Sulla guerra e la pace in Ucraina e in noi e su Anna Politkovskaja, ma anche su argomenti più frivoli come LOL, Tick, Tick... Boom!, V per Vendetta, la filosofia e la matematica
La guerra in Ucraina è ancora al centro, giustamente, del nostro dibattito pubblico, e inevitabilmente ne ho parlato molto anch’io in questi giorni, sia con una diretta su YouTube – che potete rivedere seguendo il link verso la fine di questa newsletter –, sia in modo indiretto in altri video.
Oggi torniamo sull’argomento, se vi interessa, nella sezione Quello che ho pensato. Nelle altre sezioni, invece, parliamo anche di altre cose: di filosofia, di matematica, di comicità, di musical e di altro ancora.
Quello che ho letto
Due libri finiti, uno – molto attuale – cominciato e quasi divorato, nonostante sia bello corposo. Eccoli.
Ribellarsi con filosofia di Matteo Saudino: ho finito il secondo libro di Saudino, di cui vi avevo già scritto qualcosa nelle settimane scorse. Vale il discorso già fatto: libro carino, pensato soprattutto per un pubblico di novizi della filosofia, che non si discosta molto – per stile e livello di approfondimento – da La filosofia non è una barba, il primo lavoro (di cui avevo parlato a suo tempo qui). Speravo in qualcosa di diverso, ma probabilmente perché non sono certo io il pubblico di riferimento di quest’opera. Se vi interessa, lo potete comprare qui.
La Russia di Putin di Anna Politkovskaja: come accennavo altrove, l’invasione in Ucraina mi sta portando a leggere varie cose, di cui tra l’altro non vi darò neppure completa menzione perché alcune di queste cose le sto semplicemente “assaggiando”, leggendo qua e là. A questo libro della Politkovskaja, invece, nei giorni scorsi mi sono dedicato parecchio. È vecchio, risale addirittura al 2005, anche perché la sua autrice, come forse saprete, è stata uccisa da un sicario a Mosca nel 2006. Riporta le varie inchieste giornalistiche che la giornalista fece, nei primi anni Duemila, sull’allora giovane regime di Putin, sottolineando i metodi dello “zar”, che lei mostrava essere in perfetta continuità con quelli usati dal KGB sovietico. Il quadro di violenze, propaganda, cancellazione di personaggi scomodi era già inquietante allora. Io l’ho letto – e praticamente finito – nel formato eBook perché il cartaceo non è più disponibile. Adelphi lo sta comunque ristampando e dovrebbe uscire la settimana prossima: potete già prenotarlo qui.
La funzione del mondo di Alessandro Bilotta e Dario Grillotti: di questo fumetto ho parlato la settimana scorsa, ma ora l’ho finito. Si tratta della biografia di Vito Volterra, grande matematico e accademico italiano della prima metà del Novecento. La storia è ben condotta e ben disegnata, ma allo stesso tempo il volume mi è sembrato quasi un’occasione mancata: mi pare che Bilotta e Grillotti oscillino tra il lato umano e quello scientifico della vita di Volterra, senza mai prendere parte nettamente per l’uno o per l’altro e così rimanendo un po’ sospesi a metà del guado. L’aspetto scientifico viene accennato ma non approfondito; e neppure l’aspetto umano cattura poi più di tanto. Non capisco, inoltre, perché non si sia affrontata la questione delle leggi razziali, che colpirono Volterra negli ultimissimi anni della sua vita. Comunque un esperimento interessante, da provare: lo trovate qui.
Quello che ho visto
Sentimenti più variegati, questa settimana, per quanto riguarda il cinema e la televisione: si parte dal comico e si arriva all’avventuroso-politico, passando per il musical.
LOL stagione 2, episodi 5-6 (2022), con Corrado Guzzanti, Virginia Raffaele, Maccio Capatonda: ho finito la visione del programma con le ultime due puntate. La settimana scorsa mi ero detto abbastanza deluso, nel senso che questa seconda stagione mi era sembrata sottotono rispetto alla prima. Nelle ultime due puntate, però, lo show recupera qualcosa, soprattutto – temo – per via del fatto che le nuove reclute escono di scena e sul palco rimangono solo i veterani. Corrado Guzzanti (e ci mancherebbe altro), Virginia Raffaele, Maccio Capatonda (il film su Johnny mi ha fatto morire) e il Mago Forrest si dimostrano quattro o cinque spanne sopra agli altri.
Tick, Tick… Boom! (2021), di Lin-Manuel Miranda, con Andrew Garfield, Vanessa Hudgens, Alexandra Shipp: non conoscevo la storia di Jonathan Larson, il protagonista di questa pellicola tratta da una storia vera, ma devo dire che la resa cinematografica è molto buona e davvero convincente anche l’interpretazione di Garfield. Larson era un aspirante scrittore di musical che, nel 1990, provò a vendere a Broadway un’opera su cui aveva lavorato per ben 8 anni, un musical intitolato Superbia e incentrato su una sorta di distopia fantascientifica. L’opera non viene venduta, ma da quel fallimento Larson trasse Tick, tick… boom!, il musical – questa volta invece di successo – che è qui trasportato sul grande schermo. Nel film si raccontano le situazioni e gli intoppi della creatività nella New York vittima dell’AIDS, la vita bohémien degli aspiranti artisti di quegli anni e tanto altro ancora. Vivace e anche triste, come capirete guardandolo. Lo trovate su Netflix.
V per Vendetta (2005), di James McTeigue, con Hugo Weaving, Natalie Portman, Stephen Rea: l’ho riguardato coi figli più grandi, che non l’avevano mai visto; ed erano, credo, quindici anni che non lo rivedevo neppure io, cioè sostanzialmente dall’uscita nei cinema (anche se prima del film avevo letto il fumetto). Che dire? A distanza di tanto tempo certi passaggi suonano un po’ inquietanti, se si pensa all’uso che è stato fatto di questo film dai vari movimenti prima antagonisti e poi complottisti. Tutti si sentono Guy Fawkes, oggigiorno. Il film però di per sé è anche ben realizzato, teso al punto giusto, ben recitato. Politicamente magari un po’ confuso: nel senso che sembra parlare di politica, ma in realtà di politica ce n’è davvero poca, sostituita dalla rabbia e dalla vendetta; che è un po’ quello che accade anche coi movimenti complottisti, se ci pensate bene. C’è sia su Netflix che su Amazon Prime.
Quello che ho pensato
Ed eccoci arrivati al punto chiave: di nuovo, la guerra. Stavolta però vorrei parlarne, soprattutto, dal nostro punto di vista.
In questi giorni ho pensato molto, infatti, alla decisione dell'Italia, e più in generale dell'Europa, di inviare armi a favore della resistenza ucraina contro l'invasione di Putin. Una decisione forte, per molti versi inattesa ed inedita.
Draghi ha parlato proprio di un problema nuovo che impone scelte nuove e da questo punto di vista non gli si può dare troppo torto, almeno per quanto riguarda la scena europea: qui non si tratta più di una lotta tra popoli che hanno convissuto insieme fino a due giorni prima, com’era appunto in Bosnia o in Kosovo; qui abbiamo un paese, l’Ucraina, che è indipendente e riconosciuto da tutto il mondo da trent’anni, che viene però ora invaso da un vicino, senza un motivo reale se non la politica di potenza.
Lasciamo da parte quello che la propaganda russa sta cercando di propinarci – con l’aiuto di qualche italiano nostalgico dell’uomo forte – riguardo alla presenza di un governo neonazista o addirittura di una lobby gay alla guida del paese. È evidente dalla Cecenia, dalla Georgia, dalla Siria, dalla Crimea e dal Donbass che Putin ha un suo programma di ampio respiro: quello di ricostruire una sua sfera d’influenza con l’uso della forza bruta.
L'obiettivo primario della Russia, meditato a lungo (come abbiamo capito dalle mosse finanziarie operate per prepararsi alla guerra), era proprio quello di cogliere l'Europa impreparata e debole, e metterla di fronte al fatto compiuto. Putin contava sul fatto di far presto, di soggiogare facilmente un popolo inerme e che gli europei avrebbero intanto tentennato sul da farsi, ricattati dal gas. Così lui sarebbe riuscito ad inserirsi all'interno delle faglie del sistema, prendendosi velocemente l’Ucraina.
Così non è stato, per due motivi:
perché gli ucraini hanno dato ampiamente prova, in tutto il paese (anche nelle zone che Putin considerava filo-russe), di non voler essere sottomessi ai “cugini”;
perché l'Europa ha deciso di agire compattamente, in parte anche aumentando il livello dello sconto e della tensione ma allo stesso tempo non portandolo alla guerra vera e propria.
Si capirà poi, solo a medio e lungo termine, se la strategia europea (e americana) riuscirà a debellare la minaccia di Putin a livello globale, ma intanto è stata una decisione netta e per una volta rapida. Cosa che ha destabilizzato un po' anche la nostra opinione pubblica.
Mi sembra che la stragrande maggioranza delle persone, qui da noi, abbia condannato risolutamente l'attacco di Putin, esprimendo ammirazione per la resistenza degli ucraini e rabbia per l’attacco ingiustificato. Una minoranza, però, si sta in questi giorni orientando verso una difesa (all’inizio timida, poi, man mano che passano i giorni, più esplicita) del leader russo o una neutralità di fronte di guerra. Alcuni lo fanno per idee risibili: esistono molti, in Italia, che ritengono che la violenza e la sottomissione altrui siano pienamente giustificate, e un leader para-fascista (perché di questo, di fatto, stiamo parlando) non può che piacere.
Altri, però, hanno portato delle motivazioni più serie: hanno sottolineato l'importanza della pace e il fatto che la mossa dell'Europa di inviare armi agli ucraini potrebbe favorire una ulteriore escalation. E qui c’è un tema su cui vale la pena di riflettere.
È chiaro che ogni decisione, in situazioni come queste, è dura e difficile ed è chiaro che c’è pure il rischio di un’escalation; d'altra parte, la via della diplomazia con Putin sembra che forse non serva a molto: per due mesi l’autocrate russo ha preso in giro i capi di governo di mezza Europa, trattando per la pace quando aveva già ampiamente pianificato la guerra.
La questione dell'allargamento della NATO e dell'allargamento dell'Unione Europea mi sembrano, proprio per questo, problemi secondari per Putin; il problema non sono gli eventuali missili puntati su Mosca (averli in Ucraina o averli in Estonia non cambia nulla, in realtà), sono le sfere di influenza geopolitica, sono i propositi imperialisti, sono le prove di forza. Ed è per questo, credo, che la UE ha deciso non solo di dare sanzioni pesanti, ma anche di schierarsi con aiuti militari all’Ucraina. L’idea sembra essere: «Con uno che capisce solo la forza, bisogna usare la forza (o minacciare di usare la forza)».
Credo che, in certe circostanze, questo sia vero. Con Hitler la diplomazia non servì a niente, e lo si è ricordato tante volte in questi giorni. A me però Putin non pare un Hitler, per la verità; pare più un Mussolini: il leader di una potenza che non è di primo piano ma che, lavorando sul risentimento (la “vittoria mutilata” assomiglia molto a quella che Putin chiama “l’umiliazione del 1991”), vuole invadere dei territori per trovarsi il proprio posto al sole. L’invasione dell’Ucraina come la Guerra d’Etiopia (o l’invasione della Grecia, se non fosse che quest’ultima andò malissimo). E il Mussolini del 1935 o del 1940 ormai non lo fermavi più con la diplomazia, anche perché credeva di avere la vittoria in tasca.
Il problema è infatti anche questo: Putin ha invaso l’Ucraina perché credeva di aver gioco facile. Gli era andata benissimo con la Crimea, con l’Ossezia, con il Donbass: situazioni in cui l’Occidente aveva un po’ mugugnato ma poi aveva lasciato correre. Quando un leader aggressivo e nazionalista è convinto di vincere, attacca. L’unico modo per portarlo a più miti consigli è fargli capire che potrebbe perdere; altrimenti non si siede al tavolo delle trattative.
Comprendo bene i problemi di coscienza di chi si schiera a favore della pace. Come accennavo, mi chiedo anch’io se la decisione di inviare le armi sia quella giusta: per chi conosce l’orrore della guerra non è facile acconsentire all'invio di armamenti che faranno inevitabilmente dei morti.
Allo stesso tempo, però, davanti all’invasione di un paese che ti vuole assoggettare, che vuole ridurti a uno stato fantoccio, che vuole far di te la nuova Bielorussia, come si può rimanere a guardare? Non è naturale cercare di difendersi? Così in fondo hanno agito i partigiani durante la Seconda guerra mondiale in tutta Europa, e tra loro c’erano anche sinceri pacifisti, perfino cattolici e moderati di vario genere. Perché la non-violenza – che è una cosa più che buona, in linea di principio – coi nazisti non raggiungeva lo scopo.
Il problema alla fine è proprio questo: che una cosa sono i principi, una cosa è la realtà. I principi sono sempre coerenti e perfetti: se mi dico non-violento, io so già come agire in ogni circostanza, senza tentennamenti. Se ho un principio, è in fondo lui che decide per me; io non devo nemmeno darmi la pena di pensare, di valutare i singoli casi: ho una regola generale che mi basta semplicemente applicare. Tutti noi abbiamo dei principi e ci facciamo guidare da loro nella vita: è anche un modo per risparmiare tempo e fatica.
La realtà però è spesso più complicata dei nostri principi. Io posso anche dire: rifiuto la violenza. E però la violenza arriva, anche se io la rifiuto. E davanti alla violenza devo decidere cosa fare: rimanere fedele alla mia regola, cosa che però può voler dire anche darla vinta alla violenza; oppure trasgredire. Ovviamente non ci sono regole: è questo il bello. L’unica regola è che non ci sono regole. Che bisogna valutare, caso per caso. Che dipende dalle circostanze. E che molto spesso non puoi sapere cosa accadrà: non puoi sapere, a priori, se il neutralismo permetterà di risparmiare delle vite o se, invece, causerà ancora più vittime. Il futuro è sempre incerto, nella vita vera, è imprevedibile; e quella che fai è quindi una scommessa, un salto nel buio.
Quelli che dicono «La non-violenza è sempre la soluzione» li ammiro, ma non sono convinto che dicano il vero. La non-violenza è spesso la soluzione, è a volte la soluzione, ma temo non lo sia sempre. Sono decisamente più pessimista di certi commentatori, anche se ovviamente potrei sbagliarmi. Allo stesso modo, neppure la violenza sono sicuro che possa essere in questo caso la soluzione.
È il problema dei nostri tempi. Ci piacciono un sacco le frasi identitarie, le petizioni di principio: metterci le bandierine, intestarci una posizione sui social, schierarci. Il problema è che la realtà le nostre petizioni di principio se le pappa a colazione. E, se vogliamo davvero farci carico della realtà, ci costringe a scelte difficili, a compromessi, a tentennamenti.
Per questo, nella diretta di qualche giorno fa concludevo dicendo una frase di questo tipo: «Non vorrei trovarmi nei panni di chi deve decidere cosa fare». Nei panni di Draghi, o di Scholz, o di Biden, intendo. Sarei tormentato dalla mia coscienza, temo. Sceglierei e poi vivrei nell’ansia di aver fatto la scelta sbagliata.
Però penso anche che questo sia l’unico atteggiamento che vale la pena di tenere: quello di chi si domanda, ogni giorno, come agire. Che non si trincera solo dietro a una bandiera per partito preso, ma sceglie di volta in volta quale vestito indossare, cercando di capirci qualcosa, sforzandosi di capirci qualcosa.
Quello che ho registrato e pubblicato
Come al solito, ecco anche la panoramica dei video e delle puntate dei podcast uscite questa settimana:
L’invasione dell’Ucraina - La situazione dopo la prima settimana di guerra: come scritto anche sopra, ho realizzato una diretta per fare il punto su quello che sappiamo e su quello che potrebbe accadere in Ucraina
Chi domina il mondo - Basi di geopolitica: per completare il quadro sulla guerra, ho fatto anche un video per capire quali siano oggi i paesi più influenti e potenti, dal punto di vista geopolitico, nel mondo
L’impero di Adriano e Antonino Pio: spostiamoci a Roma con due degli imperatori più apprezzati della storia
L’ultimo scetticismo greco (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La filosofia greco-giudaica e Filone (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La decadenza economica dell’Italia nel Seicento (per il podcast “Dentro alla storia”)
L’Italia sotto gli spagnoli (per il podcast “Dentro alla storia”)
Cosa c’è in arrivo
Chiudiamo con la solita carrellata di video attesi (sperando di riuscire a tener fede ai programmi, cosa che non sempre mi riesce):
è già pronta una nuova puntata della serie Come muoiono i filosofi dedicata al Romanticismo;
farò certamente un video sullo Scetticismo greco antico, che ancora manca;
forse, se tutto andrà bene, vorrei riuscire anche a realizzare qualcosa su Husserl;
per quanto riguarda storia, spero di riuscire a preparare la terza puntata sulla Guerra fredda e magari un video di storia romana (su Marco Aurelio);
infine, per i podcast inizieremo il Neoplatonismo e parleremo di Masaniello.
Ci rivediamo qui tra una settimana!