Qualche pensiero sulla guerra in Ucraina, sulla seconda stagione di LOL, su Dostoevskij, su The French Dispatch, sull'ultimo libro di Saudino e, come se non bastasse, pure sulla Guerra Fredda
Una settimana fa parlavamo dell’Ucraina, che si trovava col fiato sul collo. Oggi quel fiato è diventato una guerra vera, letale, combattuta strada per strada che ha scosso un po’ tutti. Ne parleremo: la rubrica Quello che ho pensato è inevitabilmente tutta dedicata al tema.
Per chi però non ci ha capito molto e vuole prima di tutto dei chiarimenti su come abbiamo fatto ad arrivare a tutto questo, ho preparato nelle settimane scorse un paio di video sulle tensioni tra Russia e Ucraina (qui e qui); se non li avete visti, vi consiglio di recuperarli. Per il momento a quei video non ho aggiunto altro, aspetto gli sviluppi. Ma prima o poi torneremo sull’argomento.
E ora addentriamoci nella newsletter.
Quello che ho letto
A proposito di Russia: questa settimana nell’elenco delle letture c’è un classico della letteratura russa; iniziato, letto e finito nel giro di pochi giorni. Ma c’è anche il nuovo libro di Matteo Saudino e un interessante fumetto.
Memorie dal sottosuolo di Fëdor Dostoevskij: non avevo mai letto questo classico di Dostoevskij, tra l’altro uno dei suoi libri più brevi. L’ho iniziato e finito in meno di una settimana, perché in effetti si legge in un lampo, ma è comunque interessantissimo. Si divide in due parti. La prima è più filosofica: analizza la natura umana con un discorso in prima persona in cui il protagonista se la prende col positivismo e con l’utilitarismo, le dottrine che andavano per la maggiore a metà Ottocento. Ci sono anticipazioni di riflessioni che poi ritroveremo in Nietzsche, in Freud e in tanti altri pensatori successivi: «Vedete, signori – scrive ad un certo punto il narratore russo –: la ragione è una buona cosa, questo è indubbio, ma la ragione è solo ragione e soddisfa soltanto la facoltà raziocinante dell’uomo, mentre la volontà è manifestazione di tutta la vita, cioè di tutta la vita umana, sia con la ragione che con tutti i pruriti». Par di sentire Nietzsche che parla della volontà di potenza. La seconda parte del libro è invece più narrativa, condotta con il solito procedere iper-psicologico degli scrittori russi dell’epoca. Bello bello bello, ovviamente, un capolavoro assoluto, anche se non adatto forse a tutti i palati. Se non avete mai letto nulla di Dostoevskij direi assolutamente di partire da qui: il fatto che non sia troppo lungo può aiutare a capire se ci si trova bene con questo stile.
Ribellarsi con filosofia di Matteo Saudino: ho iniziato a leggere anche l’ultimo libro di Matteo Saudino, appena uscito. Si tratta di un libriccino molto breve, tanto che in un paio di giornate di lettura neppure intensa sono già a metà del volume. Devo dire che per ora ne sono rimasto un po’ deluso, non tanto per quello che dice o per lo stile, che è buono, ma per il fatto che mi sembra un libro senza rischi, pensato per andare davvero sul sicuro. Riprende, di fatto, le stesse idee di La filosofia non è una barba, di cui ho parlato sempre qui qualche settimana fa, senza aggiungere nulla di nuovo. È un sequel praticamente identico all’originale, con l’unico cambiamento che il focus, per affrontare i vari filosofi, non è incentrato sulla morte del pensatore ma sulla sua idea di ribellione. Non so, mi aspettavo qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso, qualcosa di più; ma probabilmente dipende anche dal fatto che il libro non è assolutamente destinato a gente come me. È un libro per novizi della filosofia, e magari a loro piacerà.
La funzione del mondo di Alessandro Bilotta e Dario Grillotti: la storia di Vito Volterra, grande matematico italiano di inizio Novecento, è interessante. La conosco da tempo, soprattutto perché Volterra, ebreo, fu uno dei pochi professori universitari che si rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo. Questo fumetto ne ripercorre la vita, in modo narrativo. L’ho iniziato da poco, ma ne parlerò credo più diffusamente la settimana prossima, quando, se tutto va bene, l’avrò finito.
Quello che ho visto
In elenco questa settimana anche qualche film e una serie tv, anzi un reality show. Procediamo.
The French Dispatch (2021), di Wes Anderson, con Bill Murray, Benicio Del Toro, Frances McDormand: ho visto il nuovo film di Wes Anderson, da poco disponibile sui Disney+. Sulla pellicola avevo letto commenti diversificati, alcuni entusiasti ed altri invece più dubbiosi. A me è abbastanza piaciuto. Certo, è pur sempre un film di Wes Anderson, uno di quei film che vanno presi così come sono, senza possibilità di sollevare eccezioni. Ma certe scene, certi stacchi, sono comunque memorabili. Quello che casomai si può rimproverare alla pellicola è che non tutte le storie raccontate – sì, è sostanzialmente un film ad episodi – sono riuscite in ugual misura. La prima metà del film, ad esempio, mi pare decisamente superiore alla seconda, o forse è lo stile di Anderson che ad un certo punto, quando magari non è del tutto ispirato, tende a calare. Ma The French Dispatch rimane comunque un film intrigante, soprattutto dal punto di vista visivo.
LOL stagione 2, episodi 1-4 (2022), con Corrado Guzzanti, Virginia Raffaele, Mago Forest: inevitabilmente, questa settimana mi sono sorbito anche i primi quattro episodi (gli unici finora disponibili) della seconda stagione di LOL, il reality show dei comici. Non avevo grandi aspettative: la prima stagione era stata una piacevole sorpresa, ma pensavo che – proprio perché parte del suo successo era dovuto all’effetto sorpresa – sarebbe stato assai difficile replicare quel successo. Credo di non essermi sbagliato, nel senso che queste prime quattro puntate sono nettamente meno efficaci di quelle dell’anno scorso. Anche il cast, onestamente, pare più debole, anche perché molti pezzi da novanta dell’improvvisazione se li erano bruciati l’anno scorso. D’altra parte, non tutti i comici possono rendere bene con questo format; bisogna saper portare in scena un tipo di comicità istintiva, fisica, anche stupida. Un tipo di comicità che è anche difficile mettere alla prova fuori da un ambiente come quello di LOL. In ogni caso qualche bel momento c’è stato; e di sicuro sono stato contento di rivedere Corrado Guzzanti e i suoi personaggi più celebri.
Don Camillo (1952), di Julien Duvivier, con Fernandel, Gino Cervi, Sylvie: la settimana scorsa vi raccontavo del libro di Giovannino Guareschi, appena finito; questa settimana ho voluto riprendere in mano il film, per confrontarlo con l’originale letterario. Devo dire che questa trasposizione riprendeva bene il tono dei racconti originali, certo concedendo qualcosa al pubblico del tempo (la storia d’amore, forse eccessiva), ma comunque in modo efficace. Un film che è invecchiato bene, insomma, ed è cosa rara.
Quello che ho pensato
È chiaro che – come ho anticipato – oggi la rubrica sulle riflessioni della settimana sarà dedicata alla guerra in Ucraina, e non potrebbe essere altrimenti. Ho meditato a lungo riguardo a come impostarla, perché, paradossalmente, nell’aria c’è un po’ di animosità perfino su questo tema. Ho deciso, alla fine, di dare soprattutto spunti di riflessione su due o tre temi.
Primo: è colpa (anche) della Nato? In questi giorni alcuni – per la verità pochi – follower mi hanno scritto sostenendo che l’attacco della Russia all’Ucraina sia «almeno al 50%», come mi ha scritto un lettore, colpa della Nato e della sua politica «imperialista». Ora, lungi da me tessere l’elogio di un’alleanza militare, mi pare però che il giudizio sia inficiato da una visione piuttosto ideologica della realtà. La Nato ha gestito male la situazione in Europa orientale? Possibile. La Nato avrebbe dovuto muoversi meglio? Se si guarda al medio-lungo periodo, direi forse anche probabile. Ma sostenere che la colpa di quella guerra sia della Nato mi pare davvero troppo assolutorio nei confronti di Putin. Non c’era nessuna minaccia concreta, contro la Russia; come ben sa chi segue quelle vicende da tempo, la Nato ha anzi a lungo rimandato l’ingresso dell’Ucraina tra i suoi membri (dopo averla, forse incautamente, promessa). Anche dando per vero, insomma, che Putin fosse minacciato (cosa che è tutta da dimostrare), la reazione del leader russo è stata estremamente sproporzionata, da qualsiasi punto di vista la si guardi.
Poi ci sarebbe da discutere: perché mai l’Ucraina non potrebbe legittimamente decidere di allontanare la sua politica estera da quella di Mosca? Cosa ha fatto Putin per tenere legato a sé quel paese, oltre che mostrare i muscoli? E sulla base di cosa vorremmo che l’Ucraina si sacrificasse a diventare (o a rimanere) uno stato-satellite di un paese autoritario? È chiaro che le evoluzioni geopolitiche vanno gestite, accompagnate, a volte addirittura rallentate, in modo che siano pacifiche e non creino scossoni, ma l’idea di qualcuno di quelli con cui ho interloquito pare essere che si dovesse “regalare” l’Ucraina alla Russia perché, povero Putin, gliene abbiamo fatte troppe. Senza contare che io – lasciando da parte per un momento la Nato – non ho ancora capito cosa l’Europa abbia fatto a Putin, considerando che si arricchisce da vent’anni grazie ai nostri soldi, ha goduto per decenni dell’appoggio della Germania e dell’Italia e ha già invaso svariati territori senza che nessuno gli dicesse nulla.
In questo senso, segnalo un tweet e un articolo. Il tweet, in questo senso piuttosto efficace, è di Luca Sofri (il direttore del Post):
L’articolo è invece di Marcello Flores, uno tra i più importanti storici italiani, esperto proprio della situazione nell’est Europa. Lo trovate qui: I segnali ignorati della strategia di Putin, sul sito della rivista Il Mulino. Di articoli del genere ce ne sarebbero anche altri, ma direi che questi possono bastare. Sia Sofri che Flores, mi pare, sostengono che l’errore dell’Occidente non sia stato quello di “essere troppo cattivo” con Putin, ma casomai di averlo sottovalutato e di aver creduto troppo a lungo di poterlo gestire.
Quindi, per tirare le somme e per essere chiaro (visto che poi ognuno legge quello che vuole leggere, nelle parole): secondo me la colpa dell’invasione è di Putin (come in ogni guerra imperialista, e ci mancherebbe altro). Certo, poi l’Occidente è bene che mediti anche sugli errori strategici compiuti, a guerra possibilmente finita.
Secondo: abbiamo un bias riguardo a questa guerra? Un problema di cui in Italia sostanzialmente non si parla (e anche questo è significativo: è pieno di filo-putiniani e/o di anti-americani, ma mancano gli umanisti veri…) è invece il diverso approccio che stiamo tenendo su questa guerra rispetto ai conflitti del passato. Putin ha compiuto azioni del genere, con praticamente le stesse identiche modalità, anche in anni recenti: la guerra in Ossezia del sud, nel 2008, fu condotta per molti versi nella stessa identica maniera; si sfruttò cioè una minoranza russofona presente nel paese e che lamentava discriminazioni, si invase il paese che si stava avvicinando all’Occidente e lo si mise a ferro e fuoco. Allora né gli USA né l’Europa mossero un dito concreto per aiutare i georgiani; si posero solo come mediatori per la pace, senza lasciarsi coinvolgere.
Ma Putin si è mosso con spietatezza anche in Siria e in altri settori caldi del mondo. In tutti quei casi, il mondo occidentale è stato perlopiù a guardare, a volte addirittura plaudendo all’autocrate russo. Quando però Putin ha invaso l’Ucraina, tutto è cambiato. Perché?
Il dibattito si è aperto soprattutto in Medio Oriente, dove alcuni commentatori e giornalisti hanno rinfacciato all’Occidente questa disparità di trattamento. E hanno sostenuto che il problema sia legato al colore della pelle: secondo loro, difendiamo gli ucraini perché sono bianchi come noi, mentre non abbiamo difeso gli asiatici per questioni razziali.
Non so se sia del tutto vero. Nel senso: differenze di trattamento ci sono state, di sicuro; e sono convinto che alcuni partiti politici facciano queste differenze anche per motivazioni razzistiche. Ma non credo sia solo questo.
L’Ucraina è vicina all’Italia, geograficamente ma anche “moralmente”, nel senso che qui da noi vivono migliaia e migliaia ucraini (o moldavi, loro vicini). I miei figli conoscono dei ragazzi che hanno quelle origini, io stesso conosco persone che provengono da quella zona d’Europa. Non conosciamo invece siriani e la Siria – nonostante non sia poi molto più lontana dell’Ucraina – ci appare come un’altra realtà, un altro continente, un altro stile di vita. È abbastanza normale ed umano sentirsi più minacciati da ciò che avviene vicino a noi, o da ciò che viene percepito come simile a noi. E l’effetto mi pare essere proprio questo: se i ladri rubano cinquanta euro al mio vicino di casa mi angoscio; se rubano una tv, un computer e una fotocamera a uno che sta a Milano tendo a non preoccuparmene. È un comportamento inevitabile, già ampiamente studiato; ed è per questo che, a livello comunicativo, si tende a “umanizzare”, o rendere più simili a noi, le cause che ci stanno più a cuore e a “disumanizzare”, o a rendere più diverse da noi, le cause che invece non vogliamo far pesare. Quando la Russia ha invaso l’Ucraina ci è sembrato che aggredisse un paese vicino al nostro; quando ha aggredito la Georgia no, forse anche perché la maggior parte degli italiani non sa nemmeno dove sia, la Georgia.
Comunque riflettere su questi bias è interessante e importante. In questo senso, vi segnalo un paio di tweet significativi. Il primo è di Nick Bilton, un giornalista americano, in cui si sottolinea l’importanza dei social in questo conflitto; la risposta è invece di Zaina Erhaim, giornalista siriana, che lo rimbrotta accusandolo indirettamente di “suprematismo bianco”.
Terzo: e adesso cosa succede? Al di là di tutte le cose dette finora, questo è, alla fine dei conti, il punto chiave. E quello più incerto. Che Putin si sia infilato in un vicolo cieco pare condiviso da molti osservatori: pensava di fare più in fretta (o senza i riflettori puntati ad ogni ora su di lui), pensava che l’Europa non si sarebbe esposta in questo modo, pensava che il popolo ucraino non avrebbe opposto resistenza e che non fosse particolarmente legato al governo e alla propria indipendenza. Ha sbagliato tutte e tre queste previsioni: gli ucraini hanno mostrato un’inaspettata voglia di resistere, Zelens'kyj si è dimostrato un leader ben al di sopra delle aspettative e l’UE ha risposto come mai prima d’ora.
Il fatto che Putin abbia sbagliato i conti dovrebbe rallegrarci, ma in realtà pone altri, gravi interrogativi: come cercherà di uscire da questo stallo? Perché i dittatori in difficoltà sono in genere ancora più pericolosi dei dittatori tranquilli nel loro isolamento dorato. La diplomazia dovrà, ora, essere brava; riuscire cioè a trovare una soluzione che possa mettere fine in fretta alle violenze ed evitare un’ulteriore escalation, senza darla vinta al Cremlino. Non sarà affatto facile, soprattutto perché il Cremlino non pare agire sempre secondo i canoni della razionalità, ma perseguendo un progetto distruttivo. È insomma questa la vera sfida. Speriamo che chi di dovere la affronti, sottobanco, lontano dai riflettori, ma in maniera efficace.
Quello che ho registrato e pubblicato
Dopo tutte queste parole sulla guerra, passiamo ai nostri consueti contributi di storia e di filosofia (che in qualche caso sono legati alle guerre, ma quelle del passato).
La Guerra Fredda in Europa (1947-49): sul nostro vecchio continente spirano venti di guerra, e molti osservatori hanno ritirato in ballo proprio la Guerra Fredda. Qui la presentiamo nel suo biennio più “caldo” in Europa
Cosa fu la Guerra Fredda: in quest’altro video, invece, diamo qualche definizione più generale di una fase storica molto complessa
La logica degli stoici: gli stoici ebbero, tra gli altri, anche il merito di dare impulso ad un nuovo tipo di logica, la logica proposizionale
Carlo Magno: cultura ed economia: l’impero carolingio non fu solo potente e forte dal punto di vista militare, ma anche innovativo dal punto di vista economico e culturale
L’impero di Nerva e Traiano: dopo la dinastia Flavia, gli imperatori romani ricominciarono ad essere scelti col meccanismo dell’adozione; e presto fu la volta di Traiano
Lo scetticismo all’interno dell’Accademia (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La percezione dell’Italia tra Medioevo ed Età moderna (per il podcast “Dentro alla storia”)
Cosa c’è in arrivo
Chiudiamo, come al solito, con una panoramica anche su cosa c’è in programma nei prossimi giorni sul canale YouTube e altrove:
prima di tutto mi piacerebbe preparare una nuova puntata della serie Come muoiono i filosofi incentrata sull’Ottocento; doveva uscire già questa settimana, ma per una serie di circostanze è stata momentaneamente rinviata;
dovrei poi parlare ancora di storia romana (toccherà ad Adriano e Marco Aurelio, tra gli altri);
se riesco, mi piacerebbe preparare anche un video di approfondimento sullo Statuto Albertino;
per quanto riguarda i podcast, concluderemo, in filosofia, la pagina sullo scetticismo e ci avvieremo verso il Neoplatonismo, mentre per quanto riguarda storia parleremo dell’Italia del Seicento.
E questo è quanto. Teniamo d’occhio quello che sta accadendo in Ucraina, perché credo che quello scenario sia decisivo per le sorti (almeno nel breve e medio periodo) del continente. E incrociamo le dita.
Vorrei ringraziare per i tanti preziosi contenuti che porta ogni settimana; video, podcast, newsletter piene di consigli; contenuti che offrono tantissimi spunti di riflessione, lasciando sviluppare il libero pensiero e favorendo l’afflusso delle idee. Ho fortunatamente trovato il suo canale YouTube qualche settimana fa proprio mentre cercavo informazioni su come si fossero create le basi di questa situazione che ci sta letteralmente prendendo a schiaffi, riportandoci tutti coi piedi ben saldi a terra per farci assaporare alcune crude realtà… forse (per fortuna) finora le guerre sono state lontane da noi, sia territorialmente che temporalmente ed è per questo che ci si trova un po’ spaesati.
Ho 38 anni, gli anni della scuola per me sono finiti da un pezzo e il mio percorso non fu poi così brillante… a quell’età gli hobby, le esperienze di vita, le amicizie hanno la meglio sullo studio, indubbiamente! Ma la mia curiosità con gli anni è cresciuta e con lei, anche l’esigenza di costruire un mio pensiero su questioni e situazioni che viviamo ogni giorno! La domanda che mi faccio più spesso è: “perché si è arrivati a questo?”. E allora inizio a cercare, a documentarmi. Non è facile, sinceramente, riuscire a trovare fonti attendibili… ovunque si incappa in notizie false o vere solo in parte ma pian piano qualche qualche contenuto, fatto bene, si trova. I suoi contenuti ed il modo in cui vengono trattati mi piacciono molto e mi hanno aiutato in questa mia “corsa al recupero” di anni scolastici persi! Non è mai troppo tardi, per fortuna! Complimenti davvero! Ho “divorato” il suo podcast sulla filosofia (interessantissimo) e adesso mi sto ripassando (anzi studiando…) un po’ di storia! Un caro saluto e buon lavoro! Riccardo
Condivido pienamente le riflessioni sulla situazione Russia-Ucraina. In merito al secondo punto non avevo mai riflettuto ma concordo. Grazie, è un vero piacere leggere queste email. Avessi avuto un professore come te, la vita da studentessa sarebbe stata più facile e il rendimento migliore!