Sull'affare Sangiuliano e il decoro delle istituzioni, ma anche su Agostino, Rocco e i suoi fratelli, Zerocalcare, Il nome della rosa, Virginia Woolf, Anna Karenina, Cartesio, i Monty Python e Fellini
Anche l’ultimo weekend prima dell’inizio delle scuole se ne è andato. E per me, devo dirvi la verità, è stato uno dei più impegnativi dell’ultimo anno. Tenete solo conto che sto scrivendo queste righe sbadigliando continuamente, di domenica sera, dopo essere passato per Lignano Sabbiadoro, in Friuli, e per un campetto di calcio in periferia qui a Rovigo, per una partita contro un gruppo di ex alunni a cui non insegnerò più.
Ma andiamo con ordine, e partiamo da Lignano. Contrariamente alle apparenze, non ero lì in visita di piacere: mi hanno infatti chiesto di intervenire a un incontro della Consulta dei giovani del Veneto, organismo che cerca di formare gli adolescenti della mia regione all’attivismo, al volontariato, alla politica nel senso più alto del termine. I ragazzi si sono recati nella nota località balneare per una due giorni di formazione, e appunto sabato pomeriggio hanno parlato tra le altre cose di scuola, di comunicazione, di innovazione, e di come unire tutte queste cose in modo proficuo. A me è stato chiesto di coordinare i lavori di un gruppo, fornendo qualche indicazione e qualche provocazione; ed è stato un pomeriggio interessante, istruttivo (anche per me, intendo) e carico di entusiasmo.
Il giorno dopo sono rientrato a Rovigo, scappando tra l’altro dal temporale che si stava abbattendo sul nord-est. E me ne sono fuggito anche perché nel tardo pomeriggio avevo appuntamento con dei baldi giovani per una partita di calcetto (ormai sta diventando un’abitudine), per testare la tenuta della mia circolazione sanguinea. Avevo davanti tutti ex studenti, di età diversificate, ma tutti allenati e in grado di correre, mentre io ormai non ho più né il fiato né il piede (ammesso poi di averli mai avuti); speravo di poter sfruttare il rispetto che si deve ai professori e ai vecchi per poter almeno giocare un po’ sporco e vedermi concessa qualche trattenuta, ma in realtà in partita ho rimediato una gomitata che mi fa ancora male.
La mia squadra ha perso di misura dopo essere stata a lungo in vantaggio, ma la cosa non mi ha deluso: sapete, a quest’età già arrivare a fine gara senza un infarto può essere considerato un successo.
Per fortuna ora ricomincia la scuola, e potrò riposare il fisico e allenare la mente. Ma per poco, in realtà: come vi ho anticipato stiamo mettendo insieme diversi appuntamenti, anche dal vivo. Il primo, questa settimana, però sarà un appuntamento online: mercoledì 11 attorno alle 18 sarò ospite del canale YouTube di David Orban, noto imprenditore ed esperto di singolarità, per la sua rubrica Qual è la domanda live. Potrete vedere la nostra chiacchierata in diretta o in differita a questo link.
Intanto, nell’attesa, qui abbiamo da parlare di libri, film e attualità: cominciamo.
Quello che ho letto
Per quanto riguarda le letture, ormai sono quasi giunto alla fine delle Confessioni di Agostino, anche perché domani sera dovrò parlarne all’interno del Club del Libro, ma ho anche iniziato un libro nuovo e ne ho portato avanti un altro; e si tratta di volumi che probabilmente già conoscete.
Quando muori resta a me di Zerocalcare: sicuramente avrete sentito parlare dell'ultimo romanzo grafico di Zerocalcare, Quando muori resta a me, uscito ormai diverse settimane fa. Io non l'avevo ancora comprato, anche se mi ero ripromesso più volte di farlo; e per fortuna alla fine non l'ho fatto, perché mio figlio mi ha anticipato e, avvisandomi quand’ero pronto ad uscire per la libreria, ha evitato che ci ritrovassimo con un doppione in casa. Certo, questo solleva un problema che presto diventerà impellente: i figli stanno iniziando a creare delle loro biblioteche autonome, collezioni di libri e fumetti che inevitabilmente si porteranno via quando, spero tra diversi anni, se ne andranno di casa. Insomma, in realtà comprare una seconda copia del libro di Zerocalcare non sarebbe stata una cattiva idea, quantomeno per farla davvero mia, ma per ora ho deciso di soprassedere e farmi prestare, appunto, quella di mio figlio. Così il libro l’ho iniziato e, anche se sono appena a un quarto del volume, ci ho già ritrovato quello che più o meno mi aspettavo: storie autoironiche, sincere, ma anche dotate di una certa umanità, come sempre accade con la penna dell'autore romano. Forse il pregio principale di Zerocalcare è proprio quello di riuscire a mescolare, in maniera assai convincente, toni alti e bassi, dramma intimo e comicità generazionale, a tratti perfino demenziale. Sono ancora lontano dal vero cuore del racconto, anche se molte cose si cominciano a intuire, quindi è presto per dare un giudizio complessivo sull'opera. Ve ne parlerò ancora. Se intanto vi interessa e volete acquistarlo, il libro può essere comprato qui.
Confessioni di Agostino: come vi ho anticipato nella piccola premessa sopra, sono ormai davvero alle ultime pagine delle Confessioni di Agostino, escludendo le note che occupano ancora una buona porzione del volume ma che ho già in parte consultato durante la lettura. Che dite di questo libro? Certo, qualcosa me lo terrò per il Club del libro – la riunione mensile riservata agli abbonati del canale che si terrà proprio domani sera, e che sarà dedicata alla discussione di questo importante saggio – però qui posso comunque anticipare qualcosa, almeno sul valore generale dell'opera. Il libro, come si capisce quasi subito, è scritto con grande trasporto emotivo e, come dicevo anche la settimana scorsa, sembra quasi un volume di preghiere, tanto che passa sovente dal tono del salmo a quello della lode. Tuttavia, in mezzo a questi elogi a Dio, emergono altri due elementi molto interessanti anche per chi non è particolarmente appassionato di temi religiosi o mistici: da un lato, la vita di Agostino, raccontata soprattutto nella prima parte del libro, con tutto il tormento interiore che l'ha accompagnato fin dall'adolescenza; dall'altro, le riflessioni filosofiche, che affrontano temi fondamentali non solo per il cristianesimo come il tempo, la materia, la volontà di Dio, e così via. Questa strana commistione di registri diversi, questo passare da un tema all'altro quasi come in un flusso di coscienza, rende il libro molto originale e, devo dire, anche efficace. D'altronde, non è un caso che questo volume, con oltre 1.700 anni sulle spalle, venga ancora letto e studiato oggi, segno della sua grande forza retorica e letteraria. Ovviamente ci sarebbero molte altre cose da dire, ma magari in futuro dedicheremo qualche video più specifico a questo libro, oltre a quelli che abbiamo già realizzato. Se volete leggerlo, lo potete acquistare qui.
Il nome della rosa di Umberto Eco: a proposito di grandi classici e di libri importanti, nell'elenco di questa settimana non può mancare Il nome della rosa, di cui vi ho parlato anche la volta scorsa. È un libro che ho letto più volte, ma che ora sto gustando nella forma di audiolibro; una forma che, onestamente, risulta molto incisiva grazie anche a un ottimo lettore. Vi ho già raccontato quanto ami questo romanzo e di come ritenga che Eco sia riuscito qui a trovare la miglior sintesi tra la sua erudizione e la tensione narrativa; ora che ho una certa età, però, è proprio quella erudizione che apprezzo di più, anche perché credo stimoli le mie corde più profonde. E d’altronde bisogna dire che Umberto Eco ha fatto a suo tempo un lavoro eccezionale, recuperando vicende reali del Medioevo e inserendole all'interno di una cornice di fantasia. Questo lavoro di ricostruzione era tanto più complesso nell'epoca in cui il libro venne scritto: oggi, infatti, sarebbe relativamente semplice reperire informazioni su figure come Bernardo Gui e sui suoi spostamenti nell’Italia nel Trecento, grazie ai siti specializzati, alle bibliografie e ai volumi digitali che tutti possiamo consultare in pochi minuti. Alla fine degli anni '70 e nei primi anni '80, quando Eco mise mano a questo romanzo, ogni buon medievista conosceva probabilmente il nome di Bernardo Gui, ma pochi ne conoscevano nei dettagli la vita. Per ricostruirla, bisognava spostarsi di biblioteca in biblioteca, con fatica e con una notevole perdita di tempo. Il fatto che Eco abbia dato spazio alla fantasia, riportando però anche una miriade di nomi, fatti e dettagli storici reali, è ancora più encomiabile e rende davvero il libro un'opera straordinaria. Solo per fare un esempio: L'isola del giorno prima, che ho letto poche settimane fa, è certamente calato nel tempo in cui è ambientato e riporta le filosofie di molti pensatori del Seicento, ma è pur sempre un romanzo che si svolge in mezzo all'oceano, lontano dalla storia e dai personaggi famosi. Ne Il nome della rosa, invece, Eco inserisce una moltitudine di riferimenti concreti e reali, che devono essergli costati una grande mole di lavoro. Se il libro vi interessa, potete acquistarlo qui, mentre la versione audio è disponibile su Audible.
Quello che ho visto
Per quanto riguarda i film e le serie TV, questa settimana ci sposteremo abbastanza indietro nel tempo, a circa cinquant'anni fa o più. Troverete infatti in elenco due film italiani classici, realizzati da due tra i più grandi registi della nostra storia, e una serie britannica prodotta sempre in quello stesso periodo. Cominciamo.
Monty Python’s Flying Circus episodi 3.02-3.03 (1972), con Graham Chapman, John Cleese, Michael Palin: partiamo da qui, dal fatto che sto continuando imperterrito a guardare, un po' alla volta, tutti gli episodi in lingua originale del Monty Python's Flying Circus, il celebre programma televisivo della BBC che ha rivoluzionato il modo di fare comicità in televisione. Sono ormai arrivato alla terza stagione, che finora mi ha offerto due episodi forse non troppo memorabili, se non per l'ultimo sketch del terzo episodio. In questa scena, infatti, un uomo entra in un ufficio con l’intento di litigare (anzi, disposto a pagare per farlo), imbattendosi in un impiegato stipendiato proprio per discutere con le persone. Il problema è che queste discussioni sono, ovviamente, surreali e si sviluppano attraverso una serie impressionante di contraddizioni e paradossi logici. Inoltre, nello stesso ufficio lavorano persone incaricate di altre attività, come picchiare i clienti. Un po’ sullo stesso stile di comicità, poi, si dipana un altro sketch particolarmente riuscito, quello sul vescovo morto e sulla polizia ecclesiastica. La peculiarità di questi episodi, come si sarà in parte capito, è la tendenza a partire dalla parodia – spesso legata a trasmissioni televisive dell'epoca o a problemi di attualità –, per svicolare rapidamente verso il non-sense, con un effetto comunque sempre brillante. In tutto, sulla BBC andarono in onda quattro stagioni di questo show, quindi mi sto avvicinando pian piano alla fine. Se una quantità così notevole di puntate vi spaventa e volete però accostarvi a questo grandissimo gruppo comico, potreste al limite cominciare dai film che realizzarono qualche anno dopo la serie, e che rappresentano forse il punto più alto dei loro lavori. In ogni caso, per quanto riguarda la serie, trovate tutte le puntate in lingua originale su Netflix.
Rocco e i suoi fratelli (1960), di Luchino Visconti, con Alain Delon, Renato Salvatori, Annie Girardot: un paio di settimane fa, in occasione della scomparsa di Alain Delon, vi ho parlato de Il Gattopardo, capolavoro degli anni '60 diretto da Luchino Visconti e interpretato proprio dall'attore francese. Quel film era stato riproposto dalla Rai proprio nel giorno della scomparsa dell'attore: ma guardarlo mi ha fatto venire voglia di rivedere anche un'altra pellicola nata dal connubio tra Visconti e Delon, anzi precedente a Il Gattopardo, ovvero Rocco e i suoi fratelli, classico datato 1960 e realizzato in un suggestivo bianco e nero. Non lo vedevo da tanti anni e, a dirla tutta, lo ricordavo anche piuttosto poco, ma riguardarlo mi ha aiutato ad apprezzare di nuovo il grande impatto emotivo e drammatico che quel film sicuramente ebbe negli anni '60. La storia è quella di un gruppo di fratelli lucani che, assieme alla madre, emigrano al Nord, a Milano, dopo la morte del capofamiglia, desiderosi di trovare ospitalità presso il maggiore dei fratelli, che si trova nella città lombarda da qualche tempo. L'impatto con la metropoli settentrionale è però duro, e i ragazzi faticano a trovare lavoro. Il regista si concentra in particolare su due di loro: prima su Simone, che sembra avere qualche chance come pugile, e poi su Rocco stesso, che in un certo senso raccoglie l'eredità del fratello. Tuttavia, per una serie di motivi e soprattutto a causa di un amore che oggi definiremmo tossico e violento, Simone imbocca una cattiva strada che lo porterà rapidamente alla rovina. Forte e duro, soprattutto per quegli anni, Rocco e i suoi fratelli è ancora oggi un pugno nello stomaco, in tutti i sensi, grazie anche all'ottima recitazione di vari interpreti. Delon, allora giovanissimo, è straordinario nel ritrarre questo ragazzo dal volto pulito, ma molto bravi sono anche gli attori di contorno, compresi quelli che poi non hanno avuto una carriera cinematografica particolarmente rilevante. Il merito va sicuramente anche a Visconti, che sapeva come realizzare una scena. Il film, se vi interessa, lo trovate su RaiPlay.
Roma (1972) , Federico Fellini, con Peter Gonzales, Anna Magnani, Federico Fellini: ho sempre amato molto il cinema di Federico Fellini. O, meglio, ho amato tantissimo alcuni suoi film, soprattutto i primi, sostanzialmente fino a 8½ compreso, che a mio avviso è il suo massimo capolavoro. Dopodiché, mi è sempre sembrato che il Fellini maturo avesse in parte esaurito la sua vena creativa migliore, facendosi coinvolgere in progetti poco interessanti e molto autoreferenziali. Fanno eccezione a questo discorso due lavori dei primi anni '70, realizzati tra l'altro uno dopo l'altro: Roma e, soprattutto, Amarcord. Il secondo probabilmente lo conoscete, perché ebbe un grande successo ed è ancora oggi citato e ripreso in mille forme, ma forse non conoscete il primo di questi film, che ha contenuti molto simili anche se forse risulta un po' meno riuscito. Roma è una strana via di mezzo tra film narrativo, documentario e autobiografia: al centro della pellicola c'è infatti la città di Roma, però trasfigurata in un certo senso dall'occhio di Fellini, che in parte la mostra nelle sue strade nei primi anni '70, tra giovani hippy e la sua particolare commistione di antico e moderno; e in parte la rievoca, riesumando i propri ricordi personali di quando arrivò in città, giovanissimo, poco prima della Seconda Guerra Mondiale, e quando quindi imparò a conoscerla tramite le molteplici figure di varia umanità che affollavano le strade dei quartieri popolari. Il film non ha quindi una trama precisa, ma pare quasi un sogno, con qualche momento di risveglio in cui, in realtà, vorresti ritornare a dormire. L’esito è particolare, e la pellicola potrebbe effettivamente non piacere a tutti; ma io l’ho sempre trovata poetica e suggestiva, anche per via di certe scene memorabili. Se volete vederla, la trovate sia su RaiPlay che su Amazon Prime Video.
Quello che ho pensato
Se seguite la stampa e le polemiche politiche che spesso riempiono le pagine dei giornali, credo sia impossibile che vi sia sfuggita la questione del ministro (anzi, dell’ex ministro) Gennaro Sangiuliano. Non si è trattata dell'ennesima gaffe, a cui l’ex direttore del TG2 ed ex titolare del dicastero della cultura ci ha ormai abituato negli ultimi mesi, ma di una questione un po' più grave, anche se dai contorni decisamente boccacceschi. Di tutta la faccenda in sé e dell'ironia che ci si possa far sopra, onestamente, mi interessa poco, anche perché comici ben più bravi di me hanno già detto ampiamente la loro; mi sembra però che questo fatto, come molti altri a cui ormai abbiamo fatto il callo, dica molto sul modo in cui gestiamo non solo la politica, ma anche la cosa pubblica.
Prima di tutto, provo velocemente a riassumervi quanto è accaduto, anche per fare mente locale io stesso e riordinare i fatti. Vari giorni fa, una signora di nome Maria Rosaria Boccia ha postato sul suo account Instagram una foto che la ritraeva assieme all’allora ministro Sangiuliano. Nella didascalia di quella foto scriveva, testualmente: «Grazie al ministro della cultura Gennaro Sangiuliano per la nomina a consigliere del ministro per i grandi eventi».
Di per sé, in questo, non ci sarebbe nulla di male, visto che i ministeri sono pieni di collaboratori nominati all'uopo, spesso per motivazioni politiche o di rappresentanza. Ma subito sui giornali è finita la notizia che questa presunta collaboratrice, in realtà, non era affatto una collaboratrice. Anzi, la signora Boccia non aveva nessun incarico ufficiale e nessuna nomina sembrava fosse stata fatta, da parte del ministero.
A quel punto sono iniziati a sorgere diversi sospetti: qualcuno ha ipotizzato che la signora in questione fosse una millantatrice, capace di strappare qualche selfie all’ingenuo ministro e poi di vantarsi di cose non vere; altri hanno invece sostenuto che la signora collaborava effettivamente con il dicastero, senza però figurare a libro paga, in maniera strana e informale. Ma la cosa ancora più sorprendente è stata la velocità con cui i giornali si sono buttati su una questione apparentemente molto secondaria, come se sapessero già che sotto sotto c’era qualcosa di ben più losco (e probabilmente lo sapevano, anche se non potevano ancora scriverlo).
In effetti, tutta la faccenda è presto degenerata. Più il ministro e il suo staff si affannavano a smentire che la signora Boccia avesse un qualche ruolo ufficiale, più la stessa donna postava compulsivamente su Instagram diverse foto che la ritraevano col ministro in molte occasioni ufficiali, nonché video e screenshot di e-mail e messaggi WhatsApp con lo staff. Perfino a Giorgia Meloni è capitato di trovarsi smentita dalla giovane signora campana: è andata in tv per dire che aveva grande fiducia in Gennaro Sangiuliano e nel fatto che questi non avesse condiviso nessuna informazione delicata con la signora Boccia, e subito dopo la signora stessa ha pubblicato foto di e-mail riservate riguardanti il G7.
Cosa ci sia dietro a tutta questa faccenda era, a quel punto, piuttosto facile intuirlo, se sapete come funzionano le cose umane. Ed è stato poi lo stesso Sangiuliano a confessare tutto, in una tragica e imbarazzante diretta su RaiUno, facendosi ritrarre mentre piangente chiedeva scusa alla moglie e a Giorgia Meloni (ma non agli italiani, gli unici a cui di fatto si stava rivolgendo: se voleva parlare con la moglie e con la Meloni, poteva farlo di persona).
Di per sé, mi interesserebbe molto poco di quali siano le frequentazioni di Gennaro Sangiuliano e di cosa faccia nel suo tempo libero, e anzi in tutta onestà mi dispiace pure che questa storia di corna sia venuta fuori e sia stata spiattellata davanti a tutti; ma bisogna anche dire che qui c’è qualcosa di molto grave in ballo. Da quello che abbiamo capito, infatti, Sangiuliano è stato avvicinato da una ragazza campana senza nessuna esperienza politica né organizzativa, e in quattro e quattr’otto, accecato dagli ormoni, le ha dato libero accesso a tutto: alle sale di Montecitorio e del ministero, alle auto blu e ai pranzi ufficiali, ai documenti del G7 e perfino, pare, al suo cellulare e alle sue telefonate private.
Insomma, una quarantunenne campana qualsiasi, la signora Boccia, è stata in grado, senza dover fare neppure troppa fatica, di tenere in pugno non solo un ministro della Repubblica, ma mezzo governo. E tutto in un paio di mesi. Noi vediamo film dove scrupolose Mata Hari lavorano per anni e anni per strappare al potente di turno una seppur minima indicazione; e invece bastava andare da Sangiuliano, che ti diceva di tutto e di più in cambio di un po’ di compagnia al concerto dei Coldplay (offerto da lui, o forse dal ministero).
Il vero problema, ovviamente, non sono Sangiuliano e la Boccia, ma il livello delle istituzioni, il fango in cui sono state da molto tempo gettate. Certo, ci sono molte eccezioni degne di nota, ma ormai siamo stati abituati negli ultimi decenni a ministri che vengono nominati in ruoli per i quali non hanno alcuna competenza, solo per il fatto di essere stati devoti sostenitori del leader; oppure, peggio ancora, a ministri che poi si rivelano completamente inadeguati nei loro comportamenti quotidiani, ministri di cui ci lamenteremmo se fossero presidi di una scuola o amministratori di un condominio, e che ci ritroviamo invece al vertice della Repubblica. Perché la cosa di cui ci stiamo dimenticando è proprio questa: stiamo affidando le chiavi della nostra casa comune, cioè dello Stato, a persone a cui non affideremmo probabilmente neppure la nostra autovettura scalcagnata, perché inaffidabili o inadeguate.
Davvero, mi è anche dispiaciuto per Sangiuliano; a un certo punto mi ha fatto pure tenerezza, perché cosa gli vuoi dire a uno che casca come un allocco in questo modo in un trappolone degno di un film di serie B? Evidentemente, la sfida era al di sopra dei suoi mezzi, non era proprio adeguato al ruolo. Ma lo stesso probabilmente si potrebbe dire di molti suoi colleghi, che finora sono stati solo un po’ più fortunati (o un po’ meglio protetti dal loro staff) rispetto a lui. La parola giusta è unfitted, come dicono gli inglesi: inadeguato, non adatto, non qualificato. Uno fuori posto, insomma. Casomai la colpa è di chi l’ha scelto, di chi l’ha messo lì: e questo qualcuno è Giorgia Meloni, che, a quanto riportano i giornali, lo riteneva fino a ieri il più intelligente e colto del gruppo. Chissà gli altri, verrebbe da dire.
Ma non ce l'ho solo, sia chiaro, con Gennaro Sangiuliano o con l'attuale governo di Giorgia Meloni; purtroppo è una tendenza che abbiamo visto in più occasioni, anche se, lo ribadisco, non sempre. Abbiamo avuto capi del governo che nominavano i propri avvocati o i propri medici personali all'interno dell’esecutivo, o che trovavano comunque posti importanti per le loro fidanzate, e altri che, al contrario, nominavano quasi il primo che passava per strada. Non che un esperto sia esente dal commettere errori, anzi; ma almeno si spera che le probabilità di catastrofe siano minori, o che quantomeno sappia rappresentare degnamente lo Stato davanti ai cittadini. E che non si faccia instupidire dalla prima donna avvenente che passa per la strada.
Perché al di là di tutto c'è anche un altro discorso da fare, che è poi quello che a me preme maggiormente, che è quello dell’esempio. Quand'è che un insegnante riesce a essere veramente efficace con i suoi allievi? Non tanto quando conosce per filo e per segno la propria materia, né per forza quando è bravissimo a spiegare: questi sono elementi importanti ma da soli non bastano. Un insegnante riesce a essere davvero efficace con i propri allievi quando dà il buon esempio, quando cioè trasmette la passione che lui stesso ha per la materia, l'impegno che lui stesso mette nelle cose, la dedizione di cui lui stesso è capace. Gli allievi lavorano quando vedono che il docente lavora, e che ci tiene a mantenere un certo standard; si comportano con dignità quando vedono che attorno a loro anche gli altri, e soprattutto le figure istituzionali, si comportano con dignità.
Le gaffe di Sangiuliano o di Lollobrigida non sono quindi cose di cui ridere per cinque minuti e poi dimenticare: sono cattivi esempi, perché danno perfettamente l'impressione che studiare non serva, che lavorare duramente non serva, che cercare di svolgere al meglio (“con disciplina e onore”1) il proprio compito non serva; e che, piuttosto, basti essere imparentati con la persona giusta o aver leccato il sedere alla persona giusta per poter fare un po' quello che si vuole in ogni circostanza e in ogni momento.
Penso che purtroppo quello del buon esempio sia uno dei grossi problemi della nostra società: da diversi decenni abbiamo cominciato a proporre come modelli vincenti le persone sbagliate; abbiamo messo nei posti di potere gli adulatori più che gli spiriti critici, i fedelissimi più che gli intelligenti, promuovendo in questo modo l'idea che l'Italia sia un paese stupido, in cui se hai un qualche talento faresti meglio a emigrare e ad andare dove potrai essere meglio apprezzato. Certo non è sempre così, e le eccezioni sono anche numerose e fulgide; ma dispiace che periodicamente situazioni come quella dell’ex ministro e della consulente ritornino in auge, a dominare la scena e a ricordarci che l'Italia è pur sempre l'Italia, che il nostro è il paese dei piccoli affaristi, dei furbetti, delle facce toste, dei personaggi squallidi che alla fine ce la fanno molto meglio di quelli che tentano di rimanere fedeli ai ruoli che ricoprono.
Per questo ho trovato anche piuttosto umiliante quella pseudointervista (sarebbe meglio dire “monologo”) che Sangiuliano ha rilasciato a RaiUno, quasi fosse un messaggio alla nazione a reti unificate: perché non ha chiesto scusa agli italiani per l’errore, per la figuraccia che ha fatto fare a tutto il paese che lui rappresentava, per la superficialità. Ha chiesto scusa alla moglie per le corna e a Meloni per averla messa in imbarazzo. Certo, ha messo in imbarazzo quelle due donne, non ne dubito, ma ha messo in imbarazzo anche noi: perché quando sei un ministro, quando ricopri un ruolo istituzionale, rappresenti tutti. E hai il dovere di farlo al meglio delle tue capacità; o di ammettere che, se non hai le capacità minime per svolgere il compito, è meglio che scelgano qualcun altro.
Tra l’altro – e concludo – proprio in questi giorni ho preparato un breve video su Michel de Montaigne, che vedrete comparire sul web tra qualche giorno. Video che parte da una citazione che si trova nei Saggi e che, per puro caso, si sposa benissimo con la vicenda di Sangiuliano e con tutte le altre vicende simili. In questo brano, che ho riportato anche all’interno di Anche Socrate qualche dubbio ce l’aveva, Montaigne scriveva: «L’ignoranza che era naturalmente in noi, l’abbiamo con lungo studio confermata e constatata. È accaduto agli uomini veramente sapienti ciò che accade alle spighe di grano: si elevano e si innalzano […] finché sono vuote; ma quando sono colme e pregne di grano nella loro maturità, cominciano a diventar umili e ad abbassare il capo»2.
Cosa ci insegna Montaigne? Che i piccoli uomini spesso si credono molto più grandi di quello che sono, e non sono quindi in grado di vedere i loro limiti e i loro difetti. Ecco, a governarci sono spesso, sempre più spesso, personaggi di questo tipo: persone che non sanno quali siano i loro limiti, e che non cercano nemmeno di superarli.
Quello che ho registrato e pubblicato
E ora passiamo a vedere i podcast e i video che sono usciti questa settimana sul canale:
Virginia Woolf: vita e filosofia: la nostra rubrica sugli scrittori e la filosofia arriva a parlare di Virginia Woolf
Il "Candido" di Voltaire - audiolibro spiegato parte 1: iniziamo la lettura di un nuovo classico della filosofia e dell’Illuminismo
Palazzo Reale a Torino: una sorta di visita virtuale guidata alla prima residenza del re d’Italia (e ai musei che oggi ospita)
Le verità di ragione e le verità di fatto per Leibniz (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
L'inizio della società dei consumi (per il podcast “Dentro alla storia”)
La morte del presidente Garfield
Tiktok failed to load.
Enable 3rd party cookies or use another browserIl principio di Anna Karenina
@scrip79«Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo»: da questa frase, che apre "Anna Karenina" di Lev Tolstoj, è nata una vera e propria legge sociale #filosofia #letteratura #AnnaKarenina #LevTolstoj #PrincipioDiAnnaKarenina #AncheSocrateQualcheDubbioCeLAvevaTiktok failed to load.
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Quello che devi fare per seguirmi sui social
Ah, prima di dimenticarci vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
Il canale YouTube | Instagram | Facebook | Twitter/X | TikTok | Threads
Quello che puoi fare per sostenere il progetto
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono gli abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i consigli della settimana.
Meditazioni metafisiche di Cartesio: non c’è bisogno che vi spieghi quanto è stato importante Cartesio per la storia della filosofia: a dimostrarlo, tra le altre cose, c’è qui di seguito, poco più avanti, un libro appena uscito che riflette su quanto il filosofo francese possa essere considerato uno dei padri dell’età moderna. In passato vi ho già consigliato un suo scritto, il Discorso sul metodo, ma l’altro suo capolavoro, altrettanto influente, sono le Meditazioni metafisiche, ed è forse giunto il momento di leggere anche questo volumetto, breve ma intenso. Lo si compra (a un prezzo tra l’altro molto accessibile) qui.
sui social questa settimana ho segnalato come al solito diversi libri appena usciti che mi paiono interessanti, una sorta di “lista della spesa” che dovrebbe rivelarsi utile anche in primis per me. Ecco i volumi, se ve li siete persi (se vi interessano, cliccate sopra alle immagini per altre informazioni):
C’è poi un ulteriore modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ce n’è uno chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate, passando anche per il Club del Libro e il Simposio. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Quello che c’è in arrivo
E chiudiamo come al solito anche con qualche anticipazione su quello che arriverà nei prossimi giorni sul web. Prima di tutto vi ricordo che mercoledì attorno alle 18 sarò in diretta YouTube ospite di David Orban (qui il link), mentre in settimana dovrebbe pure arrivare un’intervista radiofonica (sarò anche in questo caso più preciso tramite i social, soprattutto perché non so ancora il giorno della messa in onda). Per le cose che riguardano più direttamente noi, invece, ecco il programma dettagliato:
domani sera alle 20:45 sarà la volta dell’appuntamento del Club del Libro, dedicato a discutere le Confessioni di Agostino di Ippona;
mercoledì e giovedì torneranno i due podcast, rispettivamente con una puntata dedicata alla logica di Leibniz (ovviamente per filosofia) e un’altra che invece si concentrerà sui mezzi di comunicazione di massa negli anni '30 (per storia);
venerdì celebreremo il compleanno di Montaigne con un breve short a lui dedicato;
sabato, quindi, vorrei riuscire a proporvi la seconda e ultima parte del percorso su Virginia Woolf;
domenica e lunedì, infine, saranno di scena ancora i podcast.
E questo è tutto. Buon inizio di scuola a chi inizia (e quindi anche a me stesso!) e buona settimana a tutti gli altri. Ci rivediamo tra sette giorni qui, e invece quotidianamente su YouTube e i social network.
Questo è quanto recita l’articolo 54 della nostra Costituzione: «Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge».
Michel de Montaigne, Saggi, Bompiani, Milano 2012, p.807.
Buongiorno, Professore,
La ringrazio per la sua acutezza nel analisi della situazione politica italiana. Purtroppo questi modi di agire in politica non sono solo circoscritti al bel paese. Non siete solo voi italiani che scelgono dei mediocri. Grazie ancora.