Cosa mi ha lasciato Berlino, tra i suoi cieli, i suoi muri e i suoi musei, ma parliamo anche de Il problema dei 3 corpi, Bertrand Russell, Ippolito Nievo, Maurizio Ferraris e The Midnight Gospel
Eccomi qui, di nuovo in Italia, di nuovo tra noi dopo cinque giorni molto intensi passati in Germania. Come vi raccontavo lunedì scorso, dal 18 al 22 marzo sono stato infatti oltralpe, tra Norimberga, Berlino e Monaco di Baviera, assieme alle mie due classi quinte, per il viaggio di istruzione che conclude il loro percorso liceale.
È stata un'esperienza molto bella ma anche molto faticosa: in generale credo, solo per fare un esempio, che sia stata la gita in cui ho dormito di meno di tutta la mia carriera da professore. E questo non per colpa dei ragazzi, che tutto sommato non hanno disturbato più di quanto non succeda di solito, ma soprattutto per il fatto che, tra uno spostamento e l'altro e un'uscita serale e l'altra, finivo per rientrare in camera la sera piuttosto tardi, spesso con pure qualcosa ancora da fare, e quindi mi addormentavo ad un orario più tardo di quello che sarebbe stato bene.
Di questa gita vi parlerò più diffusamente nella sezione Quello che ho pensato, ma qui posso dire che credo sia stato molto utile farla: è importante, anzi fondamentale ormai, provare a realizzare cose di questo genere, cioè proporre esperienze che uniscano una buona componente culturale a un'esperienza importante dal punto di vista della crescita. In un momento storico in cui i viaggi d'istruzione iniziano a costare in maniera spropositata, siamo infatti riusciti a mantenere il prezzo della gita relativamente basso e a portare con noi tutti gli studenti che volevano venire, senza che nessuno rimanesse a casa per problemi economici: e questo già di per sé è un grande successo, che speriamo di replicare anche nei prossimi anni.
Certo, questo potrebbe non essere facile, visti i rincari, ma ritengo ancora una volta, come ho scritto anche in altre occasioni, che servirebbe un intervento dall'alto per cercare di mantenere i prezzi entro un limite accettabile e permettere così a tutti gli studenti delle superiori di fruire di un'esperienza così decisiva (considerando soprattutto che per alcuni il viaggio d'istruzione rappresenta la prima occasione per un vero e proprio viaggio all'estero).
Ma adesso basta con queste faccende scolastiche, anche perché avremo modo di tornarci sopra tra non molto: ora cominciamo a parlare come sempre di libri, film e tutto il resto.
Quello che ho letto
E partiamo dunque dai libri. Questa settimana nell'elenco troverete un romanzo di cui stiamo parlando per la verità da parecchio tempo e un paio di saggi, il secondo dei quali rappresenta una novità assoluta nella newsletter.
Le confessioni d’un italiano di Ippolito Nievo: quante volte in questi mesi vi ho parlato del capolavoro di Ippolito Nievo, scritto poco prima di morire durante l'impresa garibaldina dei Mille? Probabilmente quasi una decina, visto che il volume, molto corposo, lo sto leggendo da diversi mesi. Questa settimana ho provato a dare un'accelerata a questo lungo lavoro, dedicando parecchio tempo alle vicende di Carlino, uomo attraverso cui Nievo ripercorre la fine di un'epoca (quella dell'Europa e della Venezia del '700) e l'ingresso in un'epoca nuova (quella post-rivoluzionaria, quella napoleonica, quella del sentimento risorgimentale). Nelle ultime vicende che ho letto, Carlino ha ormai lasciato definitivamente Venezia e si è stabilito prima a Milano e poi a Roma; così facendo ha vissuto alcuni sconquassi sentimentali, soprattutto nei confronti della Pisana, il suo storico amore d’infanzia, ma anche partecipato ad alcune vicende importanti di quella convulsa fase storica, con la nascita della Repubblica romana, della Repubblica partenopea e con le conseguenti lotte contro i vari eserciti monarchici. Sono ormai quasi ai tre quarti di tutta l'opera, ma credo che mi ci vorrà ancora un po' per arrivare a compimento. Se intanto volete comprarla, la potete acquistare qui.
Saggi scettici di Bertrand Russell: mi sto avviando verso la fine anche dei Saggi scettici di Russell, una serie di scritti dall'argomento abbastanza disparato ma che gravitano tutti attorno all'idea di promuovere il dubbio metodologico e un sano scetticismo. Scritti cento anni fa, questi saggi sono di tenore variegato, alcuni più interessanti e altri meno, ma di tanto in tanto sorprendono non solo per l'acutezza del pensiero dell’autore, ma anche per la capacità di visione. Prendiamo ad esempio il tema della politica: Russell, assumendo una posizione che probabilmente al suo tempo scontentava molti, sostiene che sarebbe bene appassionarsi meno alle parole d'ordine dei vari partiti, che raccontano sostanzialmente frottole, e dare maggior peso, invece, ai consigli degli apparati, dei burocrati, di quelli che oggi chiamiamo “i tecnici”; e che bisognerebbe poi mitigare il consiglio di questi esperti con le esigenze dei partiti e dell'elettorato, in modo da giungere a suo avviso a soluzioni migliori e più razionali. A ben pensarci, è esattamente quello che avviene oggi quando le cose funzionano: i tecnici, gli esperti inquadrano i problemi e propongono le soluzioni; i partiti poi – più coscienti della vita concreta delle persone – trovano un compromesso tra la soluzione prospettata e le esigenze del popolo. I problemi oggi nascono quando questo equilibrio si rompe: o perché i tecnici agiscono indipendentemente dai partiti, senza tener conto delle esigenze della massa delle persone; o perché i partiti promettono cose tecnicamente irrealizzabili o controproducenti. Ancora oggi siamo qui a dover capire questa cosa anche piuttosto elementare che Russell aveva ben inquadrato negli anni '20 del secolo scorso, segno che di strada verso la razionalità ce n'è ancora molta da fare. Ormai sono comunque quasi verso la fine del libro e forse la settimana prossima gli diremo addio. Intanto, comunque, se volete comprarlo potete prenderlo qui.
Imparare a vivere di Maurizio Ferraris: come si impara a vivere? Se lo chiede nell'ultimo suo libro appena uscito presso Laterza il filosofo italiano Maurizio Ferraris, con un tono che però sembra fin da subito più discorsivo che filosofico nel senso classico del termine. Il volumetto, che si legge piuttosto in fretta, non è infatti tanto un'analisi approfondita del problema della vita e della morte, che tante volte ha attanagliato la riflessione di importanti pensieri, quanto piuttosto qualcosa di simile a un'analisi interiore, condotta perlopiù sul filo di Marcel Proust e della sua Ricerca del tempo perduto. Non una riflessione sul senso ultimo della vita o sulle modalità per vivere in maniera sana ed equilibrata, dunque, ma piuttosto un'analisi di come Proust abbia influito sulla vita dello stesso Ferraris, di come più in generale la letteratura gli abbia insegnato a vivere. Questo rende il saggio forse un po' troppo personale per coinvolgere davvero il lettore che non abbia, come il filosofo torinese, un legame forte con i romanzi del narratore francese; ciononostante, qualche momento simpatico e intrigante emerge comunque e in generale il libro lascia una buona sensazione addosso. L'ho cominciato a leggere durante la gita, in corriera, ma l'ho già quasi finito, quindi penso che la settimana prossima probabilmente tireremo le somme definitive sull'opera. Intanto, se vi interessa, potete comprarla qui.
Quello che ho visto
Passiamo ora ai film. Noterete che partiremo subito con una pellicola legata tanto per cambiare a Berlino, città che costituisce il filo rosso di tutta la newsletter di questa settimana, ma vi parlerò anche di un cartone animato e di una nuova serie TV tratta da un libro di cui abbiamo parlato anche qui solo qualche mese fa.
Il cielo sopra Berlino (1987), di Wim Wenders, con Bruno Ganz, Solveig Dommartin, Peter Falk: viste le lunghe ore che durante il viaggio d’istruzione avremmo passato in corriera, avevo detto ai miei studenti che avrei provato a far vedere loro qualche film durante il tragitto. Poi non ci sono riuscito, un po' perché la corriera non era attrezzata e un po' perché i ragazzi sono riusciti a intrattenersi in altro modo. Comunque, tornato a casa, mi è rimasta la voglia di rivedere quelle vecchie pellicole e proprio ieri mi sono buttato su Il cielo sopra Berlino, capolavoro del 1987 di Wim Wenders. La storia è esilissima: i protagonisti sono due angeli che si trovano a muoversi nella Berlino (ovest) di metà anni '80, facendo tappa perlopiù sopra alla statua dell'angelo della Colonna della Vittoria, al Tiergarten, da dove osservano le vite degli abitanti della metropoli. Uno dei due, in particolare, si imbatte in un'acrobata disoccupata e tormentata, di cui si innamora. Grazie ai consigli di Peter Falk (sì, proprio lui: il tenente Colombo), anch'egli ex angelo, rinuncia alle ali e diventa umano. Coronerà il suo sogno d'amore a un concerto di un giovane Nick Cave. Al di là per della trama, quello che conta – in questo come in altri film di Wenders – sono però le immagini: Berlino è mostrata molto in bianco e nero e un po' a colori; il contrasto tra la faccia fredda di Bruno Ganz e quella fin troppo espressiva di Peter Falk è magnifico; e il gioco sulle ali, il cielo e il volo costella tutta la pellicola. Visto dopo la visita alla città, alla città di oggi intendo, è ancora più emblematico: nel film al posto di Potsdamer Platz c'è una radura di fango deserta e disastrata, mentre oggi lì ci sono solo grattacieli; e il film si apre sulla Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche, chiesa molto suggestiva che era a due passi dal nostro (sgangherato) hotel. Insomma, tutto molto bello. Purtroppo sulle piattaforme di streaming al momento questo film non c'è, ma è uno di quei titoli per i quali vale la pena di spendere qualche euro per averlo in DVD: lo trovate qui.
Il problema dei 3 corpi episodio 1.01 (2024), di David Benioff, D.B. Weiss e Alexander Woo, con Saamer Usmani, Marlo Kelly, Jess Hong: questa settimana mi sono accostato anche a Il problema dei 3 corpi, la nuova serie TV appena lanciata da Netflix che promette grandi cose. Se mi seguite da un po' di tempo, sapete che in realtà circa un anno fa ho finito di leggere il libro da cui questa serie è tratta, uno straordinario romanzo di fantascienza scritto dall'autore cinese Liu Cixin, libro che tra l’altro ho amato particolarmente. Proprio per questo motivo, avevo grande timore davanti alla serie, perché una mega-produzione di questo tipo, immaginavo, rischiava di tradire la complessità di quel romanzo. Il problema dei tre corpi è infatti una storia estremamente intrigante ma anche molto ingarbugliata, che si lega ai problemi della fisica, sia relativistica che quantistica, e ad altrettanto articolate questioni politiche, come la rivoluzione culturale di Mao in Cina. Insomma, temevo che una produzione di stampo hollywoodiano avrebbe ridotto la storia a qualcosa di banale, scontato, tradendo le idee di Cixin. A giudicare dal primo episodio, non so però se avevo completamente ragione ad avere questo timore: l'adattamento televisivo, infatti, si pone un po' a metà strada tra i due estremi, tra fedeltà e tradimento, non rivelandosi del tutto fedele alla storia del romanzo ma neppure travisandola completamente. La scena iniziale ambientata al tempo della rivoluzione culturale, ad esempio, è molto simile a quella del libro, così come altre vicende sembrano apparentemente ricalcare la trama del romanzo; su altre questioni, invece, gli sceneggiatori si sono presi maggiori libertà, soprattutto spostando il focus principale dell'azione dalla Cina moderna all'Inghilterra, introducendo così di conseguenza una serie di personaggi occidentali che per la verità nell'originale cinese mancano (quasi) completamente. Per me, ogni volta che si viene a introdurre personaggi nuovi o ridurre a pochi passaggi questioni fisiche assai complesse, è sempre una staffilata al cuore; però mi rendo allo stesso tempo anche conto che quel libro era davvero improponibile in ambito televisivo. Il romanzo di Cixin, infatti, può essere letto e compreso davvero solo da chi conosce abbastanza bene la fisica e non certo da un pubblico generalista; e su Netflix di esperti di fisica ce ne sono pochi. Vedremo nei prossimi episodi se questo delicato equilibrio verrà in qualche modo mantenuto o se la serie penderà inesorabilmente verso la banalizzazione, cosa che ritengo ancora non improbabile; però credo anche che questo primo episodio possa spingere almeno i fruitori occasionali di serie di fantascienza ad andare avanti nella visione e magari, chissà, poi anche a comprare il libro originale e a provare a leggerlo. Se vi interessa, la serie la trovate su Netflix.
The Midnight Gospel episodi 1.01-1.02 (2020), di Pendleton Ward e Duncan Trussel: allora, per The Midnight Gospel devo fare, come spesso accade, un po' di premessa. Il viaggio di istruzione, infatti, è stato anche l'occasione – tra le altre cose – per fare il punto coi miei allievi (o almeno con una parte consistente di essi) su tutti i consigli di visione o di lettura che loro mi hanno dato ma che io non ho quasi mai seguito. Tutti, infatti, hanno colto l'occasione per ricordarmi di avermi consigliato anni fa una serie, o un libro, o ancora un disco, che poi non ho sentito o di cui non ho parlato nella newsletter. Alla fine della gita mi sono quindi sentito abbastanza in colpa, anche se a dire la verità ci sono anche molti consigli a cui ho dato seguito; e insomma ho cominciato a stendere una lista di cose da vedere e da leggere non indifferente. L’avvio al tutto l’ho dato con The Midnight Gospel, serie che, mi assicurano, mi era già stata consigliata almeno tre anni fa ma che finora non avevo ancora visto. Forse a frenarmi a suo tempo era stato il fatto che l'autore di questo cartone animato è Pendleton Ward, il creatore di Adventure Time, serie che non amo particolarmente (sì, lo so: non uccidetemi). Devo dire però che in realtà questo secondo cartone, che consta di un'unica stagione da appena otto episodi, è molto diverso dal suo più famoso cugino. Al centro della serie c’è infatti una sorta di videogiocatore spaziale, che ama entrare all'interno di simulazioni di mondi a un passo dal collasso; durante queste esplorazioni, inoltre, intervista per il proprio podcast gli abitanti di questi pianeti che stanno scomparendo, riflettendo assieme a loro sulla vita, la meditazione, il dolore, e tante altre questioni a metà tra la filosofia occidentale e quella orientale. Il tutto nasce, tra l’altro, da un podcast vero e proprio, realizzato dal comico americano Duncan Trussell, i cui contenuti vengono in un certo senso qui riutilizzati per fungere quasi da colonna sonora del cartone. Il risultato è piuttosto particolare: mentre vediamo sullo schermo situazioni paradossali, morti e distruzioni, sentiamo però i personaggi interloquire come se fossero appunto seduti al tavolo di un bar, intenti a discutere del senso della vita. Questo aspetto così straniante però sembra funzionare, almeno a giudicare dai primi due episodi, che ti lasciano la voglia di andare avanti e vedere cos'altro ti riserverà la serie. Probabilmente ne parlerò ancora nelle prossime settimane. Se vi interessa, intanto, la trovate su Netflix.
Quello che ho pensato
Ci sarebbero, probabilmente, molti discorsi seri da fare questa settimana, soprattutto legati all’attentato terroristico di Mosca, ma purtroppo non avrei molto da aggiungere, al momento, rispetto a tutto quello che avete letto sui giornali: se la matrice sembra essere quella dell’ISIS-K, molto resta ancora da chiarire; e soprattutto bisognerà vedere come e verso dove Putin vorrà reagire (anche se, dalle prime reazioni, sembra che il leader russo punti a colpevolizzare l’Ucraina).
Se devo essere sincero, però, questa settimana i miei pensieri sono stati catalizzati da tutt’altro. Come ormai sapete fin troppo bene, ho infatti passato cinque degli ultimi sette giorni in Germania. Il percorso del viaggio d’istruzione ha toccato Norimberga per una notte, Berlino per due e infine Monaco di Baviera per l’ultima, per un totale di cinque giorni e, appunto, quattro notti.
È stato un vero tour de force: in tutto abbiamo collezionato più di 2.300 chilometri in corriera, per un totale di più di trenta ore seduti sui sedili del pullman o in un autogrill. Questo ha dato modo ai ragazzi di riprendersi da qualche notte con poco sonno e di imparare a fare molti giochi di parole e di carte, ma indubbiamente ha reso anche un po’ affrettata la visita delle varie città. Sarebbe servito forse un giorno in più per poter affrontare il tutto con più calma, ma un giorno in più avrebbe comportato un ulteriore aumento dei già alti prezzi, e insomma – visti i tempi che corrono – non ce lo potevamo permettere.
Non posso parlare più di tanto per i ragazzi, anche se qualche opinione durante la gita l’ho chiesta e un’idea me la sono fatta; dal mio punto di vista, però, il viaggio è stato molto positivo. I motivi sono essenzialmente due, e credo riguardino non solo queste classi o questo specifico viaggio, ma possano essere estesi anche ad altre esperienze:
la Germania offre un campionario di esperienze molto vario per un classe quinta, tra la storia del Terzo Reich e dell’Olocausto, senza dimenticare il Muro di Berlino. In Germania – e a Berlino in particolare – si trova tutto il Novecento al suo massimo grado, e oltre: dalle tensioni della Prima guerra mondiale alla Repubblica di Weimar, dal Bauhaus al Reichstag incendiato, dalla divisione in due col muro alla sua caduta. E se si è classicisti ci sono anche straordinari musei di antichità, nell’Isola dei Musei. Uscendo da Berlino, poi, ci sono città medievali ancora ottimamente conservate; a Monaco c’è il Deutsches Museum che è maestoso e non avevo mai visto e molte altre cose ancora;
nonostante i prezzi in rapida ascesa e sempre più proibitivi, i ragazzi hanno bisogno di ricominciare a viaggiare e di fare esperienze di gruppo. L’ho notato ancora una volta qui: nonostante cinque anni insieme, a volte sono al primo viaggio importante con i loro compagni, o al massimo al secondo, e hanno bisogno di trovare quegli equilibri che per la generazione precedente erano già acquisiti. Hanno bisogno di girare assieme, di imparare perfino a fare quei giochi in corriera di cui parlavo prima, di aprirsi. E la scuola deve capire che è necessario offrire anche qualche occasione del genere, perché la formazione dell’individuo non può essere solo vincolata ai libri, ma deve ampliarsi.
Detto questo, ecco un decalogo dei posti in cui siamo stati nell’ordine in cui mi sono piaciuti maggiormente. L’elenco è puramente soggettivo, quindi prendetelo come uno spunto, un suggerimento per la vostra prossima visita o viaggio d’istruzione in Germania:
Museo Ebraico a Berlino: il Jüdisches Museum – di cui tra l’altro parlo anche in un video specifico che trovate linkato più avanti – rimane secondo me l’esperienza più toccante e sorprendente che si possa fare a Berlino. È la terza volta che ci vado e, nonostante questo, continua a piacermi molto. Non è infatti il classico museo sull’Olocausto, ma un’esperienza a tutto tondo che sfocia – soprattutto nei piani inferiori – quasi nell’installazione artistica, cercando di comunicare il senso di straniamento e angoscia che l’esperienza dell’Olocausto provocò. In più mi pare che rispetto a qualche anno fa si sia anche in parte rinnovato e allargato. Insomma, è un museo che difficilmente può lasciare indifferenti sia i più giovani che i più maturi, quindi è assolutamente consigliato per chiunque passi per Berlino. Tra l’altro, l’ingresso è gratuito: l’unica accortezza che bisogna avere è quella di prenotare i posti con un po’ d’anticipo tramite il sito ufficiale;
Reichstag di Berlino con visita alla cupola: il Palazzo del Reichstag è quello del vecchio parlamento tedesco incendiato agli albori del regime nazista, la cui foto compare su molti libri di storia, assieme a quella del soldato russo che nel 1945 riuscì a issarvi la bandiera con la falce e il martello. Oggi quello stesso palazzo è la sede del Bundestag, l’attuale Camera dei Deputati della Germania unita, ma lo si può comunque visitare (anche mentre i parlamentari lavorano), salendo sull’apposita e modernissima cupola che lo sovrasta. C’ero già stato nel 2018, ma allora era un giorno di pioggia mista a neve e dalla cupola non si vedeva quasi nulla; questa volta abbiamo trovato invece un sole meraviglioso e la vista – sia dalla cupola stessa che dalla terrazza – era perfetta. In più l’edificio trasuda storia e si può perfino sbirciare per qualche secondo il lavoro dei deputati. Ah, stavo quasi per dimenticarmelo: ad un semaforo lì vicino abbiamo visto Angela Merkel (e sì, era proprio lei: anche il tedesco fermo vicino a noi le ha urlato qualcosa, spero non un’offesa) mentre passava in auto blu a mezzo metro da noi (anzi, da me: ecco i vantaggi di essere quello che guida la fila);
Deutsches Museum a Monaco: ecco qui, in realtà, non c’ero mai stato, anche se me ne avevano parlato varie volte. Si tratta di un museo della scienza e della tecnica, il più grande d'Europa, che si erge appunto vicino al centro storico di Monaco di Baviera. Da fuori sembra maestoso e gigantesco, e devo dire che anche da dentro conferma completamente questa prima impressione. Per visitarlo completamente servono diverse ore; noi abbiamo dovuto limitarci a due ore e mezza di percorso, visto che i tempi erano abbastanza contingentati e siamo riusciti così a visitarne completamente solo due piani o poco più. In ogni caso abbiamo cercato di scegliere i piani più interessanti e l'impressione è stata ampiamente positiva: si affrontano infatti all'interno di questo museo tutti gli ambiti più disparati della scienza e della tecnologia, in modo però molto moderno e interattivo, stimolando la voglia di provare e sperimentare dei giovani. Solo per fare un esempio, abbiamo dovuto più volte invitare i ragazzi ad accelerare il passo, per riuscire a vedere più sale possibili, ma loro avrebbero volentieri rallentato e si sarebbero soffermati sulle varie piattaforme, che spesso davano esperienze inattese. Insomma, magari non si imparano grandi cose uscendo da questo museo ma sicuramente si rimane affascinati dalla potenza della scoperta scientifica;
Porta di Brandeburgo e Unter den Linden a Berlino: al quarto posto della lista non posso non menzionare il centro storico di Berlino, cioè tutto quello che si dipana tra la Porta di Brandeburgo e Alexanderplatz, che un tempo costituiva la piazza centrale di Berlino est e di cui vi parlerò meglio più avanti. Questi due importanti monumenti sono uniti da un viale molto bello, appunto Unter den Linden, nome che letteralmente significa “Sotto i tigli”. Lungo questa strada sorgono alcuni dei monumenti più importanti della storia di Berlino, come l'Università von Humboldt, il Duomo, l'isola dei musei, Bebelplatz (dove c’è il monumento al rogo dei libri) e altri luoghi ancora. La cosa che questa volta mi ha più colpito (e che non c'era le altre volte che sono stato a Berlino) era quello che ho visto passando di fianco all'ambasciata russa: complice il fatto che un tempo questa zona apparteneva a Berlino est, quest’edificio è infatti maestoso, enorme, direi addirittura monumentale; davanti all'ambasciata, però, il marciapiede era interdetto al traffico e tutto era chiuso e barricato, evidentemente per evitare proteste, mentre dall'altra parte della strada c’era un profluvio di bandiere ucraine e di fiori lasciati in onore di Navalny. Insomma, prima dell’attentato di un paio di giorni fa le gesta di Putin non erano molto apprezzate in Germania, paese che d'altra parte ha ospitato proprio Navalny e sua moglie e l'aveva messo per qualche tempo al sicuro;
Memoriale dell’Olocausto a Berlino: di fianco alla Porta di Brandeburgo, tra l'altro, si erge uno dei monumenti più significativi di questo centro storico berlinese, cioè il memoriale dell'Olocausto. Si tratta di un insieme molto esteso di stele, blocchi di pietra che ricordano vagamente delle tombe, ma di diverse dimensioni, che creano così una sorta di fitta trama attraverso cui si può camminare e in cui ci si può perdere. Forse per via del fatto che ci sono già stato altre volte, l'impatto di questo piccolo percorso non è stato per me, questa volta, troppo intenso, ma rimane comunque sempre un monumento significativo e abbastanza inquietante, che merita una visita;
Centro storico di Norimberga: nonostante abbia parlato fino ad adesso solo di Berlino, devo anche ricordare che in realtà il viaggio d'istruzione era più articolato di così. Partiti da Rovigo, siamo arrivati prima di tutto a Norimberga, dove abbiamo pernottato, facendo anche un giro per il centro cittadino. Anche in questo caso non si trattava della mia prima visita alla città bavarese, ma, come spesso accade in casi del genere, si è trattato per la verità di una toccata e fuga, una veloce presa di contatto con il centro medievale. Devo dire però che ho scoperto cose che non sapevo: ad esempio che nella Chiesa di San Lorenzo, luterana, insegnò, al momento del passaggio alla Riforma, il teologo Andreas Osiander, famoso per aver scritto la famigerata introduzione (discussa e discutibile) al libro di Niccolò Copernico, Le rivoluzioni dei corpi celesti;
Marienplatz a Monaco: vi ho già scritto di Monaco, ma non vi ho detto che prima di entrare al Deutsches Museum abbiamo fatto un veloce giro per il centro storico della città, passeggiando attraverso Marienplatz, la celebre piazza cittadina. Per via del fatto però che avevamo poco tempo, l'abbiamo solo sfiorata e quindi non può stare molto in alto in questa lista;
East Side Gallery a Berlino: la East Side Gallery è il tratto meglio conservato di quel che resta del muro di Berlino. Si trova un po' fuori mano rispetto al centro della capitale tedesca, tanto è vero che arrivarci a piedi può essere un po' proibitivo ed è meglio farsi dare un passaggio dal pullman. Ciononostante è molto famosa, soprattutto per via dei murales che decorano questo tratto di Muro, tra cui quello celebre della Trabant che sfonda il Muro stesso o quello, ancora più famoso, del bacio letale tra Honecker e Brežnev. Come avete notato, però, non ho messo questa zona in alto nella lista, nonostante sia molto bella e molto significativa: essendoci già stato in altre occasioni, devo dire che questa volta, forse perché era mattina presto, la galleria di murales mi ha colpito meno e mi ha lasciato un po' indifferente. Colpa mia, probabilmente, e se non l'avete mai vista rimane comunque una meta imprescindibile durante un viaggio a Berlino;
Alexanderplatz a Berlino: anche su Alexanderplatz ho poco da dire: sarà che quando ci sono stato con la famiglia, ormai circa dieci anni fa, avevo l'albergo proprio a due passi da questa piazza e quindi ci passavo ogni volta che uscivo, ma questa volta mi è sembrata più brutta di allora, meno significativa. C'è la grande antenna televisiva che è uno dei simboli della capitale, c'è l'orologio che segna il fuso orario di tutto il mondo, ma in generale ho trovato anche difficile farla apprezzare ai ragazzi, segno che forse, almeno per me, ha fatto un po' il suo tempo;
Berlin Hauptbahnhof: il decimo e ultimo punto della lista è sicuramente la cosa meno bella che ho visto a Berlino ma all'interno della quale ho passato comunque un po' di tempo: la stazione centrale dei treni. L'ultima mattina nella capitale tedesca, infatti, avevamo un paio d'ore libere prima di prendere la strada di Monaco; inizialmente avevamo pensato di fare una passeggiata nel Tiergarten, fino alla Colonna della Vittoria, oppure al limite di andare a fare un po' di shopping nel KaDeWe, il grande centro commerciale berlinese, in cerca magari di qualche souvenir per le famiglie. Purtroppo però una forte pioggia (più la scoperta che il KaDeWe apriva solo alle 10) ha fatto saltare tutti i nostri piani, e abbiamo quindi dovuto ripiegare su qualcosa di molto più prosaico, appunto la stazione dei treni, dove fare un po' di spesa al riparo dalla pioggia e comprare qualche ultimo ricordino. Per carità, la stazione è nel suo genere anche molto bella, però di sicuro non è quello su cui puntavamo come ultima esperienza berlinese.
Queste insomma le cose più significative dal punto di vista turistico e culturale che magari potrebbero interessare anche a voi per un futuro viaggio in Germania. Il nostro viaggio è stato costellato però anche da alcune esperienze più particolari, che vale comunque la pena di menzionare, sempre in ordine dalle più belle alle meno riuscite:
Ex allieve che vivono là: come in parte dicevo, a Monaco di Baviera abbiamo passato una sera e una mattina, quindi un lasso di tempo molto limitato. Siamo riusciti però a piazzare, all'interno di questa piccola finestra temporale, anche una cosa per me molto bella e molto umana. Mentre ero a Berlino, infatti, mi ha scritto tramite social network con una mia ex allieva che ora studia e vive proprio a Monaco, offrendosi di venirci a trovare durante la nostra breve permanenza in città. Nonostante qualche ritardo da parte nostra, siamo riusciti così a organizzare questo incontro e l’allieva è riuscita a passare una serata assieme a noi, in cerca di un bar lungo le strade della periferia di Monaco. È stato un bell'incontro, anche perché questa ragazza non la vedevo da qualche mese, e mi ha fatto pensare a quanto sia bello reincontrare studenti che si è, nel nostro piccolo, aiutati a crescere, e vederli a distanza di tempo, quando hanno già imboccato la loro strada, magari anche molto distante dal luogo da cui sono partiti;
King Karaoke a Berlino: nonostante la stanchezza del viaggio e le lunghe ore di corriera, praticamente in ogni serata noi insegnanti abbiamo cercato di offrire ai ragazzi un piccolo momento di svago, cioè un locale in cui andare per non stare chiusi dentro ai piccolissimi alberghi che l'agenzia ci aveva trovato. Il locale migliore – non dal punto di vista estetico, ma funzionale – che abbiamo trovato a Berlino è stato il King Karaoke, all'incrocio tra Kantstrasse e Leibnizstrasse (e già questo è un buon segno). Da fuori il locale non si presenta troppo bene, e anche entrando sembra qualcosa di non troppo adatto a dei turisti; ha però il vantaggio di offrire delle sale private a un prezzo molto economico, in cui si può sostanzialmente fare il karaoke. E questa esperienza è risultata incredibilmente gradita dai ragazzi, che avevano voglia di sfogarsi insieme, cantando qualche canzone e trovando così un po' d'intesa. Hanno cantato, ovviamente, anche cose discutibili dal punto di vista qualitativo, ma l’importante era l’atmosfera. Se siete in gita con una classe e non sapete dove portarli la sera per farli un po' stancare, questa può essere un'ottima soluzione;
L’Officina della Camomilla: con la scusa che mi sono trovato a lungo a parlare con i miei studenti in corriera, sono stato anche “intortato” dalle loro canzoni. Ho così assistito prima a un’esecuzione di Creep dei Radiohead – che è in realtà più una mia canzone, parlando in termini di generazioni, che una loro – fatta col flauto a coulisse (guardate qui per capire), e poi mi sono sorbito un lungo elogio de L’Officina della Camomilla, gruppo molto indie e molto italiano che non conoscevo. Ebbene, tornato a casa ho ascoltato il primo disco del gruppo, cercando di farmelo piacere per sentirmi ancora un po’ giovane, ma devo dire che alla fine ci sono riuscito solo in parte (carino, il disco, ma anche acerbo: o forse sono io che sono vecchio);
I topi di Berlino: l’ultima menzione – altrimenti la tiriamo troppo per le lunghe – la meritano i topi di Berlino. La nostra gita è stata infatti resa ancora più memorabile, purtroppo nel male, da alcuni piccoli roditori che sono comparsi qua e là durante la nostra visita alla capitale tedesca. Uno di questi topi l'abbiamo visto per strada, in pieno centro, mentre scorrazzava bello tranquillo sul marciapiede accanto a noi; ma la situazione più drammatica è stata quando ne abbiamo visto uno nel ristorante in cui stavamo mangiando, diretto verso la cucina. Qualcuno l'ha presa in ridere, citando il Remy di Ratatouille, ma in generale non è certo un buon segno quando in un ristorante ci sono problemi di questo tipo. Purtroppo pare però essere un'esperienza relativamente comune a Berlino: il locale in questione ospitava ogni sera diverse scolaresche per dar loro da mangiare, e a quanto leggo su internet ogni anno migliaia di italiani ci fanno almeno una tappa, visto che viene offerto da varie agenzie di viaggi. Peccato però che locali del genere, probabilmente, verrebbero rapidamente chiusi nel nostro paese; segno che anche Berlino, pur nella sua bellezza, ha ancora alcune cose su cui deve assolutamente migliorare.
Quello che ho registrato e pubblicato
E ora è il momento di fare il punto sui video e sui podcast che sono usciti questa settimana:
Povere creature!: una spiegazione: ho visto uno dei film più discussi degli ultimi mesi, e qui ne do una mia interpretazione
Il Museo Ebraico di Berlino: la cosa forse più bella che ho visto a Berlino, come vi ho scritto solo poche righe fa, ma qui presentata nei dettagli
"Sulla libertà" di Stuart Mill - parte 13: un nuovo capitolo della lettura integrale e commentata del capolavoro di John Stuart Mill
Introduzione al giusnaturalismo moderno (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La Grande guerra come guerra di logoramento (per il podcast “Dentro alla storia”)
Il mito di Sisifo
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Ah, prima di dimenticarci vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
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Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono gli abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i nostri consigli della settimana.
Discorso della servitù volontaria di Étienne de La Boétie: di questo breve libro ho parlato già qualche settimana fa, quando l'ho letto e commentato nella sezione Quello che ho letto. Oggi però vale la pena menzionarlo, soprattutto per i nuovi iscritti, come libro da aggiungere alla propria biblioteca. Si tratta di un saggio breve scritto nel '500 da un umanista francese che però è stato nel secoli più volte ristampato e apprezzato, proprio perché punta il dito su tutte quelle persone che tendono, per interesse o ignavia, ad asservirsi ad un potente, cercando di trarne dei vantaggi. Insomma, un saggio che ha una lunga storia ma che è ancora estremamente attuale nel mostrare gli errori e le brutture del servilismo. Tra l’altro costa anche molto poco e lo si può comprare qui.
sui social questa settimana ho segnalato come al solito diversi libri appena usciti che mi paiono interessanti, una sorta di “lista della spesa” che dovrebbe rivelarsi utile anche in primis per me. Ecco i volumi, se ve li siete persi (se vi interessano, cliccate sopra alle immagini per altre informazioni):
C’è poi un nuovo modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ne è comparso uno nuovo chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Quello che c’è in arrivo
E chiudiamo come sempre con una veloce panoramica sui video e i podcast in arrivo la prossima settimana:
domani e dopodomani si comincia subito coi podcast, prima quello di filosofia (proseguendo con il giusnaturalismo e i suoi anticipatori) e poi quello di storia (con l’entrata dell’Italia nella Prima guerra mondiale);
giovedì sarà la volta della diretta mensile riservata agli abbonati;
venerdì, se tutto va bene, farò il video Tutto Agostino in un’ora, rinviato già più volte;
sabato, infine, toccherà alla nuova puntata della miniserie sulla storia delle Olimpiadi.
Domenica e lunedì, giorni di Pasqua e Pasquetta, faremo invece pausa, per rifiatare un po’. Godetevi anche voi questa settimana, le uova di Pasqua, il cioccolato e le gite fuori porta. Noi ci rivediamo però già lunedì sera: la newsletter settimanale non mancherà infatti il suo appuntamento. Appuntamento dunque qui tra sette giorni esatti, pronti a ripartire più forti di prima.
Buongiorno Prof, intanto grazie per la newsletter. Bello vedere che si fanno ancora questi viaggi con i ragazzi dell'ultimo anno. A suo tempo, noi andammo a Barcellona e fu davvero una bella esperienza. Vorrei però condividere qui un pensiero che ho fatto più volte nel corso degli anni legato alla questione dei costi. Di nuovo, "ai miei tempi" (come odio questa espressione!) si facevano cose come vendere torte, lavare macchine e simili per poterci permettere di partire perché, se è vero che le cose costavano meno (parlo di fine anni '90) è vero anche che di soldi, in generale, ne giravano meno (o almeno questa è la mia impressione). Premesso che oggi come oggi non penso sia più possibile fare cose come vendere torte o lavare auto per via della sicurezza, del Covid e di tutta una serie di altri fattori, mi chiedo questo: siamo sicuri che non sia possibile trovare altre strade? In fondo, nella mia idea, l'esperienza di questi viaggi è prima di tutto formativa quindi non sarebbe una bella occasione per insegnare ad esempio il concetto di risparmio? Oppure spronare i ragazzi a fare qualche lavoretto durante l'anno, magari anche in casa, e farsi pagare così da mettere da parte i soldi? Anche perché, sempre secondo me, il tema del denaro andrebbe affrontato anche e soprattutto a scuola visto che, nel tempo, certe cose legate a questo tema si stanno perdendo. Che ne pensa?