pena di polemizzare, ma mi stupisce che i giornali sembrino occuparsi solo di questo, dimenticando tutta una serie di altre questioni molto gravi ma più complesse da presentare che, sulle prime pagine, paiono da tempo non esistere.
Ma soffermiamoci anche noi, almeno per questa settimana, sulle due questioni di Rovelli e di Fazio, perché permettono di sollevare delle questioni importanti. In entrambi i casi mi sembra che emergano infatti dei problemi a loro modo preoccupanti: i due personaggi, per motivi in parte diversi, sono stati per il momento estromessi dei loro relativi campi d'azione. Per chi si è perso le puntate precedenti di questa querelle, però forse è meglio fare un veloce riassunto.
Partiamo da Carlo Rovelli. Questi è un fisico italiano che negli ultimi anni è salito al centro della ribalta soprattutto grazie al successo di vendite di alcuni suoi saggi divulgativi sulla fisica e sulle sue teorie più moderne. Il grande successo di questi brevi saggi, sia in Italia che all'estero, gli ha permesso di essere invitato in trasmissioni televisive ed eventi pubblici, dove però non ha parlato solo di fisica e di buchi neri. Da quando è cominciata la guerra in Ucraina, infatti, Rovelli si è schierato con il cosiddetto fronte ultra-pacifista (e vagamente filo-russo), sostenendo in più occasioni che l'Italia e l'Unione Europea dovrebbero smettere di appoggiare l'Ucraina e accusando in maniera più o meno netta la Nato di essere la vera responsabile di questo conflitto. Tesi, come ho avuto modo di dire in altre occasioni, che trovo completamente infondata, ma che viene sostenuta anche da altri intellettuali, intellettuali per la verità legati da sempre a un forte antiamericanismo che li porta – a mio avviso – a non riuscire a fare troppo i conti con la realtà. Perché, detta come va detta, quando si prendono le parti di Putin, uno che è responsabile di massacri di massa, di rapimenti di bambini e di uccisioni di migliaia di civili, forse qualche problema con la realtà lo si ha. A difendere uno che, nel migliore dei casi, ha dato l’ordine di ammazzare il capo di stato di un paese vicino ci vuole un bel po’ di pelo sullo stomaco.
Ma Rovelli al momento non è accusato tanto di questo, né di aver scritto negli ultimi anni introduzioni a libri di celebri complottisti che che negano il Covid o l'11 settembre (sì, l’ha fatto). D'altra parte, tesi simili alle sue sono sostenute anche da certi ambienti della maggioranza politica, e ormai il complottismo non è certo motivo di imbarazzo in politica. No, la polemica verte su altro: durante il recente concerto del 1° maggio, trasmesso come sempre anche dalla TV, Rovelli è intervenuto sul palco dei sindacati accusando direttamente il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, di aver avuto a lungo interessi nella vendita delle armi. Per questo motivo ci sono state molte reazioni politiche e, soprattutto, nei giorni scorsi Rovelli avrebbe ricevuto una lettera scritta da Ricardo Franco Levi, Commissario Straordinario per l’Italia per la Fiera del libro di Francoforte, in cui lo stesso Levi invitava il fisico a non partecipare più alla suddetta fiera. Inizialmente, infatti, Rovelli era stato scelto per tenere una lezione che avrebbe aperto il grande evento italiano in quella che è la principale fiera del libro europea; ma dopo i suoi interventi contro Crosetto, Levi avrebbe preferito togliergli l’incarico.
Per farla breve, Levi – che è anche il presidente dell’AIE, l’Associazione Italiana Editori, ed ha un passato addirittura nel PD – ha preferito chiedere a Rovelli di rimanere a casa perché non più gradito, o per paura di quello che Rovelli avrebbe potuto dire durante la manifestazione. Rovelli, a questo punto, si è sentito censurato e ha pubblicato la lettera di Levi sui social network, facendo scoppiare lo scandalo. In effetti in questo caso non gli si può dar molto torto: l’invito non è stato ritirato perché Rovelli non è adeguato al ruolo, ma per quello che pensa del Governo attualmente in carica. Insomma, per le sue idee politiche, che dovrebbero essere costituzionalmente garantite: stando alla Costituzione, infatti, è piuttosto evidente che nessuno dovrebbe essere discriminato (e quindi ad esempio perdere incarichi lavorativi) per quello che pensa. Levi sembra poi aver fatto, davanti a tutte le polemiche, una mezza marcia indietro in questi giorni, ma il problema – com’è evidente – rimane.
Il secondo fatto riguarda invece Fabio Fazio. Il noto presentatore televisivo, da sempre considerato “di sinistra”, ha in qualche modo fatto sapere che dopo quarant’anni di servizio continuativo dal prossimo autunno non lavorerà più per la Rai. La decisione sembra non sia tutta farina del suo sacco, ma soprattutto il frutto della nuova politica del Governo, che ha deciso, come molti altri suoi predecessori, di praticamente “lottizzare” il servizio pubblico. Nei posti chiave della società arriveranno infatti tutte persone gradite a Meloni e soci, e gli sgraditi, par di capire, dovranno andarsene. In questo senso è stato molto significativo (e anche imbarazzante, perché pare di aver davanti un ragazzino di seconda media che non ha capito di essere diventato Ministro della Repubblica) un tweet di Matteo Salvini, questo:
Anche in questo caso, insomma, le idee politiche del presentatore – peraltro mai dichiarate pubblicamente in trasmissione, a quanto mi risulta – sembra siano l’unica motivazione del suo allontanamento. Non che sia una gran novità, a dirla tutta: da quando esiste la Rai, l’appartenenza o la non appartenenza politica di giornalisti e presentatori è stata spesso un fattore importante per la carriera all’interno dell’azienda. Ma fa sempre specie che, nell’anno 2023, davanti a politici che si presentano continuamente come i moralizzatori e gli “uomini nuovi”, propugnatori del “merito”, si ricorra ancora ad atteggiamenti clientelari di questo tipo.
Ora, qualcuno potrebbe dire: dove sta il problema? Ricardo Franco Levi è il Commissario per la Fiera del libro e ha il diritto e il dovere di scegliere chi invitare; il Governo controlla in qualche modo le nomine Rai, e ha il diritto e il dovere di scegliere a chi affidare i programmi: appunto, dove starebbe il problema? Le scelte si possono condividere o meno, ma nessuno può negare che chi ha quel ruolo possa e debba farle.
Ecco, questa è la giustificazione che si sente sempre proporre ogni volta che accade qualcosa del genere. E che però, a guardar meglio, si fonda su un presupposto sbagliato: la Rai e la rappresentanza italiana alla Fiera del Libro non sono del Governo o della maggioranza parlamentare. Sono del paese, rappresentano l’Italia, in ogni sua parte. Sono nostre, non di Salvini o di Levi, non di Fratelli d’Italia o del PD. Un’Italia che non è monolitica, che non è fatta a immagine e somiglianza di chi sta al governo al momento. Anche perché l’attuale maggioranza ha preso 12 milioni di voti su 51 milioni di aventi diritto: è stata cioè votata da meno di un italiano su quattro. Difficile dire che rappresenti tutta l’Italia, anzi. Sarà anche una maggioranza politica, ma è, stando ai numeri, una minoranza nel paese.
Questo della differenza tra Governo e Paese è un concetto banale, ma che è incredibilmente difficile far entrare nella testa degli italiani. Veniamo da una storia di fascismo e di post-fascismo che sono state, tra di loro, per fortuna molto diverse, ma che hanno avuto anche alcuni tratti in comune; il più importante dei quali, forse, è stato il servilismo e l’obbedienza degli italiani. Per molto tempo si è stati abituati a relazionarsi con la politica in modo appunto servile, sottomesso, impaurito; e addirittura molti di noi pensano che questo atteggiamento sia normale e inevitabile. E così pensiamo di doverci sempre schierare con chi sta al potere; anzi, di dover sempre diventare i lacchè di questo o di quel politico.
Ci pare sempre di dover rendere conto a qualcuno, che sia necessario avere un referente politico (o un protettore politico). In un mondo in cui conta di più l’aiutino del potente di turno che il proprio talento o il proprio pensiero, molti provano infatti a farsi amico un potente, schierandosi appena possono dalla sua parte. Ci sono giornalisti che su questo costruiscono un’intera carriera: diventare i portavoce di una certa visione politica. E alla fine, quando chi è portatore di quella visione politica va al governo, questi portavoce vengono giustamente ricompensati con un posto da qualche parte, in genere ben pagato.
Se questa è l’impostazione dei giochi, diventa scontato che ogni critica o anche solo ogni pensiero divergente venga percepita come un delitto di lesa maestà. Ma provate a immaginare: quanto sarebbe più bella una Rai in cui tutti i politici, dalla sinistra alla destra, vengono realmente messi sotto torchio? In cui ci fossero presentatori di destra, di centro e di sinistra, tutti interessati comunque a soddisfare l’utente e non il politico?
Quanto sarebbe più vivo e vivace un mondo intellettuale in cui ogni scrittore – pur nella sua impostazione politica di partenza – diventasse l’attento critico di tutte le mosse del Governo e del Parlamento? Essere liberi non vuol dire questo, forse: cioè non dover necessariamente appartenere a nessuna chiesa e poter attaccare tutti, sia quelli che ci stanno ideologicamente più vicini che quelli che ci stanno più distanti?
Il bavaglio, la promozione degli amici e la cacciata dei nemici non sono, purtroppo, cose nuove nella storia d’Italia, e le hanno praticate, con toni e accenti diversi, molti partiti (anche se non tutti); e, tra l’altro, questi atteggiamenti sono soprattutto colpa nostra, perché a noi stanno bene. Siamo noi i primi a lamentarci di questo sistema e poi però ad approfittarcene appena abbiamo l’occasione. Un sistema che non premia mai il merito, tra l’altro, alla faccia dei ministeri che cambiano nome: non conta infatti quanti ascolti fai o cosa dicono le recensioni, non conta quanti libri vendi o quanto ti conoscano all’estero, ma solo se piaci a questo o a quel politico.
Di Rovelli si possono dire tante cose, come ho fatto anch’io prima, ma non che non sia adatto alla Fiera di Francoforte: è forse, attualmente, lo scrittore italiano più famoso e letto nel mondo. Basta aprire la versione americana di Amazon per rendersene ulteriormente conto: vi trovate L’ordine del tempo, il suo volumetto del 2017, in versione audiolibro letto nientemeno che da Benedict Cumberbatch con quasi 5.000 voti (tutti altissimi); Sette brevi lezioni di fisica, il suo libro di maggior successo, di voti ne vanta addirittura 12.000 e passa. Ma questo non conta, e non contano davvero neppure le sue idee: conta che in TV non abbia parlato bene di un Ministro. Ripeto: alla faccia del “Merito”.
Quello che ho registrato e pubblicato
Diamo ora un’occhiata anche ai video e ai podcast che sono usciti questa settimana.
Tutta la Guerra Fredda e la decolonizzazione in un'ora: un video dedicato soprattutto a chi sta per affrontare gli Esami di Stato
La Guerra Civile Siriana: ho concluso la serie sulla Primavera araba parlando del suo caso più drammatico, quello siriano
Tocqueville e la democrazia: come richiesto da molti, ho preparato anche una lezione su Alexis de Tocqueville e la sua analisi della democrazia americana
"Sulla libertà" di Stuart Mill - parte 1: iniziamo la lettura integrale e commentata di un classico della filosofia politica inglese
La visione della natura di Campanella (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La politica di Tommaso Campanella (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La seconda guerra d'indipendenza (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Ah, prima di dimenticarci vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
Il canale YouTube | Instagram | Facebook | Twitter | TikTok
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono i nuovi abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri e videocorsi che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i nostri consigli della settimana.
Uomini comuni di Christopher R. Browning: il libro della settimana è un classico di storia contemporanea, incentrato sull’Olocausto. Browning, storico americano che insegna in North Carolina, ha realizzato questo volume ormai più di trent’anni fa, ma da allora il saggio è entrato nelle biblioteche di mezzo mondo e ha goduto di innumerevoli ristampe e traduzioni. D’altronde il tema è interessantissimo: il libro infatti ricostruisce il percorso di un gruppo di poliziotti tedeschi che parteciparono alla “soluzione finale”, cercando di ricostruire le loro storie e le loro motivazioni, e mostrando, come il titolo suggerisce, che si trattava quasi sempre di “uomini comuni”, perfino buoni padri di famiglia. Insomma, un libro – questa volta storico, e altamente documentato – che fa il paio con La banalità del male di Hannah Arendt. Lo potete acquistare qui.
Creazione di contenuti visivi e d'ispirazione per Instagram: imparare a creare contenuti su Instagram che abbiano presa sul pubblico non è affatto facile. Ma è importante, perché ormai il feed di questo social network è una vera e propria vetrina delle nostre attività. Il corso che vi propongo oggi lo trasforma però anche in un mezzo per raccontare storie attraverso immagini minimaliste, pulite ed estetiche. Composto da 17 lezioni ad un costo complessivo di solo 9,99 euro, il corso vanta anche ottime recensioni. Lo potete acquistare qui.
C’è poi un nuovo modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ne è comparso uno nuovo chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né fare corsi, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Quello che c’è in arrivo
Prima di salutarci, ecco una veloce panoramica dei video a cui sto lavorando e che spero di proporvi nei prossimi sette giorni:
arriverà in primo luogo una nuova lezione dedicata alla filosofia dei grandi registi cinematografici, con il focus centrato questa volta su Woody Allen;
su richiesta degli abbonati del canale, realizzerò anche un video sulla storia della monarchia britannica, visto anche che tanto se ne è parlato nelle settimane scorse;
dovrei poi riuscire a realizzare la quarta puntata del Corso di logica, o in alternativa un video su Ayn Rand;
infine, per quanto riguarda i podcast, vi aspetta la prima lezione su Copernico (in filosofia) e la conclusione dell’unificazione italiana con anche le prime analisi sull’Italia post-unitaria (in storia).
E questo è tutto anche per questa settimana. Speriamo che i giorni che ci aspettano siano un po’ più caldi di quelli della settimana scorsa e di avviarci verso l’estate. A lunedì 22!
Rovelli , appare evidente a chi ragiona , parla in base a pregiudizi .
Che cosa ha fatto di sbagliato Crosetto , oltre ad essergli antipatico ?
Mi sfugge . Crosetto e´ il Ministro della Difesa , ma ha venduto la sua societa´ legata
al ramo militare prima di assumere l incarico di Ministro , per non avere un conflitto di interessi , si e´ dimostrato molto onesto , mi pare chapeau!