Il ruolo del dubbio nella filosofia, nella scienza e in democrazia, ma anche la storia delle città, la guerra in Ucraina, Sartre e Ricky Gervais, Hitler e il Mondo di Sofia
Settimana intensa, quella appena conclusa. Mia figlia (la secondogenita) ha compiuto gli anni, 12; ho fatto ancora qualche altra lezione qua e là per l’Italia per spiegare quello che sta succedendo in Ucraina (ce n’è bisogno, pare); e c’è da dire che la stessa situazione ucraina si sta evolvendo, non necessariamente in meglio.
Tra l’altro, come vedrete leggendo oltre, il tema della riflessione di questa settimana riguarda il dubbio, qualcosa che ha a che fare anche col modo con cui stiamo seguendo questa guerra. Ma, nella rubrica Quello che ho visto, vi consiglio di dare un’occhiata anche alla lezione di Carlo Galli, che dà molti spunti sull’argomento e su molto altro ancora.
E ora cominciamo.
Quello che ho letto
Partiamo in realtà, come sempre, dai libri. Ce ne sono in elenco due di cui vi ho già in parte parlato, ma uno è completamente nuovo.
Il formaggio e i vermi di Carlo Ginzburg: questo bel saggio di storia questa settimana l’ho letto, ma l’ho letto poco. Dopo aver finito il volumetto di Sartre di cui vi parlo qui di seguito, mi sono infatti fatto catturare soprattutto da un romanzo che trovate presentato tra qualche riga, e questo mi ha portato a trascurare un po’ il povero Menocchio, la cui vicenda però è interessantissima. Per chi non la conoscesse, Menocchio fu un mugnaio friuliano che sul finire del '500 fu accusato di eresia perché andava in giro a raccontare ai suoi compaesani che Gesù era un uomo come tutti gli altri e non Dio, che Maria non era vergine, che i preti non avevano nessun potere speciale e cose di questo genere. Come si potesse fare certe idee un mugnaio di un paesino di montagna nel XVI secolo è oggetto dell’indagine di Ginzburg, che sta trovando (ma anche relativizzando) i legami con l’anabattismo, con la lettura di alcuni testi a stampa allora proibiti e forse con un insieme di riti antichi, propri del mondo contadino. Sono più o meno a un terzo del libro, quindi ve ne parlerò ancora in futuro. Intanto, se volete comprarlo, lo trovate qui.
L’esistenzialismo è un umanismo di Jean-Paul Sartre: vi avevo detto, la settimana scorsa, che avevo cominciato a leggerlo ma che l'avrei finito in fretta. In effetti più che un saggio, come forse già sapete, si tratta di una conferenza che Sartre tenne, con grandissimo successo, nella Parigi da poco liberata dai nazisti. Il libro quindi si legge davvero in fretta, nello spazio di poche decine di minuti; ed in effetti questa settimana l'ho finito. Niente di inatteso: l'avevo già affrontato svariati anni fa e ricordavo ancora alcuni passaggi, che sono entrati nel bagaglio delle conoscenze che uso quando spiego l'esistenzialismo in classe (l'esempio dello studente indeciso se combattere nella Resistenza o rimanere con la madre anziana lo cito spesso). Però risentire la viva voce di Sartre, soprattutto nel momento in cui non aveva ancora aderito al comunismo e anzi rispondeva proprio alle critiche di quel movimento, è sempre interessante. Un saggio breve, semplice ed immediato per capire alcuni (anche se non certo tutti) dei punti cardine dell'esistenzialismo francese. Per comprarlo, andate qui.
La fonte meravigliosa di Ayn Rand: lo ammetto, ho sempre guardato con un certo sospetto alla figura di Ayn Rand. Ne ho letto qua e là qualcosa in più occasioni, inquadrandola come una individualista estrema, interessante più dal punto di vista delle provocazioni che il suo pensiero poteva mettere in campo che non degli esiti concreti. Anche la recente lettura – di cui ho parlato anche qui qualche settimana fa – de Le visionarie di Wolfram Eilenberger, dedicato a lei e ad altre filosofe di inizio Novecento, mi aveva rafforzato in quest'idea. Però mi aveva anche fatto venir voglia di leggere uno dei suoi romanzi, perché mi interessano sempre quei filosofi che cercano di far passare le loro idee anche in modalità più divulgative, più facilmente accessibili rispetto al solito (e pesante) trattato. Quindi mi sono procurato La fonte meravigliosa, che è considerato forse il suo capolavoro, e questa settimana ho cominciato a leggerlo. Devo dire la verità: non mi aspettavo che potesse essere così “ammaliante”. Il protagonista è quello che in America chiamano “il classico eroe randiano”, e di questo avevo sentito parlare, quindi me l’ero anche grossomodo immaginato; però, almeno per ora, la narrazione scivola bene, liscia, con abili capovolgimenti di fronte. E il protagonista, Howard Roark, di certo spicca sulla pagina. Certo, il libro è lunghissimo (circa 700 pagine), quindi ci vorrà il suo bel tempo per finirlo, ma intanto comincia bene. Lo trovate qui.
Quello che ho visto
Questa settimana nell’elenco delle visioni non ci sono solo film; anzi, di film ce n’è uno soltanto. Poi a completare l’opera ci sono però uno spettacolo comico e una conferenza filosofica, che potete facilmente recuperare tramite lo streaming.
La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler (2004), di Oliver Hirschchbiegel, con Bruno Ganz, Alexandra Maria Lara, Corinna Harfouch: l’avevo visto molti anni fa, all’incirca alla sua uscita; l’ho riguardato perché mi è capitato sotto gli occhi scartabellando nel catalogo di RaiPlay. Che dire? Il film è ben fatto e presenta – sulla base di diverse testimonianze originali – gli ultimi giorni di vita di Adolf Hitler e del suo entourage all’interno del famigerato bunker di Berlino. L’atmosfera è quella, decadente, di un impero in rovina, con tutti i suicidi che ne conseguono. Straordinaria l’interpretazione di Bruno Ganz, abile nel rendere l’umanità ma anche la personalità complessa e problematica del dittatore tedesco. Come detto, al momento è su RaiPlay.
Ricky Gervais: Humanity (2018): lo so, arrivo tardissimo. Humanity, uno degli spettacoli più famosi e più apprezzati di Ricky Gervais, è online da almeno quattro anni, ma io l’ho visto per intero solo ora. Quindi chi conosce Gervais e la sua particolare comicità l’avrà già visto di sicuro, e chi non lo conosce forse non ne vuole sentir parlare. Si tratta di un’ora e un quarto di stand-up comedy pura, e anche nuda e cruda mi verrebbe da dire. Se non lo conoscete, Gervais ha uno stile assai diretto: scherza sulla morte, sui tumori, sui trans, sui poveri, sulle intolleranze alimentari, su tutte le categorie di cose o di persone su cui di solito “non si dovrebbe” scherzare. La cosa interessante dello spettacolo – al di là del fatto che poi Gervais le battute le sa scrivere e le sa recitare – è proprio questo desiderio di provocare, che sul finale dello show il comico tenta anche di motivare. La sua idea è che questa società tenda a prendere tutto troppo sul serio e tutto troppo sul personale: ognuno pensa che ogni battuta vada a colpire la propria identità, il proprio dolore, la propria vita; quando invece, secondo Gervais, imparare a ridere di sé (o più in generale del male e del dolore) è la prima mossa per dare senso alla vita. In linea di principio personalmente mi trovo d’accordo: da sempre sono convinto che l’unico modo di esorcizzare la morte sia riderle in faccia; che l’unico modo di salvarci dal dolore sia trovarvi il lato comico. E, a ben guardare, un lato comico c’è sempre: siamo formiche piccolissime che si agitano all’interno di un universo enorme e crediamo che il mondo giri tutto attorno a noi, alla nostra piccola perdita o al nostro piccolo problema. A guardarci dall’alto, siamo tutti degli idioti impacciati e imbecilli. Poi non so se l’estremismo di Gervais sia sempre condivisibile, ma, come dice lui, nessuno ti obbliga a guardare i suoi spettacoli (che comunque a me fanno molto ridere). Lo trovate su Netflix.
Pensiero critico e democrazia con Carlo Galli (2022): su YouTube ho scovato questo intervento che Carlo Galli ha tenuto circa un mese fa, all’interno di un seminario dell’European University Institute, ente di studi intergovernativo. Mi è piaciuto molto, sia perché nutro una vera venerazione per Galli, che è un filosofo della politica straordinario (e poco noto tra i non addetti ai lavori); sia perché parla di democrazia in linea generale, con qualche spunto anche sull’attualità. La tesi di Galli è che la democrazia sia in crisi non perché manchi il pensiero critico, ma perché manchi una reale possibilità di cambiare le cose, cioè un’alternativa. Manca – come dicevamo anche noi la settimana scorsa – l’idea che un altro mondo sia possibile, perché di fatto in Occidente nessun altro mondo è possibile, o quantomeno è stato (ancora) pensato. E questo, a suo dire, è stato il limite maggiore delle democrazie novecentesche: non accorgersi di non essere la fine della storia, di non essere l’esito necessario del progresso, ma di essere contingenti, cioè non per forza destinate a durare. Questo, secondo Galli, ci ha portato anche alla crisi in Ucraina, laddove le democrazie non sono state in grado di capire per tempo che la Russia (ma anche la Cina) non era riducibile al paradigma occidentale-capitalista. È una tesi interessante, che condivido in buona misura; non sono completamente d’accordo sul peso delle responsabilità che Galli attribuisce agli Stati Uniti sullo specifico caso ucraino, e al peso solo relativo che attribuisce invece ai fallimenti dell’Europa e al revanscismo putiniano, ma è comunque una lettura molto intrigante. Vi consiglio caldamente di guardarla. Galli parla da professore universitario, quindi se non conoscete Schmitt, Foucault, Hobbes o Machiavelli può darsi che qualche passaggio vi sfugga, ma penso anche che il messaggio centrale possa comunque colpirvi. Il video (da quasi due ore, ma ben spese) lo trovate qui:
Quello che ho pensato
Parliamo ora di una questione che mi pare estremamente rilevante, anzi forse la questione cardine del nostro mondo contemporaneo: quella del dubbio. Per secoli, forse millenni, il dubbio è stato il motore di ogni ricerca: il dubbio ha consentito di mettere in crisi i vecchi sistemi autoritari di potere, di garantire sempre più ampi spazi di libertà, di far crollare le vecchie filosofie ormai rivelatesi inadeguate e sostituirle con nuove conoscenze, via via sempre più valide, che ci hanno consentito di dominare di fatto il mondo. Potremmo quasi dire che il motore principale dell'avanzamento della civiltà umana è stato per millenni proprio il dubbio. Eppure adesso la nostra civiltà occidentale rischia di essere vittima del dubbio stesso.
Dalla fine dell'Ottocento in poi, e intendo cioè da Nietzsche, Maxwell, Gödel e altri, il dubbio è andato via via crescendo e soprattutto è andato diffondendosi a larghi strati della popolazione. Se prima, infatti, il dubbio veniva proposto da pochi intellettuali (Socrate, Cartesio, Bruno, Galileo, Newton, Locke, Hume, Kant e via andando) che sfidavano l'opinione corrente, rischiando anche talvolta di essere linciati o messi al rogo dall’autorità, con l'avvento della società di massa anche il dubbio è diventato di massa, con esiti che le ultime rivoluzioni informatiche hanno enormemente accelerato.
Il baricentro del dubbio, oggi, non sono più le accademie o la Royal Society, ma i social network, i canali YouTube, la controinformazione diffusa sui social media. E il rischio, però, è che in questo modo il dubbio si trasformi sempre più spesso in falso, in negazione, addirittura in uno strumento per garantire certe forme di potere. Il dubbio una volta era rivoluzionario, adesso tende a diventare reazionario. Non è un caso che i dubbiosi siano sempre più spesso fan di Putin, del fascismo, di religioni di stampo ottocentesco.
Lo stiamo vedendo in queste settimane anche con la crisi in Ucraina. Il dubbio viene usato non per approfondire la ricerca, non per capire meglio le dinamiche in corso e prevedere gli esiti, le mosse e le contromosse, ma con una finalità politica. Chi porta dubbi, chi denuncia la “narrazione a senso unico”, almeno sui grandi mass media, molto spesso lo fa per proporre un’altra “narrazione a senso unico”, ma semplicemente uguale e contraria. Si dice che è sbagliato rendere Putin un mostro – il che può essere anche vero –, ma subito dopo si dice che gli americani o gli europei sono dei pazzi, di fatto rendendo loro i nuovi mostri. Il dubbio quindi diventa un mezzo di pura facciata, uno strumento di lotta politica che non serve davvero a porsi domande o ad arrivare alla verità.
La cosa, per carità, non è nuova. Lo diceva anche Alessandro Baricco già qualche anno fa: le false narrazioni e la propaganda esistono da sempre e già il Novecento ne è stato pieno. Ovviamente sì, è vero, perché il Novecento è stato già un’epoca di coinvolgimento delle masse, ma l'impressione è che internet abbia accelerato e amplificato il processo. Portando a tutta la serie di problematiche che nel medio e lungo periodo diventeranno probabilmente difficili da gestire.
Colpa della scuola, a volte si dice, che non fornisce gli strumenti adeguati per capire la differenza tra un dubbio sano e ragionevole e un dubbio che è semplicemente un modo per minare alle basi il concetto stesso di fatto o di verità. Ma secondo me anche accusare la scuola è un modo per rimanere sulla superficie del problema.
Sia chiaro: la scuola ovviamente ha le sue colpe. Molto spesso prepariamo studenti che conoscono tante nozioni ma ragionano poco, che non sanno come si conduce una ricerca seria sulle fonti e non conoscono i reali problemi che si devono affrontare quando ci si relaziona coi fatti. Preferiamo lasciarli sguazzare in una visione semplicistica che li espone ovviamente a plateali inganni. Ma il problema non è solo questo: ad abboccare a certe derive non sono solo quelli che hanno una formazione minima o superficiale; a volte ci abboccano anche professori universitari o liceali, esponenti del mondo intellettuale, personaggi di chiara fama. Ed è proprio anzi l'adesione di personaggi di primo piano a certe teorie completamente assurde e complottiste che finisce, in un circolo vizioso, per alimentare quelle stesse teorie e dare loro un’apparenza di coerenza e legittimità.
E allora viene da chiedersi: perché anche alcuni (per fortuna pochi) studiosi aderiscono a queste idee? Sono tutti in crisi di mezza età? Oppure, almeno in qualche caso c'è anche un problema di forma mentis?
Al di là dei casi singolari, che ovviamente portano a mille motivazioni diverse, mi pare infatti che certi modi di pensare possono favorire una predisposizione a un dubbio insano piuttosto che a un dubbio sano.
Prendiamo la categoria dei filosofi, che è tanto ampia quanto variegata: pochi ricordano che la filosofia si occupa di rami diversissimi del sapere, e che pertanto ci sono filosofi che studiano la metafisica, cioè quanto più astratto esista, ma anche altri che si occupano invece di scienza, cioè di questioni inerenti il metodo sperimentale; ce ne sono alcuni che si occupano di politica e quindi analizzano la realtà concreta di vari sistemi di governo e altri che invece si occupano di teologia, interrogandosi sull’esistenza o sulla natura di Dio. Dentro alla filosofia c'è davvero di tutto, però negli ultimi mesi ha destato scandalo il fatto che alcuni filosofi abbiano aderito a tesi cospirazionistiche, presenziando ovunque in televisione. Ebbene, bisognerebbe capire che tipo di filosofi sono questi pensatori.
L’identikit del filosofo “iper-dubbioso” infatti non è quello che ci si attenderebbe. A sollevare mille questioni infatti non sono i filosofi della scienza, quelli cioè che teoricamente dovrebbero usare costantemente il dubbio nel loro lavoro, ma quelli che si occupano delle questioni forse più dogmatiche, quelli cioè che si interessano di ontologia, di essere, di metafisica, di politica (ma mai in senso sperimentale). Insomma, i dubbiosi sono soprattutto quelli che hanno a che fare con questioni astratte; o che comunque analizzano il concreto senza ricorrere mai a un’impostazione empirico-sperimentale (o quantomeno fattuale).
Questo mi porta a pensare che anche all’interno del mondo filosofico il dubbio venga usato in modi molto diversi. Ci si abitui, anzi, a dubitare in modi diversi.
Chi studia filosofia impara infatti a dubitare di tutto, sempre e comunque. Perfino al liceo, quando si comincia lo studio di questa disciplina, ci si accorge nel giro di un paio di settimane che non c'è niente di certo, che tutto è contestabile e che tutto è criticabile. Basta arrivare a Eraclito e Parmenide per rendersi conto che i mostri sacri sono fatti per essere abbattuti; o a Platone e Aristotele per rendersi conto che i maestri sono fatti per essere criticati. Insomma, già il giovanissimo studente di filosofia, il liceale, inizia a formarsi ritenendo che tutto quello che è stato detto fino ad adesso debba essere sottoposto a critica e che solo in questo, in fondo, consista il vero atteggiamento filosofico.
Lo scienziato, e con esso anche il filosofo della scienza che gli va dietro, si forma un'idea del dubbio lievemente differente. Certo anche lui lo utilizza, visto che ogni progresso scientifico e tecnologico è figlio della messa in dubbio di quello che si sapeva prima. Ma lo utilizza con più parsimonia, mi sembra, nel senso che il dubbio non diventa un fine in sé, ma solo uno strumento.
Quello che interessa allo scienziato, infatti, non è mettere in dubbio quello che è già stato detto, attaccare i sacri maestri; tutt'altro, visto che fin da giovane viene allenato ad adorare quei maestri, come Galileo, come Newton, come Einstein. Il suo obiettivo è un altro: è trovare la verità, ammesso che essa esista e sia raggiungibile. Il dubbio anzi lo usa a volte controvoglia, perché un po' gli dispiace dover criticare quei giganti che sembrano aver contribuito così tanto alla scoperta di cose nuove.
Detta in altri termini, per il filosofo classico il dubbio è un fine in sé; per il filosofo della scienza è un mezzo. Questo porta ad esiti molto differenti quando poi ci si relaziona col mondo e si utilizza il proprio stile di pensiero, la propria forma mentis per comprendere la realtà. Il filosofo classico è sempre sospettoso di tutto e di tutti, perché appunto è convinto che il sospetto sia lo scopo, sia la base di ogni atteggiamento filosofico; che a sospettare non si sbagli mai troppo e che in fondo anche misure che si condividono debbano essere sottoposte a critica.
Un atteggiamento del genere in televisione lo si vede ben rappresentato ad esempio da Massimo Cacciari, un filosofo che ad esempio ha più volte sostenuto l'efficacia dei vaccini ma poi ha sollevato dubbi sulla loro imposizione; che ha sostenuto che Putin stia conducendo una barbara guerra d'aggressione contro l'Ucraina e che l’Europa abbia fatto bene a imporre sanzioni e mandare armi, ma che allo stesso tempo ha partecipato ai lavori della commissione Dubbio e Precauzione, dove la maggior parte dei relatori sosteneva esattamente il contrario. Cacciari fa questo e lo dice anche molto chiaramente: solleva dubbi anche su se stesso, anche sulle cose che ritiene giuste e vere. Il che, si badi bene, non è affatto un male in sé: la filosofia, o almeno una certa parte della filosofia, ha sempre lavorato così e ha bisogno di procedere così.
Il problema è che chi conosce questi metodi sa anche contestualizzarli e sa comprendere quando il dubbio di questo tipo è una questione puramente accademica, di studio, quasi un promemoria mentale che dobbiamo tenere a mente, quasi un noumeno kantiano di cui non dobbiamo mai scordarci; ma c’è anche chi queste cose non le sa o non le capisce, e così Cacciari si è trovato negli ultimi mesi ad essere messo a capofila di un movimento che è sostanzialmente negazionista, antivaccinista, filo-putiniano. Cacciari non è nulla di tutto ciò, ma non si rende conto che quelli che gli vanno dietro, non comprendendo la complessità della cosa, vedono in lui un personaggio che li legittima, perché dà dignità a quelli che sono invece sostanzialmente dei pregiudizi.
Al contrario, il filosofo della scienza, almeno quando lavora coerentemente coi propri metodi, sa bene che il dubbio serve ma che va anche tenuto a freno, usato solo in certi casi. Sa bene che prima di far cadere un'intera dottrina o teoria, come insegna Thomas Kuhn, servono moltissime prove contrarie, servono moltissime falsificazioni, altrimenti si finisce in una crisi che non consente di fare scoperte o di governare la realtà. Prima di lasciare il vecchio paradigma per il nuovo bisogna cioè pensarci su tre volte, e chi scarta un intero paradigma per una sola prova contraria crolla in realtà in una totale anarchia che può avere esiti infausti.
D’altronde, a differenza dei metafisici, i filosofi della scienza hanno a che fare con questioni concrete; e hanno imparato sulla loro pelle che non ci si può fidare neppure del dubbio, che bisognerebbe cioè dubitare perfino del dubbio. Lo diceva anche Popper: le falsificazioni possono essere sempre falsificate, in ogni momento. Pertanto ci vanno piano, giustamente.
Quello che ho registrato e pubblicato
Ecco anche, come al solito, un riassunto di tutti i video e i podcast che sono usciti questa settimana.
Il punto sull’Ucraina (e sul dibattito pubblico al riguardo) dopo un mese e mezzo di guerra: una live dedicata all’evolversi della situazione là dove si combatte e a come quella guerra viene raccontata e soprattutto analizzata dalla televisione
Storia delle città: la polis greca: iniziamo un nuovo percorso alla scoperta di alcune città – o meglio di alcuni modelli di città – che hanno fatto la storia dell’umanità. Partiamo dalla polis greca
La disputa sugli universali: tema tipico della filosofia medievale che abbiamo cercato di introdurre con un video-panoramica
Il nuovo messaggio cristiano (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
Il Vangelo di Giovanni e le lettere paoline (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La Russia della seconda metà del Seicento (per il podcast “Dentro alla storia”)
La Russia di Pietro il grande (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Ogni tanto qualcuno di voi mi chiede come fare per sostenere il canale e darmi una mano a comprare nuovi libri o nuova attrezzatura. Il modo c’è, l’abbiamo trovato, ed è anche un modo che mi pare carino: quello di comprare qualcosa di culturalmente interessante. Se lo fate tramite i nostri link, una piccola quota di quell’acquisto va anche al canale (senza alcun rincaro su di voi). Vi propongo quindi, come al solito, un libro e un videocorso che mi sembrano interessanti.
Il mondo di Sofia di Jostein Gaarder: ecco un classico degli ultimi decenni che in queste settimane ho consigliato varie volte in privato, in cui la storia della filosofia diventa un pezzo della trama di una strana avventura ambientata in Norvegia. Il libro costa appena 13 euro ma è uno di quei libri che bisogna aver letto almeno una volta nella vita. Lo trovate qui.
Creazione di fiabe e racconti per bambini: il corso Domestika che vi propongo oggi serve ad imparare a scrivere storie per bambini, una capacità che è più importante di quel che sembra. Con meno di 15 euro vi portate a casa 14 lezioni di alta qualità. Lo si compra qui.
Se non volete comprarvi niente, c’è infine anche la possibilità di fare una donazione diretta tramite Paypal. E grazie a tutti quelli che hanno già donato nelle settimane scorse!
Cosa c’è in arrivo
Concludiamo, come al solito, con un elenco dei prossimi video in arrivo (se tutto va bene):
riprenderemo con la storia romana, con un video però sulla società nella fase imperiale;
arriverà il terzo video su Husserl;
arriverà anche il sesto video della “saga” (oramai bisognerà chiamarla così) sulla guerra fredda;
forse riuscirò a fare anche un video su Abelardo che rimando già da un po’;
infine, per quanto riguarda i podcast parleremo degli apologisti cristiani e della Guerra dei 7 anni.
In più questa settimana arriva Pasqua. Festeggiate, riposatevi e non mangiate troppa cioccolata! A lunedì prossimo.