Un Natale con tutte le statistiche e un po' di storia del canale YouTube, ma anche con Mamma ho riperso l'aereo, la storia d'Italia, Wittgenstein, Rigoni Stern, Boezio, Giorello e Jules e Jim
Buon Natale, cari amici! Come è andato il risveglio, questa mattina? Quali regali avete trovato sotto l’albero? E il pranzo: ne siete usciti indenni?
Spero che sia stata una giornata piacevole, nonostante tutti gli impicci del caso. E soprattutto significativa: dovremmo cercare di rendere importante ogni giorno che viviamo, ma soprattutto le cosiddette “feste comandate”, in cui – almeno in linea teorica – quest’operazione dovrebbe essere anche più facile.
Qui a casa mia si è celebrato il solito rito dello spacchettamento mattutino, tutti rigorosamente in pigiama. Ormai i figli cominciano a crescere (il più grande ne ha 16 e passa: il tempo vola!), ma in casa rimane ancora almeno un pargoletto che si stupisce dei biscotti mangiati e del latte bevuto da Babbo Natale, oltre che della sua lettera autografa con cui saluta i piccoli di casa e raccomanda loro di fare bene i compiti nel 2024, studiando soprattutto con grande interesse e passione la storia.
Io ho ricevuto regali da prof: una nuova borsa da lavoro (quella vecchia iniziava ad essere decisamente logora), un maglione, qualche libro.
Oggi però cercherò di regalare anch’io qualcosa a voi, con i soliti consigli di lettura e di visione, ma anche con qualche statistica inedita sul canale YouTube, sulla storia e la filosofia che sta dietro a tutto questo.
Cominciamo!
Quello che ho letto
Partiamo come al solito dai libri. In lista questa settimana ci sono tre saggi, tra loro molto diversi non solo per tematica, ma anche per livello di impegno richiesto.
Tractatus logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein: vi dicevo la settimana scorsa che gli abbonati del Club del Libro hanno deciso di leggere, per i primi di gennaio (subito dopo le vacanze di Natale), nientemeno che il Tractatus di Wittgenstein. Probabilmente non sapevano a cosa stavano realmente andando incontro, e un po’ non me lo ricordavo nemmeno io: sono passati ormai vari anni da quando lessi per la prima e unica volta questo libro e, pur conoscendo ormai in maniera abbastanza solida il succo del discorso di Wittgenstein, mi sono pure io trovato in difficoltà, nei giorni scorsi, quando mi sono di nuovo addentrato nelle sue pagine. No, non è un saggio facile, anche perché il filosofo austriaco – che lo scrisse prima dei trent’anni – sa essere molto criptico, quando vuole: chi lo ha letto ha sicuramente notato la quasi completa mancanza di esempi davanti ai suoi discorsi. Scrive sempre e continuamente di proposizioni, fatti, fatti atomici, funzioni di verità, costituenti, tautologie, contraddizioni, e non offre (quasi) mai neppure un esempio concreto di quello che sta dicendo. Anche in questi giorni, mentre lo leggo, non faccio altro che ripetermi: ma quanto sarebbe stato più chiaro il discorso, in questo o in quest’altro punto, se Wittgenstein avesse fornito un esempio! Anche una cosa banalissima, ad esempio la proposizione: «La penna è sul tavolo». Eppure nel libro ci sono sempre e solo descrizioni astratte, a volte qualche simbolo che solo i devoti di Russell e di Frege potevano capire e nulla più. In pratica, il Tractatus è un libro per iniziati; e fortuna che almeno Russell, nella sua celebre introduzione, si preoccupò di spiegarne alcuni punti, in modo che non rimanesse un semplice libretto per cinque persone in tutto. Quindi, se lo state leggendo e vi sentite in difficoltà, non angosciatevi: capita a tutti, perfino a quelli che poi alla fine riescono più o meno a capirlo. E su certe proposizioni secondarie ancora io oggi ho qualche dubbio. Comunque sto procedendo, faticosamente: ho da poco iniziato le proposizioni derivate dalla 5. Ho solo paura che poi, quando faremo l’incontro online a gennaio, gli abbonati mi chiederanno di spiegarlo punto per punto e su alcuni passaggi, inevitabilmente, non ci riuscirò. Però, credetemi, nonostante tutto è un libro che vale assolutamente la pena di leggere, anche se non lo si capisce in ogni parte. Quindi compratelo, se non l’avete già in casa: lo potete trovare qui.
Breve storia d’Italia ad uso dei perplessi (e non) di Mario Isnenghi: di questo saggio di Isnenghi vi ho parlato anche nelle settimane scorse, descrivendolo come un agile riassunto della storia dell’Italia contemporanea, dai tempi del Risorgimento fino ai giorni nostri (anche se si conclude con le notizie di una decina d’anni fa). In questi giorni l’ho finito e sì, è proprio come ve l’avevo presentato: veloce e leggero, a tratti anche ironico, pungente ma anche preciso, un ottimo riassunto. Cala un po’ solo nel finale, quando si sofferma in modo esagerato su piccole questioni che, appunto, una decina d’anni fa erano magari all’ordine del giorno ma di cui oggi è (giustamente) rimasta poca memoria. È un po’ il guaio della storia quando si avvicina alla cronaca: non si riesce ad avere la giusta prospettiva, non si riesce a distinguere tra ciò che resterà e ciò che passerà senza lasciare troppa traccia. Al di là però del finale forse troppo ripiegato sul presente, il libro rimane comunque valido anche oggi. Se vi interessa (o se volete regalarlo a qualcuno che ha bisogno di un semplice ma completo ripasso), lo trovate qui.
La danza della parola di Giulio Giorello: a proposito di logica e di parole, questa settimana ho cominciato e rapidamente finito il volumetto La danza della parola, uscito nel 2019; in pratica, l’ultimo saggio originale firmato da Giulio Giorello prima della morte per Covid nel 2020 (uscirono poi dei libri a quattro mani e delle raccolte di articoli, ma non – mi sembra – libri scritti da solo apposta per la pubblicazione). Ero, devo dire la verità. abbastanza curioso di affrontare la lettura di questo breve libro, soprattutto per via del suo sottotitolo: L'ironia come arma civile per combattere schemi e dogmatismi. Se poi ci aggiungete che in copertina c’era un “bang” fumettistico, capite bene che l’interesse – per me appassionato sia d’ironia che di fumetti, oltre che di filosofia – fosse alto. Devo dire però, in ugual misura, che alla fine il libro mi ha abbastanza deluso, soprattutto pensando a quello che avrebbe potuto essere. Giorello l’ho sempre trovato per molti versi un’anima a me affine: filosofo della scienza disincantato e preciso, cultore della libertà di pensiero e di espressione, ironico e divertente, appassionato di fumetti e di cinema, anti-dogmatico… insomma, nei suoi scritti ho sempre trovato molti elementi che condivido (e che in un certo senso ho cercato e sto cercando di enucleare nella serie di video La mia (anti) filosofia). E però, allo stesso tempo, queste idee Giorello non le ha mai espresse in maniera poi così convincente, poi così accattivante; aveva l’occasione e il talento per farlo, ma, mi sembra, nella sua lunga carriera non è mai riuscito ad essere così incisivo come avrebbe potuto. Lo si vede bene appunto con La danza della parola (ma lo stesso discorso lo si potrebbe fare per vari altri suoi libri di discreto successo): un volume pensato per difendere l’ironia come arma civile, ma che non si capisce quasi mai dove voglia andare a parare. Tutta la prima parte, ad esempio, è dedicata al fumetto: a Topolino e Tex Willer, soprattutto. E in quelle lunghe pagine Giorello ci racconta con parole sue delle storie (a volte famose, altre volte meno) dell’eroe disneyano o di quello bonelliano, con l’intento di mostrarci che quei personaggi sanno essere ironici. Ok, bene, ma per la verità tutte le storie di Topolino e Paperino sono, solitamente, molto ironiche: cosa ci sarebbe di speciale in quelle da lui selezionate? Poi si passa velocemente al cinema, infine ci si sofferma su alcuni romanzi gialli (anche qui: alcuni famosi, altri meno), per dimostrare che anche nel romanzo giallo c’è spesso una certa dose di ironia. Di nuovo: ok, ma a dirla tutta lo sapevamo già; e forse gli esempi scelti da Giorello non sono neppure i più rappresentativi, sembrano selezionati solo per il fatto di averli letti da poco… Infine arriva qualche pagina dedicata a L’uomo senza qualità di Musil: certo, grande libro, in cui c’è sicuramente una certa dose d’ironia e soprattutto di autoironia. Ma tutto questo viaggiare attraverso la letteratura alta e bassa in cerca di esempi di ironia, dove ci porta? Qual è lo scopo di tutto questo? Difendere l’ironia, mostrarne l’importanza per la tolleranza e per le nostre società del futuro, direbbe Giorello. Benissimo, ma perché questo emerge solo di sfuggita, qua e là, quasi distrattamente? Perché questa finalità non è stata presentata chiaramente, filosoficamente, fin da subito, e solo dopo, magari, arricchita con esempi (magari scelti con un po’ più di criterio)? Insomma, un’idea valida e condivisibile che però risulta annacquata, quasi che Giorello si divertisse di più a raccontare la trama di un fumetto di Tex che non a sostenere la propria tesi. Anche a me piace Tex, per carità, ma va usato al posto giusto, e con lo spazio giusto; altrimenti sembra di esser davanti ad un libro scritto di fretta, non pensato né meditato, in cui si mettono per iscritto le prime cose che passano per la testa o che si trovano nello scaffale della propria libreria. Peccato, un’occasione in parte persa. Se volete provarlo, potete comprarlo qui.
Quello che ho visto
In lista questa settimana, sul versante audiovisivi, ci sono tre film e nessuna serie TV; ma d’altronde è Natale, e a Natale ci si mette (o ci si dovrebbe mettere) davanti allo schermo tutti assieme a guardare qualche film rassicurante. In realtà, come vedrete, di film rassicuranti nell’elenco ce ne sono solo due; un altro, invece, è ben triste e poco adatto, forse, a questo momento dell’anno. Ma diciamo la verità: i film belli vanno bene sempre.
È arrivata la felicità (1936), di Frank Capra, con Cary Grant, Jean Arthur, George Bancroft: come ben sapete, il Natale ha le sue regole, e tra queste c’è anche la visione di precisi film che, nell’immaginario, sembrano in grado di evocare la giusta atmosfera. Pellicole come Una poltrona per due, Il Grinch e, soprattutto, La vita è meravigliosa di Frank Capra. Se però di quest’ultima pellicola avete ormai fatto indigestione, vi consiglio di recuperare È arrivata la felicità, traduzione infelice e discutibile di Mr. Deeds Goes to Town, che potremmo invece meglio rendere con “Il signor Deeds va in città”. È un film sempre di Frank Capra, e sempre ottimista e adatto al Natale, ma interessante anche perché rappresenta al meglio gli ideali e il clima del New Deal di Roosevelt (uscì nel 1936, all’epoca della prima rielezione del presidente democratico): il protagonista è infatti un ingenuo uomo di provincia che eredita una forte somma, ma che decide di impiegarla – dopo varie peripezie – per aiutare i contadini americani sommersi da debiti. Nel farlo, deve vedersela anche con una serie di avvoltoi che tentano di farlo rinchiudere in manicomio per mettere le mani sul suo denaro. E, in ogni caso, nel mentre c’è anche qualche scazzottata, qualche momento veramente divertente (con anche una gustosa parodia di Freud, all’epoca ancora vivo) e perfino una storia d’amore. Vincitore dell’Oscar per la miglior regia, il film sembra fare palesemente il verso a tutti quei repubblicani che si opponevano alle politiche di Roosevelt, e involontariamente pure ad Ayn Rand, che in quegli stessi anni stava scrivendo La fonte meravigliosa, che sostiene tesi radicalmente opposte. Bravissimo anche Gary Cooper, al massimo della forma, nel ruolo del protagonista. Non è facilissimo procurarselo in DVD, ma forse potete tentare qui.
Mamma, ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York (1992), di Chris Columbus, con Macaulay Culkin, Joe Pesci, Daniel Stern: la sera della vigilia – come già sapete se mi seguite sui social network – io e la mia famiglia ci siamo messi in cerca di un film di Natale. Non volevamo qualcosa di speciale; e, d’altronde, i veri film di Natale non sono mai troppo belli, visto che devono essere necessariamente prevedibili e sdolcinati. Così ci siamo imbattuti in Mamma ho perso l’aereo 2, o, meglio, Mamma, ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York, come in realtà si chiama; un film già visto e rivisto, che però il più piccolo della famiglia non ricordava più troppo bene e che quindi valeva la pena di guardare di nuovo. D’altronde il primo capitolo della saga è, nel suo genere, un gran film: pur nella situazione completamente irreale, riesce a creare una comicità semplice ma efficace, e strappa sempre una serie di risate senza troppi pensieri che ben si adattano al Natale. Il secondo film della serie è un po’ inferiore al primo, nonostante gli ingredienti del successo originale ci siano tutti: la sceneggiatura è sempre di John Hughes (quello di Breakfast Club e Una pazza giornata di vacanza), la regia è sempre di Chris Columbus (quello dei primi due Harry Potter e di Mrs. Doubtfire), i protagonisti sono sempre Macaulay Culkin, Joe Pesci e Daniel Stern, già mattatori del primo capitolo. Eppure quell’equilibrio così magico del primo film si fa fatica, qui, a ritrovarlo: da un lato, si scivola troppo facilmente nel melenso; dall’altro c’è un carico di violenza che ad un certo punto pare francamente eccessivo. Nel primo film i ladri mettevano i piedi sui pezzi di vetro o si scottavano la mano con le maniglie, e ci stava; qui si vedono piombare sulla testa, dal terzo piano, veri e propri mattoni, e ci si chiede francamente come riescano a rimanere vivi e non schiattare sul colpo. Il tentativo, ovviamente, era quello di replicare la comicità di Tom & Jerry, con però personaggi in carne ed ossa, ma sembra che forse si sia spinto un po’ troppo sull’acceleratore. Certo, a parte questi eccessi il film si guarda e ha qualche buon momento comico; ma quando questa comicità funziona, è perché replica gli schemi del primo film, e quando invece ci si allontana da quell’esempio non si riesce veramente a colpire nel segno. Vedibile, ma non indimenticabile. Lo trovate su Disney+.
Jules e Jim (1962), di François Truffaut, con Jeanne Moreau, Oskar Werner, Henri Serre: poco prima dell’inizio delle vacanze di Natale, parlando, in storia, dei roghi dei libri organizzati dai nazisti in Germania, una mia allieva di quinta mi ha chiesto notizie di Fahrenheit 451, il celebre romanzo di Ray Bradbury che, in un futuro distopico, immagina qualcosa di simile a quello che facevano Goebbels e i suoi in Germania. E, parlando del libro, ho finito per citare anche il film tratto da quel libro, diretto nel 1966 da François Truffaut. Credevo di citare un regista noto e così avvicinare i ragazzi al tema, ma quello di Truffaut si è rivelato subito un nome che, per loro, non voleva dire nulla. «Ma come? – ho chiesto, interdetto – Quello de I 400 colpi, di Effetto notte! Dai, quello di Jules e Jim!». Sguardi vacui. Sfruttando le nuove lavagne elettroniche, ho aperto YouTube per far vedere loro un paio di trailer. Ancora nulla, roba mai vista. «Compito per le vacanze di Natale: vedere almeno Jules e Jim», ho concluso. Non so se lo faranno o se credevano scherzassi (ragazzi: se state leggendo, sappiate che non scherzavo), però a me è venuta una gran voglia di rivedere il film del 1962, che ho sempre considerato uno dei miei preferiti ma che in effetti non guardavo da qualche anno. E così appena iniziate le vacanze ho deciso di guardarlo di nuovo, con quella caratteristica e indimenticabile voce fuori campo, con quegli sguardi stralunati dei due protagonisti maschili, con quella Catherine che manca nel titolo del film (Jules e Jim sono i due uomini che, pur essendo tra loro amici, si innamorano perdutamente di lei) ma che costituisce la presenza/assenza più ingombrante di tutta la pellicola. Tratto da un romanzo autobiografico di Henri-Pierre Roché, il film è ambientato tra il 1907 e i primi anni '30 e racconta la strana amicizia tra Jim, francese, e Jules, austriaco, due giovani artisti un po’ bohémien che vivono a Parigi. Leggono molto, fanno sport, passeggiano e corrono dietro alle ragazze, almeno finché non si imbattono appunto in Catherine, donna affascinante ed enigmatica, soggetta a pesanti sbalzi d’umore e sostanzialmente incapace – come si capisce andando avanti col film – di relazioni durature. Ne nasce ovviamente un triangolo amoroso con svolte piuttosto frequenti. Ma quello che rimane più impresso è lo stile di regia di Truffaut, innovativo e perfino – come lo definì Martin Scorsese, che ha detto più volte di essersi ispirato al ritmo di questo film – punk. Sembra strano a dirsi, visto che si racconta la storia di un trio di letterati nella Parigi di inizio Novecento, con un procedere della storia lento e sardonico, ma direi che alla fine dei conti il film è davvero, in un certo senso, un film “teppista”. E bellissimo ed affascinante: certe scene rimangono impresse negli occhi e non si dimenticano. Se volete acquistarlo, lo potete prendere qui.
Quello che ho pensato
Come probabilmente già saprete, questa settimana il canale YouTube ha raggiunto (e superato di slancio) un traguardo importante: i 100.000 iscritti. Visto che è pure Natale, ho pensato che per una volta, dunque, non sia il caso di parlare di guerre, di problemi della scuola e di futuro dell’Italia, ma appunto di noi, di quello che facciamo sul web e di dove siamo arrivati.
Per quelli che non c’erano all’inizio di tutto questo, cominciamo con un po’ di storia. Nonostante esistesse già da qualche anno, il mio canale YouTube ha iniziato a produrre effettivamente video di storia e di filosofia a partire dal 2 marzo 2020, in piena era Covid: in Veneto le scuole erano state chiuse circa una settimana prima, e, dopo qualche problematico tentativo di videochiamata coi ragazzi, mi ero reso conto che forse delle spiegazioni registrate sarebbero state più utili.
In quei primi giorni di lockdown tutto era complicato. La scuola non aveva ancora comprato l’abbonamento a Google Meet, quindi noi professori sperimentavamo app diversissime per comunicare coi ragazzi: io ricordo di aver provato a fare videoconferenze su Skype (che però non andavano oltre un certo numero di minuti), Zoom e altre piattaforme. Ma il problema erano gli studenti: alcuni non avevano il wifi che arrivava fino in camera, altri avevano già esaurito i giga, altri ancora non avevano il computer. Senza contare quelli che avevano due o tre fratelli connessi in contemporanea con le rispettive scuole, e una connessione quindi ballerina. Il video registrato, da fruire anche di pomeriggio o di sera, sembrava la soluzione ideale per permettere loro di avere una spiegazione adeguata e a portata di mano.
Il primo video in assoluto fu Il primo Heidegger, non certo un video semplice, destinato alla mia quinta. Lo stesso giorno pubblicai anche L’unità d’Italia, per le due quarte che avevo allora. Ricordo che quei primi video li registravo di notte, dopo aver messo a letto i figli, in genere attorno a mezzanotte.
Andai avanti così per tutto marzo, con più o meno un video ogni due giorni, e comunque continuando a vedere i ragazzi in videoconferenza anche di mattina. Intanto la scuola non riapriva, e così a marzo seguì aprile, e poi maggio, con sempre nuovi video, giorno dopo giorno. A inizio giugno – con il programma “tradizionale” ormai terminato – realizzai qualche video legato all’attualità e poi mi chiesi: e adesso?
Sul versante Covid il peggio sembrava passato, anche perché gli esami di maturità quell’anno tornarono ad essere in presenza (anche se con mascherine, distanziamento e tutto il resto). Speravamo che a settembre tutto sarebbe tornato alla normalità, e in effetti – anche se a singhiozzo – le lezioni ripresero ad essere anche in presenza. Eppure durante l’estate continuai a realizzare video, sicuro che in modo o nell’altro mi sarebbero serviti anche nell’anno successivo.
Al tempo, i video erano visti quasi esclusivamente dai miei studenti o comunque dagli allievi della scuola, tramite il passaparola. Praticamente non uscivano dalla zona geografica di Rovigo. E però funzionavano: i ragazzi li guardavano e li studiavano, ogni tanto pure ci scherzavano sopra (e cominciavano a crearci addirittura dei meme, che poi disgraziatamente mi mostravano). Io – dovendo cercare un po’ di silenzio e di non sovrappormi alle lezioni dei figli – continuavo a registrare i video di notte o dalle camere da letto, in postazioni improbabili.
Nel corso dell’anno scolastico 2020/21 però le cose iniziarono a cambiare. Soprattutto dopo Natale il numero degli iscritti al canale cominciò a crescere con costanza: e così a maggio 2021 toccammo quota 10.000 iscritti, una cifra che all’epoca pareva strabiliante. Feci anche una diretta, la mia prima, per festeggiare l’evento: era il 16 maggio 2021.
Nel frattempo, a febbraio 2021 erano nati anche i due podcast, Dentro alla filosofia e Dentro alla storia. Anche quelli erano stati pensati, inizialmente, per i miei studenti: qualcuno infatti mi aveva detto che si sarebbe trovato meglio con spiegazioni in formato solo audio, e così decisi di provarci. Il primo mese quelle puntate ebbero una media di 15 ascolti al giorno; un anno più tardi erano quasi 100 volte di più.
A quel punto mi dicevo: il canale sarà una piccola cosa bella su internet, senza troppe pretese. Però facevo qualche piccolo investimento, per renderlo un po’ più bello: comprai prima un microfono e poi un altro, più serio; comprai uno schermo più grande per montare i video, e ad un certo punto anche una telecamera dedicata (per il primo anno e mezzo avevo usato il cellulare, con vari problemi, perché spesso mi capitava di perdere il registrato o che mi si bloccasse tutto durante le riprese).
Nell’anno scolastico 2021/22 divenne evidente che ormai gli spettatori non erano più solo di Rovigo. Iniziavano a scrivermi ascoltatori dalla Spagna, dal Brasile, dalla Svizzera, dall’Olanda e soprattutto da diverse parti d’Italia: studenti liceali e universitari, ma anche adulti, pensionati, perfino qualche professore universitario. E così arrivarono iniziative, progetti, merchandising. Prese il via anche la newsletter settimanale, con gli iscritti che cominciarono a crescere piuttosto rapidamente. E anche il mondo “reale” cominciò così a scoprire quelle lezioni, con incontri dal vivo, interviste radiofoniche, interventi nelle scuole e qualcos’altro ancora.
L’ultimo anno scolastico è stato quello dell’accelerata: a novembre 2022 abbiamo raggiunto 5 milioni di views, a gennaio 2023 abbiamo superato quota 1.000 video pubblicati, a ottobre 2023 siamo arrivati a 10 milioni di views. E quota 100.000 iscritti è stata così superata di slancio. Non solo: come sanno i miei studenti, la gente ha cominciato perfino a riconoscermi per strada, quando andiamo in gita a Milano o Praga. Per non parlare di quest’estate in aeroporto o nei musei. Una cosa bellissima, per me: perché per fortuna queste persone non mi sputano in un occhio e non mi vogliono inseguire per menarmi, ma in genere mi salutano riconoscenti per aver dato loro una mano nel superamento di un esame. Si possono fare incontri peggiori, per strada.
Chiudiamo, però, con qualche dato (aggiornato ad oggi), giusto per tirare le fila:
il canale conta 1343 video;
di questi, 410 sono podcast, 52 sono dirette, 18 sono shorts;
i video sono raggruppati in ben 128 playlist: le più corpose sono il Corso di Filosofia (256 video) e il Corso di Storia (251 video);
finora i video sono stati visti 11,9 milioni di volte, per un totale di 2,9 milioni di ore viste;
il video più visto di sempre è Israele e Palestina: la storia fino ad oggi, che conta da solo più di 1 milione di views;
stando ai dati di YouTube, il 93% degli spettatori vive in Italia, mentre dietro vengono gli spettatori provenienti da (in ordine) Svizzera, Germania, Francia, Spagna, Stati Uniti, Regno Unito, Brasile, Albania, Romania, Paesi Bassi, Canada, Grecia, Australia, Argentina, Belgio, Austria, Croazia, Russia, Polonia e Portogallo;
i maschi rappresentano il 61,6% del totale degli spettatori, le femmine il 38,4%;
la fascia d’età più presente è quella tra i 45 e i 54 anni (col 19,9% del totale), subito seguita da 55-64, poi 65+ anni e infine 18-24;
per quanto riguarda, infine, le città, al primo posto c’è Milano (563mila views), seguita da Roma (330mila), Torino, Bologna, Napoli, Firenze, Genova, Palermo, Bari, Padova e così via.
Altre statistiche interessanti non mi pare di riuscire ad estrapolarne. Ma forse basta anche così: ce n’è abbastanza per far festa a lungo.
Per i progetti per il futuro, invece, ci sarà tempo di parlarne nelle prossime newsletter.
Quello che ho registrato e pubblicato
Questa settimana, complici le vacanze natalizie, non ho pubblicato tantissimo; ad ogni modo, potreste comunque esservi persi qualcosa, quindi vale la pena di fare il punto:
La filosofia di Boezio e dello Pseudo-Dionigi: facciamo un salto indietro andando all’inizio del Medioevo, al passaggio tra Patristica e Scolastica
Lo scetticismo di Pierre Gassendi (per il podcast “Dentro alla filosofia”)
La Germania del kaiser Guglielmo II (per il podcast “Dentro alla storia”)
Quello che devi fare per seguirmi sui social
Ah, prima di dimenticarci vi lascio anche un veloce “reminder” di dove e come mi potete trovare sui social:
Il canale YouTube | Instagram | Facebook | Twitter/X | TikTok
Quello che puoi fare per sostenere il canale
Se quello che faccio vi piace e volete darmi una mano a farlo sempre meglio (con attrezzatura nuova, libri nuovi ed altro ancora), potete sfruttare alcune modalità di sostegno che ho implementato per voi. In primo luogo ci sono gli abbonamenti, che trovate esposti qui di seguito; poi c’è il merchandising se vi piacciono le magliette, ci sono le donazioni se vi trovate meglio con Paypal (altre info sempre qui di seguito) e, infine, ci sono libri che non fanno mai male e che ci fanno arrivare qualche centesimo di euro. Ecco, a tal proposito, i nostri consigli della settimana.
Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern: la spedizione italiana in Russia, durante la Seconda guerra mondiale, fu catastrofica. Oltre ad essere stata raccontata dai libri di storia, ne abbiamo contezza anche da alcuni memoriali, spesso scritti nella forma del romanzo. Il più famoso è appunto Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern, pubblicato per la prima volta nel 1953. Un libro da leggere, che si trova tra l’altro a solo 11,50 euro: compratelo qui.
sui social questa settimana ho segnalato come al solito diversi libri appena usciti che mi paiono interessanti, una sorta di “lista della spesa” che dovrebbe rivelarsi utile anche in primis per me. Ecco i volumi, se ve li siete persi (se vi interessano, cliccate sopra alle immagini per altre informazioni):
C’è poi un nuovo modo per sostenere il progetto ed è quello dell’abbonamento. Sotto ai video, di fianco al classico pulsante “Iscriviti”, ne è comparso uno nuovo chiamato “Abbonati”. Cliccando lì potete consultare tutte le varie proposte e cosa viene dato in cambio: da video-dirette in esclusiva a un vero e proprio manuale di filosofia a puntate. Ulteriori informazioni le trovate qui.
Se poi non volete né leggere, né abbonarvi, si può sempre liberamente usare Paypal. E grazie anche a chi ha già donato nelle settimane scorse!
Quello che c’è in arrivo
Chiudiamo anche con qualche anticipazione su quello che uscirà nei prossimi giorni:
domani e giovedì torneranno i podcast, prima con quello filosofico (dedicato ai libertini) e poi con quello storico (incentrato su Impero Austro-Ungarico e Russia);
mercoledì dovrei invece riuscire a realizzare la diretta riservata agli abbonati, l’ultima di questo 2023;
venerdì e sabato, invece, vorrei pubblicare due video classici, visto che siamo arrivati alla loro quarta edizione: la lista dei 10 libri più belli che ho letto quest’anno e la lista dei 10 film più belli che ho visto quest’anno;
domenica, ultimo dell’anno, farò pausa, mentre lunedì tornerò di nuovo con il podcast filosofico, iniziando Pascal.
E questo è tutto, sia per questa newsletter che per questo 2023. A proposito: non vi ho detto niente riguardo alle statistiche di questa corposa mail. Be’, sappiate che nel 2023 sono uscite 51 puntate della newsletter e che gli iscritti sono più che raddoppiati (+115%, per la precisione, rispetto a gennaio 2023).
Gli iscritti provengono al 90% dall’Italia, ma per il 10% da altre parti del mondo: in testa ci sono Francia, Svizzera, Germania e Stati Uniti. Infine, sappiate che la mail che ha suscitato più dibattito quest’anno è stata, stando alle statistiche, quella di agosto dedicata al generale Vannacci (la potete rileggere qui).
E ora basta coi numeri e le statistiche. Non mi rimane che farvi ancora gli auguri per questo Natale e per il finale di 2023: ci rivediamo, sempre qui, tra sette giorni esatti, all’inizio del 2024. Non mancate!
Buon Natale professore! Dato l’argomento di questa settimana vorrei invece dirle io come sono arrivata al suo canale. Fin dalla terza superiore, un po’ perché il mio indirizzo (scienze umane) già enfatizza dagli anni prima i diversi filosofi, un po’ per mia curiosità e un po’ per la bravura della professoressa, ho sempre apprezzato questa materia. Non era la mia preferita però stava nella top 3 diciamo. Con l’arrivo del covid però mi ero un po’ persa le diverse spiegazioni e quindi mi trovai alla fine della quarta in alto mare. Capivo le cose, mi piacevano, ma avevo un vuoto di metà anno e questa cosa si faceva sentire. Iniziai perciò a spulciare youtube ed in realtà non è in quel momento che scoprii il suo canale. Lei arrivò in quinta, quando decisi di affrontare le olimpiadi di filosofia della mia scuola e quando decisi di volermi informare di più su due dei filosofi che più mi intrigano: Schopenhauer e Simone De Beavuoir. Sembrerà strano, ma di quest’ultima lei è l’unico che davvero riesce a spiegarla. Inizia quindi a usare i suoi video solo per “ampliamento delle conoscenze”, non per spiegazioni scolastiche. Arrivò poi la mia interrogazione su Marx e non andò chissà quanto bene, da lì infatti, dato l’anno della maturità e il tempo libero che ero riuscita a crearmi, mi misi a guardare tutti i personaggi di cui avevo poche conoscenze a partire dalla terza. Questo non mi portò a vincere le olimpiadi, però il professore mi disse “la varietà di personaggi anche al di fuori del programma rende il tuo tema assolutamente argomentato e ampio, complimenti”. E questo è in gran parte merito suo.
Insomma, partendo per curiosità e poi per necessità, mi sono follemente legata al suo canale e alle sue lezioni, al suo modo di spiegare ed, essendo qui, anche di scrivere. Lei è stata una delle grandi scoperte di quest’anno e credo proprio che resterà con me per molto altro tempo.
Oltre a questo papiro che non so se nemmeno leggerà, le faccio tanti auguri a lei e alla sua famiglia ✨